l'art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l'adozione di formule sacramentali, purchè la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni" /> l'art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l'adozione di formule sacramentali, purchè la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni." /> l'art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l'adozione di formule sacramentali, purchè la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni" />
 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello - Presidente -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. VALITUTTI Antonio - rel. Consigliere -
Dott. FERRO Massimo - Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8362/2010 proposto da:
D.V.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati SCOTTI GALLETTA MARCO, ANTONIO SCOTTI GALLETTA, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
V.A., G.V.;
- intimati -
Nonchè da:
V.A., G.V., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE FORNACI, 43, presso l'avvocato VINCENZO SCORSONE, rappresentati e difesi dagli avvocati MARICONDA STEFANO, GIUSEPPE IZZO, giusta mandato in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
D.V.D.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 236/2010 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato il 17 marzo 1992, D.V.D. - muovendo dal presupposto di essere creditore in via di regresso, ai sensi dell'art. 1954 c.c., nei confronti dei coniugi V. A. e di G.V., per avere provveduto a saldare per l'intero i debiti contratti dalla società LEN - Laboratori Elettronici Napoletani - s.r.l., della quale sia il ricorrente che i predetti coniugi erano fideiussori - chiedeva al Tribunale di Napoli emettersi sequestro conservativo sui beni del V. e della G., fino a concorrenza della somma di L. 1.000.000.000.
L'istanza cautelare veniva accolta dal Presidente del Tribunale di Napoli, con decreto del 17.3.1992, trascritto il 20.3.1992. Il successivo giudizio di convalida e di merito, proposto dal D.V. con atto di citazione notificato il 25 marzo 1992, si concludeva, peraltro, con la sentenza n. 1239/2006, depositata il 13 novembre 2006, con la quale il Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile la domanda dell'attore, revocava il sequestro conservativo e condannava il D.V. al pagamento delle spese di lite.

2. Avverso tale decisione quest'ultimo proponeva appello, che veniva parzialmente accolto dalla Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 236/2010, depositata il 22 gennaio 2010. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure accoglieva la domanda del D.V., proposta in primo grado come azione di regresso ex art. 1954 c.c., sub specie della diversa azione di surrogazione legale ex art. 1203 c.c., avendo il medesimo modificato in tal senso, nel giudizio di appello, la domanda originariamente proposta. La Corte limitava, tuttavia, la condanna a favore del D.V. al solo V., disattendendo, invece, la domanda proposta dall'appellante nei confronti della G..

3. Per la cassazione della sentenza n. 236/2010 ha, quindi, proposto ricorso D.V.D. nei confronti di V.A. e G.V., sulla base di tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. I resistenti hanno replicato con controricorso contenente, altresì, ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Motivazione

1. Con il primo motivo di ricorso, D.V.D. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1946 e 1203 c.c., nonchè l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia accolto solo in parte il gravame da lui proposto avverso la decisione di prime cure, accertando la surrogazione legale ex art. 1203 c.c., a suo favore - quale fideiussore per i debiti contratti dalla società LEN s.r.l. nei confronti di alcune banche, che egli aveva provveduto a saldare per l'intero - nei confronti del solo V.A., altro fideiussore di detta società, e non anche nei confronti della di lui moglie G.V., sebbene anche quest'ultima avesse prestato fideiussione a favore del medesimo debitore principale. La Corte territoriale avrebbe errato, a parere del ricorrente, nel ritenere carente la prova in ordine alla sussistenza di tale fideiussione ed alla piena consapevolezza, in capo alla G., di prestare una garanzia unitamente ad altri soggetti (il D.V. ed il V.) e nell'interesse comune di tutti i garanti. Ed invero, pur in difetto di una prova scritta del contratto in questione, la prestazione della garanzia da parte di G.V. e la sussistenza di un interesse comune a tutti i fideiussori della medesima società (debitrice principale), del quale la medesima sarebbe stata consapevole, sarebbero stati comprovati dalla documentazione versata in atti e della deposizioni dei testi escussi in prime cure.

1.2. Il motivo è fondato.

1.2.1. E' evidente, infatti, che il ricorrente - pur censurando formalmente il mancato riconoscimento, da parte del giudice di appello, della surrogazione legale anche nei confronti della G., ai sensi dell'art. 1203 c.c., - si duole, sostanzialmente, del fatto che la Corte territoriale non abbia ravvisato, nel rapporto tra i tre soggetti garanti della LEN s.r.l., una confideiussione ex art. 1946 c.c., con conseguente diritto del D.V. al regresso ex art. 1954 c.c., anche nei confronti della G.. Tanto si evince inequivocabilmente, sia dal fatto che il ricorrente ha invocato a suo favore l'accertamento operato da questa Corte con la sentenza n. 3908/2010, emessa in un diverso giudizio tra le stesse parti, circa la sussistenza di una confideiussione tra il D.V., il V. e la G., in relazione ai debiti contratti dalla LEN s.r.l. nei confronti delle banche, sia - e soprattutto - dal fatto che il medesimo ha particolarmente insistito, nel motivo in esame, nel dedurre la sussistenza di un "interesse comune" tra tutti i predetti soggetti. Siffatto interesse costituirebbe, invero, il minimo comune denominatore dell'intera vicenda" e, quindi, sarebbe tale da consentire di configurare, nel caso di specie, una confideiussione ex art. 1946 c.c., dalla quale conseguirebbe il diritto del D.V., che aveva saldato i debiti bancari della LEN s.r.l., di ottenere dai confideiussori il rimborso della quota di loro pertinenza, ai sensi dell'art. 1954 c.c..

1.2.2. Premesso quanto precede, va osservato che l'istituto della "confideiussione" di cui all'art. 1946 c.c., è caratterizzato, nei suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente, anche se non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell'obbligazione nei rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, a norma dell'art. 1954 cod. civ., spetta a colui che ha pagato l'intero (cfr. Cass. 3575/1998; 8605/2004; 16561/2010; 18650/2011).

1.2.3. Ebbene, la sussistenza, nel caso concreto, di una fideiussione rilasciata dalla G. a favore della debitrice principale società LEN, nella piena consapevolezza di prestarla con altri soggetti, non può essere esclusa - come ha fatto la Corte di Appello (p. 10) - sulla base dell'assunto che "la prova dei contratti va fornita per iscritto". Ed infatti, ai sensi dell'art. 2725 c.c., un contratto deve essere provato per iscritto - con esclusione della prova per testimoni (fatta eccezione per il caso di cui all'art. 2724 c.c., n. 3) e per presunzioni - solo nei casi in cui tale forma sia prescritta dalla legge (come nei contratti di assicurazione e riassicurazione, agenzia, transazione, cessione di azienda, ecc), o sia stata stabilita dalle parti. Nell'ipotesi della fideiussione - non essendo stata neppure adombrata dalla Corte di Appello l'esistenza, nella specie, di una forma ad probationem convenzionale - va, per contro, rilevato che l'art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, deve essere interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l'adozione di formule sacramentali, purchè la volontà sia manifestata in modo inequivocabile; e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni (cfr. Cass. 150/1976; 11413/1992).

Nel caso concreto, la Corte territoriale - pur dando atto dell'esistenza di documentazione in atti dalla quale avrebbe potuto trarre elementi presuntivi, indicati della stessa sentenza (qualità di coniuge in comunione di beni dell'altro fideiussore V. A., qualità di soda della LEN, richiesta delle banche di escussione di tutte e tre le fideiussioni), in ordine alla sussistenza di una fideiussione da parte della G. e all'interesse comune agli altri garanti, che muoveva la medesima nel rilasciare la garanzia a favore della società LEN, elementi corroborati, altresì, dalle deposizioni testimoniali rese in tal senso - ha, per contro, respinto la censura del D.V., avverso la decisione di primo grado, ritenendo erroneamente siffatti elementi irrilevanti in mancanza della prova scritta della fideiussione (p. 10).

1.2.4. Il motivo in esame deve, di conseguenza, reputarsi fondato, sia il profilo della violazione delle disposizioni succitate, sia sotto il profilo del vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Dall'accoglimento del primo motivo di ricorso risultano assorbiti il secondo ed il terzo, con i quali - denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1946, 1203, 1298 e 2736 c.c., e art. 112 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione - il D.V. si duole della mancata ammissione del giuramento decisorio, volto a provare la sussistenza di una confideiussione tra i tre garanti, nonchè del fatto che la Corte di Appello abbia condannato il V. al rimborso, in favore del D.V., solo di un terzo della somma pagata da quest'ultimo alle banche, sebbene avesse escluso la sussistenza di una confideiussione tra tutti e tre t garanti della debitrice principale LEN s.r.l., dalla quale soltanto sarebbe potuta conseguire una divisione del debito in tre parti uguali.

3. Deve ritenersi assorbito dall'accoglimento del primo motivo del ricorso principale anche il ricorso incidentale, con il quale - denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1203, 1946 e 1954 c.c., e art. 112 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione - il V. e la G. si dolgono dell'extra petizione nella quale sarebbe incorsa la Corte territoriale, nel ritenere che non costituisca domanda nuova nel giudizio di appello la domanda di surrogazione legale proposta dal D.V., a fronte della domanda di regresso ex art. 1954 c.c., proposta dall'odierno ricorrente in prime cure, e lamentano la compensazione delle spese del giudizio effettuata nei confronti della G., sebbene la medesima fosse risultata totalmente vincitrice in primo ed in secondo grado.

4. L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, motivando adeguatamente in relazione alle singole questioni suindicate e facendo applicazione dei seguenti principi di diritto:

"l'istituto della "confideiussione" di cui all'art. 1946 c.c., è caratterizzato da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente, anche se non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell'obbligazione nei rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, a norma dell'art. 1954 c.c., spetta a colui che ha pagato l'intero; l'art. 1937 c.c., laddove prescrive che la volontà di prestare la fideiussione deve essere espressa, va interpretato nel senso che non è necessaria la forma scritta o l'adozione di formule sacramentali, purchè la volontà sia manifestata in modo inequivocabile, e la prova della sussistenza di detto elemento può, pertanto, essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge e quindi anche con presunzioni".

5. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbiti gli altri;
cassa l'impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio; dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 gennaio 2016.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2016


 

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