LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
Dott. DOGLIOTTI Massimo - rel. Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14448-2012 proposto da:
M.M. - ricorrente -
contro
L.M. - controricorrnete -
contro
M.A. Ppresso l'ufficio politiche sociale della Provincia di Potenza; Procuratore Generale presso la corte di Appello di Potenza;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1/2012 della Corte d'Appello di Potenza, depositata il 12/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/2013 dal Consigliere Dott. Massimo Dogliotti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Apice Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29/9/2011 il Tribunale per i Minorenni di Potenza dichiarava l'adottabilità del minore M.A..
Proponeva appello la madre, M.M.
Si costituiva in giudizio la curatrice del minore, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
La Corte d'Appello di Potenza, con sentenza in data 3/4-12/4/2012, confermava la pronuncia del Tribunale per i Minorenni.
Ricorre per cassazione la M.
Resiste, con controricorso, la curatrice del minore.

Motivazione

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, non sussistendo i presupposti della situazione di abbandono. Con il secondo, vizio di motivazione in ordine a tali presupposti. Con il terzo, vizio di motivazione per mancata ammissione di prova testimoniale e documentale.
Non si ravvisa violazione alcuna di legge. Va precisato che la L. n. 184, art. 1, introduce bensì il principio per cui il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia, ma, all'evidenza, si tratterà di quella originaria, fino a che il suo inserimento in essa non sia di grave e irreversibile impedimento allo svolgimento armonico e compiuto della sua personalità.
Quanto alla situazione di abbandono, l'art. 8 tratta, come è noto, di "assistenza morale e materiale da parte dei genitori (o dei parenti tenuti a provvedervi)". Al riguardo, la giurisprudenza è pervenuta a risultati sostanzialmente univoci (per tutte, Cass. N. 21817 del 2006; 4545 del 2010): violazione degli obblighi genitoriali nei confronti dei figli, "grave ed irreversibile" con riferimento a quel particolare minore.
In sostanza la ricorrente introduce profili e valutazioni di fatto, in contrasto con le indicazioni della sentenza impugnata, sorretta da motivazione adeguata e non illogica. Tale sentenza richiama e riporta il contenuto della pronuncia di primo grado, ma si fa poi carico delle censure dell'appellante, ad esse rispondendo punto per punto.
Afferma la ricorrente che i "tre abbandoni" del figlio minore da parte sua, di cui alla sentenza impugnata, che recepisce la ricostruzione effettuata da quella di primo grado, sono in realtà allontanamenti temporanei. In verità, così li considera, al di là della terminologia usata anche il giudice a quo, che peraltro evidenzia la totale immaturità, instabilità e conseguente inaffidabilità della madre del minore. La Corte territoriale fa proprie, come si diceva, le argomentazioni del giudice di primo grado, per cui, pur sussistendo un rapporto affettivo tra madre e figlio, essa, è risultata incapace di assumere progetti di vita, e proseguire in essi, nonostante l'assiduo sostegno dei servizi sociali. L'alternativa all'adozione sarebbe stata - secondo la sentenza impugnata - una continuata permanenza del minore presso case famiglia, assolutamente nociva "per il suo sano sviluppo psicofisico".
Dal contesto motivazionale emerge altresì la valutazione del giudice a quo circa la sufficiente attività istruttoria: (si richiama la sentenza di primo grado, con frequenti riferimenti alle relazioni dei responsabili di casa famiglia, sul rapporto tra minore e madre, e dei servizi sociali), e quindi la superfluità di ammissione di prove testimoniali o di acquisizione di nuovi documenti.
Vanno pertanto rigettati i tre motivi del ricorso, in quanto infondati, e, conseguentemente, il ricorso stesso.
La natura della causa richiede la compensazione delle spese tra le parti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spesse del presente giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2013


 

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