LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
ALPI ASSICURAZIONI S.P.A. IN L.C.A.- ricorrente -
contro
S.M., SE.MA., A.A., GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A.; - intimati -
avverso la sentenza n. 2198/2005 del TRIBUNALE di SALERNO, SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 28/12/2004, depositata il 06/07/2005, R.G.N. 1760/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;
udito l'Avvocato R. R.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per llaccoglimento.

Svolgimento del processo

Il tribunale di Salerno, con sentenza depositata il 6.7.2005, rigettava l'appello proposto da Alpi Assicurazioni s.p.a., in l.c.a. avverso la sentenza del giudice di pace di Salerno n. 2972/01, con cui detta assicuratrice era stata condannata in solido con la proprietaria dell'auto assicurata, S.M., al risarcimento dei danni in favore di A.A. e Se.Ma.
Riteneva il tribunale che sulla base dei testi escussi e del verbale dei Carabinieri emergeva che l'auto investitrice presentava un contrassegno assicurativo della s.p.a. Alpi Assicurazioni con validità per il periodo in cui si era verificato il sinistro; che il fatto che l'Alpi fosse in liquidazione coatta amministrativa poteva essere rilevante solo nel rapporto interno tra assicuratore ed assicurata; che la sentenza del tribunale di Salerno in danno di C.A. condannato per il reato di truffa per aver indotto in errore vari clienti della s.p.a. Alpi, incassando i premi riscossi e non versati alla s.p.a. Alpi, non era passata in giudicato e non era opponibile alle attrici. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a. Alpi Assicurazioni in l.c.a. Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Motivazione

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente s.p.a. Alpi Assicurazioni in l.c.a. lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 295 del 1978, art. 61, del D.Lgs. n. 175 del 1995, art. 69 e D.M. Ministro Industria 23 maggio 1994, n. 19820, artt. 1 e 2.
2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 200 e 206.
Assume la ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata non ha considerato che essa assicuratrice, essendo stata posta già prima della stipula del presunto contratto assicurativo in l.c.a. , era priva della capacità di contrarre con conseguente invalidità o nullità del contratto di assicurazione.
3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 990 del 1969, art. 18 non avendo il tribunale considerato che nella fattispecie non si verteva in ipotesi di inopponibilità al terzo danneggiato di eccezioni derivanti dal contratto, a norma dell'art. 18 cit., ma di ipotesi di nullità o inesistenza del contratto, come tale opponibile anche al terzo danneggiato.
4. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 654 c.p.p. per aver il tribunale ritenuto non opponibile alle attrici la sentenza del tribunale di Salerno che aveva condannato per truffa C.A., sedicente agente della s.p.a. Alpi, che consegnava certificati assicurativi e contrassegni contraffatti, intascando i premi.
5.1. I suddetti quattro motivi vanno esaminati congiuntamente, essendo strettamente connessi.
Essi sono infondati.
Le dette censure sostengono che la sentenza di appello non avrebbe dato adeguata rilevanza alla circostanza che il contratto assicurativo era nullo o addirittura inesistente, per impossibilità di essa ricorrente a contrarre e che tale vizio del preteso contratto era opponibile anche al terzo danneggiato. Sennonchè tali censure non sono conferenti con le argomentazioni su cui correttamente si fonda la sentenza.
Il tribunale, infatti, ha fondato la responsabilità della società assicuratrice sul fatto che l'auto investitrice esponeva un contrassegno assicurativo della s.p.a. Alpi, relativa al periodo assicurativo comprensivo del giorno del sinistro; che tanto era sufficiente a fondare la responsabilità dell'assicuratrice a norma della L. n. 990 del 1969 nell'ambito dell'azione diretta.
Correttamente, quindi, la responsabilità è stata fondata non sul contratto assicurativo, ma sul rilascio del certificato e del contrassegno assicurativo, per cui le censure che investono il contratto e la ritenuta nullità dello stesso, sono completamente inconferenti.
5.2. Osserva questa Corte che il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell'assicuratore della r.c.a. vincola quest'ultimo a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo quand'anche il premio assicurativo non sia stato pagato, ovvero il contratto di assicurazione non sia efficace, giacchè nei confronti del danneggiato quel che rileva ai fini della promovibilità dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile è l'autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo. Il medesimo principio non trova, invece, applicazione nei rapporti tra l'assicuratore del responsabile e gli altri assicuratori che, risarcita la vittima, intendano agire in regresso o surrogazione nei confronti di quello, poichee rispetto a questi ultimi non sussiste alcuna necessità di tutela di un legittimo affidamento.
5.2. Per quanto la sentenza non vi abbia fatto esplicito riferimento, essa ha applicato la disciplina di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 7 (attuale D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 27). In forza del combinato disposto della L. n. 990 del 1069, art. 7 e dell'art. 1901 cod. civ., infatti, in presenza di un certificato assicurativo e del relativo contrassegno, l'assicuratore risponde nei confronti del terzo danneggiato nei limiti del massimale, quando il sinistro sia avvenuto entro il periodo di scadenza o il termine di tolleranza di cui all'art. 1901 c.c., anche se non sia stato pagato il nuovo premio, dal momento che non è la validità del rapporto assicurativo che rileva nei confronti dei terzi ma solo l'autenticità del contrassegno. Infatti la funzione dell'apposizione del contrassegno all'auto, ha esclusivamente una funzione "comunicativa" per determinati soggetti (segnatamente i terzi danneggiati e gli organi accertatori del traffico) della esistenza di una copertura assicurativa. In altri termini, con la esposizione del contrassegno il soggetto assicurato comunica ai predetti soggetti che sussiste la copertura assicurativa del veicolo.
Ciò comporta da una parte che il terzo danneggiato non è tenuto ad effettuare accertamenti se il contratto in questione sia stato effettivamente stipulato ovvero siano stati rilasciati solo il certificato ed il contrassegno.
Egli, infatti, può fare ragionevole affidamento sulla "comunicazione" che gli perviene dall'esposizione del contrassegno, che, come detto, è una comunicazione di sussistenza della copertura assicurativa, per i 15 giorni successivi alla scadenza.
6.1. Infatti il contrassegno, nell'ottica della L. n. 990 del 1969, art. 18 (attuale D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 127), costituisce un documento, contenente anche esso la firma dell'assicuratore, che indica l'anno, il mese ed il giorno di scadenza dal periodo assicurativo, per cui è valido il certificato.
Esso, quindi, prova (almeno fino a prova contraria) l'esistenza di un certificato assicurativo avente eguale scadenza e proveniente dallo stesso assicuratore.
Ne consegue che, indipendentemente dal valore probatorio che contrassegno e certificato possono avere tra le parti del contratto di assicurazione (su cui vi è contrasto giurisprudenziale), certamente contrassegno e certificato nei confronti dei terzi danneggiati costituiscono prova documentale del contratto di assicurazione, con riguardo alle parti di essa, che espressamente riproducono (segnatamente il nominativo dell'assicuratore e la scadenza del periodo assicurativo). Ne consegue che il terzo danneggiato che inoltri la sua richiesta di risarcimento per r.c.a.
all'assicuratore, che risulti dal contrassegno (e quindi dal certificato), e che proponga poi contro lo stesso azione diretta, ha agito nei confronti di un soggetto che è tenuto al risarcimento, in presenza di un certificato assicurativo e del relativo contrassegno, infatti, l'assicuratore risponde sempre nei confronti del danneggiato per il sinistro verificatosi entro il periodo di scadenza o il termine di tolleranza di cui all'art. 1901 c.c., comma 2, anche nel caso in cui non corrisponda allo stesso un valido rapporto assicurativo, ad esempio perchè il certificato ed il contrassegno sono stati emessi per errore (Cass. 5.5.1980, n. 2940) o perchè sono stati rilasciati da un agente, il cui rapporto con la compagnia assicuratrice sia cessato (Cass. 5.8.1981, n. 4886) o perchè il contratto si è sciolto per qualsiasi causa.
In questo caso rimane salva l'azione di rivalsa dell'assicuratore nei confronti del proprio assicurato.

6.2. Qui non viene mutata la natura dell'azione diretta, quale è stata fissata dalla dottrina maggioritaria e dalla giurisprudenza predominante a seguito della sentenza delle S.U. 19.7.1983, n. 52189.
Mentre l'obbligazione del danneggiante verso il danneggiato deriva dal fatto illecito, quella dell'assicuratore deriva da una complessa fattispecie alla cui integrazione concorrono l'illecito.
Il contratto di assicurazione e la relazione diretta che la legge instaura tra il danneggiato e l'assicuratore, estendendo al primo gli effetti del contratto.
Ciò che rileva, quindi, nell'ambito della fattispecie complessa in questione è il contratto di assicurazione (sia pure con tutte le limitazioni delle eccezioni opponibili al danneggiato, fissate dall'art. 18, comma 2).
Ciò che preme mettere in rilievo è che il legislatore, parlando di azione diretta, ha inteso riferirsi ad azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore e che va differenziato il rapporto assicurativo esterno, fra assicuratore e danneggiato, da quello interno tra assicuratore ed assicurato; nel primo il contratto va considerato come fatto giuridico la cui semplice esistenza legittima il danneggiato a richiedere il risarcimento direttamente all'assicuratore, senza che questi possa opporgli le eccezioni contrattuali; nel secondo il contratto viene a rilevare come negozio giuridico, nel quale attraverso le azioni di rivalsa si ricostituisce il sinallagma contrattuale.
Nè, per effetto dell'art. 7 in questione, al contratto è sostituito il certificato di assicurazione (ed il contrassegno). Il contrassegno ed il certificato di assicurazione operano solo nell'interesse ed a tutela del danneggiato, il quale essendo terzo rispetto al contratto assicurativo ed ignorando il contenuto e la portata del rapporto assicurativo deve poter fare affidamento sulle indicazioni del certificato di assicurazione (Cass. 11.11.1995, n. 11723; Cass. 4.5.1993, n. 5834).
6.3. In altri termini la disciplina della L. n. 990 del 1969, art. 7 introduce un'ipotesi di tutela dell'affidamento espressamente regolata dalla legge.
Osserva preliminarmente questa Corte che l'apparenza del diritto, al di fuori dei casi particolari della tutela dell'affidamento da essa suscitato previsti dalla legge (art. 534 c.c., commi 3 e 4, artt. 1189, 1415, 1416 c.c.), non integra un istituto di carattere generale con connotazioni definite e precise, ma opera nell'ambito dei singoli rapporti giuridici secondo il vario grado di tolleranza di questi in ordine alla prevalenza dello schema apparente su quello reale. In generale perchè possa invocarsi utilmente il principio dell'apparenza del diritto occorre che coesistano due elementi: uno relativo al soggetto che ha fatto affidamento su tale apparenza (il terzo) e l'altro relativo al soggetto che gli effetti di tale apparenza subisce, per effetto di un suo comportamento colpevole (Cass. 28/08/2007, n. 18191; Cass. 19.9.1995, n. 9902; Cass. 24/10/2008, n. 25735).
Lì dove la legge espressamente individua la fattispecie che da luogo ad un'apparenza del diritto ed ad una tutela dell'affidamento del terzo che versi in quella fattispecie, non può il giudice di merito ritenere colpevole il comportamento del terzo, per effetto di un comportamento dello stesso non previsto nel paradigma normativo, senza violare la norma, che regola la fattispecie.
6.4. la L. n. 990 del 1969, art. 7 denota appunto un'ipotesi in cui la responsabilità per l'assicuratore sorge sulla base del solo rilascio del certificato e del contrassegno assicurativi, abbiano o meno a fronte un contratto assicurativo.
6.5. Ciò è tanto vero che è stato ritenuto esattamente che, mentre nei confronti del terzo danneggiato il rilascio del certificato assicurativo impegna inderogabilmente l'assicurato per il periodo riportato nel certificato stesso e nei rapporti tra assicurato ed assicuratore, l'erroneo rilascio del certificato assicurativo, per mancato pagamento del premio, spiega il rilievo contrattuale, per cui in caso di mancato pagamento della prima rata l'assicuratore avrà diritto di rivalsa nei confronti dell'assicurato (Cass. 27.10.1992, n. 11694).
6.6. Non è infatti la validità del rapporto assicurativo che rileva nei confronti del danneggiato, ma solo l'autenticità e quindi la provenienza del certificato e del contrassegno, per cui solo il certificato ed il contrassegno falsificati, costituendo una mera apparenza e non provenendo dall'assicuratore, non espongono lo stesso ad alcuna responsabilità.
Anche in questo caso va tuttavia ricordato che la L. n. 990 del 1969, art. 7 mira a tutelare l'affidamento del danneggiato e quindi copre anche l'ipotesi dell'apparenza del diritto. Ciò comporta che, perchee non sussista la responsabilità dell'assicuratore pur in presenza di un certificato e contrassegno assicurativo falsificati o contraffatti, occorre che risulti provato che non sussisteva l'apparenza del diritto e che cioè llassicuratore non aveva tenuto alcun comportamento colposo tale da ingenerare l'affidamento erroneo in questione.
Tale situazione si verifica allorchè il certificato ed il contrassegno provengono pur sempre dall'assicuratore, per quanto abusivamente riempiti dall'agente, ovvero da un soggetto che era stato agente dell'assicuratore e che in tale qualità li aveva acquisiti, per quanto poi li abbia compilati a rapporto cessato, in assenza di un'attività diligente dell'assicuratore di pubblicizzare la cessazione del rapporto con llagente e di recuperare i moduli in bianco dei contrassegni e certificati già consegnati.
7.1. Ciò comporta che nella fattispecie è infondato anche il quarto motivo di ricorso.
Infatti correttamente la sentenza impugnata ha osservato che la sentenza del tribunale di Salerno non faceva stato ex art. 654 c.p.c. nei confronti delle attrici, sia perchè all'epoca non irrevocabile, sia perchè queste danneggiate dall'incidente stradale non risultavano parti civili nel diverso procedimento penale per truffa a carico di C.A..
In ogni caso, a parte il rilievo che la ricorrente assume che con detta sentenza il C. fu ritenuto colpevole non solo del reato di truffa nei confronti degli assicurati, con la contraffazione di certificati di polizza e contrassegni, ma non anche di quello di sottrazione o stampa di modelli di certificati e contrassegni, va, in ogni caso rilevato, che la ricorrente non riporta nella ricorso, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza dello stesso, il contenuto della sentenza.
7.2. Infatti in presenza di una situazione di tutela dell'affidamento del danneggiato sulla copertura assicurativa (anche eventualmente apparente), quale è quella di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 7 competeva all'assicuratore non solo provare che il contrassegno ed il certificato assicurativo erano contraffatti nei dati, poichè non aveva a monte alcun contratto assicurativo, ma anche che nessun comportamento colpevole poteva a lui ascriversi, poichè i modelli dei certificati ed i contrassegni erano stati autonomamente acquisiti o stampati dal sedicente agente e che questi non aveva avuto pregressi rapporti, con la s.p.a. Alpi Assicurazioni, nell'ambito dei quali aveva ottenuto tali modelli, senza che poi la società ne avesse curato la restituzione e senza che prendesse gli opportuni accorgimenti perchè fossero evitate truffe di tal fatta.
8. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2700 c.c. per avere la sentenza impugnata ritenuto che il contrassegno assicurativo fosse valido dal 15.3.1995 al 15.9.1995 sulla base dell'accertamento effettuato dai verbalizzanti, mentre tale giudizio di validità atteneva ad apprezzamenti personali degli agenti accertatori e quindi era privo di fede privilegiata a norma dell'art. 2700 c.c..
9. Il motivo è infondato.
Infatti, interpretando correttamente la sentenza impugnata, emerge con chiarezza che il giudice di appello, allorchè ha ritenuto che gli agenti avevano accertato "la validità del contratto dal 15.3.1995 al 15.9.1995", si è riferito chiaramente non alla validità giuridica dello stesso, ma al fatto che sul contrassegno e sul certificato erano indicate le suddette due date come periodo di copertura assicurativa.
10. Infondato è anche llultimo motivo di ricorso, con cui la ricorrente lamenta che il giudice di appello non ha tenuto presente la dichiarazione del commissario liquidatore contenuta in una lettera del 10.10.1998, che dava atto dell'inesistenza del contratto in questione.
Una volta ritenuto, come sopra detto, che la responsabilità dell'assicuratore si fonda, a norma della L. n. 990 del 1969, art. 7 sull'affidamento del terzo danneggiato nella copertura assicurativa emergente dal contrassegno, non è assolutamente decisivo il punto che a fronte dello stesso contrassegno non esisteva alcun contratto.
11. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese di questo giudizio di cassazione.

PQM

Rigetta il ricorso, Nulla per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2010


 

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