TRIBUNALE DI MESSINA
Seconda sezione civile
Il Tribunale di Messina, riunito in camera di consiglio e composto dai magistrati:
1) dott. Giuseppe Minutoli Presidente rel.
2) dott. Francesco Catanese Giudice
2) dott. Massimo Morgia Giudice onorario
Esaminati gli atti della causa n. 764/2018 R.G., sul reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c., proposto avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione n. 1496/2017 R.G.E.Imm. del 23 gennaio 2018, da:
 A.
reclamante
nei confronti di
 R.
reclamato
 U.
Terzo pignorato
in esito all’udienza collegiale camerale del 27 giugno 2018;
premesso che con l’ordinanza reclamata il giudice dell’esecuzione n. 1496/2017 R.G.Em. ha rigettato l’istanza di sospensione avanzata dalla debitrice esecutata A. contestualmente all’opposizione all’esecuzione, per i motivi ivi esposti, assegnando termine per la proposizione del giudizio di merito;
che la debitrice ha proposto reclamo, chiedendo l’integrale riforma del provvedimento impugnato e, quindi, invocando la sospensione della procedura esecutiva;
sentite le parti,
Osserva

Motivazione

1. La preliminare eccezione della reclamata Riscossione Sicilia s.p.a. di improcedibilità del reclamo per non avere la debitrice reclamante introdotto il giudizio di merito di opposizione all’esecuzione è fondata.

2. Il Tribunale – che sulla controversa questione ha sollecitato le parti ad interloquire - è consapevole dell’esistenza, sia in dottrina che in giurisprudenza, di un serrato dibattito in merito alla correlazione tra il procedimento di reclamo avverso il provvedimento che abbia concesso o negato la sospensione dell'esecuzione e il giudizio di merito do opposizione e, quindi, sulle ipotizzabili ricadute di tale correlazione nell’ipotesi di omessa introduzione di quel giudizio.
Al riguardo, alcuni giudici (ad esempio ed autorevolmente Trib. Milano 3 marzo 2016, www.ilcaso.it, invocato dalla reclamante) hanno ritenuto che le ipotesi di estinzione tipica del processo esecutivo sono espressamente previste e che il reclamo avverso l’ordinanza che provvede sulla istanza di sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624, comma primo, cod. proc. civ., non diviene improcedibile se nessuna delle parti inizia il giudizio di merito nel termine perentorio stabilito dal giudice dell’esecuzione, posto che in tal caso il collegio deve concedere un nuovo termine per l’introduzione del giudizio di merito, perché l’interesse a quel giudizio sorgerebbe o si stabilizzerebbe solo a seguito del provvedimento di sospensione adottato dal collegio.

3. Tale tesi, per l’appunto fatta propria dalla Azienda reclamante, non persuade.
Ritiene, infatti, il Tribunale – ribadendo il proprio ormai consolidato orientamento - che la previsione dell’art. 616 c.p.c. (“il giudice dell'esecuzione fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito”) e la natura sostanzialmente cautelare (ed anticipatoria) dell’istanza di sospensione dell’esecuzione accessoria ad una opposizione ex artt. 615 e 619 c.p.c. determinino necessariamente la sua strumentalità rispetto ad una successiva pronuncia idonea al giudicato (in analogia a quanto disposto dall’art. 669 novies c.p.c.), che accerti la fondatezza o meno di quella opposizione, in funzione della quale la sospensione è accordata o negata. Non a caso – e confermando per altro profilo l’affermata strumentalità, l’art. 624, co. 3, c.p.c. prevede che “nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma, se l’ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell’articolo 616, il giudice dell’esecuzione dichiara, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo”: ciò in quanto il provvedimento di sospensione è di tale natura da richiedere necessariamente un esito ulteriore, che tenda a stabilizzare la situazione e che, in via alternativa, va individuato nella sentenza conclusiva del giudizio di opposizione ovvero nell’estinzione della procedura esecutiva.
Da quanto detto deriva che, ove non sia stato proposto quel giudizio, il reclamo proposto contro l’ordinanza che ha concesso o negato la sospensione non è procedibile, perché non ha più senso pronunciare in via cautelare ed anticipatoria rispetto ad un merito mai instaurato.

Diversamente opinando, una eventuale sospensione concessa dal giudice dell’esecuzione o dal Collegio del reclamo senza introduzione del giudizio di merito determinerebbe una stasi della procedura esecutiva protratta sine die, senza che vi sia alcuna prospettiva di statuizione nel merito sul diritto del creditore istante a procedere ad esecuzione forzata.
Né potrebbe accedersi alla soluzione proposta dall’avversa tesi che, per evitare la paventata impasse, introduce nel caso di sospensione disposta in seguito a reclamo un non previsto obbligo per il collegio di concedere un nuovo termine per l’introduzione del giudizio di merito: invero, il summenzionato art. 616 c.p.c. faculta solo il giudice dell’esecuzione a tale adempimento (e in relazione ad un termine non a caso definito “perentorio”). Neppure può affermarsi che l’interesse all’introduzione del giudizio di merito sorgerebbe solo all’esito del reclamo, perché ciò svuoterebbe di significato l’espressa previsione normativa della concessione del termine per la sua proposizione.

La correttezza dell’orientamento qui adottato trova, infatti, ulteriore riscontro in quanto affermato da Cass. 5 maggio 2016, n. 8957, secondo cui “in mancanza di ogni diversa previsione, deve affermarsi che spetta al g.e., all'atto della decisione sulla istanza di sospensione, la fissazione alla parte di un termine perentorio per iniziare il giudizio di merito e che, qualora questo termine sia stato fissato, la proposizione del reclamo non lo fa venir meno e la parte è tenuto a rispettarlo a prescindere dall'esito e dalla durata del procedimento di reclamo. Ne consegue che se, come nella specie, il termine perentorio per l'inizio di merito sia stato fissato dal g.e. a definizione della fase sommaria e l'opponente non lo ha rispettato l'opposizione proposta è inammissibile in quanto tardiva”.

4. In conclusione, deve affermarsi – con ciò rigettando il gravame e ribadendo l’orientamento ormai consolidato di quest’Ufficio – che il reclamo avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione abbia accolto o rigettato l’istanza di sospensione dell’esecuzione è improcedibile in caso di mancata instaurazione del giudizio di opposizione nel termine perentorio concesso ex art. 616 c.p.c., stante l’evidente collegamento tra il profilo cautelare e l’invocato accertamento di merito sul diritto di procedere ad azione esecutiva.

5. Avuto riguardo all’incertezza interpretativa sulla questione in esame la contumacia della reclamata, non si provvede sulle spese.
6. Deve darsi atto della sussistenza dell'obbligo di pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30.5.2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24.12.2012, n. 228;

PQM

dichiara il reclamo improcedibile;
compensa le spese processuali;
dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. art. 13, co. 1 quater, d.p.r. n. 115/2002 (t.u. spese giustizia), modificato dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, per il pagamento da parte dei reclamanti in solido di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Così deciso in Messina, nella camera di consiglio della seconda sezione civile del Tribunale, il 18 luglio 2018.
Il Presidente rel.
(dott. Giuseppe Minutoli)


 

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