REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore - Presidente -
Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere -
Dott. MATERA Lina - Consigliere -
Dott. PARZIALE Ippolito - rel. Consigliere -
Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2474/2008 proposto da:
L.S. - ricorrente -
contro
F.R.; - intimato -
avverso la sentenza n. 3560/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 06/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/11/2013 dal Consigliere Dott. Ippolisto Parziale;
udito l'Avvocato Antonio Donatone, che si riporta agli atti e alle conclusioni assunte;
udito il sostituto procuratore generale, Dott. Lucio Capasso, che conclude per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. La ricorrente riassume come segue lo svolgimento del processo.
"1.Con preliminare di vendita del 15.12.1996, la sig.ra L. S. promise di vendere al sig. F.R. - che promise di acquistarlo - un locale box per auto, distinto col n. ___ del piano interrato dell'immobile sito in ____, per il prezzo convenuto di L. 28.000.000, delle quali L. 3.000.000 furono versate contestualmente alla sottoscrizione del preliminare a titolo di caparra confirmatoria, con l'intesa che la "restante somma" sarebbe stata versata "di comune accordo previa atto notarile" (art. 3).
Secondo lo stesso preliminare, la parte promettente la vendita s'impegnò "a comunicare alla parte promittente all'acquisto, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, la data del rogito" (art. 5).
Con atto di citazione notificato il 18.4.2001, la sig.ra L. convenne in giudizio, avanti alla Sezione distaccata di Ostia del Tribunale di Roma, il sig. F., esponendo che questi - già nella disponibilità del box per effetto di precedente contratto di locazione - aveva pretestuosamente differito la stipula del definitivo e, in tal modo, aveva fatto trascorrere molto tempo senza provvedere al pagamento, neppure parziale, della somma dovuta. Ciò, fino a che aveva fatto avere alla sig.ra L. (per ... sua specifica richiesta, avendo costei comunicato la perdita della copia di sua pertinenza) una copia del preliminare in suo possesso, dalla quale, peraltro, in corrispondenza dello spazio dell'art. 6 (originariamente in bianco), erano state inserite annotazioni, prive di firma di ricevuta, di asseriti versamenti di "acconti" tra il 26.3.1997 ed il 28.9.1999, cioè tutti in date successive al 15.12.1996, di sottoscrizione del preliminare.
Con lettera ... del 6.11.2000, la sig.ra L., contestata la veridicità delle annotazioni relative ai pretesi "acconti" e ribadito che aveva ricevuto soltanto la somma di L. 3.000.000, quietanzata all'atto della sottoscrizione del preliminare, aveva invitato il sig. F. a procedere, secondo quanto concordato, alla designazione del "notaio di sua fiducia" - ed alla comunicazione del suo nominativo - avanti al quale sarebbe stato stipulato l'atto definitivo, con espressa avvertenza che, in difetto, ... sarebbe stata "costretta a recedere dal contratto in questione", lamentava ... che la lettera era rimasta senza effetto: la raccomandata A.R ...non fu ritirata dal destinatario e, dopo gli avvisi di rito e la "compiuta giacenza", fu restituita al mittente. Ugualmente senza effetto era rimasto il successivo atto di diffida e messa in mora, notificato il 30.1.2001, ex art. 1454 c.c., col quale ... aveva invitato il sig. F. a comparire il giorno 6.3.2001, alle ore 17.30, avanti al notaio ... per la stipula del definitivo, con comminatoria ... che, in difetto, avrebbe fatto valere in via giudiziaria il "recesso" dal contratto per inadempimento, con ritenzione della caparra ricevuta. Tale atto era stato notificato - a mezzo ufficiale giudiziario - a norma dell'art. 140 c.p.c., e la raccomandata A.R., contenente la comunicazione di deposito, dopo la "compiuta giacenza" era stata restituita al mittente, per non essersi presentato il destinatario per il ritiro del plico.
Tanto premesso, la sig.ra L., dopo aver significato che il sig. F. non ... si era presentato avanti al notaio, convenne in giudizio il predetto perchè fosse accertata e dichiarata la legittimità del "recesso", per inadempimento del convenuto, dal contratto preliminare di vendita de quo, con obbligo di rilascio immediato dell'immobile, e perchè essa attrice fosse autorizzata a ritenere la somma di L. 3.000.000, a suo tempo ricevuta a titolo di caparra confirmatoria. Radicatosi il contraddittorio, il sig. F. contestò la fondatezza della domanda ... precisando che aveva versato la complessiva somma di L. 17.800.000 (delle quali, L. 3.000.000 di caparra a mani del marito della sig.ra L.; L. 14.000.000, in più riprese, come riportato nel preliminare, asseritamente sempre a mano del sig. B., e L. 800.000 "nel 1998 ... direttamente all'attrice"). Chiese il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, il trasferimento coattivo dell'immobile, previa fissazione del termine per il pagamento del saldo, che si dichiarava disponibile ad effettuare; in via subordinata, richiese la fissazione di un termine, ex art. 1183 c.c., per la stipula del contratto definitivo.

3 - Acquisiti i documenti prodotti, il Tribunale ... accoglieva la domanda della sig.ra L. e rigettava tutte quelle - comunque - proposte dal sig. F., che dichiarava gravemente inadempiente agli obblighi derivanti a suo carico dal contratto preliminare". In sintesi, il giudice di prime cure accertava e riteneva: a) che il sig. F., benchè formalmente e reiteratamente richiesto, prima, non aveva comunicato il nome del notaio avanti al quale stipulare il definitivo e, poi, non si era presentato avanti a quello "opportunamente e prudenzialmente indicato" dalla sig.ra L.; b) che il sig. F. non aveva "offerto alcuna prova (ammissibile) dei pagamenti asseriti"; c) che le prove richieste erano comunque inammissibili o irrilevanti. Di conseguenza, il Tribunale: a) dichiarava risolto il contratto preliminare per inadempimento di F.R.; b) lo condannava alla restituzione del box, libero da persone e cose; c) dichiarava acquisita all'attrice la caparra confirmatoria di L. 3.000.000; d) condannava il convenuto al pagamento delle spese del giudizio.
4. Avverso la sentenza, proponeva appello il sig. F. ... col quale, ... lamentava "l'erronea interpretazione dei fatti e l'erronea valutazione delle prove" ed, ancora, "l'erronea ed arbitraria estromissione dei testimoni dalla prova": nel merito censurava l'impugnata sentenza per la "mancata pronuncia sulla domanda riconvenzionale" e sulle "domande subordinate proposte" nelle note ex art. 183 c.p.c.
2. La Corte d'Appello di Roma, in riforma dell'impugnata sentenza, disponeva il trasferimento "in capo a F.R." della proprietà del box, subordinando il trasferimento al pagamento, di Euro 12.911,42; rigettava la domanda principale della L. e, nel resto, quella riconvenzionale del F.
3. Impugna tale decisione la ricorrente, che articola due motivi.
Nessuna attività in questa sede ha svolto la parte intimata.

Motivazione

1. I motivi del ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso si deduce: "violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell'art. 1454 c.c.; omesso esame, falsa ed erronea valutazione di risultante probatorie, nonchè grave travisamento del fatto su punti decisivi della controversia; vizio di extrapetizione: violazione dell'art. 1454 c.c., nonchè degli artt. 115, 116 e 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 360 c.p.c., n. 5".
La ricorrente, trattando congiuntamente tali censure, osserva in via generale che "la diffida ad adempiere, di cui all'art. 1454 c.c., ha lo scopo di fissare con chiarezza la posizione delle parti nell'esecuzione del contratto ...il termine contenuto nella diffida ad adempiere ha carattere essenziale in relazione agli effetti che la legge riconnette alla sua inosservanza e la deduzione, altresì, che, essendo l'essenzialità posta nell'interesse del creditore, è sempre a lui rimessa la valutazione della convenienza di far valere senz'altro l'inutile decorso del termine ... L'espressione risoluto di diritto - che figura nell'art. 1454 c.c., u.c. - significa che la pronuncia giudiziale relativa ha carattere meramente dichiarativo della risoluzione stessa; che ... deve essere assegnato un termine per adempiere di almeno quindici giorni, a meno che - per speciali contingenze - non risulti congruo un termine inferiore". Rileva poi la ricorrente che "... non è dubbio che alla diffida notificata dalla sig.ra L., in quanto ritualmente data con le prescrizioni poste dall'art. 1454 c.c., devono essere ricollegate ... le invocate conseguenze risolutorie, stante l'esplicita e non equivoca valorizzazione dell'inutile decorso del termine da essa fissato risulta ex actis che la sig.ra L. inviò al sig. F. ... una prima lettera (raccomandata con avviso di ricevimento) in data 6/7.11.2000 ... con la quale, secondo gli usi ed a termine dell'art. 5 del preliminare ...lo invitava a designare il notaio "di sua fiducia" ...e, quindi, a comunicarglielo "immediatamente": il tutto con comminatoria, "in caso contrario", di "recesso (recte: "risoluzione") dal contratto". Il plico, ... non fu ritirato dal sig. F. .... Successivamente la sig.ra L. - sempre reperibile, ... notificò al sig. F. un "atto di diffida e messa in mora ex art. 1454 c.c., col quale, dopo avere contestato l'infruttuosità della precedente diffida, invitò l'intimato a comparire il giorno 6.3.2001, ore 17.30 avanti al notaio, Dott. P.G., ... "onde addivenire al rogito definitivo de quo".. Con lo stesso atto venne significato che, "in difetto", sarebbe stato richiesto "al Magistrato competente il recesso dal contratto per inadempimento (dichiarando qui espressamente tale volontà)", con i conseguenti effetti di legge.
L'atto venne notificato, a mezzo ufficiale giudiziario, a norma dell'art. 140 c.p.c. ... in data 26.1.2001; affissione dell'avviso di deposito in data 29.1.2001; spedizione della R.A.R., contenente la notizia dell'avvenuta notificazione, in data 30.1.2001; immissione dell'avviso nella cassetta della corrispondenza sita nello stabile di residenza del destinatario e deposito del plico presso l'Ufficio postale in data 31.1.2001; restituzione al mittente, dopo la "compiuta giacenza", in data 13.2.2001.... il sig. F. ... non ritirò il plico contenente la raccomandata....". Conclude, quindi, la ricorrente che "non è contestabile che l'obbligo di contenuto della diffida, come rigidamente predeterminato dall'art. 1454 c.c., e stato rigorosamente osservato...". Di conseguenza la ricorrente rileva che "la Corte territoriale, erroneamente interpretando le note prescrizioni di legge e, soprattutto, interpretando gli atti di causa, ha ritenuto l'insussistenza di inadempimento in capo al sig. F. (pag. 5 della sentenza), perchè: a) non era inadempiente alla diffida del 6.11.2000, ... poichè non era stato convocato per la stipula del definitivo, ma solo invitato a scegliere la data ed il notaio per il detto incombente; b) non era inadempiente all'ulteriore diffida notificata il 30.1.2001, con la quale l'intimato era stato convocato avanti al notaio P. di Ostia per la data del 6 marzo 2001", poichè ba) "il termine così assegnato risulta ingiustificatamente inferiore ai quindici giorni all'uopo prescritti dall'art. 1454 c.c., comma 2; bb) la diffida ad adempiere riveste la funzione di rimettere in termini il debitore inadempiente sino alla data assegnata con la diffida medesima, pena lo scioglimento di diritto del rapporto". Rileva, quindi, la ricorrente che: "la diffida del 6.11.2000 è del tutto coerente con gli usi correnti e con le prescrizioni dell'art. 5 del preliminare ... in quanto il sig. F., come si riconosce in sentenza, fu infruttuosamente "invitato scegliere la data ed il notaio", all'evidenza per la stipula del definitivo e non certo per altri inimmaginabili incombenti; la diffida notificata il 30.1.2001, contiene, nella constatata inottemperanza del sig. F. alla precedente richiesta del 6.11.2000, la designazione ... del notaio P. e l'indicazione dello studio in Ostia Lido nonchè del giorno e dell'ora in cui gli stipulanti sarebbero dovuti comparire". Osserva la ricorrente che "... qualora ad avvalersi della diffida sia il promettente venditore, l'unico onere cui deve adempiere l'intimante è quello di fissare il termine entro il quale l'altra parte dovrà adempiere se non vorrà vedere risolto ope iuris il contratto e, pertanto, la diffida che contiene il termine per l'adempimento è valida benchè sprovvista, sia dell'indicazione delle circostanze di tempo e di luogo della stipula, sia dell'indicazione del notaio rogante, scelta questa che normalmente spetta al promissorio acquirente" (Cass. civ., sez. 2^, 9 settembre 1998, n. 8910, in Giur. R. 1999, 1^, 1, 946). Osserva ancora che "è semplicemente inesplicabile l'errore in cui è incorsa la Corte territoriale, là dove, pur dando atto della notifica della diffida in data 31 gennaio 2001 (in realtà, 30.1.2001), contenente la convocazione del sig. F. avanti al notaio P. per la data del 6 marzo 2001, ha ritenuto il termine ingiustificatamente inferiore ai quindici giorni all'uopo prescritti. Si è di fronte ad uno spropositato e macroscopico errore di calcolo, giacche, comunque si voglia calcolare il dies a quo (dal giorno del deposito presso la Casa comunale; dal giorno della spedizione della R.A.R; dal giorno di compimento della giacenza - 10.2.2001 - del plico presso l'Ufficio postale), rispetto alla data di convocazione del 6.3.2001, il termine di quindici giorni è ampiamente ed esaurientemente rispettato. D'altronde, ... il sig. F., nel formulare la domanda riconvenzionale ... nulla ha eccepito o dedotto ... in ordine alla ipotizzata inosservanza del termine minimo di quindici giorni, che, incorrendo, dunque, anche nel vizio di extrapetizione, ha erroneamente enunciato la Corte d'Appello".
Osserva, infine, la ricorrente che "di significato criptico, nella sostanza e nei fini, e, comunque, contraddittoria con i precedenti postulati, e l'affermazione conclusiva dell'impugnata sentenza in ordine alla pretesa rimessione in termini del debitore inadempiente per effetto della diffida sino alla data assegnata con la diffida medesima, pena altrimenti lo scioglimento di diritto del contratto....la diffida ad adempiere, di cui all'art. 1454, esige la manifestazione univoca della volontà dell'intimante di ritenere risolto il contratto nel caso di mancato adempimento della controparte entro un certo termine". Ciò la ricorrente aveva fatto, posto che "con la lettera-diffida del 6.11.2000 il sig. F. fu invitato a scegliere la data ed il notaio (pag. 5 della sentenza impugnata) per la stipula del definitivo, mentre con la diffida notificata il 30.1.2001, in stretta aderenza alla prescrizione contrattuale (art. 5), che prevedeva l'impegno della parte promettente la vendita di comunicare alla parte promettente all'acquisto....la data del rogito, il sig. F. venne invitato a comparire avanti al notaio P. di Ostia Lido - nel giorno e nell'ora già più volte evocati - per il noto incombente. In definitiva, non si vede nè a norma di legge nè a termini di contratto nè, infine, in ottemperanza a canoni di buona fede contrattuale, quale beneficio di rimessione in termini possa mai essere attribuito al sig. F. e, per converso, quale censura possa mai muoversi alla sig.ra L., ormai fermamente intenzionata ad uscire da una deprecabile situazione di incertezza - voluta ed alimentata da una controparte in malafede - o addivenendo alla stipula del definitivo o conseguendo la risoluzione del contratto".

La ricorrente, in conclusione dell'esposizione del motivo e in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 366 bis c.p.c., formula i seguenti quesiti.
"Quesito n. 1. Dica la Suprema Corte di Cassazione se, all'infruttuosa richiesta del promettente venditore al promissario acquirente di designare, secondo gli usi, il notaio per la stipulazione del contratto definitivo di compravendita di un immobile ed alla successiva infruttuosa diffida, ex art. 1454 c.c., ad adempiere l'obbligo di stipulare il contratto, contenente il termine congruo a norma di legge (oltre quindici giorni), nonchè l'indicazione del notaio rogante e delle circostante di tempo e di luogo della stipula, consegua la risoluzione ipso iure del preliminare, secondo la manifestazione - ivi univocamente espressa - della volontà dell'intimante di ritenere risolto il contratto in caso di mancato adempimento della controparte.
Quesito n. 2. Dica la Suprema Corte di Cassazione se, in tema di diffida ad adempiere, di cui all'art. 1454 c.c., sulla parte intimante grava unicamente l'onere - ove ciò sia espressamente previsto dal contratto preliminare - di stabilire il giorno di stipulazione del contratto definitivo e di fissare il termine entro il quale l'altra parte dovrà adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione ope legis del contratto, ancorchè, a fronte di pregressa infruttuosa richiesta, l'intimante non abbia inteso ottemperare altresì ai doveri di collaborazione posti a suo carico da apposite pattuizioni ovvero derivanti dall'obbligo di comportarsi secondo buona fede nell'esecuzione del preliminare ed abbia, perciò, proceduto anche alla designazione del notaio rogante ed alla indicazione del tempo e del luogo della stipula.
Quesito n. 3. Dica la Suprema Corte di Cassazione se costituisca falsa valutazione di risultanze probatorie, travisamento di fatto su punto decisivo della controversia e vizio di extrapetizione l'affermazione secondo cui, in contrasto con gli elementi emergenti ex actis, con la diffida ad adempiere, di cui all'art. 1454 c.c., sia stato assegnato dall'intimante all'intimato un termine inferiore a quindici giorni, pur in assenza di deduzione, peraltro improponibile per difetto dei presupposti, da parte dell'intimato.
Quesito n. 4. Dica la Suprema Corte di Cassazione se, nella situazione di cui al quesito precedente, sia ammissibile la decisione della causa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, allorchè emerga ex actis che, con la diffida ad adempiere l'obbligo di stipulare il contratto definitivo di compravendita - rimasta infruttuosa e, perciò, inadempiuta - l'intimante abbia assegnato il termine di cui all'art. 1454 c.p.c., comma 2 - erroneamente calcolato dal giudice del merito - abbia indicato il nominativo del notaio rogante e le circostante di tempo e di luogo della stipula ed abbia manifestato la volontà di ritenere risolto il contratto in caso di mancato adempimento della controparte".

2. Col secondo motivo di ricorso si deduce: "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia, in relazione all'art. 1454 c.c. e art. 360 c.p.c., n. 5".
La ricorrente "per completezza" censura "la circostanza che la Corte d'Appello di Roma (oltrechè cadere nel ... errore di calcolo già in precedenza denunciato) è incorsa, con riguardo agli asseriti inadempimenti ascritti alla sig.ra L., in un evidente vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, in quanto, partendo da premesse, sia pur parzialmente fondate, è pervenuta ad un sillogismo giuridico chiaramente erroneo e contrastante coi principi di diritto in ordine ad un punto fondamentale della presente controversia, quali gli effetti di una diffida legittimamente intimata e contenente l'inequivoca manifestazione di volontà di conseguire la risoluzione del contratto nel caso di inadempimento dell'intimato".
Secondo la ricorrente "il giudice del gravame di merito ... pur ritenendo che la diffida ad adempiere riveste la funzione di rimettere in termini il debitore inadempiente fino alla data assegnata con la diffida medesima, pena altrimenti lo scioglimento di diritto del rapporto, ha concluso, con un evidente saltum logico e giuridico, ritenendo non ravvisabile il requisito del pregresso inadempimento e, quindi, insussistenti le condizioni per far luogo all'invocata risoluzione di diritto del rapporto in controversia....è certo che la diffida ad adempiere, se pone la parte inadempiente in grado di adempiere la sua obbligazione, non è però intesa alla proroga del termine contrattuale di adempimento, ed e un modo anch'esso, al pari della domanda giudiziale di risoluzione (anzi, più rapido), per giungere allo scioglimento del contratto, perchè se il termine concesso trascorre inutilmente ed il debitore inadempiente non faccia opposizione, il contratto s'intenderà automaticamente risolto". Osserva ancora la ricorrente che, "la facoltà dell'intimante consiste non solo nello scegliere a priori se effettuare o meno la diffida, ma anche nel rinunciare a posteriori al relativo effetto". La Corte territoriale ha errato nell'applicare le norme denunciate, "non risolvendo il problema dell'individuazione temporale degli effetti solutori, conseguenti al mancato adempimento, sicchè si è di fronte ad un iter argomentativo illogico, che non può sottrarsi alla doverosa ed ineludibile censura".

2. Il ricorso è fondato e va accolto con riguardo ai due motivi da trattarsi congiuntamente perchè strettamente tra loro connessi.
2.1 Occorre premettere che la Corte territoriale ha motivato la sua decisione come di seguito riportato. Quanto al pagamento degli acconti, la Corte territoriale ha rilevato che "la scrittura inter partes del 15 dicembre 1996, salvo che per la contestuale quietanza della caparra di L. 3.000.000, dovesse intendersi nel senso che il saldo del prezzo di L. 28.000.000 potesse essere corrisposto anche all'atto della conclusione del rogito definitivo, com'è dato argomentare dalla previsione che tali pagamenti avrebbero potuto precedere tale stipula solo nel caso, non verificatosi, di ulteriori accordi in tal senso". Ha quindi tratto la conclusione che "Se per un verso, quindi, e dato escludere che il F., possa comunque ritenersi inadempiente sotto il profilo del mancato pagamento del prezzo, ad analoga conclusione è dato pervenire anche con riferimento alla diffida, la cui inottemperanza viene peraltro addotta dalla L. quale ulteriore titolo giustificativo del rilascio, notificata il 31 gennaio 2001 al F. e nella quale, per l'appunto, il medesimo era stato convocato dinanzi al Notaio P. di Ostia, per la data del 6 marzo 2001. Infatti, anche a non tenere conto del dato che il termine così assegnato risulta ingiustificatamente inferiore ai quindici giorni all'uopo prescritti dall'art. 1454 c.c., comma 2 e da rammentare che la diffida ad adempiere riveste la funzione di rimettere in termini il debitore inadempiente sino alla data assegnata con la diffida medesima, pena altrimenti lo scioglimento di diritto del rapporto (Cass. 639/96;8910/98; 3742/06); come già s'è visto, invece, non e dato ravvisare il requisito del pregresso inadempimento in capo all'intimato, posto altresì che nemmeno con la lettera del 6 novembre 2000, tornata al mittente per compiuta giacenza, l'odierno appellante era stato convocato per la stipula definitiva, ma solo invitato a scegliere la data ed il notaio per il detto incombente".
2.2 - Occorre in primo luogo rilevare, sotto il profilo dell'ammissibilità, che le censure indicate al primo motivo cumulativamente (violazione di legge e vizio di motivazione) sono scindibili e che il momento di sintesi può essere sostanziato dal terzo quesito; mentre, quanto al secondo motivo, il momento di sintesi è rappresentato dalle considerazioni riepilogative esposte a pagina 21, dovendosi soltanto ulteriormente precisare che non viene in considerazione "l'omissione" di motivazione ma solo la sua "sufficienza e contraddittorietà" (vedi ricorso pagina 19).
2.3 Quanto al merito, occorre rilevare, in via generale, che per la stipula del contratto definitivo, ove non sia stato fissato un termine, ciascuno dei contraenti può pretendere che tale termine venga fissato immediatamente. Ma per realizzare l'interesse del promittente alienante (odierno ricorrente) alla stipula del definitivo, il promissario acquirente avrebbe dovuto comunicare la designazione del notaio di sua fiducia, così come previsto dall'articolo cinque del preliminare. Solo dopo detta designazione la parte promittente alienante avrebbe potuto fissare la data per la stipula del definitivo. Sennonchè, il promissario acquirente non ottemperò alla richiesta designazione del notaio e, a fortiori, alla sua comunicazione alla controparte. La missiva del 6 novembre 2000 non viene espressamente analizzata dal giudice distrettuale, che si limita ad affermare l'inesistenza dell'inadempimento dell'acquirente rispetto alla diffida ad adempiere notificatagli il 31 gennaio 2001, questo perchè, secondo il giudice distrettuale, con lettera del 6 novembre 2000 il promissario acquirente era stato "solo invitato a scegliere la data ed il notaio" per la stipula del definitivo (vedi pagina 5 dell'impugnata sentenza).
Occorre rilevare che proprio tale aspetto era disciplinato dal preliminare (scelta del notaio), e tale scelta era necessaria per potersi poi addivenire al definitivo. La diffida ad adempiere viene, sempre dal giudice distrettuale, ritenuta ininfluente per difetto del pregresso inadempimento del promissario acquirente, inadempimento che, come si è detto, andava invece verificato in relazione alla previsione di cui all'art. 5 del preliminare ed agli effetti della lettera del 6 novembre 2000, nonchè quanto alla conferenza o meno del termine assegnato, a dire il giudice distrettuale inferiore ai 15 giorni, senza però alcun chiarimento sul come sia stato calcolato detto intervallo temporale. Il giudice distrettuale, inoltre, non ha affrontato il problema se la diffida del 31 gennaio 2001 potesse contenere "anche" la designazione del notaio, operata in via "suppletiva" o, come afferma il primo giudice in via "opportuna e prudenziale", designazione del notaio, peraltro, da effettuarsi con riguardo al luogo di residenza del promissario acquirente per evitare aggravio di spese (vedi al riguardo Cass. 7127 del 1993).
3. La sentenza impugnata va, quindi, cassata per quanto su indicato e rinviata, per nuovo esame e per la regolazione delle spese dell'intero giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

PQM

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che deciderà anche sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014


 

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