REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Primo Presidente f.f. -
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente Sezione -
Dott. RORDORF Renato - Presidente Sezione -
Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Presidente Sezione -
Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 9750/2014 proposto da:
R.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLE BELLE ARTI 2, presso lo studio dell'avvocato SCALISE GAETANO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato LOIERO SAVERIO per delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CATANZARO, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 6/2014 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 19/02/2014;
uditi gli avvocati Gaetano Antonio SCALISE, Saverio LOIERO;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2014 dal Presidente Dott. ALFONSO AMATUCCI;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Gianfranco SERVELLO, il quale chiede che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, rigetta l'istanza di sospensione.

Motivazione

Rilevato che con decisione in data 30.6.2011 il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Catanzaro irrogò all'avv. R.F. S. la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per un anno per averlo ritenuto responsabile della violazione degli artt. 5 (obbligo di probità, dignità e decoro), 6 (dovere di lealtà e correttezza), 7 (dovere di fedeltà), 8 (dovere di diligenza), 38 (inadempimento al mandato), 41 (gestione di danaro altrui) e 15 (dovere di adempimento previdenziale e fiscale) del codice deontologico per aver gestito in maniera non conforme al titolo la somma di circa Euro 170.000 ricevuta dalla parte assistita, "utilizzandone solo piccola parte per assolvere ad obblighi dei propri clienti e trattenendone invece preponderante parte, senza neanche darne il rendiconto, consegnare alla cliente le note specifiche e le parcelle fiscali e restituire le somme residuali, invece indebitamente trattenute: tutto ciò senza ottemperare all'obbligo di richiedere istruzioni scritte in ordine all'utilizzo delle somme ricevute fiduciariamente in deposito";
che con sentenza n. 6 del 2014 il Consiglio nazionale forense ha respinto il ricorso dell'interessato;
che avverso detta sentenza l'avv. R. ricorre per cassazione sulla base di due motivi, con allegata istanza domandando la sospensione dell'esecuzione della sentenza impugnata;

ritenuto che il ricorso presenta aspetti:
- di inammissibilità, in relazione all'inspiegato riferimento alla data dell'1.2.2011 (anzichè del 18.5.2010, indicata all'ottava riga di pag. 7 della sentenza) come a quella di "reale notifica" della citazione a giudizio in sede disciplinare, nonchè in relazione alla omessa contestazione della ratio decidendi secondo la quale il compimento del termine ad quem della prescrizione andava individuato nell'anteriore data di apertura del procedimento disciplinare (5.11.2009);
- e di infondatezza quanto alla invocata applicabilità del principio di retroattività della legge più favorevole in ambito diverso da quello penale, essendosi chiarito che "in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, la L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 65, comma 5, nel prevedere, con riferimento alla nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, che le norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l'incolpato, riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme del previgente e del nuovo codice deontologico. Ne consegue che per l'istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell'irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicchè è inapplicabile lo jus superveniens introdotto con la L. n. 247 cit., art. 56, comma 3" (S.U. n. 11025/2014);
che, dunque, l'istanza di sospensione dell'esecuzione della menzionata sentenza del Consiglio nazionale forense non può trovare accoglimento per assoluto difetto di fumus boni iuris.

PQM

visto il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 56, comma 4; rigetta l'istanza.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 17 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2014


 

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