REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Consigliere -
Dott. VALITUTTI Antonio - rel. Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 12449/2014 proposto da:
G.A., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MARROSU ANNA MARIA, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
L.B.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato BOI MARIA FRANCA, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -
avverso la sentenza n. 570/2013 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 21/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato CIRO CASTALDO, con delega, che si riporta;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato BOI MARIA FRANCA che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione notificato il 28.11.2005, G.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cagliari, Benito L.A., chiedendo accertarsi la natura di accordo patrimoniale tra i coniugi della pattuizione - contenuta nel verbale di separazione consensuale dell'1.12.2000, omologato il 6.2.2001 - secondo cui, all'atto della definitiva attribuzione al L. dell'immobile sito in ____ da parte della Cooperativa "Sa Tanca", il medesimo sarebbe stato attribuito in parte, previa "suddivisione", ad essa istante. L'attrice - essendo stato l'immobile in questione trasferito al marito con rogito notarile del 21.12.2004, repertorio n. 43832, raccolta n. 21796 - chiedeva, quindi, disporsi il trasferimento di una porzione di detto immobile in suo favore - e, precisamente, l'appartamento sito al primo piano dell'edificio - previa "scissione" delle unità immobiliari a cura e spese del L.
1.1. Il convenuto si costituiva opponendosi alla pretesa.
1.2. La causa era definita dal Tribunale adito con sentenza n. 1369/2010, con la quale la domanda attorea veniva rigettata con compensazione delle spese di lite.

2. Avverso tale decisione proponeva appello la G., che veniva disatteso dalla Corte di Appello di Cagliari con sentenza n. 570/2013, depositata il 31.7.2013 e notificata l'8.2.2014, con la quale il giudice del gravame ordinava, altresì, la cancellazione della trascrizione delle domande proposte dall'appellante e dichiarava compensate le spese del secondo grado del i giudizio.
2.1. La Corte territoriale riteneva, anzitutto, che l'accordo in questione non prevedesse il trasferimento di una parte del suddetto immobile in proprietà a favore della G., ma solo la sua attribuzione in uso all'appellante.
2.2. Il giudice di appello riteneva, poi, che, quand'anche fosse ravvisabile nel suddetto patto un trasferimento immobiliare, l'allegazione, da parte della G., dell'intervenuto automatico acquisto dell'immobile in capo alla medesima, a seguito dell'assegnazione dello stesso in via definitiva al L., fosse incompatibile con la domanda di trasferimento di detto immobile proposta dalla G., posto che quest'ultima non aveva neppure mai proposto in giudizio l'azione costituiva ex art. 2932 c.c..

3. Per la cassazione della sentenza n. 570/2013 ha proposto, quindi, ricorso G.A. nei confronti di L.B.A., affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c.
4. Il resistente ha replicato con controricorso.

Motivazione

1. Con i due motivi di ricorso - che, per la loro evidente connessione - vanno esaminati congiuntamente - G.A. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c., e art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

1.1. Avrebbe, anzitutto, errato la Corte di Appello nel ritenere che la clausola - con la quale i coniugi disponevano che l'immobile, che sarebbe stato attribuito in proprietà al L. dalla cooperativa della quale il medesimo era socio, sarebbe stato "suddiviso" tra il medesimo, la G. e la figlia - avesse il contenuto di una mera attribuzione del bene in uso all'odierna ricorrente, e non di una cessione in proprietà. Siffatta interpretazione si porrebbe, infatti, in contrasto con il complesso delle condizioni stabilite dai suddetti coniugi in sede di separazione consensuale, e dalle quali si desumerebbe la natura reale dell'attribuzione in parola.

1.2. Il giudice di seconde cure avrebbe, dipoi, del tutto erroneamente riscontrato una "insuperabile contraddizione processuale" tra l'allegazione effettuata dalla G. in ordine all'acquisto automatico della proprietà del bene da parte sua, non appena pervenuto in assegnazione definitiva al marito, e la domanda di trasferimento proposta dalla medesima in giudizio, potendo tale cessione del bene conseguire solo ad una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., peraltro mai richiesta dall'appellante. La Corte territoriale non avrebbe, invero, tenuto conto - a parere della ricorrente - del fatto che l'accordo patrimoniale intervenuto tra i coniugi racchiudeva un vero e proprio "negozio traslativo semplicemente ad effetti differiti" (p. 19 del ricorso), con la conseguenza che l'azione costitutiva ex art. 2932 c.c., sarebbe stata improponibile nel caso concreto, non vertendosi - nella specie - in un'ipotesi di impegno a cedere, bensì di una fattispecie di cessione definitiva, in ordine alla quale la tutela della parte è attivabile solo con "un'azione di condanna", volta ad ottenere l'adempimento della pattuizione ad opera del contraente inadempiente.

2. I motivi sono fondati.

2.1. Va rilevato, al riguardo, che - nel verbale di separazione consensuale dell'1.12.2000, omologato dal Tribunale di Cagliari il 6.2.2001 - i coniugi L.B.A. e G.A., in relazione all'edificio sito in ____, disponevano quanto segue: "l'immobile attualmente assegnato al dr L. (in regime di proprietà indivisa) nella sua qualità di socio della Cooperativa Sa Tanca, al momento della attribuzione in proprietà verrà suddiviso tra i due coniugi e la figlia E.".
Di tale immobile - negli stessi accordi di separazione, trascritti nel ricorso per cassazione - veniva già attribuito, peraltro, l'uso del primo piano alla signora G. e l'uso del piano terra al Dott. L., dandosi, altresì, atto che il piano mansarda era già utilizzato dalla figlia dei coniugi, L.E.
Sicchè, come si evince dalla stessa impugnata sentenza, la materiale divisione del bene in più unità autonome e distinte - anche con relativo frazionamento catastale -, corrispondenti a quelle oggetto del trasferimento a favore di ciascuno dei membri della famiglia, era, di fatto, già stata disposta dalle parti.

2.2. E tuttavia, resosi il L. inadempiente all'obbligo di "suddividere" il predetto immobile e di trasferire la proprietà del primo piano a favore della moglie, sebbene il medesimo fosse divenuto definitivo proprietario del bene in forza di rogito notarile del 21.12.2004, la G. conveniva in giudizio il medesimo chiedendo accertarsi "la natura di accordo patrimoniale tra i coniugi" della pattuizione suindicata e, per l'effetto, disporsi il trasferimento del predetto appartamento, previa "scissione" dalle restanti unità immobiliari, in favore dell'attrice.

2.3. Premesso quanto precede, va osservato che l'adempimento, in sede di separazione, dell'obbligo di mantenimento di un coniuge, assunto nei confronti dell'altro coniuge ovvero nei confronti del figlio minore, può essere realizzato - secondo il consolidato insegnamento di questa Corte - con l'attribuzione definitiva di beni, od anche con l'impegno ad attribuirli, anzichè per mezzo di una prestazione patrimoniale periodica, secondo il rilievo attribuito in materia all'autonomia privata (art. 1322 c.c.). A tal fine, si deve tenere conto dell'accordo delle parti, sia in sede di separazione personale (artt. 157 e 158 c.c., e art. 711 c.p.c.) e sia in sede di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio (L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, e successive modificazioni), interpretati secondo i criteri stabiliti dall'art. 1362 c.c. e ss., onde inferirne se si tratti di accordi ad effetti reali od obbligatori, ma che tendenzialmente si configurano quali contratti atipici distinti dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, volti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'art. 1322 c.c., comma 2 (cfr. ex plurimis, Cass. 4306/1997; 11342/2004; 8516/2006; 5473/2006; 9863/2007; 21736/2013).

2.4. Orbene, nel caso di specie, è del tutto evidente che l'interpretazione della clausola contenuta nell'accordo stipulato tra i coniugi L.- G. in sede di separazione, data dalla Corte di Appello, non può reputarsi corretta, alla stregua dei criteri ermeneutici previsti dall'art. 1362 c.c., nella parte in cui dispone che "nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole", nonchè dall'art. 1363 c.c., laddove statuisce che "le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto".

2.4.1. Il giudice di seconde cure ha, invero, considerato assorbente l'espressione letterale adoperata dalle parti nel suddetto verbale di separazione, nella parte in cui si legge che l'immobile, assegnato dalla Cooperativa "Sa Tanca" al L., al momento della sua definitiva attribuzione in proprietà a quest'ultimo sarebbe stato "suddiviso tra i due coniugi e la figlia E.". L'interpretazione della clausola concernente la destinazione dell'immobile in ___, operata dalla Corte territoriale enucleando ed isolando la frase sopra riportata dal complesso delle pattuizioni intercorse tra le parti, e prescindendo dall'intento unitariamente perseguito dalle stesse nella regolazione dei loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione, ha indotto, di conseguenza, il giudicante di seconde cure a ritenere fondato l'assunto del primo giudice, secondo il quale "una cosa è la suddivisione di un bene, che può avvenire ai più svariati fini, tutt'altra cosa il trasferimento del diritto dominicale di una porzione dello stesso".
Ne è conseguita l'esclusione, da parte della Corte, dell'attribuibilità a detta clausola della natura di trasferimento - sia pure ad efficacia differita - della proprietà dell'immobile in questione. Tale valutazione atomistica di una delle espressioni contenute nella clausola concernente l'immobile in Carbonia, avulsa ed isolata dal contesto nel quale è inserita, ha - tuttavia - condotto il giudice di appello ad una interpretazione non conforme alle succitate disposizioni di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c..

2.4.2. Va, difatti, considerato, al riguardo, che nessun senso avrebbe la pattuizione in esame, laddove fosse intesa come riferita alla previsione di una mera "suddivisione" dell'immobile, sì da attribuire l'uso delle singole parti di esso a ciascuno dei componenti la famiglia, atteso che, nell'incipit della clausola in esame, i coniugi si davano atto che ciascuno di essi e la figlia E., avevano già - di fatto - provveduto a dividere il bene, in modo che la mansarda fosse attribuita in uso alla figlia, il primo piano alla G., ed il piano terra al L.
E', per converso, indicativa della volontà delle parti di trasferire in proprietà il primo piano all'odierna ricorrente la pattuizione con la quale le medesime si obbligavano contestualmente a rendere autonoma l'unità immobiliare assegnata in godimento alla G., mediante l'eliminazione dei manufatti che rendevano comunicanti i due piani, e la realizzazione degli impianti necessari per quantificare i diversi consumi delle varie utenze, trattandosi di consistenti trasformazioni dell'immobile certamente più compatibili con un trasferimento in proprietà delle sue singole parti, che con una mera assegnazione delle stesse in uso.

2.4.3. Ma ancora più significativa dell'intento traslativo attribuibile pattuizione in parola è da considerarsi la previsione secondo cui "le parti si impegnano a non locare e/o vendere a terzi il piano rispettivamente assegnato", essendo evidente che la prevista legittimazione a disporre del bene, soprattutto mediante vendita, non può che giustificarsi in forza di una attribuzione in proprietà delle singole parti dell'immobile a ciascuno dei contraenti. E', invero, il solo proprietario ad essere legittimato, oltre che a godere, a "disporre delle cose" mediante trasferimento della proprietà a terzi, in forza del disposto dell'art. 832 c.c.

2.4.4. Nè può essere pretermessa - avendo anche tale parte dell'accordo una specifica valenza, sul piano interpretativo - la pattuizione secondo cui "le spese ordinarie e straordinarie dell'edificio", nonchè "gli oneri fiscali, tributi, tasse rifiuti, ICI ed ogni eventuale imposta" si sarebbero dovuti distribuire "tra i tre diversi condomini". Anche l'espressione "condomini" ha, difatti, una chiara significazione in termini di titolarità di un diritto reale, designando il condominio una particolare forma di comunione di diritti immobiliari sulle cose comuni, facenti capo a più soggetti proprietari di singole unità immobiliari ricomprese nello stesso edificio.

2.5. Da quanto suesposto deve inferirsi, dunque, che la lettura della clausola in esame, data dalla Corte di Appello, è erronea ed illegittima, alla luce dei parametri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c., Dal complesso degli accordi intercorsi tra il L. e la G. deve desumersi, infatti, che le parti hanno inteso stipulare, nel caso concreto, un contratto atipico già traslativo, ma ad effetti differiti, secondo il modello della vendita obbligatoria di cosa altrui (art. 1476 c.c., n. 2, e art. 1478 c.c.), nella quale il trasferimento della proprietà del bene avviene al momento in cui si realizza l'evento - nella specie l'attribuzione definitiva dell'immobile al L. da parte della cooperativa - dal quale dipende il verificarsi dell'effetto traslativo. E, nella specie, tale effetto differito deve ritenersi, dipoi, verificatosi, per effetto del definitivo trasferimento dell'immobile in proprietà del L. da parte della Cooperativa Sa Tanca.

2.6. Nè può revocarsi in dubbio che al contratto atipico in questione debbano applicarsi, in via analogica, le succitate norme in materia di vendita obbligatoria, atteso lo scopo pratico del negozio che ne evidenzia la causa in concreto (cessione definitiva del bene ad affetti differiti), in correlazione alla quale va conformata la disciplina del contratto atipico (per un'affermazione in tal senso, sia pure con riferimento ad una diversa fattispecie, cfr. Cass. 16679/2002; 7557/2011).

2.7. Ne discende che l'impugnata sentenza è da reputarsi erronea anche nella parte in cui ha ravvisato una incompatibilità logico- giuridica tra la domanda attorea di condanna al trasferimento del bene, e l'affermazione della G. secondo cui il cui passaggio di proprietà in capo alla ricorrente sarebbe automaticamente avvenuto con l'assegnazione dello stesso, in via definitiva al L., e ciò in quanto il trasferimento giudiziale del bene potrebbe conseguire solo ad un impegno del medesimo a trasferirlo, azionabile in giudizio con la domanda, non proposta dall'odierna ricorrente, di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.. E' evidente, infatti, che - alla luce di quanto si è in precedenza osservato - il riscontro della sussistenza, nella specie, di un trasferimento definitivo, sebbene differito nei suoi effetti traslativi, del bene in questione in capo alla ricorrente, rende del tutto inconferente il richiamo, operato dalla Corte territoriale, al disposto dell'art. 2932 c.c.
La parte interessata, in presenza di un trasferimento definitivo e non di un mero obbligo a trasferire, può, invero, proporre - come ha fatto la ricorrente - solo un'azione di accertamento dell'avvenuto trasferimento del bene e di condanna della controparte all'adempimento, essendo tale cessione immobiliare altresì trascrivibile ai sensi dell'art. 2657 c.c., poichè trasfusa nel verbale di separazione omologato dal Tribunale (Cass. 4306/1997).

2.8. Per tutte le ragioni esposte, le censure vanno, pertanto accolte.

3. L'accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, alla stregua dei principi di diritto suesposti.

4. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l'impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2016


 

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