REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.M.C.R.E.S. - IMPRESA COSTRUZIONI E RICOSTRUZIONI EDILI E STRADALI S.R.L. , in persona del liquidatore p.t. A. G., in qualità di capogruppo del RAGGRUPPAMENTO TEMPORANEO D'IMPRESE tra la S.I.C.OO.PP. S.R.L., la I.C.O.M. e la L.ED.EL. S.R.L., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via G. Zanardelli n. 36, presso l'avv. BLASI Giovanni, unitamente all'avv. FILIPPO TORTORICI, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI MONREALE, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via dei Gracchi n. 187, presso l'avv. MAGNANO DI SAN LIO Giovanni, unitamente all'avv. GIROLAMO RIZZUTO, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo n. 10/08, pubblicata il 14 gennaio 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'8 gennaio 2014 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;
udito l'avv. Rizzuto per controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. - Con sentenza del 3 marzo 2004, il Tribunale di Palermo accolse l'opposizione proposta dalla S.I.C.OO.PP. S.r.l., in qualità di capogruppo del raggruppamento temporaneo d'imprese costituito con la I.C.O.M. e la LE.D.EL. S.r.l., avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale il 28 novembre 1997, e condannò l'opponente a restituire al Comune di Monreale la somma di Euro 35.064,90, corrisposta in eccedenza rispetto al valore delle opere di completamento dell'impianto d'illuminazione della strada panoramica Monreale - S. Martino delle Scale, affidate al raggruppamento temporaneo d'imprese con verbale di aggiudicazione del 23 marzo 1990.
2. - L'impugnazione proposta dalla I.M.C.R.E.S. S.r.l. (già S.I.C.OO.PP.) è stata rigettata con sentenza del 14 gennaio 2008, con cui la Corte d'Appello di Palermo ha confermato l'infondatezza dell'eccezione di compensazione tra il credito fatto valere dal Comune e quelli vantati dall'appellante per la mancata corresponsione del premio d'incentivazione per l'anticipata ultimazione dei lavori e per il rimborso dei maggiori oneri sopportati per la custodia e la manutenzione dell'opera nel periodo intercorso tra il completamento dei lavori ed il collaudo.
Premesso che, a causa di sospensioni dei lavori e di proroghe del termine per l'ultimazione, le opere non erano state completate nel termine inizialmente previsto, la Corte ha rilevato che l'art. 12 del capitolato speciale d'appalto subordinava il riconoscimento del premio d'incentivazione al completamento delle opere entro il termine originariamente fissato, conformemente alla L.R. Sicilia 29 aprile 1985, n. 21, art. 35, il quale, nel rapportare ai termini inizialmente previsti l'anticipazione meritevole dell'incentivo, si riferisce ai termini indicati nel contratto, con esclusione dei casi in cui, per proroga, slittamento o differimento per forza maggiore, il termine finale sia legittimamente posticipato.
Quanto agli oneri di manutenzione e custodia, pur dando atto che il collaudo era stato effettuato con notevole ritardo rispetto all'ultimazione dei lavori, ha rilevato che le testimonianze assunte nel corso del giudizio avevano confermato l'avvenuta esecuzione di riparazioni in epoca successiva al completamento delle opere, senza però fornire riferimenti temporali che consentissero di distinguere gl'interventi effettuati nel termine contrattualmente previsto per il collaudo, che dovevano ritenersi a carico dell'appaltatore, da quelli successivi; ha aggiunto che, non essendo state documentate le spese sostenute, non ricorrevano i presupposti per la liquidazione di tali oneri, neppure in via equitativa.
3. - Avverso la predetta sentenza la IMCRES propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi. Il Comune resiste con controricorso.

Motivazione

1. - Con il primo motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L.R. n. 21 del 1985, art. 35, sostenendo che, nel subordinare il riconoscimento del premio d'incentivazione al rispetto del termine inizialmente previsto, tale disposizione non fa riferimento ad una determinata data di consegna dell'opera o di eventuali lavori aggiuntivi richiesti dall'Amministrazione, ma alla durata dei lavori contrattualmente prevista, con la conseguenza che, in caso di sospensione dei lavori per un legittimo motivo, occorre tener conto soltanto dei periodi di tempo trascorsi prima e dopo la sospensione. L'esclusione della rilevanza di eventuali proroghe o sospensioni, oltre a porre a carico dell'impresa le conseguenze economiche dell'accordo legittimamente raggiunto tra le parti per la modifica del termine originariamente fissato, renderebbe d'altronde necessaria un'indagine in ordine all'imputabilità delle relative cause; essa, inoltre, consentirebbe all'Amministrazione di frapporre ostacoli alla prosecuzione dei lavori, al fine di conseguire un risparmio sui costi dell'appalto, facendo al tempo stesso venir meno l'interesse dell'impresa ad una sollecita realizzazione dell'opera.

1.1. - La censura è infondata.
Nell'escludere il diritto della ricorrente al premio d'incentivazione, la sentenza impugnata si è infatti conformata al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui la L.R. n. 21 del 1985, art. 35, comma 3, nel disporre che i capitolati d'appalto prevedano la corresponsione di tale compenso in caso di anticipata ultimazione dei lavori rispetto ai termini contrattuali inizialmente previsti, dev'essere interpretato nel senso che l'incentivo è dovuto soltanto nel caso in cui i lavori siano completati in anticipo rispetto al termine originariamente fissato dal contratto, restando pertanto escluso in tutti i casi in cui detto termine sia posticipato, non solo in dipendenza di eventuali proroghe, ma anche per effetto di sospensioni e varianti, ancorchè disposte dalla stazione appaltante, nonchè in caso di slittamento o differimento dovuto a cause forza maggiore. In tal senso depongono non solo la lettera della norma in esame, che fa espressamente riferimento ad un'ultimazione anticipata rispetto ai "termini contrattuali inizialmente previsti", in tal modo escludendo la rilevanza di successivi differimenti, anche concordati tra le parti, ma anche considerazioni di ordine logico, collegate al superamento dei tempi originariamente preventivati per il conseguimento della disponibilità dell'opera, ed all'eventuale venir meno dell'interesse dell'Amministrazione ad una consegna anticipata, in dipendenza di una rinnovata valutazione del tempo necessario per l'esecuzione dei lavori (cfr. Cass., Sez. 6, 30 marzo 2011, n. 7204; Cass., Sez. 1, 2 ottobre 2007, n. 20703; 22 giugno 2005, n. 13434).

Non può condividersi, al riguardo, l'affermazione della ricorrente, secondo cui l'inapplicabilità del premio d'incentivazione, in presenza di un differimento del termine per l'ultimazione dei lavori, porrebbe a carico dell'impresa i maggiori oneri derivanti dalla proroga o dalla sospensione, con la conseguente alterazione dell'assetto d'interessi risultante dal contratto d'appalto: in quanto riconducigli ad un accordo delle parti o alla predisposizione di una perizia di variante, la cui approvazione presuppone il concordamelo di nuovi prezzi, ai sensi dell'art. 23 della legge regionale, tali vicende si traducono in una modificazione delle originarie condizioni contrattuali, che implica anche il superamento della clausola relativa al premio d'incentivazione. L'eventualità che l'Amministrazione disponga la proroga o la sospensione al solo scopo di sottrarsi al pagamento del premio è poi scongiurata, oltre che dalla dubbia convenienza di siffatti provvedimenti, che comporterebbero un ritardo nella realizzazione dell'opera, anche dalla loro illegittimità, fonte di responsabilità per inadempimento del contratto d'appalto, mentre il rispetto dei tempi di esecuzione dei lavori da parte dell'appaltatore è assicurato dalle penali previste per l'inosservanza del termine fissato per l'ultimazione degli stessi.

2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in via subordinata, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., affermando che, nell'escludere il diritto al premio d'incentivazione, la Corte di merito non ha considerato che la subordinazione di tale diritto al rispetto del termine inizialmente previsto presupponeva la verifica della legittimità delle proroghe intervenute nel corso dell'esecuzione dei lavori, la cui prova avrebbe dovuto essere fornita dall'Amministrazione.

2.1. - La censura è inammissibile, riflettendo una questione che non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, e che, implicando un accertamento di fatto in ordine all'imputabilità delle proroghe, non può trovare ingresso in sede di legittimità, non essendo accompagnata dall'allegazione dell'avvenuta deduzione di tale questione dinanzi al giudice di merito e dall'indicazione specifica della fase e dell'atto in cui è stata sollevata, necessarie per consentire a questa Corte di controllare ex actis la veridicità della relativa asserzione, prima di procedere all'esame della censura (cfr. Cass., Sez. 3, 3 marzo 2009, n. 5070; Cass., Sez. 1, 30 novembre 2006, n. 25546).

3. - Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1226 cod. civ., nonchè l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel negare il rimborso degli oneri sostenuti per la custodia e la manutenzione delle opere, la sentenza impugnata non ha tenuto conto del ritardo di oltre quattro anni con cui si era proceduto all'effettuazione del collaudo, nè dell'avvenuta produzione in giudizio di una nota del 12 giugno 1996, con cui essa ricorrente aveva comunicato all'Amministrazione gl'interventi effettuati e le spese sostenute.

Nel valutare le risultanze della prova testimoniale, la Corte di merito è incorsa inoltre in contraddizione, in quanto, dopo aver riconosciuto che gl'interventi erano stati eseguiti dopo l'ultimazione dei lavori, ha ingiustificatamente ritenuto che, in mancanza di prova contraria, essi dovessero intendersi effettuati entro il breve termine previsto per l'esecuzione del collaudo. In tal modo, essa ha trascurato elementi che, unitamente alla c.t.u. di cui era stata chiesta l'ammissione, sarebbero risultati sufficienti a fornire un principio di prova in ordine all'esistenza del danno lamentato da essa ricorrente, la cui liquidazione avrebbe potuto essere effettuata in via equitativa.

3.1. - La censura è infondata.
La sentenza impugnata non ha affatto negato il ritardo dell'Amministrazione nell'effettuazione delle operazioni di collaudo, avendo anzi accertato specificamente che esse ebbero luogo soltanto il 16 maggio 1996, e quindi a notevole distanza di tempo dalla scadenza del termine fissato dal capitolato speciale d'appalto, il quale ne prevedeva l'effettuazione entro due mesi dall'ultimazione dei lavori, completati il 24 aprile 1992. Essa, inoltre, ha dato espressamente atto dell'avvenuta esecuzione degl'interventi di manutenzione indicati dalla ricorrente, richiamando le deposizioni rese dai testimoni escussi in primo grado, e giustificando il rigetto della domanda di rimborso dei relativi oneri con l'indisponibilità di riferimenti temporali idonei a consentire la distinzione tra le attività svolte prima della scadenza del termine per l'effettuazione del collaudo e quelle svolte in epoca successiva. La necessità di tale distinzione, non contestata neppure dalla ricorrente, discende dalla natura stessa delle prestazioni in esame, che per tutta la durata dei lavori e fino alla scadenza del termine per l'effettuazione del collaudo restano a carico dell'impresa, formando oggetto di un obbligo generale la cui remunerazione è compresa nel corrispettivo dell'appalto, mentre per il periodo successivo si configurano come prestazioni non contemplate dal contratto, il cui compenso è posto a carico dell'Amministrazione, subordinatamente alla prova dell'imputabilità del ritardo (cfr. Cass., Sez. 1, 22 agosto 2001, n. 11188; 17 gennaio 1985, n. 113).
Non può quindi considerarsi contraddittoria la sentenza impugnata, nella parte in cui, nonostante l'accertamento dell'avvenuta esecuzione degl'interventi e dell'ingiustificato ritardo nell'effettuazione del collaudo, ha rigettato la domanda di rimborso dei relativi oneri, per il cui accoglimento non era sufficiente la prova delle prestazioni eseguite, ma occorreva anche quella della loro collocazione temporale; ai fini di tale dimostrazione, non possono ritenersi decisive nè la nota menzionata nel ricorso, trattandosi di un documento proveniente dalla stessa ricorrente e successivo all'effettuazione del collaudo, nè la brevità del termine fissato per quest'ultimo, la quale risulta inidonea a far presumere l'esecuzione delle prestazioni in epoca successiva, in mancanza della specificazione della natura e dell'entità degl'interventi effettuati. Incensurabile, in tale contesto, appare poi la scelta di non procedere a c.t.u., la quale non costituisce un mezzo istruttorio in senso proprio, ma uno strumento utilizzabile ai fini di una più adeguata valutazione di elementi acquisiti o della soluzione di questioni che implichino il possesso di particolari conoscenze tecniche, e non può quindi essere disposta al fine di dispensare le parti dall'adempimento dei rispettivi oneri probatori o di supplire alla deficienza delle loro allegazioni o deduzioni, o ancora di compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze rimasti indimostrati (cfr. Cass., Sez. 6, 8 febbraio 2011, n. 3130; Cass., Sez. lav., 3 maggio 2007, n. 10182; 5 ottobre 2006, n. 21412).
Determinante, ai fini del rigetto della predetta domanda, risulta infine l'osservazione della Corte di merito, secondo cui il riconoscimento degli oneri in questione doveva ritenersi precluso dalla mancata dimostrazione delle spese sopportate dalla ricorrente, che ne impediva la liquidazione anche in via equitativa: com'è noto, infatti, tale liquidazione costituisce espressione di un potere discrezionale del giudice, previsto dall'art. 1226 cod. civ., il cui esercizio non da luogo ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla c.d. equità correttiva o integrativa, il quale presuppone da un lato che sia obiettivamente impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, dall'altro che ne siano state dimostrate la sussistenza e l'entità materiale, non essendo la parte dispensata dall'onere di fornire gli elementi e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinchè l'apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare soltanto le lacune insuperabili nella determinazione dell'equivalente pecuniario (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 6, 19 dicembre 2011, n. 27447; Cass., Sez. 3, 12 ottobre 2011, n. 20990; Cass., Sez. 1, 7 giugno 2007, n. 13288).
4. - Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la I.M.C.R.E.S. S.r.l. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2014


 

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