REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo - Presidente -
Dott. MULLIRI Guicla - rel. Consigliere -
Dott. MARINI Luigi - Consigliere -
Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.M., imputato L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b;
avverso la sentenza del Tribunale di Crotone del 15.2.13;
Sentita, in pubblica udienza, la relazione del cons. Guicla Mulliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. Dott. SPINACI Sante, che ha chiesto l'annullamento della pena accessoria ed il rigetto del ricorso nel resto;
Sentito il difensore dell'imputato, avv. Giovanni Bruno, in sostit. dell'avv. Luigi Falcone, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato -
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato la responsabilità penale del ricorrente per avere, in qualità di responsabile della struttura turistica _____, detenuto sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione con pericolo di alterazione o contaminazione.

2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso, tramite difensore, deducendo:
1) vizio motivazionale in quanto il giudice ha affermato la riferibilità del fatto alla persona dell'imputato solo perchè egli è il vicedirettore della struttura senza approfondire le sue competenze ed, in particolare, se fosse egli deputato al controllo della conservazione degli alimenti.
Quest'ultima incombenza è, invece, delegata a personale apposito. Il vero è che egli è stato accusato solo perchè trovato sul posto ma la conclusione è illogica perchè, a tutto concedere, avrebbe dovuto essere, semmai, il vertice dell'azienda a rispondere;
2) violazione di legge nella parte in cui la sentenza ha disposto la pubblicazione della pronuncia sul quotidiano locale in quanto non si versa in uno dei casi di violazione elencati dall'art. 518 c.p., ove si fa riferimento solo ai reati di cui agli artt. 514 e 517 c.p. Nè vale ipotizzare che il Tribunale volesse fare riferimento alla L. n. 283 del 1962, art. 6, perchè neppure tale ultima disposizione si attaglia al caso di specie ove è stata contestata l'ipotesi di cui all'art. 5 (cattivo stato di conservazione) che, come affermato anche da questa S.C. (sez. m, n. 42428/10), non comporta in nessun caso la pubblicazione della sentenza di condanna.
Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata.

Motivazione

3. Motivi della decisione - Il ricorso è fondato.
3.1. Per quel che attiene al tema, di cui al primo motivo, della riferibilità all'imputato della responsabilità del fatto illecito (in sè non contestato) è innegabile che la sentenza impugnata non si sia affatto posta il problema, dilungandosi piuttosto sulla descrizione della vicenda che ha dato origine alla contestazione. Il vuoto motivazionale non è di poco rilievo se si considera che, in primo luogo, la persona cui il fatto è ascritto, è vice direttore (sì che sorge naturale l'interrogativo sul perchè il direttore sia stato escluso a priori) e, in secondo luogo, perchè il fatto è avvenuto all'interno di una struttura turistica il cui oggetto principale non è la conservazione dei cibi (sì da legittimare il dubbio che, a questo specifico settore, fosse stato delegato taluno operante nelle cucine).
Deve, incidentalmente, ricordarsi che, con riguardo alle società di notevoli dimensioni, questa S.C. è arrivata ad affermare che la delega di funzioni viene presunta in re ipsa (sez. 3, 28.4.03, Rossetto, n. 19462). E che, anche in materia infortunistica, è stato detto che "il legale rappresentante di una società di notevoli dimensioni non è responsabile allorchè l'azienda sia stata preventivamente suddivisa in distinti settori" (sez. 4, 28.9.06, di Lorenzo, rv. 235564).

La problematica, però, nella sentenza impugnata, risulta completamente elusa ed anche se l'imputato è rimasto contumace, avrebbe dovuto essere affrontata d'ufficio previe verifiche di ordine fattuale che non possono che essere svolte dal giudice di merito cui gli atti vanno, pertanto, resi.

3.2. Ulteriore motivo di rinvio va ravvisato nella giustezza della seconda censura visto che è principio giurisprudenziale acquisito (sez. 3 28.10.10, Li Suiwen, n. 42428) quello secondo cui la pubblicazione della sentenza di condanna è prevista sempre dall'art. 6, comma 4, per i casi di frode tossica o dannosa alla salute, "e non anche per il cattivo stato di conservazione".
Alla luce dei rilievi che precedono, si impone, pertanto una declaratoria di annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Crotone.

PQM

Visto l'art. 615 c.p.p. e ss., annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Crotone.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2014


 

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