REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, dott.ssa Caterina Musumeci, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 2641/03 R G. Lavoro, promossa
DA
V. M. s.r.l., con sede in Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. S.V., per procura a margine del ricorso - ricorrente -
CONTRO
INPS (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale), in persona del legale rappresentante pro tempore, anche quale mandatario della SCCI -Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps, rappresentato e difeso dall'avv. G.P. Per procura generale alle liti - resistente -
SERIT SICILIA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore; - resistente contumace -

Avente ad oggetto: Opposizione a verbale ispettivo del 29/11/2001 e a cartella n. 293_____ - avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di € 166.054,24, di cui € 161.437,80 a titolo di contributi Aziende e somme aggiuntive (Modello DM 10/V periodi 4/1996-10/2001) ed € 4.613,34 a titolo di contributi SSN Aziende e somme aggiuntive, competenza periodo 1997.

Svolgimento del processo

Con ricorso al giudice del lavoro di Catania, depositato in data 9/5/2003, la società V. M. S.r.l. proponeva formale opposizione avverso la cartella in epigrafe indicata; deduceva che la predetta cartella trovava fondamento nel processo verbale Inps relativo al periodo aprile 96-ottobre 2001, redatto a seguito di accesso ispettivo, nel corso del quale, sulla base degli accertamenti espletati e delle dichiarazioni rese dai lavoratori, erano state contestate alla stessa società le seguenti violazioni: assoggettamento della paga base, limitatamente all'anno 1996, per tutto il personale a contribuzione inferiore a quella prevista dalle retribuzioni minime contrattuali; inquadramento del personale con la mansione di animatore (quinto livello/B2 C.C.N.L.) anziché sulla base della qualifica di assunzione di impiegato di concetto; irregolarità relative al lavoratore C. M., in
relazione al cambio di qualifica; godimento indebito dello sgravio contributivo ex legge n. 448/98 relativamente al lavoratore M. S. per effetto del licenziamento del lavoratore P. L. G.; indebito godimento dello sgravio contributivo ex legge n. 30/97 relativamente al dipendente D. S. G., sul presupposto della continuità del rapporto tra contratto a tempo determinato e successivo contratto a tempo indeterminato; che non sussistevano le violazioni lamentate; che era erronea la quantificazione delle sanzioni civili.
Tanto premesso, chiedeva l'accoglimento dei motivi di opposizione dedotti e l'annullamento della cartella opposta per le somme ivi evidenziate per premi ed accessori; la condanna dell'Istituto resistente al pagamento delle spese di lite.
L'INPS si costituiva tempestivamente in giudizio con memoria depositata il 15/6/2004, a fronte dell'udienza di discussione fissata per la data del 23/6/2004, rinviata d'ufficio al 15/12/2004; cfr. sul punto Cass. Sez. U, sentenza n. 14288 del 2007, secondo cui "E' giurisprudenza consolidata che, nelle controversie assoggettate al rito del lavoro, al fine di verificare il rispetto dei termini fissati con riferimento alla "udienza di discussione", non si deve aver riguardo a quella originariamente fissata dal provvedimento del Giudice, ma a quella fissata a seguito di rinvio d'ufficio, che concreta modifica del precedente provvedimento di fissazione, ed effettivamente tenuta al posto della prima (vedi Cass. 6 novembre 1999, n. 12388; 27 maggio 2000, n. 7013; 3 marzo 2003, n. 3126 ")", l'Istituto previdenziale versava in atti l'integrale verbale di accertamento del 29/11/2001 e le relative dichiarazioni rese dai dipendenti; eccepiva la disintegrità del contraddittorio per la mancata evocazione in giudizio della SCCI nonchè l'infondatezza
dei motivi di opposizione proposti; chiedeva la conferma della cartella impugnata o la condanna di controparte al pagamento della minore somma dovuta.
Con successiva memoria integrativa, depositata il 15/12/2008, l'Istituto previdenziale si costituiva in giudizio anche quale mandatario della SCCI; insisteva negli accertamenti di cui al verbale posto a fondamento della cartella impugnata e nel rigetto della opposizione proposta.
Espletata attività istruttoria mediante consulenza tecnico contabile, la causa è stata discussa oralmente all'odierna udienza sulle conclusioni delle parti, come trascritte nei rispettivi atti difensivi, nonchè decisa mediante lettura del dispositivo e dei motivi di fatto e di diritto della decisione.

Motivazione

In via preliminare va dichiarata la contumacia di Serit Sicilia S.p.A., che sebbene regolarmente evocata in giudizio non ha curato di costituirsi.
Sempre in via preliminare, va dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito giudice ordinario relativamente ai crediti iscritti a ruolo per contributi SSN e relative somme aggiuntive, appartenendosi la giurisdizione alle Commissioni tributarie.
Dall'esame della cartella di pagamento opposta si evince, infatti, che parte dei crediti oggetto della controversia in esame (€ 4.613,34) sono contributi SSN fissi/percentuale sul minimale e relative somme aggiuntive, inerenti all'anno 1997.
Ora, ai sensi dell'art. 5 c.p.c., nel testo risultante dall'art. 2 della legge n. 353/1990, in forza del quale la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad essa i mutamenti legislativi successivi, va ritenuto che, nel caso de quo, il riparto di giurisdizione deve essere operato con riguardo alla "nuova versione" dell'art. 2 del d.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, così come sostituito dall'art. 12, l. 28 dicembre 2001, n. 448, vigente al momento della proposizione della domanda.
Tale nuova disposizione ha esteso la competenza giurisdizionale delle commissioni tributarie "a tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie", tra cui quelle riguardanti il contributo per il Servizio Sanitario Nazionale, c.d. "tassa sulla salute".
La predetta norma dispone, infatti, che "appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio Sanitario Nazionale, nonchè le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro accessorio".
Il legislatore dunque con la nuova formulazione della norma ha inteso introdurre una nozione generale e onnicomprensiva di tutti i tributi, che di fatto sostituisce l'elenco tassativo di cui al precedente testo del citato art. 2, rimarcando, così, la natura di specialità della giurisdizione delle commissioni tributarie rispetto a quella del giudice ordinario.
In questo senso si è di recente espressa la Suprema Corte di Cassazione a S.U. con l'ordinanza n. 123 del 9.1.2007, con la quale è stato affermato che "in applicazione del nuovo testo dell'art. 2 del d. lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, introdotto dall'art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il quale ha previsto l'attribuzione alla giurisdizione tributaria di tulle le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio Sanitario Nazionale, nonchè le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative", comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio, è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario ogni controversia riguardante l'omesso versamento di contributi per il SSN in riferimento a prestazioni di lavoro subordinato e relative sanzioni.
Con riguardo ai restanti contributi (contributi aziende e somme aggiuntive), si osserva quanto segue.
Come rilevato dalla società opponente, i contributi pretesi dall'Istituto previdenziale trovano fondamento nell'accertamento effettuato in congiunta da ASL n. 3, Guardia di Finanza, INAIL, Ispettorato del lavoro e Inps, sfociato nel verbale ispettivo del 29/11/2001; stante la molteplicità delle violazioni accertate, appare opportuno procedere all'esame delle singole violazioni, tenuto conto delle conclusioni cui è pervenuto il nominato consulente tecnico d'ufficio nella relazione peritale depositata il 2/11/2012.
Con riguardo alla violazione contestata al punto 2) del verbale di accertamento, si legge che la società M. S.r.l. "Nell'anno 1996, per tutto il personale, ha denunciato, erogato e assoggettato a contribuzione la paga base, in misura inferiore a quella prevista dalle retribuzioni minime contrattuali"; sul punto nella relazione peritale si legge quanto segue: "a) l'accordo di rinnovo della parte economica del CC.N.L. personale non medico dipendente delle case di cura private associate all'AIOP è stato sottoscritto soltanto il 25/11/1996... ed ha previsto con effetto retroattivo dal gennaio 1996 un incremento di valore della paga base contrattuale; b) la società opponente ha tempestivamente corrisposto a tutti i propri lavoratori nel successivo mese di dicembre 1996 gli incrementi contrattuali stabiliti dal succitato accordo contrattuale di cui sub a), talché le contestazioni formulate sul punto dall'INPS risultano infondate salvo per 10 lavoratori ...d) tuttavia, soltanto per i seguenti 10 lavoratori le somme arretrate corrisposte risultano insufficienti a coprire gli incrementi retributivi previsti dal succitato accordo di rinnovo contrattuale, con conseguente perdita per il datore di lavoro in ordine a tali lavoratori degli sgravi contributivi sino ad allora fruiti ... alla luce delle superiori inosservanze contrattuali accertate... consegue per la società opponente un duplice indebito contributivo: 1) omissioni contributive per complessivi... euro 115,29... 2) perdita degli sgravi contributivi fruiti, in ordine ai 10 lavoratori oggetto delle minori retribuzioni contrattuali corrisposte per l'anno 1996, in misura pari, ai sensi della legge 389\89 articolo 6 commi 9 e 10 modificati dall'articolo 4 legge 151/93...euro 260,59".
In ordine al punto 3 del verbale di accertamento, è stato contestato alla società opponente che “ha occupato come animatori, dipendenti assunti, quasi tutti, con la qualifica di impiegati di concetto, e pertanto, in violazione dell'articolo 13 della legge 20/5/70 numero 300, li ha adibiti a mansioni inferiori a quelle per le quali erano stati assunti e li ha retribuiti in misura ridotta rispetto a quella spettante..."
Va rigettata in quanto infondata la difesa della società opponente secondo cui il predetto personale sarebbe stato adibito all'espletamento delle mansioni inferiori di animatore e pertanto correttamente sarebbe stata corrisposta la retribuzione relativa; ed invero i contributi previdenziali vanno calcolati sulla base della retribuzione corrispondente alla qualifica di assunzione del lavoratore ovvero alle effettive mansioni superiori svolte; nella fattispecie in esame è incontestato che i lavoratori specificamente indicati nel verbale di accertamento sono stati assunti con la qualifica di impiegati di concetto; pertanto la contribuzione andava corrisposta sulla base della retribuzione corrispondente alla predetta qualifica; nessuna rilevanza può riconoscersi alle effettive mansioni inferiori espletate dal personale nè alla documentazione acquisita agli atti del giudizio (peraltro tardivamente) in occasione dell'espletamento delle operazioni peritali (cfr. allegato 7: comunicazioni di assunzione, indirizzate dalla società opponente ai lavoratori, sottoscritte dagli stessi "per ricevuta ed accettazione", nelle quali si legge quanto segue: "con riferimento all'assunzione del ... trasmessa all'ufficio di collocamento, di impiegato di concetto, comunichiamo che le mansioni che ella dovrà espletare sono quelle di animatore"); in ogni caso, le predette dichiarazioni dei lavoratori non costituiscono, per il tenore letterale, alcuna rinuncia alla qualifica di assunzione e alla corrispondente retribuzione.
Sui punto va condiviso quanto precisato dalla Corte di Cassazione, Sez. L, nella parte motiva della sentenza n. 6001 del 17/4/2012, secondo cui "3. Giova, al riguardo, premettere come, secondo una diffusa e consolidata opinione, lo statuto giuridico dei diritti previdenziali, che risultano assistiti dal regime dell'indisponibilità e irrinunciabilità proprio dei diritti sociali fondamentali, rinviene nel principio dell'autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro uno dei suoi principali elementi di identificazione. Si osserva, infatti, che la pretesa che trova fondamento nelle norme che disciplinano il rapporto previdenziale - abbia essa ad oggetto l'obbligo contributivo o le singole prestazioni previdenziali - sebbene trovi il suo presupposto nel rapporto di lavoro, risulta distinta da quest'ultimo, dal momento che le obbligazioni del datore di lavoro concernenti la tutela previdenziale dei propri dipendenti non possono ritenersi inseriti nel contralto di lavoro, quali obblighi diretti a rafforzare il dovere di protezione retributiva del datore di lavoro, ma, sebbene interferenti con quest'ultimo, risalgono, in realtà, ad un autonomo status, quello appunto previdenziale, che la legge attribuisce al lavoratore, in quanto titolare di un diritto personale fondamentale. Del tutto coerente con tale contesto appare, quindi, l'affermazione che "quando la legge, in relazione al concreto svolgimento di una attività dei privati, pone un obbligo ispirato a superiori esigenze di natura sociale e stabilisce che esso non è derogabile con private convenzioni ed è anzi penalmente sanzionato, è errato giuridicamente affermare che l'obbligo trova la sua causa nel contratto, mentre questo è servito solo a costituire la situazione avente valore di presupposto, perchè si determini in concreto lo svolgimento di quella attività, presa in considerazione dalla legislazione sociale, per effetti che i privati contraenti possono aver considerato o possono aver voluto addirittura escludere" (così già SU n. 1250/1968; sul principio di autonomia del rapporto previdenziale v. più di recente ad es. Cass. n. 9774/2002).
Manifestazione ben nota dell'autonomia dei rapporti si ha nel caso di transazione stipulata dal datore di lavoro che incida sul connesso rapporto previdenziale, che, per come è ius receptum, risulta inidonea ad esplicare alcuna influenza sugli obblighi previdenziali che siano eventualmente coinvolti e che mantengono intatta la loro rilevanza, non solo per effetto della nullità dei patti elusivi stabilita dall'art. 2115 c.c., comma 3, ma anche in conseguenza della distinzione, quanto alla configurazione giuridica ed ai presupposti di tutela, che caratterizza i diritti previdenziali. Ma non meno rilevante appare l'incidenza che lo stesso principio dispiega rispetto alla disciplina della retribuzione imponibile. E', al riguardo, del tutto consolidata, nella giurisprudenza, l'affermazione che la base di calcolo dei contributi dell'assicurazione obbligatoria è costituita dalla retribuzione dovuta - per legge o per contratto collettivo o individuale - ai lavoratori, a nulla influendo la circostanza che il lavoratore abbia volontariamente accettato dal datore di lavoro una retribuzione inferiore a quella spettante, ovvero abbia rinunciato a far valere i suoi diritti (così ad es. Cass. n. 1898/1997). Il che vale quanto dire che la L. n. 389 del 1989, art. 1, laddove stabilisce che "la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni, stabilito da leggi, regolamenti e contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ovvero da accordi collettivi o individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo", non solo rende insensibile l'obbligo contributivo rispetto all'eventuale inadempimento retributivo del datore di lavoro, ma impone, altresì, di dar rilievo alla retribuzione dovuta, e non a quella di fatto, ove di importo inferiore alla prima."

Con riguardo alla predetta violazione, discende un debito della società per omissioni contributive di € 23.145,22 e per perdita degli sgravi contributivi di € 33.197,33, per complessivi € 56.123,63.
Con riguardo al punto 4 del verbale ispettivo, è stato contestato alla società opponente che "dal 3.4.98, ha assunto quale direttore amministrativo il dottor C. M. e, successivamente, sul libro matricola, lo ha registrato quale medico responsabile a decorrere dal 1.10.98; nonostante la nuova qualifica, ha continuato a retribuirlo quale direttore amministrativo fino al 30.6.99, e, dalla data di assunzione, non gli ha corrisposto la relativa indennità di direzione che è pari a £ 1.091.660 mensili. Da luglio ‘99, lo ha retribuito da medico responsabile, ma fino al settembre successivo, non gli ha erogato l'indennità professionale che è pari a £ 1.649.000 mensili. Nel settembre ‘99, non gli ha corrisposto l'aumento della paga base che ammonta a £ 280.000. Le retribuzioni omesse e non denunciate, calcolate sulla base delle mansioni registrate, complessivamente ammontano a £ 32.688.000."; con riguardo alla predetta violazione, il nominato consulente ha accertato dall'esame delle buste-paga acquisite nel corso delle operazioni peritali che "il dottor C. M. è stato inquadrato nel livello retributivo 11° corrispondente, in base alla declaratoria del personale di cui al C.C.N.L.
Case di cura private personale non medico, alla qualifica di direttore amministrativo di struttura sanitaria con più di cinquecento posti letto ed è stata corrisposta una retribuzione lorda mensile, come appresso indicata, conforme alle previsioni contrattuali, fatta eccezione per l'omesso pagamento dell'indennità professionale ... da ottobre 1998... il dottor C. M. è stato inquadrato come medico responsabile; sicchè, tenuto conto delle previsioni di cui al C.C.N.L. Case di cura personale medico, secondo cui l'orario di lavoro del personale medico è stabilito a tempo definito in 28 ore e 30 minuti settimanali... ovvero a tempo pieno in 38 ore settimanali e che soltanto nel secondo caso spetta al personale medico un'indennità professionale di lire 1.649.000 mensile, discende nel caso di specie, in base alle indicazioni contenute nelle buste paga acquisite nel corso delle operazioni peritali... che il dottor C. M. ha osservato un orario di lavoro da ottobre 1998 giugno 1999 a tempo pieno per 38 ore medie settimanali (in tale periodo è dovuta la indennità professionale) e da luglio 1999 a settembre 1999 a tempo definito per 28 ore e 30 minuti settimanali (in tale periodo non
spetta l'indennità professionale); ... derivano le seguenti differenze retributive non denunciate ai fini contributivi da parte datoriale ... 12.968. 000 ... 14.773. 000. In buona sostanza, per quanto precede l'eccezione dell'opponente secondo la quale il dott. C. M. non ha prestato attività lavorativa a tempo pieno risulta fondata soltanto con riguardo ai mesi da luglio a settembre 1999, con conseguente riduzione soltanto per tali mesi, rispetto alle determinazioni degli ispettori Inps di cui al punto 4) del verbale di accertamento, degli importi retributivi non denunciati ai fini contributivi....", ne discende un debito contributivo della società opponente di € 5.767,00.
Con riguardo al punto 5 del verbale di accertamento, alla società opponente è stato contestato che "dal 2/11/99 ha iniziato a fruire di sgravio contributivo ex legge 448/98 per la dipendente M. S. che, all'epoca, rappresentava la 32° unità in forza all'azienda.... In data 19/3/01, senza motivare il provvedimento, ha licenziato l'infermiere P. L. G., assunto dal 2.11.2000.
A causa dell'anzidetto licenziamento, si ritiene imputabili al datore di lavoro la riduzione del livello occupazionale precedentemente raggiunto, e la ditta, a norma dell'articolo 3, comma 6, lettere c della legge n. 448/98, perde, dal 19.3.01, il diritto alle riduzioni contributive per la dipendente M. ..."; con riguardo alla predetta contestazione, la società opponente ha documentato che l'infermiere P. L. G. è stato assunto con contratto sottoposto alla condizione risolutiva del superamento del periodo di prova; non essendosi verificata tale condizione, il contratto non si è perfezionato e pertanto non è intervenuto alcun licenziamento.
Nel corso delle operazioni peritali, la società opponente ha prodotto la comunicazione inviata alla Sezione circoscrizionale del lavoro e della massima occupazione di Mascalucia, del 19 marzo 2001, pervenuta a detto ufficio in data 23 marzo 2001, dalla quale si evince la cessazione del rapporto di lavoro di P. L. G. per "altri motivi; periodo di prova", come correttamente rilevato dalla società opponente, il mancato perfezionamento del contratto di lavoro sottoposto al superamento del periodo di prova discende da una situazione di fatto ostativa alla instaurazione del rapporto di lavoro che prescinde dalla volontà delle parti; inoltre, lo stesso Istituto previdenziale, nella circolare
n.122/2000, ha chiarito: "4 Mantenimento del livello occupazionale raggiunto. Posto che l'art. 3, comma 6, lettera c), della legge 448/98 subordina la concessione degli sgravi triennali alla condizione che "il livello occupazionale raggiunto a seguito delle nuove assunzioni non subisca riduzioni nel corso del periodo agevolato", si sottolinea che l'obbligo di ripetizione degli sgravi sorge solamente nel caso di riduzione del livello occupazionale raggiunto dovuto a cause imputabili al datore di lavoro. Per quanto concerne le ipotesi di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, si ritiene che le stesse, traendo origine rispettivamente da fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro e dal notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del prestatore di lavoro, possano rientrare nei casi di riduzione del livello occupazionale raggiunto per atti non dipendenti dalla volontà del datore di lavoro, con conseguente esclusione dell'obbligo di ripetizione degli sgravi ottenuti. Appare utile sottolineare che il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo deve, comunque, essere riconducibile a fatti evidenti e non pretestuosi, nonchè a motivi fondati”; nella fattispecie in esame, non vi è dubbio che il licenziamento del dipendente P. possa in ogni caso ricondursi alla fattispecie del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo oggettivo, non imputabile al datore di lavoro.
Da tanto discende la illegittimità della contestazione sollevata dall'Istituto previdenziale e del conseguente debito contributivo.

Parimenti deve ritenersi infondata la contestazione di cui al punto 6 del verbale di accertamento secondo cui la società opponente "a decorrere dal novembre ‘99 ha esposto a conguaglio sui modelli DM 10 m, riduzioni contributive fruite, ai sensi della legge regionale n. 30 del 7/08/97, per i dipendenti D. S. G. e B. A... poiché la prima dipendente, registrata per due periodi, dal 12/11/97 al 31.8.98 e dal 2.11.98 al 6.6.01, ha dichiarato, invece, di non avere mai interrotto l'attività lavorativa, la ditta, a norma degli articoli 1 e 4 dell'anzidetta legge, perde, dalla decorrenza, i benefici goduti, per un ammontare complessivo di lire 27.199.000. La D. S., infatti, non era disoccupata in occasione della seconda presunta assunzione e non venivano rispettati i contratti collettivi nazionali di lavoro, a causa delle irregolarità commesse nei confronti degli animatori. Vengono inoltre addebitati contributi omessi per il lavoro non registrato ma prestato dalla D. S., dal 19 all'1.11.98... vengono ancora addebitati, sulla base di un imponibile di lire 1.049.000, ... i contributi omessi per 24 giornate di maggio 2001, durante le quali detta dipendente risulta sospesa dal lavoro e non
retribuita ...."; con riguardo tale profilo, si osserva quanto segue.
Ai fini della fruizione degli sgravi contributivi ai sensi della legge regionale n.30/97 è richiesto che il lavoratore assunto sia in stato di disoccupazione e che vengano rispettati i contratti collettivi nazionali; nella fattispecie in esame, al di là della questione afferente alle dichiarazioni rese dalla lavoratrice in ordine alla continuità del rapporto di lavoro dal 12.11.97 al 6.6.2001, rileva l'accertata violazione dei contratti collettivi nazionali, per come rilevato con riguardo al punto 3 del verbale di accertamento ispettivo (corresponsione della retribuzione inferiore a quella prevista in relazione alla qualifica di inquadramento); da tanto discende il mancato perfezionamento dei presupposti per il godimento degli sgravi contributivi nella misura di euro (lire 27.199.000); parimenti sono dovuti i contributi omessi per le 24 giornate di maggio 2001; come accertato dal consulente, la lavoratrice risulta retribuita solo per due giornate lavorative senza alcuna giustificazione dei giorni non retribuiti.
Non sono dovuti in difetto di riscontro probatorio, i contributi relativi al periodo del rapporto di lavoro non registrato (dal 1.9.98 al 1.11.1998); le dichiarazioni rese dalla lavoratrice non appaiono sufficienti ai fini della prova della continuità del rapporto di lavoro; sul punto va condiviso quanto precisato dalla Corte Suprema di Cassazione, secondo cui "In tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorchè sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che la sussistenza del credito contributivo dell'INPS, preteso sulla base di verbale ispettivo, deve essere comprovata dall'Istituto con riguardo ai fatti costitutivi rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria” (Sez. L., sentenza n.22862 del 10.11.2010); in senso conforme è stato escluso, in un giudizio di accertamento negativo del credito contributivo dell'INPS, l'onere del ricorrente di provare l'inesistenza dei fatti di cui al verbale di accertamento ispettivo, non potendosi riconoscere alle dichiarazioni dei lavoratori riportate nel verbale ispettivo efficacia probatoria (cfr. Sez. L, Sentenza n. 12108 del 18/05/2010).
Infine, con riguardo alla contestazione afferente alle sanzioni accessorie, va precisato che l'Istituto previdenziale resistente ha richiesto il pagamento delle somme aggiuntive ai sensi dell'articolo 116, comma 8, lettera B della legge n. 338 del 2000; le stesse somme sono dovute, per contro, ai sensi della lettera A del citato articolo, trattandosi di omissioni contributive rilevabili dalle denunce obbligatorie; rileva, altresì, la obiettiva controvertibilità giuridica delle violazioni contestate, circostanza idonea a vincere la presunzione d'intento fraudolento della società opponente.
Sulla base delle superiori considerazioni, il ruolo e la cartella di pagamento impugnati vanno annullati con riguardo alle somme pretese in relazione al verbale di accertamento ispettivo del 29/11/2001 nei limiti sopra specificati; in particolare va dichiarata illegittima la pretesa creditoria dell'Istituto previdenziale per l'importo eccedente la somma di euro 104.627,56 (Violazione punto 2) del verbale di accertamento: 611,55; violazione punto 3) del verbale di accertamento: 78.234,27; violazione punto 4) del verbale di accertamento: 7.903,02; violazione punto 5) del verbale di accertamento: punto 6) del verbale di accertamento: euro 17.852,54 (£ 34.567.330); cfr. conclusioni della relazione peritale).
Avuto riguardo al limitato accoglimento dell'opposizione, sussistono giusti motivi per la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite; vanno dichiarate interamente irripetibili le spese di lite nei confronti di SERIT Sicilia S.p.A., stante l'estraneità di detto ente al motivo di opposizione sopra esaminato.
Le spese della consulenza tecnica d'ufficio, come liquidate in dispositivo, vengono poste a carico dell'Istituto previdenziale.

PQM

definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta dalla società in epigrafe indicata avverso il verbale di accertamento del 29/11/2001 e la cartella n. 293_____, avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di € 166.054,24, di cui € 161.437,80 a titolo di contributi Aziende e somme aggiuntive (Modello DM 10/V periodi 4/1996-10/2001) ed € 4.613,34 a titolo di contributi SSN Aziende e somme aggiuntive, competenza periodo 1997;
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa;
dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore delle commissioni tributarie in relazione ai crediti iscritti a ruolo per contributi SSN e relative somme aggiuntive;
in parziale accoglimento dell'opposizione, dichiara illegittima l'iscrizione a ruolo dei contributi e delle somme aggiuntive oggetto della cartella sopra indicata, relativi al verbale di accertamento del 29.11.2001, per l'importo eccedente la somma di euro 104.627,56 e, per l'effetto, annulla i superiori atti in parte qua;
compensa interamente tra le parti le spese di lite;
dichiara irripetibili le spese di lite nei confronti di Serit Sicilia S.p.a.
condanna l'INPS al pagamento in favore del dott. G. S., delle spese della consulenza tecnica d'ufficio, che vengono liquidate nella complessiva somma di euro 3.950,00 per onorario, oltre Iva e c.p. come per legge.
Catania, 7 febbraio 2013
Il Giudice del Lavoro
Dott.ssa Caterina Musumeci
Depositato in cancelleria il 7 febbraio 2013


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.