LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo - Presidente -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
Dott. CRISTIANO Magda - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO ITIN ITALIMPRESE INDUSTRIE S.P.A. - ricorrente -
contro
SOCIETA' ITALIANA PER CONDOTTE D'ACQUA S.P.A. , già Ferrocemento Recchi S.p.a., IMPRESA PIZZAROTTI & C. S.P.A., C.C.P.I. CONSORZIO COOPERATIVO PRODUZIONE LAVORO SOC. COOP. A R.L., IMPREPAR IMPREGILO PARTECIPAZIONI S.P.A., AERIMPIANTI S.P.A., KONE S.P.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA BISSOLATI 7 6, presso l'avvocato PARVIS CARLO (C/O avv. TOSETTO WEIGMAN), che le rappresenta e difende unitamente all'avvocato PIACENTINI CLAUDIO, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1095/2010 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 12/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/02/2012 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito, per le controricorrenti, l'Avvocato Alessandra Giovannetti (con delega) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

L'ATI costituita da Recchi s.p.a. (poi divenuta Società Italiana per Condotte d'Acqua s.p.a.), C.C.P.L. - Consorzio Cooperative Produzione Lavoro coop., IMPREPAR-Impregilo Partecipazioni s.p.a., Impresa Pizzarotti & C. s.p.a., Kone s.p.a. ed ITIN-Italimprese Industrie s.p.a. si aggiudicò i lavori per la costruzione del secondo lotto del nuovo Palazzo di Giustizia di Torino. Le imprese conferirono mandato collettivo con rappresentanza alla Recchi s.p.a che, in qualità di mandataria, sottoscrisse il 14.5.91 il contratto d'appalto con la Servizi Tecnici s.p.a., delegata dall'amministrazione comunale. La disciplina dei rapporti interni fra le imprese fu affidata ad un regolamento sottoscritto il 10.2.92, contenente clausola arbitrale per arbitrato irrituale.
Nel corso dei lavori ad IT.IN. vennero imputati ritardi e inadempienze, sicchè, con delibera del 12.1.96, la sua quota di partecipazione all'ATI venne ridotta al valore simbolico dello 0,01% e non le fu più consentito di partecipare al cantiere. La società fu poi dichiarata fallita.
Il curatore del fallimento, nell'ottobre del 2001, attivò la clausola arbitrale prevista dal regolamento, proponendo quesiti attinenti all'estromissione della società dall'ATI e a conseguenti suoi crediti. Le altre imprese si costituirono eccependo l'inammissibilità del quesiti.
Il collegio arbitrale, con decisione del 28.10.03, accertata la natura irrituale dell'arbitrato e respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle imprese in bonis, dichiarò illegittima l'estromissione della IT.IN. e riconobbe alla società vari crediti, per spese, compensi e risarcimento danni.
Con citazione del 12.2.04 Società Italiana per Condotte d'Acqua s.p.a., IMPREPAR-Impregilo Partecipazioni s.p.a., C.C.P.L. Consorzio Cooperative Produzione Lavoro coop., Impresa Pizzarotti & C. s.p.a. e Kone s.p.a. convennero in giudizio il Fallimento IT.IN per sentir accertare l'inoperatività della clausola arbitrale, e la conseguente carenza di potere degli arbitri ad emettere il lodo, attesa la qualità di terzo del curatore rispetto al rapporto sostanziale cui la clausola accedeva, che si era sciolto per effetto della dichiarazione di fallimento.
Il Tribunale respinse le domande, ma la Corte d'appello di Torino, adita dalle imprese soccombenti, con sentenza del 12.7.2010, in riforma della decisione di primo grado, ritenne inoperante la clausola arbitrale e dichiarò la nullità del lodo. La Corte del merito - premesso che in sede di impugnazione del lodo arbitrale irrituale sono senz'altro ammissibili le contestazioni che involgono le valutazioni espresse dagli arbitri in ordine alla validità ed efficacia della clausola compromissoria, perchè attraverso tali censure la parte contesta l'esistenza del potere degli arbitri di svolgere l'attività negoziale che è stata loro demandata - osservò che il primo giudice, dopo aver correttamente individuato i limiti del giudizio di impugnazione dei lodo irrituale, aveva indebitamente ritenuto sottratte al suo vaglio le questioni riguardanti la clausola compromissoria, dalla cui soluzione dipendeva la verifica dei poteri esercitati dagli arbitri.
Rilevò quindi che nessuno degli argomenti in base al quale gli arbitri avevano ritenuto efficace la clausola compromissoria, nonostante il fallimento dell'IT.IN., era condivisibile: non quello del carattere autonomo di tale clausola rispetto al contratto in cui era inserita, fondato sull'art. 808 c.p.c., perchè nella specie occorreva accertare non se essa fosse ancora operante fra le parti che l'avevano sottoscritta, ma se potesse essere azionata da un soggetto terzo quale il curatore; e neppure quello fondato sulle pronunce della S.C. secondo cui il compromesso e la clausola compromissoria non si sciolgono in caso di fallimento di una della parti, tutte emesse in fattispecie, diverse da quella in esame, in cui o il curatore era subentrato nel contratto contenente l'accordo compromissorio o la sentenza dichiarativa era intervenuta dopo l'introduzione del giudizio arbitrale. Affermò, infine, che con la dichiarazione di fallimento si era sciolto il contratto di appalto stipulato da IT.IN. con la Servizi Tecnici per il tramite dell'impresa mandatala e che era venuto meno anche il vincolo associativo che legava la società all'ATI e che era disciplinato dal regolamento contenente la clausola arbitrale, con la conseguenza che tale clausola non poteva ritenersi efficace nei confronti di un soggetto terzo rispetto ad essa, quale andava considerato il curatore del Fallimento.
La sentenza è stata impugnata dal Fallimento della IT.IN. s.p.a. con ricorso affidato a tre motivi ed illustrato da memoria, cui le controparti hanno resistito con unico controricorso, anch'esso illustrato da memoria.

Motivazione

1) Con il primo motivo, il Fallimento, denunciando violazione degli artt. 807, 827, 828 ed 829 c.p.c., lamenta che la Corte territoriale abbia respinto l'eccezione di inammissibilità e/o di improcedibilità del giudizio di impugnazione del lodo, in tal modo disapplicando la giurisprudenza di questa Corte, che ha costantemente affermato che il lodo irrituale è impugnabile solo per i vizi che possono vulnerare la manifestazione di volontà degli arbitri, ma non per errore di diritto.
Il motivo è infondato.
Il principio giurisprudenziale richiamato dal ricorrente attiene al merito della decisione degli arbitri irrituali, ma non anche alle questioni pregiudiziali che riguardano l'operatività fra le parti della clausola compromissoria.
Il patto compromissorio libero, infatti, non demanda agli arbitri l'esercizio di una funzione giurisdizionale, ma conferisce loro un mandato per l'espletamento di un'attività negoziale; e, poichè il potere degli arbitri di dare esecuzione al mandato presuppone la validità e l'efficacia dell'atto di conferimento, la cognizione in ordine alla ricorrenza di tale presupposto non può spettare a costoro, ma permane in capo al giudice ordinario (Cass. n. 15753/01).

2) Con il secondo motivo il Fallimento, denunciando vizio di omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, sostiene che la Corte territoriale non ha valutato quali fossero gli effetti della dichiarazione di fallimento sul rapporto derivante dall'accordo compromissorio anteriormente stipulato, disattendendo il consolidato principio secondo cui il compromesso per arbitrato, anche irrituale - costituendo atto negoziale riconducibile all'istituto del mandato collettivo e di quello conferito anche nell'interesse di terzi - non si scioglie per il fallimento di una delle parti, con conseguente efficacia ed opponibilità del lodo nei confronti della curatela.
Rileva, ancora, che il giudice del merito, dopo aver riconosciuto che la clausola compromissoria è efficace nei confronti del fallimento subentrato nel contratto al quale essa accede, ha poi contraddittoriamente omesso di considerare l'incidenza del principio giuridico dell'ultrattività, rispetto alla dichiarazione di fallimento del mandante, del mandato collettivo conferito anche nell'interesse di quest'ultimo. Il motivo va dichiarato inammissibile.
A parte il rilievo (già di per sè dirimente) della palesemente errata qualificazione del motivo ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, laddove ciò che si imputa al giudice del merito non è di aver omesso di valutare (o di aver malamente valutato) circostanze di fatto decisive, ma di aver violato norme e principi di diritto, la questione illustrata nella censura è totalmente estranea al thema decidendum, posto che alla data di dichiarazione di fallimento della IT.IN. il mandato collettivo per arbitrato irrituale non era stato ancora conferito. Pertanto, quel che occorreva stabilire non era se nella specie operasse o meno la L. Fall., art. 78, ma se il Fallimento fosse subentrato alla società fallita nel diritto (contemplato dalla clausola compromissoria) di conferire detto mandato agli arbitri: ciò che, per l'appunto, la Corte territoriale ha escluso, sul rilievo della qualità di terzo del curatore rispetto al patto compromissorio, atteso l'avvenuto scioglimento, per effetto del fallimento, del contratto d'appalto stipulato da IT.IN. con la Servizi Tecnici per il tramite della mandataria Recchi s.p.a., e del conseguente venir meno (anche a termini del regolamento che disciplinava i rapporti interni fra le imprese partecipanti) del vincolo associativo che legava la fallita all'ATI.

3) Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 808 c.p.c. nonchè ulteriore vizio di omessa motivazione, il ricorrente sostiene che il giudice d'appello avrebbe errato nel ritenere che il Fallimento non fosse subentrato nei rapporti negoziali in relazione ai quali era stato dettato il regolamento contenente la clausola compromissoria.
Rileva, sotto un primo profilo, che, ai sensi dell'art. 808 c.p.c., la clausola compromissoria ha una propria individualità, che la preserva dall'inefficacia, originaria o sopravvenuta, del negozio a cui accede, sicchè la sua validità deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce.
Sotto altro profilo, afferma che, nell'ipotesi di associazione temporanea d'imprese, il fallimento dell'impresa mandante non estingue automaticamente il rapporto di mandato, ai sensi della L. Fall., art. 78, e non fa venir meno i poteri rappresentativi che nei confronti di questa competono all'impresa capogruppo.
Anche questo motivo deve essere dichiarato inammissibile.
Quanto alla prima ragione di censura, va in primo luogo osservato che il principio dell'autonomia della clausola compromissoria rispetto al negozio di riferimento vale in relazione all'arbitrato rituale, ma non a quello irrituale. Quest'ultimo, infatti, integra la volontà delle parti, dando vita a un negozio di secondo grado, il quale trae la sua ragion d'essere dal negozio nel quale la clausola è inserita e non può sopravvivere alle cause di nullità che facciano venir meno la fonte stessa del potere degli arbitri (da ultimo, fra molte, Cass. n. 9230/08).
Il principio, peraltro, risulterebbe inutilmente invocato pur nel caso in cui lo si volesse ritenere applicabile anche alla clausola per arbitrato irrituale, posto che nella specie, non essendo stata mai posta in dubbio la validità e l'efficacia del regolamento sottoscritto dalle imprese partecipanti all'ATI, la questione dell'ultrattività del patto compromissorio rispetto a tale regolamento è priva di qualsivoglia attinenza alla decisione.
Ugualmente estranea al decisum è la questione illustrata nella seconda ragione di censura, non essendo in discussione la sopravvivenza del potere dell'impresa capogruppo di rappresentare la IT.IN. nei rapporti (necessariamente sorti in data anteriore al fallimento) fra questa e l'ente committente, bensì la prosecuzione del vincolo associativo che legava la società poi fallita all'ATI: e, sul punto, in base ad un accertamento in fatto che non è stato impugnato dal ricorrente, la Corte di merito ha rilevato che l'art. 10 del regolamento negoziale indicava espressamente, fra le situazioni che avrebbero determinato lo scioglimento del mandato per il verificarsi di una causa di estinzione, l'apertura della procedura concorsuale.
I motivi, in conclusione, non investono la motivazione sulla quale si fonda la sentenza impugnata. Non risulta, infatti, in alcun modo contestata l'affermazione della Corte torinese secondo cui, attesa la mancata successione del fallimento nei rapporti contrattuali un tempo facenti capo alla società, il curatore dovesse considerarsi soggetto terzo rispetto alla clausola compromissoria, ancorchè egli avesse azionato dinanzi agli arbitri pretese sorte in capo alla IT.IN. e non derivanti da fatti successivi allo scioglimento dei contratti.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Fallimento della IT.IN. - Italimprese Industrie s.p.a. al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2012


 

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