REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo - Presidente -
Dott. BERNABAI Renato - rel. Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26911-2007 proposto da:
ITALFONDIARIO S.P.A., nella qualità di procuratore di INTESA SANPAOLO S.P.A. e di CASTELLO FINANCE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OMBRONE 14, presso l'avvocato LA SCALA GIUSEPPE F. M., che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CARIBONI PARIDE S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GORIZIA 52, presso l'avvocato AFFENITA DOMENICO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2016/2006 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 31/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2014 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato D. AFFENITA che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 7 gennaio 2000 la Cariplo S.p.A. e l'Intesa Gestione Crediti s.p.a. proponevano dinanzi al Tribunale di Lecco opposizione allo stato passivo della CARIBONI Paride s.p.a. in amministrazione straordinaria, lamentando la parziale esclusione del credito derivante da due contratti di mutuo fondiario e la collocazione al rango chirografario del credito ammesso, anzichè al privilegio ipotecario.
Costituitasi ritualmente, la procedura eccepiva la nullità dei contratti e comunque la revocabilità delle ipoteche, perchè le somme erogate erano in realtà destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie delle imprese facenti parte del c.d. Gruppo Cariboni nei confronti di un cartello di banche, aventi origine da un finanziamento-ponte del 25 novembre 1994 e da due prefinanziamenti del febbraio e marzo 1995, privi di garanzia.
Con successiva memoria ex art. 183 le società opponenti eccepivano l'inapplicabilità della L. 3 aprile 1979, n. 95 (c.d. Legge Prodi) istitutiva della procedura di amministrazione straordinaria, perchè in contrasto con il divieto di aiuti di stato contenuto nella normativa della comunità europea.
Con sentenza 13 giugno 2002 il Tribunale di Lecco dichiarava inammissibile l'opposizione, con compensazione integrale delle spese, disapplicata la legge Prodi, in accoglimento dell'eccezione pregiudiziale comunitaria.
Il successivo gravame dell'Intesa Gestione Crediti s.p.a., in proprio e nella qualità di procuratrice di Banca Intesa s.p.a. (già Cariplo s.p.a.) era rigettato dalla Corte d'appello di Milano con sentenza 1 luglio 2006; mentre era dichiarato inammissibile l'appello incidentale della CARIBONI Paride s.p.a. in amministrazione straordinaria, con compensazione integrale delle spese di giudizio.
Motivava:
- che non era esatta l'affermazione del Tribunale di Lecco che aveva ravvisato un contrasto della L. n. 95 del 1979 con il diritto comunitario, ed in particolare con il divieto degli aiuti di stato, non vertendosi in un'ipotesi di continuazione dell'attività economica dell'impresa;
- che peraltro le banche non avevano devoluto anche le questioni di merito sottese all'opposizione allo stato passivo, che non potevano quindi essere esaminare d'ufficio;
- che l'appello incidentale della Cariboni Paride s.p.a. in amm. straord. era inammissibile per carenza di interesse.
Avverso la sentenza, non notificata, l'Italfondiario s.p.a., nella sua qualità di procuratore dell'Intesa San Paolo s.p.a. e della Castello Finance s.r.l. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Resisteva con controricorso la CARIBONI Paride s.p.a
All'udienza del 26 maggio 2014 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivazione

Con il primo motivo l'Italfondiario s.p.a. ripropone la questione dell'incompatibilità della c. d. Legge Prodi, istitutiva della procedura concorsuale di amministrazione straordinaria, con l'art. 87 del Trattato dell'Unione europea, di cui deduce la violazione.
Il motivo è infondato, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l'applicazione ad una impresa di un regime derogatorio alle regole in materia fallimentare da luogo ad aiuti di Stato solo se l'impresa sia stata autorizzata a continuare la sua attività economica in circostanze in cui tale eventualità sarebbe esclusa in ottemperanza a regole normalmente vigenti in materia di fallimento; o se abbia beneficiato di uno o più vantaggi - quali una garanzia di Stato, un'aliquota di imposta ridotta, un'esenzione dall'obbligo di pagamento di ammende o altre sanzioni pecuniarie, o una rinuncia effettiva, totale o parziale, ai crediti pubblici - dei quali non potrebbe usufruire un'altra impresa insolvente, in base al regime concorsuale ordinario.
Alla luce di questi principi si deve concludere, quindi, che non la L. n. 95 del 1979, in sè e nella sua totalità, è incompatibile con le disposizioni comunitarie (ciò che, da un lato, eccederebbe la finalità della norma comunitaria e, dall'altro, risulterebbe irragionevolmente limitativo del potere legislativo dello Stato), bensì nella sola parte in cui incorra nella violazione dell'art. 87 (già 92) del Trattato Ce, che fa divieto agli Stati membri di concedere aiuti alle imprese, sotto qualsiasi forma, suscettibili di incidere sugli scambi tra gli Stati, con alterazione delle regole della libera concorrenza.
Nella specie, si verte in ipotesi di opposizione allo stato passivo: e cioè, di un istituto rientrante a pieno titolo nella normativa fallimentare ordinaria, non sospetto di illegittimità comunitaria.

Con il secondo motivo la banca denunzia la violazione della L. 12 dicembre 2002, n. 273, art. 7 nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto superata la questione testè esaminata alla luce della modifica strutturale della procedura di amministratore straordinaria in liquidazione coatta amministrativa.
La censura è inammissibile, concernendo un passaggio meramente argomentativo della decisione, enunciato ad ulteriore sostegno del rigetto dell'eccezione di illegittimità dell'intera L. n. 95 del 1979 e della normativa secondaria di applicazione, per contrasto con la normativa comunitaria: eccezione, che già infondata ab initio, come sopra esposto, perde definitivamente ragion d'essere, perfino in astratto, una volta ricondotta la procedura ad un istituto di diritto comune, di esclusiva funzione liquidatoria.

Infondato è infine il terzo motivo, inteso a denunziare la violazione della L. Fall., art. 98, per omesso accoglimento dell'opposizione allo stato passivo.
Al riguardo, si osserva che la corte territoriale ha motivato, sul punto, la decisione, richiamando le conclusioni dell'appellante, che invocavano l'adozione della disciplina del fallimento, previa disapplicazione della normativa speciale in tema di amministrazione straordinaria. La parte non aveva riproposto, pertanto, le ragioni di ammissione al passivo in origine fatte valere in sede di ricorso, da ritenersi quindi rinunciate, ai sensi dell'art. 346 c.p.c.
Lo stesso quesito di diritto enunciato in chiusura di esposizione del motivo, ex art. 366 bis c.p.c., pone in rilievo la dipendenza dell'opposizione allo stato passivo da una statuizione preliminare di illegittimità della procedura di amministratore straordinaria, esclusa dalla Corte d'appello di Milano ("L'eventuale dichiarazione di incompatibilità della procedura di amministrazione straordinaria disciplinata dalla L. n. 95 del 1979 per incompatibilità di detta legge con la normativa comunitaria in tema di divieto di aiuti di Stato alle imprese non preclude la prosecuzione del giudizio di opposizione allo stato passivo già pendente nei confronti del soggetto effettivamente legittimato passivo da effettuarsi, eventualmente, previa interruzione e successiva riassunzione del medesimo procedimento").
Il ricorso è dunque infondato e va respinto, con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 13.200,00, di cui Euro 13.000,00 per compenso, oltre le spese forfettarie e gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2014


 

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