REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIANDANESE Franco - Presidente -
Dott. RAGO Geppino - rel. Consigliere -
Dott. LOMBARDO Luigi - Consigliere -
Dott. VERGA Giovanna - Consigliere -
Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1. N.E.;
2. P.T.;
avverso la sentenza del 26/05/2011 della Corte di Appello di Lecce -sez. distaccata di Taranto;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha concluso per l'inammissibilità.

Motivazione

1. Con sentenza del 26/05/2011, la Corte di Appello di Lecce - sez. distaccata di Taranto - confermava la sentenza con la quale, in data 26/09/2007, il Tribunale di Taranto, aveva dichiarato N. E. e P.T. colpevoli del reato di truffa ai danni della soc. Autostrade per l'Italia s.p.a. per avere effettuato transiti autostradali attraverso la pista riservata ai titolari di Viacard pur non essendo in possesso del suddetto mezzo di pagamento elettronico, riferendo in tutte le occasioni di non poter effettuare subito il pagamento dell'importo e, traendo così in errore i preposti addetti alla sorveglianza dei sistemi di controllo, si facevano rilasciare il rapporto di mancato pagamento che rimaneva inadempiuto.

2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, in proprio, con unico ricorso, hanno proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:
2.1. violazione dell'art. 640 cod. pen. per avere ritenuto la Corte la sussistenza del suddetto reato laddove la condotta addebitata era configurabile solo come un illecito amministrativo ex art. 176 C.d.S., comma 17 o, in subordine sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 641 cod. pen.
2.2. contraddittorietà della motivazione per aver ritenuto la Corte provato che a condurre i veicoli fosse il N. laddove non vi era alcuna prova in proposito.

3. Il ricorso, nei termini in cui le censure sono state dedotte è manifestamente infondato.
Quanto alla qualificazione giuridica, va ribadita la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la fattispecie in esame non integra il delitto di insolvenza fraudolenta di cui all'art. 641 cod. pen. ma il delitto di truffa, per la presenza di raggiri finalizzati ad evitare il pagamento del pedaggio: infatti, va ritenuta fraudolenta la condotta di chi transita con l'autovettura attraverso il varco autostradale riservato ai possessori di tessera Viacard pur essendo sprovvisto di detta tessera: Cass. 26289/2007 riv 237150.

Il reato, poi, non può ritenersi depenalizzato, in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la disposizione di cui all'art. 176 nuovo C.d.S., comma 17, secondo la quale è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale, non ha depenalizzato gli eventuali reati commessi dall'utente (insolvenza fraudolenta o truffa) che continuano pertanto a configurarsi tutte le volte in cui al semplice inadempimento di tale obbligazione si aggiungano gli elementi costitutivi dei predetti delitti (nella specie, artifici e raggiri): Cass. 10247/1996 riv 206286.

La censura sub 2.2., non può essere scrutinata in questa sede, non essendo stata oggetto di motivo di appello.
Alla declaratoria d'inammissibilità consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 ciascuno.
Infine, va rammentato che, essendo stati tutti i motivi del ricorso dichiarati inammissibili, trova applicazione il principio di diritto secondo il quale "l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p." ex plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 - Cass. 4/10/2007, Impero.

PQM

Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2014


 

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