LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -
Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.M. N.
avverso la sentenza n. 1593/2010 Corte Appello di Brescia, del 12/01/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in Pubblica Udienza del 21/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Umberto Massafra;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.ssa Fodaroni Maria Giuseppina, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di B.M. avverso la sentenza emessa in data 12.1.2011 dalla Corte di Appello di Brescia che, in parziale riforma di quella in data 16.2.2010 del Giudice monocratico del Tribunale di Bergamo, tra l'altro, rideterminava la pena inflitta al ricorrente per il reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. c) aggravato ai sensi del comma 2 bis C.d.S. per aver provocato, guidando in stato di ebbrezza, la fuoriuscita dell'autovettura da lui condotta dalla sede stradale: fatto del ______ in mesi due di arresto ed Euro 2.000,00 di ammenda oltre alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per anni uno, con la confisca amministrativa dell'autovettura.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis sostenendo che al termine incidente stradale non poteva darsi altro significato che collisione con altri utenti della strada e non già quello di qualsiasi anomalia comportamentale del soggetto.

Motivazione

Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse del tutto aspecifiche e manifestamente infondate.
Invero, il ricorrente rappresenta doglianze, per un verso, già vagliate dalla Corte territoriale e che le ha disattese con motivazione ampia e congrua ed assolutamente plausibile, laddove ha ravvisato la sussistenza della contestata aggravante. Ed è stato affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591, comma 1, lett. c), all'inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv.216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv.240109).
Per altro verso, le censure sono manifestamente infondate.
Invero, è stata correttamente attribuita, nel caso di specie, la valenza di "incidente stradale" anche alla mera fuoriuscita dell'autovettura dalla sede stradale. Il concetto di "incidente stradale" (che già compare nell'art. 11 C.d.S. a proposito dell'attribuzione dell'accertamento agli organi di polizia stradale) richiamato, ai fini dell'Integrazione dell'aggravante prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2 bis è ben più ampio di quelli d'investimento e di collisione tra autoveicoli, che vi sono, in ogni caso, ricompresi: infatti, esso non implica necessariamente la produzione di danni a cose proprie o altrui o lo scontro con altri veicoli o comunque il coinvolgimento di terze persone con danni alle stesse, bensì qualunque situazione che esorbiti dalla normale marcia del veicolo in area aperta alla pubblica circolazione, con pericolo per l'incolumità altrui e dello stesso conducente.
Si verte, invero, nel campo della "sicurezza stradale" la quale, come tale, esige che anche quelle condotte di guida che pongano a mero rischio l'incolumità pubblica (ivi compresa quella dello stesso guidatore) siano valutate con particolare severità e conseguentemente sanzionate più gravemente.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2012


 

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