REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione VI civile
Il Giudice dott.Rosalia Montineri ha emesso la presente sentenza nella causa civile iscritta al n.9350/07 promossa con ricorso proposto ex art. 617 cpc:
DA
AAA , in persona del Direttore pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. XXX giusta procura in calce all'atto di precetto datato 8.9.1994
CONTRO
BBB con sede in Catania, in persona dell'amministratore finanziario pro tempore dott. CCC, elettivamente domiciliata in Catania via DDD presso lo studio dell'avv. EEE che la rappresentata e difende giusta mandato a margine della comparsa di costituzione,
FFF , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania preso i cui uffici in via Vecchia Ognuna n 148 è'8f domiciliata
GGG , in persona del legale rappresentante pro tempore
rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania preso i cui uffici in via Vecchia Ognuna n 148 è' domiciliata
Interventore volontario
E NEI CONFRONTI DI
HHH con sede in Palermo in persona dei legali rappresentanti pro tempore elet.te dom.ti in Catania, presso lo studio dell'Avv. III , che la rappresenta e difende giusta procura del 28.8.1998 rep 21054 in notar Maria Armanno di Palermo nonché' per procura a margine del ricorso in opposizione

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art 617 c.p.c. depositato in data 15.9.2005 AAA proponeva opposizione avverso l'ordinanza , depositata in 10.7.2003 e notificata in data 10.9.2003, con la quale il G.E. dichiarava improcedibile la proc esec n 1379/94 ai sensi dell'art 12 sexies legge 356/92 per intervenuta confisca penale del bene, chiedendo la revoca della suddetta ordinanza disponendo la prosecuzione del giudizio esecutivo e in ogni caso di“1) riconoscere e dichiarare che il provvedimento di confisca degli immobili pignorati ad istanza del AAA in danno della LLL con atto di pignoramento notificato in data 12.11.1994 e trascritto in data 12.11.1994 ai n 37719/ 27710, non subisce turbativa ed impedimento per l'avvenuta emissione del provvedimento di confisca da parte della Corte di Assise di Catania del 17.11.2000 e del 21.11.2001 .Riconoscere e dichiarare che ai sensi dell'art 2913 c.c. detto provvedimento di confisca è'8f inefficace nei riguardi della procedura esecutiva immobiliare suddetta 1379/94 promossa da AAA contro LLL ordinare in conseguenza la prosecuzione dell'azione esecutiva suddetta sino alla vendita e distribuzione del prezzo realizzato dall'asta degli immobili pignorati . Con il favore delle, diritti e onorari del giudizio”.
Il G.E. con decreto del 21.7.2004 rigettava istanza di revoca e fissava l'udienza di comparizione delle parti,onerando il ricorrente della notifica di ricorso e decreto e dell'iscrizione a ruolo del giudizio di opposizione. La HHH si costituiva in giudizio sostenendo le ragioni di AAA e chiedeva un termine per integrare il contraddittorio nei confronti dell'Agenzia del Demanio, Filiale Regionale di Sicilia, in persona del suo legale rappresentante.Il Giudice adito rinviava l'udienza di comparizione al 28.11.2005, autorizzando la integrazione del contraddittorio nei confronti della Agenzia del Demanio, Filiale Regionale di Sicilia che si costituiva in giudizio, contestando l'opposizione ed eccependo il proprio difetto di legittimazione ad causam e ad processum ritenendo che il soggetto legittimato a stare in giudizio fosse piuttosto l'Agenzia del Demanio Direzione Centrale (con sede in Roma).All' udienza del 20/11/2006 la HHH chiedeva di essere autorizzata ad integrare il contraddittorio nei confronti dell'Agenzia del Demanio.
Con ordinanza depositata il 27/11/2006, il Giudice, rilevato che non vi fosse prova documentale
documentale dell' avvenuto rilascio da parte dell'AutoritX Giudiziaria nei confronti della
LLL nella persona del suo amministratore finanziario
l'autorizzazione a stare nel presente giudizio, secondo quanto previsto dall'art 2
_septies della legge 31/5/1965 n. 575 nonché' rilevato che, come richiesto dalla
HHH ed eccepito dalla Agenzia del Demanio Filiale Regionale, il contraddittorio dovesse essere integrato ai sensi dell'art 102 c.p.c. nei confronti del Direttore centrale dell'Agenzia del Demanio presso il Ministero delle Finanze, onerava la LLL di fornire la prova documentale che il G.D. del procedimento di confisca avesse concesso all'amministratore finanziario ' autorizzazione a stare in giudizio nonché' ordinava l'integrazione del contraddittorio nei confronti del Direttore Centrale dell"Agenzia del Demanio presso il Ministero delle Finanze, assegnando alla HHH termine perentorio per il detto adempimento.
Con atto di chiamata in causa notificato il 23/2/2007 la HHH, ottemperando all'ordine del giudice, integrava il contraddittorio nei confronti della Agenzia del Demanio , Direzione Centrale comparsa del 6/9/2007 si costituiva in giudizio la predetta Agenzia del Demanio, in persona del Direttore pro tempore, contestando la fondatezza della posizione proposta, nonché' eccependo la inammissibilità' della stessa.
Alla udienza del 10/10/2007, la LLL formulava dei rilievi a verbale con riferimento alla legittimazione a stare in giudizio, sostenendo la non necessità' di alcuna autorizzazione a stare in giudizio per la società' , producendo all'uopo alcuni provvedimenti legislativi.
Richiesti ed assegnati termini ex art 183 c.p.c.e 184 c.p.c. ante riforma all'udienza del
20/9/2010 la causa veniva posta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di legge per deposito di comparse di costituzione e memorie di replica .
Alla medesima udienza, con atto di ntervento volontario, interveniva la neo costituita "Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità' organizzata “ alla quale risultano trasferite le competenze prima esercitate dall'Agenzia del demanio

Motivazione

Deve preliminarmente esaminarsi l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla convenuta Agenzia del Demanio e fatte proprie "Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata “ intervenuta volontariamente
.A tal proposito non appare fondato l'assunto secondo il quale attesa la natura decisoria dell'ordinanza impugnata il rimedio corretto da esperire sarebbe stato l'impugnazione in appello.
Si ritiene infatti conformemente al prevalente indirizzo giurisprudenziale in materia, che attraverso una interpretazione estensiva della previsione di cui all'art 617 c.p.c. l'opposizione agli atti esecutivi sia l'unico strumento accordato al soggetto leso da ogni provvedimento del giudice dell'esecuzione, anche quando la lesione sia scaturita da un errore nei motivi di fatto e di diritto posti a base del provvedimento.
Si legge testualmente nella sentenza della Suprema Corte n.3005 del 1953, che "i provvedimenti del Giudice dell'esecuzione, concorrendo a costituire il procedimento esecutivo, in quanto regolano lo svolgimento del medesimo secondo legge, sono anch'essi atti esecutivi e come tali sono soggetti al rimedio del1'opposizione prevista negli artt. 617 e segg. c.p.c., salvo che l'impugnazione non sia, per determinati atti, espressamente esclusa (art. 485, 515, 593, 3°'a1 comma,c.p.c.) ”
E ancora "il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione (realizzato attraverso i rimedi alternativi della opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., e del reclamo, di cui al successivo art. 630)
esclude che detti provvedimenti possano ritenersi sottoposti al (diverso) regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall'art. 323 del codice di rito, ed esclude, altresì, che, in relazione agli stessi, possa legittimamente parlarsi di definitività dell'atto giurisdizionale (di assenza, cioè, di ogni rimedio nell'ambito dell'ordinamento processuale), condizione necessaria affinchè un provvedimento decisorio possa essere impugnato con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 cost" ( Cass. 21.2.2002 n.2502 ) .

A ciò si aggiunga che sempre la Suprema Corte in tutte quelle pronunce nelle quali ha chiarito l'ambito di operatività dell'istituto del reclamo previsto dall'art 630 c.p.c. 3 ° comma ha ritenuto che soltanto per le cause di estinzione stabilite dagli art. 629 e segg.c.p.c. (cd cause "tipiche") si è in presenza di una fattispecie tecnicamente qualificabili come estintive (con correlata reclamabilità ai sensi dell'art.630, u.c., c.p.c.) mentre viceversa, "al di là del nomen dato dal Giudice, le altre "atipiche" ipotesi insorte nella prassi giudiziaria si configurano come affermazioni non di estinzione, ma di” improseguibilità del processo esecutivo”: per questi provvedimenti lo strumento di reazione deve essere ravvisato nell'opposizione ex art.617 c.p.c., strumento generale diretto contro gli atti del processo esecutivo". (v. Cass. sez III 9.12.2006 n.27148) .
Conformi alla pronuncia appena riportata sono anche: Cass. Civ. 1/4/2004 n.6391 secondo cui "nell'espropriazione presso terzi, il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione dichiari l'estinzione del processo esecutivo per cause diverse dalla enuncia agli atti, dall'inattività delle parti, dalla mancata comparizione delle parti a due udienze successive, da quelle espressamente previste dalla legge, anche speciale, ha carattere atipico, contenuto di pronuncia di mera improseguibilità dell'azione esecutiva, natura sostanziale di atto del processo esecutivo, impugnabile, pertanto, con il rimedio proprio di tali atti (opposizione ex articolo 617 del c.p.c. e non con il reclamo"), e Cass. Civ. 4/4/1997 n.2296

Allo stesso modo appare infondata l' eccezione di inammissibilità formulata al punto n 2 della comparsa di costituzione sulla base del rilievo che l'opposizione prevista dall'art 617 c.p.c. costituirebbe il rimedio a mere carenze formali degli atti.
A tal proposito infatti la giurisprudenza ha definito l'istituto nell'opposizione agli atti esecutivi quale "istituto di chiusura, in un certo senso residuale, nel sistema dei rimedi cognitivi previsti nell'ambito del processo esecutivo, al quale ricorrere in mancanza di altri rimedi cognitivi tipici: non più strumento di reazione di pertinenza del solo assoggettato ad esecuzione, ma strumento di controllo, azionabile da tutti i partecipanti al processo esecutivo, della legalità e dell'opportunità del suo svolgimento".

Infine, sicuramente priva di fondamento è l'eccezione di tardività atteso che l'ordinanza in questione è stata comunicata in data 24.2.2005 ed il ricorso depositato in data 28/2/2005 e dunque entro il termine di cui all'art 617 c.p.c. che decorre dal momento dell'avvenuta “legale conoscenza dell'atto” e non certo dalla data del suo deposito .(. Cass. civ., Sez. III, 06/08/2001, n.10841).
Nel merito si ritiene invece che i motivi di opposizione non siano fondati .
Occorre premettere che non è contestato, che i beni oggetto di proceduta, appartenenti alla LLL siano stati oggetto di confisca con decreto della Corte di Assise di Catania del 17.11.2000 confermato dalla Suprema Corte il 21.11.2001
Di tale società, MMM, condannato con sentenza della Corte di Assise di Catania del 21.6.1995 per concorso esterno in associazione di stampo mafioso, deteneva direttamente il 90% del capitale sociale e l'altro 10%, indirettamente, perché appartenente alla NNN , di proprietà della società “OOO” , il cui capitale sociale era detenuto interamente dal medesimo .
Andando ad esaminare le doglianze relative al pregiudizio delle ragioni creditorie, sicuramente acquisite ed azionate in data antecedente alla confisca ( il pignoramento risulta infatti trascritto in data 22.11.1994 ) si è consapevoli che la questione oggetto di controversia ha visto contrapporsi, nel corso dell'ultimo decennio, pronunce ispirate a due diverse concezioni: l'una attenta alla prioritaria tutela di interessi di natura pubblicistica e quindi alla repressione ed alla prevenzione dei reati da ottenere privando il reo della disponibilità dei beni provenienti dal reimpiego dei frutti dell'attività mafiosa e l'altra ispirata alla imprescindibile tutela degli interessi (non per questo strettamente privatistici) attinenti al rispetto di istituti civilistici che disciplinano il diritto di proprietà, i diritti reali, diritti di credito e le garanzie ivi connesse .
Certamente, al momento attuale,per come per altro evidenziato da questa stessa sezione in sede di reclamo (Ordinanza 30.4.2008 rel Pres.ElioMorgia ) non può' certo dirsi che le due diverse concezioni abbiano trovato, nella giurisprudenza (penale e civile), di merito o di legittimità, una soluzione del tutto univoca . Si può' però evidenziare come anche le pronunce che tendono a privilegiare in maniera assoluta le finalità di pubblico interesse della legislazione antimafia non sembrano ignorare del tutto diritti, alle volte configgenti, quali la proprietà o i diritti di garanzia e del credito, pur costituzionalmente garantiti. Su tale solco sembrano muoversi alcune sentenze della Cassazione penale che giungono ad affermare (cfr., ad esempio, Cass. penale, Sez. I, 11.2.2005, n. 12317) che non essendo i beni confiscati con la legislazione antimafia genericamente devoluti allo Stato ma vincolati alle tassative destinazioni previste dalle varie leggi speciali (cessione a titolo gratuito a comunità ed enti di carattere sociale quali organizzazioni di volontariato, comunità terapeutiche per il recupero di tossico- dipendenti etc.), da tale peculiare disciplina emergerebbe univocamente “….che gli immobili confiscati a norma della legislazione antimafia sono inalienabili, con l'unica eccezione della vendita finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, e acquisiscono, per effetto della confisca, una impronta rigidamente pubblicistica, che tipicizza la loro condizione giuridica e la loro destinazione, non potendo essere distolti da quella normativamente stabilita. Le precedenti considerazioni convergono univocamente verso la soluzione interpretativa per cui è da escludere che i beni confiscati ad indiziati di mafia possano essere oggetto di un'espropriazione forzata immobiliare, che ne modifichi la destinazione, ancorché tale procedura sia stata promossa da un terzo in buona fede titolare di credito assistito da garanzia ipotecaria iscritta prima della trascrizione della confisca. Con direttamente la conclusiva precisazione che - una volta riconosciuta a mezzo di incidente di esecuzione penale la posizione di terzietà e l'opponibilità dell'ipoteca - il credito garantito, pur deprivato della facoltà di procedere ad esecuzione forzata per soddisfarsi sul ricavato ("ius distrahendi"), può' essere fatto valere soltanto dinanzi al giudice civile con i residui mezzi di tutela offerti dalla legge”.
Ed ancora, che: "Il terzo titolare di diritto reale di garanzia su bene confiscato può' far accertare, mediante incidente di esecuzione dinanzi al competente giudice penale (o della prevenzione, se si tratta di confisca "ex"
art. 2-ter della L. n. 575 del 1965), l'esistenza delle condizioni di permanente 1·L-il idità del diritto, costituite dall'anteriorità della trascrizione del relativo titolo rispetto al provvedimento ablatorio e da una situazione soggettiva di
buona fede, intesa come affidamento incolpevole, con onere della prova a carico dell'interessato. " (Fattispecie relativa a confisca, disposta a norma dell'art. 12-sexies della L. n. 356 del 1992, di un immobile sul quale in data anteriore ad essa era stata iscritta ipoteca a garanzia di un credito derivante dalla concessione di un mutuo in favore di società'88 che successivamente aveva ceduto al ricorrente, istante "in executivis" per la revoca del provvedimento ablatorio). (Annulla con rinvio, App. Milano, 6 Aprile 2006) Cass. pen., Sez. I, 21/11/2007, n. 45572) e che: "Spetta al giudice
esecuzione l'accertamento degli esatti confini del provvedimento di confisca dei beni immobili effettuato ai sensi dell'art. 2 ter L. n. 575 del 1965, ed in particolare la determinazione dell'eventuale esistenza di "iura in re aliena", non pregiudicati dalla devoluzione dei beni allo Stato, mentre spetta al terzo l'onere della prova sia in relazione alla titolarità di tali diritti sia in relazione alla mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto con l'attività illecita del proposto. In particolare, il terzo dovrà dimostrare il proprio affidamento incolpevole, ingenerato da una situazione di apparenza che renda scusabile l'ignoranza o il difetto di diligenza, non essendo sufficiente la mera anteriorità della trascrizione nei registri immobiliari; una volta provata la posizione di terzietà e l'opponibilità del diritto di garanzia o di credito, il terzo, pur deprivato della facoltà di procedere ad esecuzione forzata per soddisfarsi sul ricavato, può' farlo valere soltanto davanti al giudice civile con i residui mezzi di tutela offerti dalla legge." (Annulla con rinvio, Trib. Roma, 11 Maggio 2006) Cass. pen., Sez. I, 18/04/2007, n. 19761).

Più di recente, si è rilevato che: "E' invero del tutto pacifico in dottrina ed in giurisprudenza che la confisca non comporta l'estinzione dei diritti sul bene confiscato di cui siano titolari i terzi, i quali possono far valere in sede esecutiva (penale n. d. r.) i propri diritti reali o di garanzia, qualora si tratti di terzi in buonafede che abbiano trascritto il proprio titolo anteriormente al sequestro. L'opinione favorevole all'ammissibilità dell'incidente di esecuzione a tutela dei diritti reali dei terzi, di godimento e di garanzia, corrisponde a quella maggiormente compatibile con precisi dati normativi, con le linee fondanti dell'ordinamento e con i valori protetti dalla Costituzione. Ed anche la consolidata giurisprudenza di questa Corte riconosce che il terzo che rivendichi la legittima titolarità del bene confiscato o altro diritto reale, chiedendone la restituzione, può' proporre incidente di esecuzione quando non abbia partecipato al procedimento di applicazione della misura patrimoniale, nel quale può' svolgere (sia che venga chiamato dal Tribunale con decreto motivato ovvero decida di intervenire nel procedimento) le deduzioni e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca".( Cassaz. Pen. Sez. I, sent. n. 14928/08).
In tutte queste pronunce, così come in altre che si sono occupate della materia, è evidente il tentativo di un contemperamento degli interessi di carattere preventivo e repressivo della legislazione antimafia con quelli privatistici posti a tutela della proprietà , del credito e dei diritti di garanzia riconosciuti e disciplinati dalla legge .
Per altro non del tutto contrastante appare l'orientamento delle sezioni civili del Supremo Collegio, perchè al di là della recente sentenza n 20664/2010 della Terza Sezione Civile della Cassazione, invocata da parte opponente e che afferma un principio di prevalenza dell'anteriorità della trascrizione anche al fine di tutelare il terzo aggiudicatario di buona fede, in precedenti pronunce, per altro richiamate espressamente in motivazione da quella sopra citata, la Corte ha chiaramente dichiarato come necessario e imprescindibile l'accertamento dell'estraneità del terzo ai fatti che hanno dato luogo al provvedimento di confisca ( Cass. civile, Sez. III, del 16.1.2007, n. 845 e Cass. civile,Sez. III, 29.10.2003, n. 16227 )
Infatti, la nota sentenza n. 845/2007, in motivazione, giustamente premette che “va in primo luogo considerato che i provvedimenti di sequestro e di confisca - quali misure repressive e sanzionatorie di carattere patrimoniale - sono finalizzati ad impedire che gli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni criminali di procurarsi, mediante prestiti bancari e con il sistema di precostituirsi una schiera di creditori di comodo muniti di titoli con data certa, denaro di provenienza lecita, sottraendo poi alla confisca i beni vincolati a garanzia di terzi creditori.”
La Corte sottolinea quindi l'esigenza di non sottrarre, comunque, al giudice dell'opposizione all'esecuzione forzata l'accertamento circa l'esistenza di un diritto reale di garanzia sul bene sottoposto a confisca, ma nello stesso tempo riafferma (richiamando e facendo propria la motivazione di Cassazione penale n. 12317/2005) che è, comunque, preliminare a detto accertamento circa l'esistenza di quella situazione soggettiva di buona fede del terzo in mancanza della quale sul bene confiscato il terzo medesimo non può' avanzare alcuna pretesa neppure dinanzi al giudice civile.
Testualmente, si legge, infatti, nella motivazione che “questa esigenza (quella di garantire le finalità della confisca, richiamata nel brano sopra riportato) - con i relativi provvedimenti - non può' , tuttavia, pregiudicare i diritti dei terzi estranei ai fatti che hanno dato luogo ai procedimenti di sequestro e confisca e deve realizzarsi con comportamenti coerenti, senza compromettere il principio della certezza dell'iscrizione di un'ipoteca e senza adoperare, surrettiziamente a quella del giudice dell'opposizione all'esecuzione forzata civile, l'istituto dell'incidente di esecuzione penale, fuori dei suoi limiti, che sono del tutto diversi da quello dell'accertamento dell'esistenza di un diritto reale di garanzia su un bene sottoposto a confisca penale.”
Immediatamente dopo, il Supremo collegio richiama, però', condividendola, ”anche la giurisprudenza penale della Corte di Cassazione (che) si è occupata del problema rilevando che i terzi titolari di diritti reali di garanzia su beni immobili sottoposti a confisca ai sensi della Legge Antimafia 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter, ove non siano potuti intervenire nel procedimento di prevenzione, possono far accertare, in sede di esecuzione, l'esistenza delle condizioni di permanente validità di detti diritti, costituite essenzialmente dall'anteriorità della trascrizione dei relativi titoli rispetto al provvedimento di sequestro cui ha fatto seguito la confisca e da una situazione soggettiva di buona fede, intesa come affidamento incolpevole, da desumersi sulla base di elementi di cui spetta agli interessati fornire la dimostrazione, fermo restando che, una volta effettuato il suddetto accerta- mento, rimane comunque esclusa la possibilità che i beni confscati possano essere oggetto di espropriazione forzata immobiliare, atteso il loro avvenuto assoggettamento, in conseguenza della confisca, ad un regime assimilabile a quello dei beni facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, per cui il credito garantito di cui i terzi di buona fede sono portatori potrà essere fatto valere soltanto dinanzi al giudice civile con i residui mezzi di tutela offerti dalla legge (Cass. 11.2.2005 n. 12317).
Tale ricostruzione del sistema trova, peraltro, conferma anche nelle precedenti pronunce della medesima Cassazione civile come si può' desumere agevolmente dalla motivazione della sentenza del 29.10.2003, n. 16227, la quale - dopo essersi richiamata ai principi affermati in Cassazione civile 12.11.1999,n. 12535 puntualmente afferma che “l'accertamento del diritto del terzo impone un'indagine che può essere svolta solo dal giudice penale, con garanzia del contraddittorio, in sede di procedimento di esecuzione”, mentre anche la massima della citata sentenza n. 12535/1999 testualmente recita: “il provvedimento di confisca, pronunciato ai sensi dell'art. 2 ter l. 31 maggio 1965 n. 575 e succ. mod. nei confronti dell'indiziato di appartenenza ad associazione mafiosa, non può pregiudicare i diritti reali di garanzia, costituiti sui beni confiscati in epoca anteriore al procedimento di prevenzione a favore di terzi estranei ai fatti che hanno dato luogo a detto provvedimento. Costoro, però , potranno far valere le loro pretese soltanto davanti al giudice dell'esecuzione penale nelle forme e secondo le modalità previste dagli art. 665 ss. c.p.p., norme che attribuiscono al giudice dell'esecuzione competenza a decidere in ordine alla confisca e, pertanto, sui diritti che i terzi rimasti estranei al procedimento penale possano vantare sul bene confiscato”.
Infine, i principi sopra affermati, sembrano, trovare conferma anche nella pur risalente sentenza della Corte Costituzionale 19.5.1994, n. 190, la quale, riesaminando la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-ter, comma 5°, della legge n. 575/1965, pur dichiarandone l'inammissibilità, ha tuttavia enunciato un principio chiaro e definitivo, anche se implicito, in tema di tutela dei terzi creditori, riconoscendo che l'unica tutela possibile per i terzi in genere possa avvenire nell' ambito del giudizio di prevenzione, trattandosi di una precisa scelta, non sindacabile, del legislatore.
Deve concludersi che tale propedeutica valutazione debba necessariamente prendere in considerazione non soltanto l'anteriorità del diritto del terzo rispetto all'inizio del processo di prevenzione ma anche la situazione di soggettiva buona fede del terzo come affidamento incolpevole che (nonostante la presenza degli elementi indizianti che hanno portato ai provvedimenti di sequestro e poi di confisca) siano in grado di escludere che il soggetto indiziato, mediante, ad esempio, prestiti bancari garantiti da ipoteche, abbia preordinato di procurarsi denaro di provenienza lecita da destinare ad attività illecite con il sistema di precostituirsi una schiera di creditori di comodo muniti di titolo con data certa così sottraendo alla confisca i beni vincolati a garanzia di terzi creditori.
Sempre conseguenzialmente deve, poi, escludersi che tale accertamento sull'esistenza, per un verso, degli indizi circa la provenienza illecita dei beni e/o il loro collegamento all' attività mafiosa del proposto, e, per altro verso, sugli elementi in senso contrario allegati dal terzo al fine di sminuire ed elidere l'efficacia probatoria degli elementi indizianti offerti dall'accusa, possa essere svolto in altra sede e da altro giudice che non sia quello del processo di prevenzione con intervento spontaneo o chiamata del terzo da parte del giudice, ovvero a processo concluso, per mezzo di incidente di esecuzione nelle forme di cui agli artt. 665 e seguenti c.p.p., elementi tutti, quelli sopra detti, che solo il giudice penale è'8f deputato a individuare e valutare.
Con l'ulteriore precisazione, che la valutazione dell'interesse del terzo da parte del giudice penale ha, ovviamente, per oggetto non ogni questione attinente al diritto di credito e/o garanzia del terzo, ma solamente l'accertamento di quella buona fede (intesa come affidamento incolpevole) del terzo che muovendosi nell'ambito indiziario del procedimento di prevenzione non può che competere, appunto, al giudice penale ma che è, per altro verso, necessariamente propedeutica a tutte le altre questioni, di pertinenza questa volta del giudice civile, che riguardano l'esistenza del diritto vantato e gli strumenti per farlo valere in sede civile.
Per altro, come già detto, il giudice dell'esecuzione forzata non ha , né può avere la disponibilità del materiale indiziante in possesso del giudice del processo di prevenzione .
Inoltre, a ben vedere, quand'anche avesse tale disponibilità, non ha comunque il potere (giurisdizionale) di vagliarlo (per la natura di tale materiale indiziante e le finalità del processo di prevenzione) neppure incidentalmente, a meno che - non si voglia ritenere possibile una cognizione incidentale del giudice civile, francamente neppure ipotizzabile alla stregua degli artt. 2 e 3 del vigente codice di procedura penale.
Con riferimento infine alla natura dell'acquisto dei beni operato dallo Stato a seguito della intervenuta confisca, si rileva infine che la teoria dell'acquisto a titolo derivativo è stata decisamente "sconfessata" in tutte le più recenti sentenze della Cassazione Penale, le quali hanno invece posto l'accento sulla insorgenza del vincolo di destinazione a finalità pubbliche conseguente alla confisca e quindi sulla conseguente assimilabilità dei beni confiscati a quelli demaniali o compresi nel patrimonio indisponibile, con conseguente inammissibilità o improcedibiltà delle procedure esecutive aventi per oggetto gli stessi.

Secondo la giurisprudenza quindi, il terzo titolare di diritto di credito assistito da garanzia reale, perde in conseguenza della confisca del bene oggetto della sua garanzia soltanto il diritto di sequela e non anche il diritto di credito, e può,nel caso di incapienza del patrimonio del prevenuto debitore, farlo valere anche nei confronti dello Stato con "i mezzi residui" consentiti della legge.
In altre parole, il terzo titolare di diritto reale di garanzia anteriore al sequestro è ridotto per effetto della confisca alla posizione di semplice chirografo e se con incidente di esecuzione è riconosciuto creditore in buona fede, può, in caso di incapienza del patrimonio del prevenuto, rivolgersi all'Erario, che con la confisca subentra con acquisto a titolo particolare, con l'azione contrattuale, se ancora possibile, o in mancanza con l'azione generale di arricchimento senza causa e pretendere in questo casi di essere indennizzato, nei limiti dell'arricchimento, della correlativa diminuzione patrimoniale subita.
Non si può infine non considerare che detto orientamento è'8f stato espressamente recepito dal legislatore che nel D.L. 4 febbraio 2010 n 4 che ha istituito l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e precisamente all'art 5 che ha modificato l'articolo 2-ter, quinto comma legge 31 maggio 1965, n. 575,ha previsto che «'Per i beni immobili sequestrati in quota indivisa, o gravati da diritti reali di godimento o di garanzia, i titolari dei diritti stessi possono intervenire nel procedimento con le medesime modalita' al fine dell'accertamento di tali diritti, nonche' della loro buona fede e dell'inconsapevole affidamento nella loro acquisizione. Con la decisione di confisca, il tribunale puo', con il consenso dell'amministrazione interessata, determinare la somma spettante per la liberazione degli immobili dai gravami ai soggetti per i quali siano state accertate le predette condizioni. Si applicano le disposizioni per gli indennizzi relativi alle espropriazioni per pubblica utilita'.”
Alla luce di tale disposizione quindi il titolare del diritto di garanzia dovrà essere citato nel giudizio di prevenzione e ne dovrà quindi attendere e rispettare l'esito relativo all'accertamento del suo diritto, della sua buona fede e dell'inconsapevole affidamento nella sua acquisizione ed ove pretermesso, potrà adire il giudice penale per ottenere tale accertamento.
Nel caso che ci occupa , per quanto riguarda il creditore procedente AAA non risulta che un simile accertamento sia stato posto in essere , e per come già detto , questo Giudice non ha potere né mezzi per compiere una valutazione in tal senso .
Per quanto concerne la HHH., sebbene detto creditore deduca espressamente di non essere in malafede non può non tenersi conto del fatto che la Suprema Corte con la Nota sentenza del 29aprile 2010n. 29378, ha confermato l'ordinanza emessa dalla Corte di Assise di Catania,in data 8.9.2009 pronunciata a seguito di incidente di esecuzione promosso dall'Agenzia del Demanio in ordine alla confisca dei beni appartenenti ad A. P. F. disposta con provvedimento del 17.11.2000 ( provvedimento sopra citato e relativo anche ai beni della L. s.r.l.) nella parte in cui dichiarava la mala fede di Sicilcassa in liquidazione coatta amministrativa in relazione ai crediti e alle relative garanzie vantate nei confronti dell' Aiello e delle società'88 del gruppo a lui facenti capo.
Con detta pronuncia la Suprema Corte, muovendo dalla pronuncia delle sezioni unite penali ( Sentenza Bacherotti n. 9 del 1999) ha analizzato il concetto di buona fede nelle pronunce succedutesi non solo in ambito penale ma anche civile per giungere ad una ricostruzione costituzionalmente orientata del detto principio Mediante il richiamo di varie pronunce del Giudice delle leggi nelle quali compare il riferimento alle nozioni di "difetto di vigilanza" (Corte cost. n. 229 del 1974; n. 259 del 1976; n. 2 del 1987), di "buona fede" e di "affidamento incolpevole, che permea di se ogni ambito dell'ordinamento giuridico" (Corte cost. n. 1 del 1997), al fine di garantire il rispetto del principio di personalità della responsabilità penale, sancito dall'art. 27, comma 1, della Carta costituzionale.
Evidenziando quindi come la nozione di colpevolezza o di volontà colpevole abbraccia sia il dolo che la colpa e che conseguentemente un comportamento non può' classificarsi come incolpevole non soltanto quando sia qualificato dal dolo (vale a dire, dalla consapevolezza e dalla volontà della condotta e dell'evento), ma anche quando tale consapevolezza e tale volontà siano mancate in dipendenza di un atteggiamento colposo dovuto ad imprudenza, negligenza ed imperizia: sicchè non può parlarsi di comportamento incolpevole qualora il fatto, pur non essendo stato conosciuto, sia tuttavia conoscibile con l'uso della ordinaria diligenza e prudenza.
Con l'ulteriore conseguenza che non può certamente ipotizzarsi una condizione di buona fede e di affidamento incolpevole allorquando un dato fatto illecito non sia stato conosciuto ma risultasse pur sempre conoscibile
Sul soggetto terzo incomberà l'onere di dimostrare di avere positivamente adempiuto con diligenza agli obblighi di informazione e di accertamento e quindi di avere fatto affidamento "incolpevole" ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza relativamente alla effettiva posizione del soggetto nei cui confronti si acquisisce il diritto di garanzia ( Cass., Sez. 5, 18 marzo 2009, n. 15328, Banca della Campania s.p.a., rv. 243610).
Per tali ragioni la Suprema Corte ha ritenuto plausibilità e l'intrinseca adeguatezza del convincimento del giudice dell'esecuzione, a cui giudizio la banca era in condizioni di rendersi conto della complessiva mancanza di trasparenza di molteplici operazioni, spesso tra loro interdipendenti o collegate, sì da potere accertare, con l'uso della diligenza richiesta agli agenti nel settore bancario, che il ricorso al credito e la correlata prestazione di garanzie reali celavano un intento illegittimo diretto a creare una imponente liquidità occulta di difficile o impossibile controllo.
Parimenti ha ritenuto del tutto coerente e dotata di congruenza logica la conclusione accolta nell'ordinanza impugnata che ha ritenuto addebitare all'istituto bancario, nei rapporti con l' A., "la colpevole consapevolezza di fornire un'ingente quantità' di finanziamenti (in alcuni casi, tra l'altro, privi di giustificazione) a fronte di garanzie spesso insufficienti o di fatto inesistenti, con la conseguente accettazione del rischio che quelle cospicue erogazioni potessero in realtà confluire nei progetti di riciclaggio di associazioni mafiose".
La citata sentenza risulta pregevole perche in essa ritroviamo compiutamente riassunti i principi sin qui esposti con piena coniugazione delle finalità di pubblico interesse della legislazione antimafia con diritti, alle volte configgenti, quali la proprietà o i diritti di garanzia e del credito costituzionalmente garantiti.
Si legge testualmente nella massima “Nessuna forma di confisca può determinare l'automatica estinzione dei diritti reali di garanzia costituiti sui beni confiscati, in quanto è da escludere che il provvedimento traslativo possa avere ad oggetto un diritto di contenuto diverso e più ampio di quello che faceva capo al precedente titolare, nel senso che la confisca investe il diritto sulla cosa nella esatta conformazione derivante dalla peculiare situazione di fatto e di diritto esistente all'epoca del provvedimento: con l'ovvia conseguenza che lo Stato, quale nuovo titolare del diritto dominicale sul bene, non può legittimamente acquisire facoltà di cui il soggetto passivo della confisca aveva già perduto la titolarità
.
Una regola siffatta costituisce lineare espressione del principio generale di giustizia distributiva in forza del quale la misura sanzionatoria non può ritorcersi in ingiustificati sacrifici delle posizioni giuridiche soggettive di chi sia rimasto estraneo all'illecito. Inoltre la confisca non determina l'estinzione del preesistente diritto reale di garanzia costituito sulle cose a favore di terzi allorquando costoro, pur avendo tratto oggettivamente vantaggio dall'altrui attività criminosa, riescano a provare di trovarsi in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole finalizzata a dimostrare la reale estraneità al reato.

Non è sufficiente invocare la buona fede nel caso di una banca che aveva concesso credito ad una società pur essendo nelle condizioni di rendersi conto della complessiva mancanza di trasparenza di molteplici operazioni, spesso tra loro interdipendenti o collegate, sì da potere accertare, con l'uso della diligenza richiesta agli agenti nel settore bancario, che il ricorso al credito e la correlata prestazione di garanzie reali celavano un intento illegittimo diretto a creare una imponente liquidità occulta di difficile o impossibile controllo”
Alla luce di quanto detto, l'ordinanza del G.E. del 10.7.2003, con la quale è stata dichiarata improcedibile l'esecuzione forzata sui beni di proprietà della LLL, confiscati nelle more del procedimento esecutivo ai sensi dell'art. 2 ter della legge 31.5.1965 n. 575, va quindi confermata, con conseguente rigetto del ricorso proposto .
Si ritiene che in considerazione della complessità della controversia e tenuto conto dei contrapposti orientamenti giurisprudenziali in materia, ricorrano giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese processuali del presente giudizio

PQM

ll Tribunale di Catania , nella persona del Giudice dr Rosalia Montineri ,
rigetta il ricorso proposto da AAA.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così'93 deciso in Catania, in data 8 febbraio 2011

Il G.E.
Rosalia Montineri


 

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