REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco - Presidente -
Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Consigliere -
Dott. BASSI Alessandra - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.S.A;
avverso l'ordinanza del 20/01/2014 del Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VOLPE Giuseppe, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata;
udito per l'indagato l'avv. CARDINALE Celestino, che ha concluso chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

Motivazione

1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Palermo, adito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., dichiarava l'inammissibilità dell'istanza di riesame presentata avverso il provvedimento del 04/12/2013 con il quale il Giudice per le indagini preliminari presso quello stesso Tribunale aveva disposto nei riguardi di L.S. A. l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato associativo di cui all'art. 416 bis cod. pen.
Rilevava il Tribunale come l'istanza di riesame fosse stata avanzata tardivamente, oltre i dieci giorni previsti dal comma 3 del citato art. 309, nella fattispecie decorrente dal giorno dalla notifica al difensore dell'indagato, a mezzo del telefono, dell'avviso di deposito del provvedimento genetico della misura.
2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il L.S., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Celestino Cardinale, il quale, con tre distinti punti, ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli att. 149, 293 e 309 cod. proc. pen., e la mancanza di motivazione, per avere il Tribunale di Palermo erroneamente dichiarato l'inammissibilità del gravame, posto che quell'avviso non poteva essere notificato al difensore a mezzo del telefono; nonchè la violazione di legge, in relazione all'art. 416 bis cod. pen., art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 275 cod. proc. pen., per avere il Tribunale omesso di esaminare le doglianze con le quali era stata posta in discussione la sussistenza tanto dei gravi indizi di colpevolezza, quanto delle esigenze di cautela.

3. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, essendo fondato il primo dei motivi dedotti dalla difesa del L.S.
Costituisce oramai ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale, giusta la previsione del combinato disposto dell'art. 148 c.p.p., commi 1 e 2 bis, e art. 149 c.p.p., comma 1, per la notifica di un atto, l'autorità giudiziaria deve affidarsi, di regola, all'ufficiale giudiziario o ad altro soggetto che ne esercita le funzioni, salvo che la legge non stabilisca diversamente; la notificazione o gli avvisi ai difensori possono essere eseguiti, su disposizione dell'autorità giudiziaria, anche con mezzi tecnici idonei, qual è, ad esempio, il telefax; la notificazione di un avvio o di una convocazione può essere eseguita, sempre che tanto sia disposto dal giudice, anche a mezzo del telefono o del telegrafo, a condizione che si tratti di atto urgente e che il destinatario sia una persona diversa dall'indagato.
Ne consegue che - a differenza di atti urgenti, quali l'avviso di fissazione dell'interrogatorio di garanzia o quello di fissazione dell'udienza per la trattazione del riesame - l'avviso al difensore dell'indagato di deposito, nella cancelleria del giudice che lo ha emesso, del provvedimento di applicazione di una misura cautelare personale, di cui all'art. 293 c.p.p., comma 3, va necessariamente notificato a mezzo dell'ufficiale giudiziario, trattandosi di atto non urgente, essendo esso destinato solamente a far decorrere il citato termine per proporre l'impugnazione de libertate, avviso per il quale, perciò, non è consentito l'impiego del mezzo del telefono o del telegrafo (in questo senso Sez. 5, n. 22797 del 15/04/2010, Orrù, Rv. 247515; Sez. 5, n. 2105/10 del 02/12/2009, Re, Rv. 245360).

Nel caso di specie di tale regula iuris non è stato fatto buon governo, in quanto il Tribunale di Palermo ha fatto decorrere il termine di dieci giorni, entro il quale, a mente dell'art. 309 c.p.p., comma 3, doveva essere presentata l'istanza di riesame, dal giorno della notificazione a mezzo del telefono di quell'avviso di deposito del provvedimento impugnato, mezzo non utilizzabile nel caso de quo.
4. L'accoglimento del primo motivo del ricorso, nel quale resta assorbito l'esame dei restanti due motivi di merito, impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Palermo.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi previsti dalla legge.

PQM

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo per nuovo esame. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2014


 

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