REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Piero Savani - Presidente -
Dott. Carlo Zaza - Consigliere -
Dott. Rossella Catena - rel. Consigliere -
Dott. Grazia Miccoli - Consigliere -
Dott. Andrea Fidanzia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma, nel processo nei confronti di:
T.G.;
avverso la sentenza emessa in data 06/05/2015 dal Giudice di pace di Palestrina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Marilia Di Nardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Palestrina dichiarava non doversi procedere nei confronti del T.G. ai sensi dell'art. 131 bis cod. proc. pen., per la particolare tenuità del fatto.

2. Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma ricorre, in data 27/05/2015 per vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e), in quanto il giudice non avrebbe specificato in alcun modo quale sarebbe l'imputazione, in violazione dell'art. 546 cod. proc. pen., nè avrebbe, conseguentemente, fornito una effettiva motivazione in ordine alla tenuità del fatto.

Motivazione

Il ricorso appare fondato.

In relazione ai reati di competenza del Giudice di pace non appare possibile applicare la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., come affermato da questa Corte (Sez. feriale, sentenza n. 38876 del 20/09/2015, Rv. 264700), che ha sancito il principio secondo cui "La causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., introdotta dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, non è applicabile ai procedimenti davanti al Giudice di Pace, poichè in questi si applica la disciplina prevista dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 34, da considerarsi norma speciale, e quindi prevalente, rispetto a quella dettata dal codice penale".

La sentenza citata svolge un lungo excursus, che questo Collegio condivide, secondo cui le analogie e le differenze esistenti tra il procedimento penale presso il giudice di pace ed il procedimento penale ordinario portano a ritenere che tra di essi esista un rapporto di specialità reciproca; ciò in quanto intorno ad un nucleo fondamentale comune, ruotano una serie di istituti e riti speciali, funzionali alle esigenze proprie di ciascun procedimento, come dimostrato dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 2, comma 1, il quale costituisce la base normativa che conferma tale impostazione.

Ed infatti esso, sottolinea la citata sentenza, da un lato, disciplina il procedimento attraverso il rinvio alle disposizioni, in quanto applicabili, contenute nel codice di rito e nelle disposizioni di attuazione e, dall'altro, introduce una serie di eccezioni quanto ad istituti e procedimenti speciali ad esso espressamente dichiarati non applicabili. Sebbene sia esatto il rilievo secondo il quale la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ha natura sostanziale, mentre i rapporti tra procedimenti, regolando istituti di carattere processuale, potrebbero non precludere l'applicabilità dell'art. 131 bis cod. pen. nei procedimenti per reati di competenza del giudice di pace, gli elementi di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, non risultano del tutto sovrapponibili rispetto a quelli che caratterizzano la disposizione introdotta nel codice penale, che non contiene e nè assorbe la prima, registrandosi anzi un considerevole scollamento tra le stesse, con la inevitabile conseguenza che la disposizione D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 34, in considerazione della sedes materiae nella quale è collocata, si caratterizza per essere una disposizione speciale rispetto a quella generale codicistica, sia pure ratione temporis successiva, ex art. 131 bis cod. pen..

A norma del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonchè la sua occasionalità e il grado della colpevolezza, non giustificano l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato; proprio detto pregiudizio costituisce un elemento estraneo rispetto all'ambito di operatività della disposizione ex art. 131 bis cod. pen., per la quale non hanno alcun rilievo, invece, l'interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento o il diritto di veto della persona offesa e neppure il diritto potestativo dell'imputato a non avvalersi dell'istituto.

A norma dell'art. 131 bis cod. pen., la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1 (con parametri valutativi quindi ulteriori rispetto all'elemento costituito, ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, dal solo grado della colpevolezza), l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (anzichè occasionale ex art. 34 cit.).


Oltre al dato normativo, già di per sè significativo al riguardo, la sentenza citata trae, poi, la conferma dell'inapplicabilità dell'art. 131 bis cod. pen., nei procedimenti per i reati di competenza del Giudice di pace, dalla circostanza che legislatore delegato non abbia seguito l'invito rivolto dalla Commissione Giustizia della Camera di valutare "l'opportunità di coordinare la disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dal D.Lgs. 28 ottobre 2000, n. 274, art. 34, in riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame" ossia l'introduzione nel codice penale dell'art. 131-bis, ciò sul rilievo che la legge delega non conferiva tale potere, per cui, durante la fase di progettazione dell'art. 131-bis cod. pen., è apparso ben chiaro come ciò si sarebbe risolto nel tollerare la coesistenza dei due istituti; sotto un secondo profilo, infine, è stato ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 25 del 28/01/2015, dep. 03/03/2015 - nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 529 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 111 Cost. nella parte in cui non prevedeva una formula di proscioglimento per la "particolare tenuità del fatto", "simmetrica ed analoga" a quella prevista, per i soli procedimenti penali di competenza del giudice di pace, dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 34 - ha precisato, proprio tenendo presente in parte qua il testo della L. Delega n. 67 del 2014, che il legislatore ben può introdurre una causa di proscioglimento per la "particolare tenuità del fatto" strutturata diversamente e senza richiedere tutte le condizioni previste dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34, con ciò confermando che nulla impedisce a due diverse fattispecie di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto di coesistere nel medesimo ordinamento.

Ne deriva, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Palestrina per nuovo giudizio, in cui dovrà essere applicato il principio di diritto secondo cui la causa di esclusione della punibilità, di cui all'art. 131 bis cod. pen., non è applicabile ai procedimenti davanti al Giudice di Pace, poichè in questi si applica la disciplina prevista dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 34, da considerarsi norma speciale.

PQM

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Palestrina per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2016.


 

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