LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. STILE Paolo - Consigliere -
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere -
Dott. GARRI Fabrizia - rel. Consigliere -
Dott. MAROTTA Caterina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4327/2010 proposto da:
L.I.;
- Scorrente -
contro
V.L.M. S.R.L.;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 236/2009 della Corte D'Appello di Brescia, depositata il 01/08/2009 R.G.N. 434/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/12/2012 dal Consigliere Dott. Fabrizia Garri;
udito l'Avvocato Nardone Elisabetta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Corasaniti Giuseppe, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

La Corte d'appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da L. I. ed ha confermato la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato al ricorrente dalla società V.L.M. a r.l.
In particolare la Corte territoriale, pur avendo consentito al ricorrente di depositare in appello documentazione tesa a provare il periodo di sua assenza dall'Italia (periodo in cui non era stato per lui possibile avere effettiva conoscenza del licenziamento ex art. 1334 c.c), ha poi accertato che effettivamente la società datrice aveva chiuso l'unità produttiva in provincia di _____ presso la quale l'appellante prestava servizio; che aveva offerto al lavoratore di proseguire l'attività lavorativa in un'altra unità, quella di ______; che aveva subordinato il licenziamento alla mancata accettazione del trasferimento. Infine ha verificato che il lavoratore non aveva aderito, neppure tardivamente, alla proposta di trasferimento avanzata.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso L.I. affidandolo a due motivi.
Resiste con controricorso la V.L.M. s.r.l.

Motivazione

Con il primo motivo di ricorso è censurata la sentenza perchè con motivazione omessa, contraddittoria e insufficiente ha ritenuto avverata la condizione sospensiva apposta al licenziamento stante il mancato consenso del dipendente ad essere trasferito presso un'altra unità produttiva, senza considerare che il ricorrente non era stato posto in condizione di effettuare la scelta nei termini indicati dal datore di lavoro nella sua lettera di licenziamento (entro il 30.12.2004) posto che a tale data si trovava all'estero e non aveva avuto notizia nè del possibile trasferimento nè del fatto che, in caso di sua mancata adesione entro una certa data, il rapporto si sarebbe risolto.
Con il secondo motivo di ricorso inoltre viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 1359 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto avverata la condizione sospensiva sebbene il datore di lavoro avesse, con comportamento a lui imputabile, mancato di comunicare il recesso con tempi e modi tali da consentirgli di valutare l'opzione offertagli, e reso così impossibile la realizzazione dell'evento della condizione apposta.
Le censure, che per la loro intima connessione vanno esaminate congiuntamente, non possono trovare accoglimento.
Occorre rammentare che è ravvisabile un vizio di motivazione, denunciabile a norma dell'art. 360, comma 1, n. 5, nei soli casi in cui il giudice di merito sia pervenuto alla decisione attraverso una ricostruzione dei fatti incompleta, perchè non ha tenuto in considerazione circostanze che ove esaminate avrebbero determinato una decisione diversa, ovvero con motivazione contraddittoria o illogica, perchè il percorso ricostruttivo scelto non si dipana in un logico e conseguente esame delle dei fatti sottoposti alla sua attenzione.
Nel caso in esame, invece, la censura postula che il giudice di merito sia addivenuto alla decisione in esito ad una contraddittoria analisi dei fatti; in sostanza dopo avere recepito i fatti di causa negli esatti termini materiali in cui sono stati prospettati dalla parte, avrebbe omesso di valutarli nella giusta e conseguente maniera. In tal modo l'omesso esame si risolve in un implicito accertamento negativo della rilevanza del fatto stesso. La valutazione insufficiente ed illogica dei fatti vizierebbe il percorso argomentativo che ha condotto alla decisione (per una definizione dei requisiti della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, cfr., tra le altre, Cass. n. 19298/2006 ed anche Cass. 3 gennaio 2011, n. 37;
Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718). In definitiva le censure formulate dal ricorrente devono evidenziare con chiarezza specifici profili di illogicità ed incongruenza nella motivazione e non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito.
Tanto premesso ritiene questa Corte che i rilievi formulati nel ricorso mirino, al contrario, a sollecitare proprio una differente lettura delle emergenze processuali, per quanto si è detto inammissibile.
La Corte territoriale, con motivazione in sè logica, coerente ed aderente alle circostanze prospettate ed alle emergenze probatorie acquisite, ha chiarito che il licenziamento, intimato per effetto dell'incontestata chiusura della unità produttiva della società sita nella provincia di ______, era stato subordinato alla mancata accettazione da parte del lavoratore del suo trasferimento presso la sede di _______.
La peculiarità della vicenda in esame è data dal fatto che al momento della intimazione del recesso il lavoratore era assente dall'Italia e non aveva avuto notizia della decisione datoriale fino al suo rientro.
Tuttavia con una ricostruzione condivisibile la Corte territoriale preso atto dell'assenza del lavoratore e della data di effettiva conoscenza da parte dello stesso del provvedimento espulsivo (momento in cui l'atto recettizio ha potuto produrre i suoi effetti); ha tuttavia valorizzato la circostanza, rimasta incontestata, della mancata adesione del lavoratore alla proposta di prosecuzione del rapporto di lavoro in altra sede.
La Corte d'appello sottolinea infatti che in nessun momento, neppure successivo al suo rientro in Italia nel febbraio 2005, l'odierno ricorrente ha aderito alla proposta di trasferimento. In tal modo la condizione sospensiva apposta dal datore di lavoro al recesso si è realizzata ed il rapporto si è risolto, essendo venuta meno la condizione sospensiva apposta, in modo del tutto legittimo.
Peraltro, ad avviso del Collegio, la ricostruzione dei fatti operata dalla corte di merito e la loro sussunzione in una legittima ipotesi di risoluzione del rapporto, non integra una violazione dell'art. 1359 c.c.
Come è noto la disposizione richiamata prevede che la condizione "si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse all'avveramento di essa".
Anche a prescindere dai profili di ammissibilità della censura, che non risulta prima proposta nei termini riportati nel ricorso per cassazione, in ogni caso lo stabilire se il mancato avveramento si debba attribuire a causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario, per trarne la conseguenza di considerare la condizione come avverata, involge un'indagine di mero fatto il cui risultato e insindacabile in sede di legittimità, se non ricorrono vizi logici o errori di diritto (cfr in tal senso Cass. n. 209/2010). In sostanza ove il negozio sia condizionato, per l'operatività dell'art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, è necessaria la sussistenza di una condotta dolosa o colposa di detta parte (cfr. Cass. n. 8363/2003).
Tale condotta non è di per sè riscontrabile nel caso di mero comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire imposto dal contratto o dalla legge. Nella specie, come si è più sopra ricordato, la Corte territoriale ha accertato, con indagine di fatto rimasta per tale profilo incontestata, che al ricorrente non è stata negata la possibilità di aderire, seppur tardivamente rispetto ai tempi indicati nella lettera di recesso, alla proposta formulatagli impedendo così, con un comportamento positivo del datore di lavoro l'avverarsi della condizione apposta.
Semplicemente si è accertato che il lavoratore, neppure tardivamente, al suo rientro, ha ritenuto in qualunque modo di manifestare la sua intenzione di dar seguito alla proposta di prosecuzione del rapporto di lavoro in altra sede formulatagli dal datore di lavoro. In tal modo non essendosi realizzato l'evento previsto dalla condizione sospensiva apposta al recesso, il rapporto si è legittimamente risolto.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi, ravvisabili nella peculiarità della vicenda trattata, per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte respinge il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2013


 

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