REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI RIETI
Sezione Lavoro
in persona del giudice, dott. Rosario CARRANO,
all'udienza del 14 maggio 2019, all'esito della camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA
ex art. 429, 1° comma c.p.c., nella causa civile iscritta al n. 591 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2018, vertente
TRA
I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Rieti, alla Via Cintia n. 42 presso l’Ufficio legale della Sede Inps di Rieti, rappresentato e difeso dall’avv. S. Carolla;
OPPONENTE
E
F. R., elettivamente domiciliato in Guidonia Montecelio, via Ugo Foscolo n. 28, presso lo studio dell’avv. Stefano Salerno, che lo rappresenta e difende giusta procura in atti
OPPOSTO
E
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Diego D’Angeli, n. 95, presso lo studio dell’avv. Luigi Labonia, che la rappresenta e difende giusta procura in atti
CHIAMATA IN CAUSA
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo n. 85/2018

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 19.6.2018, l’Inps ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 85/2018, emesso il 12.5.2018 dal Tribunale di Rieti, Giudice del Lavoro, per un importo di euro 3.080,23, relativo alla somma indebitamente corrisposta dal sig. R. nei confronti di Agenzia delle Entrate inerente a contributi previdenziali INPS, in quanto pagata due volte.
A sostegno della propria opposizione, ha preliminarmente eccepito l’incompetenza funzionale del giudice del lavoro, trattandosi di mero indebito oggettivo, e la conseguente incompetenza del Tribunale in favore del giudice di pace, nonché il difetto di legittimazione passiva dell’INPS, chiedendo in ogni caso la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

All'udienza del 5.2.2019, il giudice ha ordinato l’intervento del terzo Agenzia delle Entrate – Riscossione, già indicata quale legittimato passivo nel giudizio monitorio, la quale si è costituita tardivamente ed ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo svolgendo le medesime difese e sollevando le stesse eccezioni dell’INPS.

Stante la natura documentale, la causa è stata discussa e decisa all'odierna udienza mediante lettura della sentenza.

Motivazione

In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di incompetenza funzionale del giudice adìto e l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da INPS e Agenzia delle Entrate – Riscossione.
Come è noto, infatti, l’individuazione del giudice competente e del rito applicabile va fatta avendo riguardo alla prospettazione della domanda attorea, a meno che la stessa non sia meramente artificiosa e preordinata esclusivamente a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge, senza che rilevino le contestazioni del convenuto (cfr. Cass. 4 agosto 2005, n. 16404; Cass. 17 maggio 2007, n. 11415; Cass. 26 marzo 2014, n. 7182).
Nel caso di specie, sulla base della prospettazione attorea contenuta nella domanda monitoria deve ritenersi sussistente la competenza del giudice adito avendo richiesto la ripetizione di un indebito di natura previdenziale.

Analoga considerazione va fatta per quanto riguarda il difetto di legittimazione passiva.
Come è noto, la legittimazione ad causam dal lato passivo (o legittimazione a contraddire), quale presupposto processuale, si determina non in base alla effettiva titolarità del rapporto controverso, che è questione di merito, ma in base alla prospettazione che di tale rapporto viene data dall'attore, e consiste precisamente nella corrispondenza tra colui nei cui confronti è chiesta la tutela e colui in capo al quale si afferma l’esistenza del dovere asseritamente violato (tra le tante, Cass., Sez. 3^, 1 marzo 2004, n. 4121 Cass., Sez. 1^, 12 agosto 2005, n. 16878; Cass., Sez. 1^, 7 ottobre 2005, n. 19647; Cass., Sez. 1^, 23 novembre 2005, n. 24594).
Nel caso di specie, deve ritenersi sussistente la legittimazione passiva di INPS e di Agenzia delle Entrate - Riscossione, in quanto, in base alla prospettazione attorea, il sig. R. assume di essere titolare di un diritto di credito nei confronti di entrambi i soggetti, mentre l’effettiva titolarità del rapporto controverso costituisce invece una questione di merito.

Nel merito, si osserva quanto segue.
Il sig. R. F. assume di aver provveduto a pagare per ben 2 volte la cartella di pagamento n. 09620060000391752 avente ad oggetto il recupero di contribuzioni I.N.P.S.
In particolare, i pagamenti avvenivano:
- tramite dilazione in 72 rate mensili nell'ambito della rateazione protocollo n. 000033837 (docc. 1), 2), 3) e 4) fascicolo monitorio);
- tramite pagamento del 02.04.2008 attraverso bollettino postale della somma di € 3.080,23 (doc. 5).
In sostanza entrambi i pagamenti – sia quello rateale sia quello in un’unica soluzione – hanno avuto quale causa l’estinzione del debito contributivo riportato dalla cartella di pagamento 09620060000391752.
In entrambi i casi l’Agente della Riscossione, ha riscosso in nome e per conto dell’INPS ente creditore, le somme versate per il pagamento della cartella n. 09620060000391752.
Sul punto, con specifico riguardo al secondo pagamento, l’INPS ha eccepito di non aver mai ricevuto le relative somme, le quali sarebbero rimaste nella esclusiva disponibilità dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, da considerare quindi come il vero accipiens.
A dimostrazione di tale assunto, ha prodotto una comunicazione della stessa Agenzia delle Entrate – Riscossione (cfr. nota 28.11.2018) con cui l’Agente della Riscossione, riconosceva l’indebito in favore del sig. R. e dichiarava la propria disponibilità alla diretta restituzione al contribuente della somma di cui alla cartella pagata due volte (n.09620060000391752).
Orbene, da tale documentazione, non contestata dalla stessa Agenzia delle Entrate a seguito della costituzione in giudizio, deve desumersi l’esistenza del suddetto indebito per l’importo di cui al decreto ingiuntivo opposto, la cui somma è rimasta nella esclusiva disponibilità della stessa Agenzia delle Entrate.

Tale documentazione, che assume qui valore di riconoscimento di debito ai sensi dell’art. 1988 c.c., vale a rendere infondata l’eccezione sollevata dalla Agenzia delle Entrate, mentre deve ritenersi fondata l’eccezione dell’INPS che va riqualificata, appunto, in termini di difetto di titolarità del rapporto e non già come difetto di legittimazione passiva.
In conclusione, quindi, deve essere accolta l’opposizione proposta dall’INPS con conseguente revoca del decreto ingiuntivo a cui segue invece la condanna della sola Agenzia delle Entrate al pagamento della somma di euro 3.080,23, oltre accessori.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non sussistono invece i presupposti oggettivi e soggettivi per una condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
- revoca il decreto ingiuntivo n. 85/2018 e condanna l’Agenzia delle Entrate - Riscossione al pagamento in favore di Fabio Risa della somma di euro 3.080,23, oltre accessori;
- condanna l’Agenzia delle Entrate - Riscossione alla refusione delle spese di lite in favore del sig. R. F. che si liquidano in euro 450,00, per la fase monitoria e in euro 980,00 per la fase di opposizione, oltre rimborso forfetario delle spese al 15%, IVA e CPA, da distrarsi in favore del procuratore antistatario;
- condanna l’Agenzia delle Entrate - Riscossione alla refusione delle spese di lite in favore di INPS che si liquidano in euro 980,00, oltre rimborso forfetario delle spese al 15%, IVA e CPA, se dovute.
Rieti, 14 maggio 2019
Il Giudice
dott. Rosario Carrano


 

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