REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente -
Dott. PETTI Giovanni B. - Consigliere -
Dott. CHIARINI Maria Margherita - rel. Consigliere -
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4217/2013 proposto da:
D.P.C. in proprio e quale procuratore generale di I.G., D.P.I., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 120/5, presso lo studio dell'avvocato FERRUCCIO AULETTA, rappresentati e difesi dagli avvocati FIMMANO' Domenico, SIMEONE RUSSO giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrenti -
contro
INTESA SAN PAOLO SPA, F.N.;
- intimati -
nonchè da:
INTESA SAN PAOLO GROUP SERVICES SPA, in persona della sig.ra H.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 31, presso lo studio degli avvocati FRANCESCO ASTONE e ANDREA ZOPPINI, rappresentata e difesa dall'avvocato DAMIAMO Francesco giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- ricorrente incidentale -
contro
D.P.C., D.P.I., F.N.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1882/2012 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/05/2012 R.G.N. 4824/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2015 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;
udito l'Avvocato DOMENICO FIMMANO';
udito l'Avvocato FABIO PIERDOMINICI per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Svolgimento del processo

Con citazione del luglio 2001 il Banco Napoli - poi Intesa San Paolo s.p.a. - mandatario della società per la Gestione di Attività s.p.a. convenne dinanzi al Tribunale di Napoli F.N., debitore di quest'ultima società di L. 544.490.203 e venditore, con atto notarile del 2 maggio 2001, della nuda proprietà e dell'usufrutto rispettivamente a D.P.C. ed I. e a I.G., dell'immobile già ipotecato a garanzia di ingenti crediti di terzi, chiedendo di accertare la nullità o l'inefficacia del trasferimento di esso avvenuto nelle more dell'esecuzione del sequestro conservativo ottenuto sul medesimo fino alla concorrenza di L. 450 milioni, onde conservare la garanzia patrimoniale del credito del Banco Napoli, il cui pagamento era stato ingiunto nel 1997.

Il Tribunale ha accolto la domanda di revocatoria e la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 28 maggio 2012, ha respinto l'appello sulle seguenti considerazioni: 1) il rilievo di sopravvenuta carenza di interesse della S.G.A., mandataria del Banco Napoli, per avere, dopo la domanda di cui è causa, pignorato presso il D.P. il prezzo che gli acquirenti dovevano ancora pagare per l'acquisto dell'immobile e per esserle stata assegnata dal G.E. la somma di Euro 180.759,01, era inammissibile perchè eccezione nuova, ai sensi dell'art. 345 c.p.c., ed infondato poichè la procedura esecutiva mobiliare può concorrere con quella immobiliare e l'azione di cui all'art. 2901 c.c., è volta a tutelare il patrimonio del creditore, consentendogli di esercitare sui beni oggetto dell'atto dichiarato inefficace azioni cautelari ed esecutive, ma il bene non rientra nel patrimonio del debitore; in ogni caso persisteva l'interesse del creditore ad insistere sulla revocatoria attesa l'esiguità della somma pignorata presso il terzo rispetto all'ammontare del credito; inoltre la revocatoria ha ad oggetto l'immobile venduto mentre il pignoramento mobiliare presso terzi il residuo del prezzo per esso dovuto; 2) la consapevolezza del danno al creditore da parte degli acquirenti era sufficiente per l'accoglimento della revocatoria poichè il credito era anteriore al trasferimento dell'unico bene del debitore F., avvenuto "in gran fretta e con somma urgenza", come dichiarato dal notaio rogante nell'atto del 2 maggio 2001, mentre il sequestro era stato concesso il giorno dopo, e perchè nella compravendita gli acquirenti avevano concordato che il venditore cancellasse due iscrizioni ipotecarie a favore del Banco Napoli e in attesa si erano trattenuti il residuo prezzo di vendita.

Ricorrono per cassazione D.P.C. ed I. e I.G.. Si è difesa la società consortile per azioni Intesa San Paolo Group Services che ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato. Non si è difeso F.N.

Motivazione

1.- Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono: "Nullità della sentenza a norma dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (in relazione all'art. 345 c.p.c., commi 2 e 3)" per aver la Corte di merito, nel dichiarare inammissibile l'eccezione di sopravvenuta carenza di interesse, non considerato che il venir meno di una condizione dell'azione è rilevabile di ufficio e dunque non soggetta preclusione, anche perchè il dato relativo all'intrapresa esecuzione mobiliare, e quindi alla sopravvenuta carenza di interesse del creditore a proseguire nell'accertamento dell'inefficacia della vendita, era stato acquisito soltanto dopo il deposito, da parte del Banco Napoli, della comparsa conclusionale in primo grado, con conseguente nullità della sentenza all'esito emessa.

2.- Con il secondo motivo lamentano: "Violazione o falsa applicazione degli artt. 2901 e 2902 c.c. e/o del loro combinato disposto a norma dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3" per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto il concorso tra la revocatoria nei confronti dell'acquirente e il pignoramento nei confronti del medesimo per la parte di prezzo ancora dovuta sullo stesso bene e quindi in relazione ad un atto di cui al contempo si è chiesta l'inefficacia degli effetti, non solo reali, ma necessariamente anche obbligatori. Ed infatti a norma dell'art. 2902 c.c., raffrontato con l'art. 2910 c.c., l'esecuzione è consentita al creditore sul bene il cui atto esecutivo è divenuto inefficace nei suoi confronti, ma non è cumulabile con l'esecuzione su altri, diversi beni del terzo, e nemmeno sui relativi crediti del debitore presso il terzo. Ed infatti ammettere il cumulo tra l'azione esecutiva sul bene la cui alienazione è stata dichiarata inefficace e il credito che ha l'alienante per il prezzo ancora dovuto per il medesimo bene, significa che nel patrimonio del debitore alienante rientra sia il valore del bene alienato, sia il credito del prezzo ancora da corrispondere dal terzo per l'acquisto del medesimo bene, con indebita locupletazione del creditore in danno di un terzo. Inoltre la seconda ipoteca, per L. 2 miliardi - mentre la prima era di trecento milioni - era stata concessa dal venditore dopo il sorgere del credito del Banco Napoli e tuttavia questo istituto non ne aveva chiesto l'inefficacia, con la conseguenza che la tutela reale assicurabile al Banco Napoli non poteva superare il valore residuale del bene dopo aver soddisfatto detti crediti. Ed infatti, se la revocatoria fosse stata dichiarata inesperibile perchè per fatto dell'attore lo scopo di cui all'art. 2901 c.c., non era più realizzabile, l'azione esperibile contro il terzo per dolosa sottrazione del bene alla garanzia dei creditori non poteva superare il valore residuo del bene dopo aver soddisfatto i crediti poziori essendo solo questo l'eventus damni e quindi non per l'intero valore del bene non essendo più questo il valore del patrimonio del debitore. Dunque la Corte di merito ha sostituito alla garanzia patrimoniale del debitore alienante il patrimonio degli acquirenti garantendo il creditore più di quanto lo sarebbe stato se il debitore non avesse alienato il bene gravato da ipoteca.

I motivi che possono trattarsi congiuntamente avuto riguardo alla doppia ratio decidendi in relazione al primo motivo - contenuta in sentenza - punto 2 della narrativa - sono infondati.

Questa Corte - Cass. 28155 del 2013 - ha già chiarito che "il giudizio che il creditore instaura nei confronti del suo debitore e del terzo per la dichiarazione di inefficacia dell'atto traslativo del primo al secondo di un immobile ai fini della conservazione della garanzia patrimoniale su di esso - art. 2740 c.c. - non comporta il venir meno del contratto e/o dell'effetto traslativo della proprietà del bene compravenduto nè l'immediata restituzione del bene al patrimonio del primo (cfr. Cass. n. 971/98, n. 8419/00, n. 1740/07, tra le altre), ma soltanto la sua assoggettabilità all'azione esecutiva individuale esercitata dal creditore del venditore, da esercitarsi nei confronti dell'acquirente (esecutato in via diretta, quale terzo proprietario) ai sensi dell'art. 602 c.p.c. e segg.
E poichè la pronuncia di inefficacia del contratto di compravendita a seguito dell'eventuale accoglimento della revocatoria non incide in alcun modo sul titolo contrattuale che è la fonte del credito del venditore al pagamento del prezzo da parte dell'acquirente, il creditore del venditore può altresì agire per il pignoramento di questo credito spettante al suo debitore nei confronti del terzo acquirente onde consentirgli di soddisfarsi del suo credito. Ed infatti la revocatoria spiega effetti, in via diretta, nei rapporti tra il creditore ed il suo debitore - e cioè, quando oggetto della revocatoria sia un contratto di compravendita, tra il creditore ed il venditore, e non tra il creditore ed il terzo acquirente che è soltanto esposto alla successiva eventuale azione esecutiva individuale per il debito altrui - mentre il pignoramento presso terzi si esplica nel rapporto tra il creditore ed il debitor debitoris.

Pertanto è rimesso all'apprezzamento del proprio interesse, rilevante in via di mero fatto e non giuridicamente, da parte del creditore del venditore avvalersi degli effetti (positivi) della revocatoria, aggredendo il bene con un'azione esecutiva immobiliare ex art. 602 c.p.c. e segg., nei confronti del terzo acquirente, ovvero avvalersi degli effetti del pignoramento presso terzi del prezzo da pagare dal compratore al venditore onde ottenere un'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.. Si tratta di strumenti alternativi di tutela dello stesso creditore nei confronti dello stesso debitore onde ottenere, in via coattiva e col ricorso a due distinte procedure esecutive, il pagamento del medesimo credito, entrambi consentiti dall'ordinamento, e regolati in termini tali da escludere che l'uno possa entrare in conflitto con l'altro, fintantochè le ragioni del creditore nei confronti del proprio debitore non siano interamente soddisfatte".


A questi principi va data continuità ed il motivo va respinto.

3.- Con il terzo motivo deducono: "Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, a norma dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5" per non avere la Corte di merito considerato che la scientia damni va valutata al momento della stipula del preliminare e in questo il prezzo reale era quello di mercato, sì che gli elementi indiziari dell'atto definitivo pubblico sono irrilevanti, a cominciare dalla asserita urgenza e fretta nella stipula e relativa trascrizione - peraltro non essendo esattamente queste le dichiarazioni rese dal notaio rogante - poichè era un atto dovuto adempiere il preliminare e questo alla data del 30 gennaio 2001 non era fraudolento, essendo gli acquirenti a conoscenza soltanto dei creditori ipotecari per un importo di molto superiore - lire 810 milioni e lire due miliardi all'effettivo valore del bene dichiarato in preliminare - L. 1.350.000.000 - ed in relazione al quale si erano riservati L. 650.000.000 di prezzo non versato, come evidenziato nella scrittura privata del maggio 2001, e quindi non potevano ipotizzare il sacrificio di altri creditori indifferenziati, e comunque la prova della scientia damni non era stata data dal creditore.

Il motivo, nella parte in cui non introduce inammissibilmente per la prima volta in questa sede la questione giuridica estranea al decisum dell'applicabilità o meno al contratto definitivo dell'art. 2901 c.c., comma 3 - a norma del quale non sono soggetti a revocatoria i pagamenti di debiti scaduti - sul presupposto che questo negozio sia un atto dovuto rispetto al preliminare, è infondato. Ed infatti i giudici di merito, evidenziata la veloce sequenza temporale degli atti prodromici al trasferimento del 2 maggio 2001 dell'immobile del F. già ipotecato a garanzia di due crediti di importo di molto superiore al valore dichiarato nel preliminare - il 22 gennaio 2001 è intervenuta la proposta di acquisto dell'immobile e il 30 gennaio 2001 è stato stipulato il preliminare versando un acconto di L. 700 milioni su un prezzo dichiarato di L. 1.350.000.000 - e la consapevolezza della persistenza di tale esposizione debitoria da parte degli acquirenti ancora in sede di stipula del definitivo, a prescindere dalla conoscenza di costoro dell'ulteriore debito del F. per cui la Banca aveva ottenuto fin dal 1997 decreto ingiuntivo e il giorno dopo la stipula del definitivo sequestro conservativo - sì che era ormai inattuabile la tutela preventiva del credito - hanno correttamente applicato i fermi principi secondo i quali, allorchè l'atto di disposizione sia successivo - come nella specie - al sorgere del credito, è necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore ("scientia damni"), essendo l'elemento soggettivo integrato dalla semplice conoscenza nel debitore e, in ipotesi di atto a titolo oneroso, nel terzo, di tale pregiudizio, indipendentemente dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l'azione, e senza che assumano rilevanza l'intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore ("consilium fraudis") nè la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo in ordine alla intenzione fraudolenta del debitore. Quanto poi al pregiudizio alle ragioni del creditore ("eventus damni"), è sufficiente che l'atto di disposizione del debitore renda più difficile la soddisfazione coattiva del credito, sicchè anche , la "trasformazione" di un bene in un altro che sia meno agevolmente aggredibile in sede esecutiva, com'è tipico del danaro, realizza il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, non essendo richiesta, a fondamento dell'azione - che ha la funzione di ricostituire la garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore, e perciò non rileva che i beni oggetto di revocatoria fossero stati in precedenza ipotecati a favore di un terzo, non avendo detta azione la funzione di ricostituire la garanzia specifica del credito (Cass. 27718 del 2005) - la totale compromissione di esso, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, con la conseguenza che l'onere di provare l'insussistenza di tale rischio, in ragione della consistenza del restante patrimonio, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell'azione di revocazione, che eccepisca la mancanza, per questo motivo, dell'"eventus damni".

4.- Concludendo il ricorso va respinto. Il ricorso incidentale condizionato è conseguentemente assorbito.

Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. La Corte da atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in quanto il ricorso è stato notificato il 29 gennaio 2013.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti, in solido, a pagare le spese del giudizio di cassazione a favore della società consortile per azioni Intesa San Paolo Group Services che liquida in Euro 10.600 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.
La Corte da atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2015.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2015.


 

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