REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Svolgimento del processo

Con ricorso del 10 luglio 2015 P. G. A. ha proposto appello immediato alla sentenza del Tribunale di Siracusa di cui in epigrafe, resa nel giudizio di separazione giudiziale dal coniuge L. B., con la quale il Tribunale, non definitivamente pronunciando, ha dichiarato la separazione personale dei coniugi e dichiarato altresì il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore della autorità giudiziaria belga sulle questioni riguardanti la responsabilità genitoriale della figlia L. N (nata ___2010), disponendo la prosecuzione del procedimento sulle restanti questioni.
L’appellante censura la dichiarazione di difetto di giurisdizione ed espone che ella ed il coniuge sono separati di fatto dal 2010, che in questi anni la bambina ha sempre vissuto con lei e che tanto essa appellante che il coniuge erano residenti in Italia, e precisamente ad Augusta, alla data di presentazione del ricorso per separazione giudiziale e cioè al 21 ottobre 2013. Espone altresì che il L. ha presentato domanda di rimpatrio della minore, denunciandone la sottrazione internazionale da parte della madre, ed ha ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Catania, in data 30 aprile 2014, un ordine di rimpatrio eseguito nel giugno dello stesso anno; che detto decreto è stato annullato dalla Corte di Cassazione in data 26 marzo 2015, rilevando la Suprema Corte che il presupposto per ordinare il rimpatrio è che al momento del trasferimento il richiedente eserciti effettivamente il diritto di affidamento, in modo non episodico, e che il Tribunale per i minorenni di Catania non ha accertato la sussistenza di tale presupposto, facendo riferimento solo al regime legale di esercizio della responsabilità genitoriale e trascurando il dato di fatto e cioè che all’epoca il padre non viveva con moglie e figlia e vedeva la bambina sporadicamente.
L’appellante espone altresì che il Tribunale per i minorenni in sede di rinvio dalla Cassazione ha preso atto che il suo precedente provvedimento era errato e che a seguito dell’annullamento operato dalla Suprema Corte il trasferimento della bambina in Belgio presso il padre non è più giustificato da un ordine giudiziale, ma ha dichiarato che non è possibile ordinare la restituzione della minore alla madre. Espone altresì che il trasferimento in Belgio della bambina è stato pregiudizievole per la minore, perché l’ha sradicata dai luoghi ove ella era ambientata ed aveva relazioni familiari ed inoltre perché il padre la maltratta e per tale motivo è stata formulata una imputazione a suo carico dalla Procura di Siracusa; riferisce inoltre che il padre compie sulla minore atti sessuali, fatti per i quali vi sono indagini in corso. Lamenta quindi che, stante l’ingiusta declaratoria del difetto di giurisdizione, ella non può ottenere in Italia tutela dei suoi diritti; espone a verbale che dalla Corte d’Appello belga è stato adottato un provvedimento provvisorio, che consente alla madre di vedere la bambina nei fine settimana. Chiede che in riforma della sentenza impugnata la Corte d’appello affermi la giurisdizione nazionale, con vittoria di spese.

Si è costituito resistendo L. B., affermando che sussiste la giurisdizione del giudice belga e che la causa di separazione incardinata in Italia deve considerasi pendente non già alla data del 21 ottobre 2013 ma al mese di febbraio 2014, quando gli è stato notificato il ricorso ed egli aveva già presentato domanda di divorzio presso l’autorità giudiziaria belga, adita alla data del 15 gennaio 2014. Afferma di avere uno splendido rapporto con la figlia, che la madre gli impediva di frequentare e di essere stato costretto a presentare la domanda di sottrazione internazionale. Afferma inoltre che la documentazione fotografica che ritrae la minore con il volto tumefatto e ferito si riferisce ad incidenti avvenuti a scuola o al parco giochi e non a percosse. Chiede il rigetto dell’appello e in subordine, qualora la Corte ritenga di esaminare il merito, di affidare la figlia esclusivamente al padre e imporre alla madre un assegno per il mantenimento della minore.

Alla udienza del 17 settembre 2015, così anticipata su istanza dell’appellante, i procuratori delle parti discutevano la causa, insistendo nei rispettivi atti ed il P.G. chiedeva affermarsi la giurisdizione italiana e rimettere il processo al primo giudice ex art. 353 c.p.c.

Motivazione

Il motivo di appello riguarda la sussistenza della giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana, negata dal primo giudice.
Alla fattispecie si applica, come ritenuto dal primo giudice e come non è in contestazione tra le parti, il Reg. CE 2201/2003 (Bruxelles II bis), in ragione del quale (art. 8) le autorità giurisdizionali di uno Stato Membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi.


La questione controversa è la residenza abituale della minore alla data in cui l’autorità italiana è stata adita.
Preliminarmente si deve chiarire che la data in cui il giudice italiano, nella specie il Tribunale di Siracusa, è stato adito con la domanda di separazione (e affidamento della figlia) proposta dalla P., è la data del deposito del ricorso per separazione in Cancelleria e non la data della notifica del ricorso e del decreto al coniuge L. B.
La pendenza della lite infatti, secondo quanto dispone l’art. 39 comma III c.p.c. è determinata, nei giudizi che si instaurano con ricorso, dal deposito del ricorso stesso e non dalla notificazione. (Cass. 24790/2014; Cass.16347/2004).
Questi stessi criteri sono accolti dall’art. 16 del Reg. Bruxelles II bis, il quale prevede che l’autorità giurisdizionale si considera adita alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato. Pertanto l’autorità giudiziaria italiana deve considerarsi adita alla data del 21 ottobre 2013, prima che il L. presentasse la domanda di divorzio in Belgio, che, secondo quanto riferisce il L., è del 15 gennaio 2014; ciò deve essere preliminarmente chiarito e stabilito anche ai fini della applicazione dell’art. 19 del Reg. Bruxelles II bis.
E’ quindi da vedere quale era, alla data del 21 ottobre 2013, la residenza abituale della minore.
Al riguardo deve osservarsi che i coniugi L. – P., entrambi cittadini italiani nonostante la nascita in Venezuela, così come cittadina italiana è la bambina, sono una coppia che, per ragioni di lavoro e forse anche per forma mentis, hanno nel tempo molto viaggiato e vissuto in diversi Stati, anche extraeuropei. Secondo il racconto del L. per certo tempo la coppia ha vissuto a Milano, quindi il L. si è spostato in Costa Rica, dove la moglie e la figlia lo hanno raggiunto dopo alcuni mesi; successivamente la P. unitamente alla figlia è rientrata in Italia, asseritamente per occuparsi della madre malata e successivamente si è spostata con la minore a Dubai; sempre secondo il racconto del L. nel gennaio 2013 la P. ha trovato lavoro in Belgio, dove lo stesso L. faceva rientro per stare vicino alla famiglia, ma nonostante ciò egli aveva potuto vedere la minore, in tutto l’anno 2013, solo 11 volte. Infine, secondo il racconto del L., nel gennaio 2014 madre e figlia sono rientrate ad Augusta contro la sua volontà, sicchè egli ha presentato denuncia di sottrazione internazionale. La P. non contesta di essersi spostata nel tempo in vari Stati europei ed extraeuropei ma osserva che la sua residenza ed il centro dei suoi interessi, nonché il centro di interessi, relazioni ed affetti della figlia è sempre stato in Italia, e segnatamente ad Augusta ove vive la sua famiglia di origine. Osserva inoltre che alla data del 21 ottobre 2013 lo stesso L. risultava residente in Augusta, sin dal 2006, e che soltanto nel 2014 ha spostato – a detta della appellante artatamente- la residenza in Belgio.

La residenza abituale del minore, secondo la giurisprudenza nazionale, "corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione” (Cass. civ. sez. un. 18/09/2014 n. 19664). Inoltre, ai fini della interpretazione del Regolamento 2201/2003, la CGUE ha chiarito che il senso e la portata della nozione di residenza abituale devono essere determinati in funzione dell’obiettivo che emerge dal considerando 12 del Regolamento, secondo il quale le regole di competenza da esso accolte si informano all’interesse superiore del minore e, in particolare, al criterio di vicinanza; deve quindi essere valutata l’integrazione del minore nel suo ambiente di vita, tenendo conto non solo della durata e regolarità del soggiorno, ma anche delle ragioni del soggiorno e delle intenzioni dei genitori, della nazionalità del minore, delle sue conoscenze linguistiche e della scolarizzazione e, per i minori in tenera età, dell’ambiente familiare, cioè le persone che in concreto li accudiscono. (CGUE, 2 aprile 2009, C- 523/2007; CGUE 22 dicembre 2010 C-497/10 PPU)
La residenza anagrafica, tuttavia, ha un valore presuntivo (Cass. 25713/2014) e, specie in difetto di prova contraria, può integrare, unitamente ad altre circostanze, un indice rivelatore dell’essersi effettivamente stabiliti in un determinato luogo.

Nel caso della coppia L.- P., la circostanza di averefissato e mantenuto per diversi anni la residenza anagrafica in Italia, ad Augusta (il L. fino al gennaio 2014) è certamente significativa: entrambi infatti si spostavano, con una certa facilità, tra luoghi diversi e diversi continenti (Milano, Costa Rica, Dubai, Belgio) e pertanto avevano necessità di avere un punto di riferimento stabile, un cardine attorno al quale fare ruotare la loro esistenza itinerante che, come prevedibile in simili situazioni, è stato eletto nella terra di origine, presso i parenti. Entrambi, alla data del 21 ottobre 2013, unitamente alla bambina, erano residenti in Augusta via Marzabotto 7 ed erano inseriti nello stato di famiglia dei genitori della P. sin da epoca antecedente alla nascita della bambina; quest’ultima circostanza ha una importanza rilevante perché è un indice del fatto che prima della crisi i coniugi, nell’assumere gli accordi ex art. 144 c.c., avevano volontariamente fatto riferimento ed affidamento nella famiglia di lei e l’avevano scelta quale centro delle relazioni familiari stabili. A riprova del fatto che non si trattava di una mera residenza formale la circostanza, documentata dalla appellante, che entrambi i coniugi nella residenza di Augusta si facevano recapitare posta anche importante (estratti conto, comunicazioni di lavoro) e che nel 2012 la bambina fu ricoverata presso un presidio ospedaliero dell’ASP di Siracusa. Quanto alla bambina, che al momento della domanda aveva poco più di tre anni, vi sono agli atti numerose fotografie che la ritraggono, in età diverse, in Augusta, anche in compagnia di quelli che ragionevolmente si può presumere siano parenti o amici. E’ indiscusso inoltre che quando i genitori non vivevano insieme ella seguiva la madre (con o senza il consenso del padre) e che la vita della P. era significativamente agganciata a quella dei suoi genitori; oltre infatti ad essere inserita con il coniuge e la figlia nello stato di famiglia dei suoi, ella lascia la Costa Rica per tornare dalla madre (che quest’ultima fosse malata o meno è qui irrilevante) ed è dalla famiglia di origine che torna unitamente alla bambina a crisi coniugale conclamata. Non deve inoltre trascurarsi il fatto che la bambina, nel maggio 2014, è stata visitata da uno psicologo, su richiesta della madre, e che questi ha affermato che la minore frequentava da alcuni mesi un asilo in Augusta dove era ben ambientata, al contrario della scuola belga dove, non parlando la lingua straniera, si sentiva sola ed emarginata; lo psicologo rileva inoltre che la bambina considerava il nucleo familiare come rappresentato dalla mamma e dai nonni materni e che non voleva assolutamente lasciare Augusta.
Su questa relazione devono farsi alcune osservazioni: in primo luogo, pur se essa è una relazione di parte non può ritenersi che il professionista, per questa sola ragione, menta apertamente su ciò che ha riscontrato direttamente dall’esame della minore e cioè sul legame che la bambina all’epoca dimostrava con l’ambiente scolastico in Augusta e con i nonni materni; in secondo luogo che pur se la consulenza è stata eseguita nel maggio 2014 e cioè dopo alcuni mesi dalla (insussistente) sottrazione denunciata dal padre, ove la bambina fosse stata realmente radicata in Belgio e non avesse avuto precedenti legami con l’ambiente familiare e sociale in Augusta non avrebbe maturato, in così poco tempo, tanta netta preferenza per l’ambiente siciliano; inoltre è indiscusso che l’esame della bambina è avvenuto in lingua italiana, e che è con questo linguaggio che ella ha espresso i suoi sentimenti. I legami significativi con l’ambiente familiare materno sono riferiti anche dalla difesa del padre, che lamenta come la suocera sin dalla nascita della nipote si trasferì stabilmente a casa dei coniugi L. (si deve supporre che questo avvenne in Sicilia, e non in Belgio o in Costa Rica) agendo un continuo comportamento denigratorio contro il L. stesso (v. comparsa di risposta di primo grado); detti legami erano quindi tanto stretti da divenire (soggettivamente) fastidiosi.

Tutti questi elementi, che qui non devono ovviamente essere valutati ai fini dell’addebito, convergono univocamente nel dimostrare che alla data del 21 ottobre 2013 il radicamento ambientale della minore, nei limiti in cui può radicarsi una bambina che in tre anni di vita ha girato, unitamente ai suoi genitori, per tre continenti, era in Augusta, e che l’unico riferimento stabile della sua vita era la madre, genitore con il quale, come anche il padre ammette pacificamente, la minore aveva sempre vissuto, vedendo il padre di rado, specie nell’ultimo anno.
Di contro, il primo giudice ha ritenuto che “il luogo ove la minore risiedeva abitualmente prima della apertura del procedimento volto al rientro della minore a seguito di illecita sottrazione da parte della madre” era il Belgio, in ragione delle certificazioni anagrafiche, ma anche e soprattutto della iscrizione e frequentazione della minore nella scuola belga e della circostanza, ritenuta pacifica, che prima dell’inizio della crisi coniugale le parti erano stabilite prevalentemente in Belgio per motivi di lavoro. Nessuno di questi punti motivazionali può condividersi.
In primo luogo si osserva che in questa sede rileva la residenza abituale della minore non già all’atto della denuncia di sottrazione internazionale, ma all’atto della presentazione del ricorso per separazione giudiziale. Di conseguenza vi è un errore sulla valutazione delle certificazioni anagrafiche, dal momento che alla data del 21 ottobre 2013 padre, madre e figlia erano anagraficamente residenti ad Augusta ed inseriti nello stato di famiglia dei genitori della P. (v certificato in atti). Inoltre a quella data (21 ottobre 2013) la bambina era invero iscritta in una scuola belga, ma l’aveva frequentata solo pochi giorni (in tutto una decina di giorni e non per intero) e, come non è contestato, con la seria difficoltà di non parlare le lingue ufficiali del Belgio (francese, nederlandese, tedesco), parlando invece la lingua italiana. Infine, non è vero che i genitori prima dell’inizio della crisi coniugale erano stabiliti prevalentemente in Belgio, atteso che è il padre stesso a riferire come la crisi si fosse manifestata sin da quando egli viveva e lavorava in Costa Rica (v. contratto di lavoro dell’aprile 2011, in atti) e la P. attese diversi mesi prima di raggiungerlo, restando in Italia con la bambina, e che, dopo averlo raggiunto, la sua permanenza in Costa Rica non fu di lunga durata poiché la moglie soffriva per la lontananza dalla madre e quindi, riferendo al marito che la madre era ammalata, tornò in Italia con la bambina, per poi recarsi, sempre con la bambina, a Dubai. In atti vi è peraltro una missiva dalla quale si evince che la P. lavorava, nel 2011/2012, per una società italiana, con sede di lavoro in Italia ed a riprova di ciò il fatto che la bambina ha fruito del SSN italiano tanto nel 2011 (ricovero ospedaliero a Milano) che nel 2012 (ricovero ospedaliero ad Augusta); sicchè anche se la minore è nata in Belgio non può dirsi che abbia trascorso colà i primi anni della sua vita. A tutto voler concedere quindi, il trasferimento di madre e figlia in Belgio è avvenuto nel gennaio 2013, dove si trasferì anche il padre, ma sempre mantenendo, entrambi, la residenza in Augusta ed i legami con la terra d’origine e quindi con l’intenzione, almeno all’epoca, di ritornarvi. Legami che sono stati rescissi dal L. all’inizio del 2014, dopo che la moglie aveva presentato il ricorso per separazione in Italia; a questo punto egli sposta la sua residenza in Belgio e presenta in Belgio la domanda di divorzio, e di seguito la domanda di sottrazione e, di contro, questi legami sono stati rafforzati nello stesso periodo dalla P. con il rientro in Sicilia, unitamente alla bambina che si ambienta immediatamente nel nuovo asilo e manifesta, anche all’esame dello psicologo, il forte legame con i nonni materni.

Da questa complessiva disamina della vicenda deve trarsi la conclusione che malgrado nei mesi di settembre - ottobre 2013 l’intera famiglia si trovasse in Belgio, dove però i coniugi non vivevano insieme (diversamente il L. non avrebbe lamentato di avere visito la figlia solo 11 volte nel corso del 2013), si trattava di uno dei tanti trasferimenti temporanei per ragioni di lavoro che avevano fino a quale momento caratterizzato la vita familiare e che i soli punti di riferimento ambientale, familiare e relazionale per la bambina erano all’epoca la città di Augusta, la madre e la famiglia di lei, riferimenti di cui non si è tenuto conto nel provvedimento del Tribunale per i minorenni che la Corte di Cassazione ha annullato. Si deve infatti notare, per completezza, che, per quanto risulta dai documenti in atti, l’attuale presenza della bambina in Belgio è rimasta priva di titolo giustificativo a seguito della decisione della Corte di Cassazione italiana, e che secondo la giurisprudenza della CGUE qualora il trasferimento di un minore avvenga in base ad una decisione giudiziaria provvisoriamente esecutiva e gravata da impugnazione, non si può per questo concludere che vi sia stato un trasferimento della residenza abituale del minore, poiché la suddetta decisione riveste carattere provvisorio e il genitore, al momento del trasferimento, (in questo caso al momento del rimpatrio) non può essere sicuro che il soggiorno in detto Stato membro non sia temporaneo. Di conseguenza tali elementi “non militano a favore della constatazione di un trasferimento della residenza abituale del minore”(CGUE 9.10.2014,causa C-376/14 PPU).

Pertanto, in riforma della sentenza impugnata deve affermarsi la giurisdizione nazionale, atteso che al momento in cui è stata proposta la domanda la residenza abituale della minore era in Italia, nel Comune di Augusta. Di conseguenza, come correttamente evidenziato dal P.G., viene inapplicazione l’art. 353 c.p.c. con la restituzione degli atti al primo giudice affinchè adotti una decisione sull’affidamento della minore L. N., conforme al suo interesse. Non sussistono infatti i presupposti per sospendere il procedimento per litispendenza internazionale, ai sensi dell’art. 19 del Reg. Bruxelles II bis perché, anche se il giudice belga è stato adito con domanda di affidamento nell’ambito del giudizio di divorzio proposto dal L. nel gennaio 2014, la domanda di separazione giudiziale proposta dalla P. nell’ottobre 2013 è antecedente; nulla osta, ovviamente, a che in caso di urgenza (quale ad esempio può essere il dedotto caso di violenza, ove accertato) il giudice belga adotti, ai sensi dell’art. 20 del Reg. Bruxelles II bis i provvedimenti provvisori necessari in ragione della attuale presenza della bambina in Belgio; tuttavia, sussistendo la giurisdizione nazionale tali provvedimenti possono essere adottati anche dal giudice italiano, cui compete comunque il provvedimento definitivo.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza del L. e si liquidano in applicazione dell'articolo 13 della legge 31/12/2012 n. 247 e del DM n. 55 del 10/3/2014 pubblicato in GU 2/4/2014. Di conseguenza, considerato il valore della controversia, tenuto conto dell’oggetto della stessa, dell’iter processuale spedito, limitato ad una unica udienza di discussione, l’importo della liquidazione va determinato con riferimento alla scaglione da euro 5.201,00 ad euro 26.000,00 nei valori minimi, e pertanto in euro 1.888,50, di cui euro 540,00 per la fase di studio euro 438,50 per la fase introduttiva, euro 910,00 per la fase decisoria, oltre rimborso forfettario ex art. 2 DM 55/2014 nella misura del 15% del compenso come sopra liquidato, IVA e CPA come per legge.

PQM

In accoglimento dell’appello proposto da P. G. A. avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Siracusa del 19 giugno 2015 e nei confronti di L. B., dichiara la giurisdizione del giudice italiano sulle questioni relative all’affidamento della minore L. N. ed all’esercizio della responsabilità genitoriale sulla minore stessa e rimette le parti ex art. 353 c.p.c. innanzi al Tribunale di Siracusa per il prosieguo.
Condanna L. B. alle spese del presente grado di giudizio in favore di P. A. G. che liquida in 1.888,50 oltre rimborso forfettario ex art. 2 DM 55/2014 nella misura del 15% del compenso come sopra liquidato, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 24 settembre 2015
IL CONSIGLIERE EST.
dott. Rita Russo
IL PRESIDENTE
dott. Tommaso Francola


 

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