IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Commissione Tributaria Regionale per la LOMBARDIA Sezione 26, riunita in udienza il 14/09/2021
alle ore 09:30 con la seguente composizione collegiale:
DI GAETANO LORENZO, Presidente
ARCIERI DONATO, Relatore
BUCCARO ALFREDO, Giudice
in data 14/09/2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sull'appello n. 1827/2020 depositato il 04/05/2020
proposto da
Ag. Entrate Direzione Provinciale Brescia - Via Marsala, 29 25122 Brescia BS
elettivamente domiciliato presso dp.brescia@pce.agenziaentrate.it
contro

Difeso da
Italo Moreschi - MRSTLI81S08B149Z
ed elettivamente domiciliato presso italo.moreschi@brescia.pecavvocati.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
- pronuncia sentenza n. 60/2019 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale BRESCIA sez. 2 e
pubblicata il 05/07/2018
- AVVISO DI ACCERTAMENTO n. T9H01C102276-2017 IRPEF-ALTRO 2007
a seguito di discussione in pubblica udienza
Richieste delle parti:
Ricorrente/Appellante: Voglia l'On. Commissione Tributaria Regionale di Milano - Se.z Staccata di Brescia
in accoglimento del presente appello, riformare l’impugnata sentenza e, per l’effetto, confermare
integralmente l’avviso di accertamento impugnato in primo grado; con vittoria di spese di entrambi i gradi di
giudizio.
Resistente/Appellato: In via preliminare, accertata e rilevata la tardività dall’instaurazione del procedimento
di appello da parte dell’odierna parte ricorrente appellante in quanto promosso oltre il termine di cui all’art.
327 c.p.c., dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione promossa da parte di Agenzie delle Entrate –
Direzione Provinciale di Brescia, e per l’effetto dichiarare definitiva la sentenza di primo grado;
In via principale e nel merito, rigettare l’appello promosso da Agenzie delle Entrate – Direzione Provinciale di Brescia, e respingersi le richieste tutte formulate dalla ricorrente appellante in quanto assolutamente infondate in fatto e in diritto per i motivi meglio esposti in narrativa, e per l’effetto confermarsi integralmente la sentenza di primo grado.
In ogni caso con vittoria di spese, diritti e onorari di entrambi i gradi di giudizio, di cui si chiede la distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore costituito che si dichiara antistatario.

Svolgimento del processo

In data 20/09/2017 l’odierno contribuente, sig. R, riceveva notifica dell’avviso di accertamento in contestazione in qualità di unico erede della Sig.ra D, sua coniuge, deceduta nell’anno 2012.
L’accertamento riguarda maggiori redditi per l’anno d’imposta 2007. L’Agenzia delle Entrate ha accertato maggiori redditi di capitale per € 5.717,00 di cui all’art 45 DPR 917/86 e maggiori redditi diversi per € 192.915,00 di cui all’art 67 lett. l) DPR 917/86 e derivante dal premio versato dalla Signra D alla
sottoscrizione nell’anno 2007 della Polizza n. 111PTF805552 presso Credit Suisse.

L’accertamento scaturisce da controllo sulla correttezza degli adempimenti dichiarativi in seguito ad attività di indagine della GdF, la quale nella succursale italiana della società Credit Suisse Life & Pensione Aktiengesellschaft ha rinvenuto documentazione di natura extracontabile formalmente con denominazione polizze assicurative, ma effettivamente riconducibile ad attività finanziaria occulta in paesi a fiscalità privilegiata con sottrazione delle somme alla tassazione nazionale e comunitaria oltre a violazione di quanto disposto dal DL 167/90 in seguito a mancata denuncia della polizza.

L’Agenzia inviata invito a comparire per chiarimenti all’odierno contribuente, in seguito al decesso della Sign. ra D, il quale tuttavia asseriva di non essere a conoscenza della Polizza in oggetto. Visto l’esito negativo della procedura di adesione, il Sig. R proponeva ricorso all’avviso di accertamento presso la CT competente demandando, in via preliminare, la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’atto impugnato e, nel merito, la nullità e/o annullabilità totale e/o illegittimità e/o in ogni caso infondatezza dell’avviso impugnato ed, infine, in via subordinata, la riduzione della pretesa impositiva della minore somma accertata in corso di causa. A sostegno delle proprie richieste parte ricorrente eccepiva:
1- assenza di prova in ordine all’esistenza della polizza,
2- mancata conoscenza del rapporto finanziario, nonostante il legame matrimoniale tra i due soggetti, 3- decadenza dell’Ufficio per decorrenza del termine
di cui all’art 43 DPR 600/73 anche in ipotesi di omessa presentazione della denuncia che comporta l’allungamento della scadenza di un anno, 4- arbitraria e infondata applicazione del raddoppio dei termini di cui all’art 12 commi 2 e 2-bis DL 78/2009, con inammissibile applicazione retroattiva della norma.
Si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, difendendo la legittimità e fondatezza del proprio operato.

La CTP di Brescia, con sentenza depositata il 24 gennaio 2019, accoglieva il ricorso e annullava l’avviso di accertamento impugnato, compensando le spese di giudizio. I giudici di primo grado hanno ritenuto che l’avviso di accertamento fosse stato notificato all’odierno contribuente fuori termine, stante la non applicabilità dell’istituto del raddoppio dei termini.

Propone appello l’Agenzia eccependo: 1- violazione e falsa applicazione dell’art 12 commi 2 e 2-bis DL 78/2009 nonché dell’art 3 L 212/2000, 2- onere della prova in capo al contribuente circa la presunta sottrazione dei redditi alla tassazione nazionale, 3- violazione e falsa applicazione dell’art 112 cpc e vizio di omessa pronuncia circa l’originaria censura di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento. Conclude per l’accoglimento del proprio appello, con vittoria di spese. Allega all’atto istanza di trattazione in pubblica udienza.
Si costituisce in giudizio anche parte contribuente la quale replica alle doglianze dell’Ufficio sostenendo l’inammissibilità e/o decadenza dell’appello promosso da parte dell’Ufficio, l’infondatezza nel merito del gravame promosso sia in relazione al raddoppio dei termini sia sull’inversione dell’onere della prova che sul vizio di pronuncia della sentenza impugnata. Chiede, in via preliminare, l’accertamento della tardività dell’appello promosso dall’Ufficio e, in via principale, il rigetto dei motivi di appello e la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese di cui si chiede la distrazione ex art 93 c.p.c.
Entrambe le parti depositano memorie difensive in ulteriore conferma delle proprie tesi difensive.

Motivazione

La Commissione, presa visione della documentazione in atti, respinge l’appello dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Brescia e, per effetto, conferma la sentenza di primo grado.

In via preliminare, si dichiara l’inammissibilità dell’appello per tardività dello stesso. L’art 327 c.p.c., applicabile anche al giudizio tributario, sancisce che “Indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”. Nel caso di specie, la sentenza è stata depositata
dalla CTP di Brescia in data 24 gennaio 2019 e quindi il termine ultimo perentorio per proporre appello
avverso tale sentenza risultava essere il giorno 24 luglio 2019, come correttamente rilevato da parte
contribuente.

Fatta tale considerazione preliminare, l’appello dell’Agenzia delle Entrate risulta altresì infondato nel merito.
In relazione alla primo motivo di appello si rileva che la disposizione normativa di cui all’art. 12 D.L. 78/2009, comma 2, avente natura sostanziale e non procedimentale come affermato dall’Ordinanza n. 2662 del 02 febbraio 2018 della Suprema Corte di Cassazione, dispone che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute in Paesi considerati a fiscalità agevolata, in relazione ai quali sono stati violati gli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, si presumono costituite, salva la prova contraria che incombe sul contribuente, mediante redditi sottratti a tassazione.
Il predetto comma, quindi, stabilisce i presupposti per cui l’Ufficio potrà in seguito applicare le disposizioni di cui al comma 2-bis dell’art 12, che consente il raddoppio dei termini per l’accertamento.
Tuttavia, la norma introdotta dal D.L. n. 78/2009 manca di qualsiasi indicazione espresso circa lo spettro temporale di applicazione. La locuzione di cui al comma 2 dell’art 12 “In deroga ad ogni vigente disposizione di legge” infatti non si riferisce infatti all’ambito di applicazione temporale della norma, bensì al fatto che viene introdotta, appunto in deroga ad ogni vigente disposizione, una presunzione legale secondo cui gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato siano costituite, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. Il legislatore, pertanto, nulla ha stabilito in termini di retroattività della disposizione normativa e nulla ha espressamente affermato circa
l’applicazione temporale della norma nella sua interezza, ivi compresa la proroga dei termini ordinari di accertamento prevista ex comma 2-bis e 2-ter.
L’impossibilità di un’applicazione retroattiva della citata norma e, cioè, l’impossibilità di ritenere applicabile la disposizione normativa tributaria a periodi d’imposta precedenti rispetto a quello di entrata in vigore della disposizione stessa discende direttamente dal contenuto dell’art 3 dello Statuto del Contribuente il quale ha introdotto nell’ordinamento tributario principi generali applicativi degli artt. 3, 23, 53 e 97 della Cost. e ha
posto a garanzia del contribuente il principio di non retroattività delle norme tributarie, tenendo in giusta considerazione quanto stabilito dall’art 11 disp. Prel. C.c secondo cui “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” e alla luce anche del fondamentale principio di cui all’art. 25 Cost. a mente del quale “…nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.” Tale impostazione è altresì confermata dalla sentenza n. 25722/2009 della Suprema Corte di Cassazione.

A parere di questa Commissione, quindi, pare evidente che in assenza di una precisa disposizione derogatoria relativamente all’efficacia temporale della norma stessa, tale non possa essere applicata per i periodi d’imposta antecedenti a quello di entrata in vigore della legge, così come anche confermato e richiesto dallaSuprema Corte di Cassazione. nel testo del D.L. 78/2009 tale deroga espressa non è contenuta in nessun degli articoli e pertanto lo stesso risulta applicabile solo per i periodi d’imposta successivi al 2009, anno di entrata in vigore della norma.
Nel caso di specie, il periodo d’imposta accertato dall’Ufficio è il 2007 e quindi anteriore a quelli a cui risulterebbero esplicabili gli effetti del D.L. 78/2009. Ne deriva l’illegittimità e infondatezza dell’avviso di accertamento.
Stante la dichiarazione di infondatezza e illegittimità dell’accertamento per irretroattività della normativa applicata, si dichiara assorbito il secondo motivo di doglianza in quanto al caso di specie non trova applicazione l’art 12 commi 2 e 2-bis e la relativa presunzione ivi contenuta con conseguente non imputabilità dell’onus probandi a carico del contribuente.

Circa il terzo motivo di doglianza, questa Commissione si conforma a quanto stabilito con ordinanza n. 32258 del 13 dicembre 2018 la quale ha confermato che, per consolidato orientamento, il vizio di omessa pronuncia non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte dovendosi, invece, ravvisare una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia. In specie, la sentenza di primo grado, qui impugnata, ha stabilito la nullità dell’avviso di accertamento per inapplicabilità retroattiva della normativa di cui al D.L. 78/2009. Tale dichiarazione di nullità esclude in toto la validità dell’avviso di accertamento e rende superflua qualsivoglia valutazione circa il difetto di motivazione dell’atto impositivo stesso.
Stante la complessità della vertenza, la Commissione ritiene di compensare tra le parti le spese di giudizio del presente grado.

PQM

La Commissione rigetta l’appello e conferma la sentenza di primo grado. Spese compensate.
Brescia, 14 settembre 2021


Scarica copia del provvedimento: CTR Lombardia sez. 26 sentenza 4261/2021

 

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