REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, dottor Rosario M. A. Cupri, all'udienza didiscussione del 16.07.2013, ha emesso, ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 7923/2005 R.G. Lavoro, promossa da:
C. D., rappresentato e difeso dagli avv.ti A. L. e D. F., per procura in calce alla comparsa di nuovo difensore;
L. R. G. E. e N. A. rappresentati e difesi dagli avv.ti G. C. e M. A. S. - ricorrenti-
CONTRO
Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Granozzi per procura speciale alle liti autenticata nella firma dal Notaio Pierluigi Ambrosone di Roma in data 30 marzo 2001 rep. n. 26289 e successiva procura speciale integrativa autenticata nella firma dallo stesso Notaio in data 3 luglio 2001 Rep.n. 26665; -resistente-
Avente ad oggetto: illegittimità contratto a termine.

Svolgimento del processo

Con ricorso al Giudice del lavoro, depositato in data 15.12.2005, i ricorrenti in epigrafe indicati esponevano:
- di essere stati assunti dalla società resistente con contratti di lavoro a tempo determinato, rispettivamente:
1) C. D. con contratto per il periodo dal 07/10/2003 al 15/01/2004 e L. R. G. con contratto per il periodo dal 04/05/2004 al 30/09/2004 ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo n. 368/2001 e segnatamente per "ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di smistamento e trasporto presso il CMP di Catania assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro";
2) N. A. con contratto per il periodo dal 07/05/2003 al 30/06/2003 ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo n. 368/2001 e segnatamente per "ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell'area operativa ed addetto al servizio di recapito presso la Filiale di Catania 2 assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro ";
- che avevano interesse alla continuazione del rapporto, non essendo il decorso del tempo, indice di intento solutorio dello stesso rapporto, di cui chiedeva il ripristino;
- che la causale dei contratti era priva dei requisiti di specificità generica e di per sè non sufficiente a motivate il ricorso allo schema del contratto a termine;
- che erano in realtà erano stati assunti per soddisfare esigenze ordinarie della società allo scopo di sopperire al fabbisogno di personale;
Tanto premesso, chiedeva di:
- dichiarare la nullità del termine apposto ai contratti stipulati da essi ricorrenti con Poste Italiane S.p.A. con conseguente declaratoria di conversione dei precitati contratti a termine in contratti a tempo determinato;
- per l'effetto, dichiarare la sussistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere, per ciascuno dei ricorrenti, dalla data di apposizione del termine ordinando la reintegrazione degli stessi nei rispettivi posti di lavoro;
- condannare Poste Italiane S.p.A. al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate oltre interessi e rivalutazione;
- condannare la società resistente al pagamento di spese e compensi difensivi da distrarre in favore dei procuratori anticipatari.
Con memoria tempestivamente depositata in data 06/11/2006, si costituiva in giudizio Poste Italiane s.p.a., eccependo:
- lo scioglimento per mutuo consenso del rapporto di lavoro in relazione al comportamento inerte tenuto dalla ricorrente per un tempo tale da evidenziare il suo completo disinteresse all'attuazione del rapporto;
- che il contratto stipulato con la ricorrente era disciplinato dal D.lgs. 368/01 che aveva superato il principio di tassatività delle cause di apposizione del termine alla durata del contratto di lavoro;
- la piena legittimità della causa (sostituzione dei dipendenti assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro) che aveva giustificato l'apposizione del termine, cosi come si evinceva dai prospetti di presenza versati in atti;
- che, comunque, la presunta illegittima apposizione del termine non comportava la conversione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato, quanto piuttosto la nullità dell'intero contratto;
- che in ogni caso andava detratto quanto percepito dalla ricorrente per avere prestato attività lavorativa alle dipendenze di terzi.
Tanto premesso, chiedeva di respingere il ricorso, con il favore delle spese di giudizio.
Espletata attività istruttoria ed autorizzato il deposito di note, all'odierna udienza, previa discussione delle parti, la causa è stata decisa mediante lettura del dispositivo e dei motivi di fatto e di diritto della decisione.

Motivazione

Le domande proposte dai ricorrenti sono infondate e vanno rigettate per quanto di ragione.
Preliminarmente va rigettata l'eccezione di risoluzione tacita del rapporto di lavoro, proposta dalla società resistente nella memoria di costituzione; sul punto va condiviso quanto precisato dalla Suprema Corte, Sez. L, nella sentenza n. 23057 del 15.11.2010, secondo cui "Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo dovendosi, peraltro, considerare che l'azione diretta a far valere la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, per violazione delle disposizioni che individuano le ipotesi del contratto per contrasto con norme imperative ex artt. 1418 e 1419, comma 2, cod. civ. di natura imprescrittibile pur essendo soggetti a prescrizione i diritti che discendono dal rapporto a tempo indeterminato risultante dalla conversione "ex lege" del rapporto a tempo determinato cui era stato apposto illegittimamente il termine."
Pertanto, la mera circostanza che il lavoratore assunto con contratto a termine, solo dopo un apprezzabile periodo di tempo dalla conclusione del rapporto, abbia fatto valere l'illegittimità della clausola relativa al termine e la natura a tempo indeterminato del rapporto, chiedendone il ripristino, non è sufficiente a provare l'intervenuta risoluzione consensuale del rapporto o la rinuncia a farne valere la nullità, essendo necessaria la prova di ulteriori elementi incompatibili con la continuatività del rapporto.
Nella specie, la società resistente non ha assolto tale onere, limitandosi a rilevare la risoluzione consensuale del rapporto, senza indicare gli specifici elementi che consentano di attribuire all'inerzia del lavoratore "il significato di una univoca manifestazione di volontà volta alla risoluzione del rapporto"; nè può rilevare in tal senso la mera prospettazione di eventuale attività lavorativa successiva svolta dal ricorrente, in difetto di prova alcuna.

Ciò posto, ritiene questo Giudice che il termine sia stato apposto legittimamente da parte della società convenuta.
La fattispecie in esame risulta regolata dalle disposizioni di cui al d.lgvo 368/2001.
Tale normativa, attuativa della direttiva 1999/70/CE, ha ridisciplinato il contratto a termine, introducendo una disciplina maggiormente flessibile.
Tuttavia, sì come deducibile dall'art. 1, comma 1, del predetto D.lgs. 368/2001, a tenore del quale “è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo", il termine può essere apposto al rapporto di lavoro esclusivamente al ricorrere di fattispecie giustificatrici, che seppur genericamente formulate e non più tassativamente determinate, devono poter essere verificate in concreto attraverso l'accertamento dei fatti obiettivi che le integrano; da tanto discende una limitazione dell'autonomia delle parti, e segnatamente del datore di lavoro, in ordine alla stipula di contratti a tempo determinato.
Secondo l'orientamento giurisprudenziale formatosi su tale istituto, il controllo del giudice è limitato alla verifica della sussistenza delle ipotesi invocate a sostegno dell'apposizione del termine, con esclusione di ogni sindacato di merito in ordine alle stesse.
Nella fattispecie in esame, la società resistente, onde giustificare il ricorso alla stipula del contratto a termine con i ricorrenti, ha indicato l'esigenza di provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di smistamento, trasporto e recapito presso il CMP di Catania assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nei periodi indicati nei contratti; inoltre, ha indicato il luogo di lavoro, nel quale di norma andava resa la prestazione (CMP di Catania, Filiale di Catania 2).
Ebbene la clausola contrattuale sopra descritta, esplicativa della causa legittimante la fissazione di una durata al contratto di lavoro, deve ritenersi legittima in quanto idonea a rendere edotto il lavoratore del motivo per cui lo stesso è stato in concreto assunto a termine e segnatamente la sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro.
Con specifico riguardo alle esigenze sostitutive, in un quadro caratterizzato dal succedersi, nel corso del tempo, di molteplici orientamenti espressi dalla Corte di Cassazione e dal recente intervento della Corte Costituzionale con la ben nota sentenza n. 214 del 2009, deve, tuttavia, tenersi conto del recentissimo arresto operato con la sentenza della Corte di Cassazione Sez. L. n. 1576/2010, che, con argomentazioni ritenute del tutto condivisibili da questo decidente, sembra costituire l'insegnamento cardine nella materia, operando essa il giusto contemperamento tra le esigenze di tutela dei lavoratori tenute presenti dal Giudice delle Leggi al fine di evitare un uso strumentale e distorto dello strumento del contratto a termine, ben oltre il limite segnato dalla sua funzione che rimane in ogni caso residuale, e quelle delle imprese datrici di lavoro, soprattutto con riferimento a quelle che, come Poste Italiane, si trovano a gestire una organizzazione del lavoro particolarmente compressa, con riferimento alla quale, pur in presenza di reali cause giustificatrici, diventerebbe sostanzialmente impossibile il lecito ricorso all'istituto in discussione, a causa della obiettiva difficoltà di garantire nel corso del tempo le varie funzioni produttive specifiche nelle quali l'organizzazione di impresa si articola.
Con riferimento a queste ultime realtà aziendali, la Suprema Corte ha infatti ritenuto, con un iter argomentativo pienamente convincente e condivisibile, che "l'apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostiuire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse - risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori (quali, l'ambito territoriale, i riferimenti, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato".
Appare al riguardo utile riportare alcuni passi della citata sentenza, i quali possono essere ribaditi, tout court, anche in questa sede: "Come già rilevato, l'onere di specificazione della causale nell'atto scritto costituisce una perimetrazione della facoltà riconosciuta al datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate. Tale onere ha l'evidente scopo di evitare l'uso indiscriminato dell'istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità e la verificabilità della motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto. D'altro canto, tuttavia, proprio il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato. Il concetto di specificità in questione risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza.
Con riferirnento specifico alle ragioni di carattere sostitutivo, pertanto, il contratto a termine, se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo, in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta. In quest'ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l'indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell'assunzione. Questa Corte non ignora la sentenza della Corte costituzione n.214 del 2009, la quale, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità del D.Lgs, n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, e D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11, afferma che l'onere di specificazione previsto dallo stesso art. 1, comma 2 impone che, tutte le volte in cui l'assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche in nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione. Sul problema degli effetti delle sentenze interpretative di rigetto della Corte costituzionale sull'interpretazione delle leggi da parte del giudice ordinario, questa Corte (cfr, in particolare, Cass. 9 gennaio 2004 n. 166) ha affermato che, ove il giudice delle leggi, nel ritenere non infondato il denunciato vizio di incostituzionalità di una certa disposizione nella interpretazione non implausibile fornitane dal giudice del merito, indichi una possibile, diversa interpretazione della stessa disposizione conforme a Costituzione, tale interpretazione adeguatrice non interferisce con il controllo di legittimità rimesso alla Corte di Cassazione ed il suo effetto vincolante per i giudici ordinari e speciali, non esclusa la Corte di Cassazione, riguarda soltanto il divieto di accogliere quella interpretazione che la Corte costituzionale ha ritenuto, sia pure con unapronuncia di infondatezza della questione di legittimità costituzionale sottoposta al suo esame, viziata. Nel caso di specie il passo della sentenza della Corte costituzionale sopra citato deve essere letto nel contesto argomentativo in cui esso è stato formulato. La sentenza, subito dopo il passo estrapolato, prosegue precisando che considerato che per ragioni sostitutive si debbono intendere motivi connessi con l'esigenza di sostituire uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente anche l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione; solamente in questa maniera, infatti, l'onere che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, impone alle parti che intendano stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato può realizzare la propria finalità, che è quella di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell'apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Tale precisazione sta a indicare che, nella illimitata casistica che offre la realtà concreta delle fattispecie aziendali, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e "l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori" deve passare necessariamente attraverso la "specificazione dei motivi", mediante l'indicazione di criteri che, prescindendo dall'individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma. Intesa in questi termini la sentenza della Corte costituzionale, l'opzione interpretativa offerta da questo Collegio è pienamente coerente con quella offerta dalla sentenza stessa che, per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, costituisce un contributo ermeneutico della massima importanza".

Inoltre, con riguardo alla prova delle esigenze sostitutive, la Corte di Cassazione, Sez. L, nella sentenza n. 1577 del 26.01.2010 "ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva ritenuto esistente il requisito della specificità con l'indicazione nell'atto scritto della causale sostitutiva, del termine iniziale e finale del rapporto, del luogo di svolgimento della prestazione a termine, dell'inquadramento e delle mansioni del personale da sostituire; inoltre, quanto al riscontro fattuale del rispetto della ragione sostitutiva, la S.C. ha ritenuto correttamente motivato, e come tale incensurabile, l'accertamento effettuato dal giudice di merito che, con riferimento all'ambito territoriale dell'ufficio interessato, aveva accertato il numero dei contratti a termine stipulati in ciascuno dei mesi di durata del contratto a termine, confrontandolo con il numero delle giornate di assenza per malattia, infortunio, ferie, etc. del personale a tempo indeterminato, pervenendo alla valutazione di congruità del numero dei contratti stipulati per esigenze sostitutive"
Facendo applicazione dei superiori principi al caso di specie - non dubitandosi che Poste Italiane s.p.a. rientri nel novero delle imprese che, date le loro dimensioni e l'enorme numero di personale dipendente impiegato sull'intero territorio nazionale, costituiscono realtà aziendale complessa - deve ritenersi che il contratto a termine stipulato tra le parti appaia pienamente rispettoso del dato normativo sopra richiamato, contenendo esso con sufficiente specificazione, non solo l'indicazione del termine di durata del rapporto, ma anche l'indicazione delle ragioni giustificanti il ricorso al contratto a termine, delle mansioni del personale da sostituire, dell'unità produttiva di normale applicazione, delle mansioni da esplicare, contenendo, dunque, esso l'indicazione di elementi precisi che, prescindendo dall'individuazione nominativa delle persone da sostituire, sono tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma disciplinante la fattispecie.
La ricorrenza in concreto delle sopra specificate esigenze sostitutive è stata provata dalle risultanze acquisite in esito alla compiuta istruttoria.
In via preliminare all'esame degli elementi di prova, va precisato che Poste Italiane S.p.a., nella memoria di costituzione, ha specificato i nominativi dei dipendenti assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro presso gli uffici di assegnazione dei ricorrenti.
Nello specifico C. D. ha sostituito A. M. R. assente per maternità, G. L. R. ha sostituito C. V. assente per malattia dal 04/05/2004 al 30/09/2004 e L. M. G. assente per malattia dall'01/06/2004 al 30/09/2004, A. N. assegnata all'Ufficio di Belpasso (facente parte della Finale di Catania 2) ha sostituito dal 07/05/2003 al 27/05/2003 T. M. assente per infortunio, dal 28/05/2003 al 07/06/2003
S. F. assente per ferie e dal 09/06/2003 al 11/06/2003 T. M. assente per ferie.
Come precisato dalla Corte di Cassazione, nelle realtà aziendali complesse, come quella di Poste Italiane S.p.a., la sostituzione deve essere riferita non alla singola persona ma alla funzione produttiva specifica, sicchè in sede di verifica della sussistenza della predetta esigenza non rileva la destinazione del lavoratore assunto a termine alla sostituzione del singolo lavoratore quanto la sua destinazione all'espletamento della funzione individuata nel contratto di assunzione; nella fattispecie in esame non rileva la circostanza che i ricorrenti non abbiano sostituito di fatto il
singolo lavoratore indicato da Poste Italiane S.p.a. quanto, piuttosto, che gli stessi fossero effettivamenti assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro e che svolgessero la funzione specifica per cui è stata disposta l'assunzione a termine (nella specie, i dipendenti sostituiti erano addetti agli uffici di assegnazione dei ricorrenti come risulta dalle schede individuali versate in atti).
Rilevano poi le concordi dichiarazioni dei testi G. G., dipendente della società resistente che attualmente si occupa del contenzioso, A. M., dipendente di Poste che attualmente si occupa del servizio risorse umane della finale due di Catania e F. B., i quali, sulla base degli atti di ufficio consultati, hanno confermato che i ricorrenti sono stati assunti per sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto.
In particolare A. M. ha confermato che N. A., nel periodo indicato in contratto, ha sostituito T. M., S. F. e G. R., mentre F. B. ha dichiarato: che A. N. ha sostituito lavoratori assenti per infortunio o ferie e che C. D. e L. R. G. hanno sostituito presso il CMP di Catania rispettivamente una dipendente assente per maternità e dipendenti assenti per malattia.
Deve osservarsi, poi, che le assenze dei dipendenti R. A. M. (per maternità), C. V. (per malattia), L. M. G. (per malattia), T. M. (per infortunio) G. R. (per infortunio) e S. F. risultano anche dai modelli 70/P allegati alla memoria della società resistente, nei quali per i periodi indicati in ricorso le caselle corrispondenti ai nominativi del lavoratori sono riempite con le sigle corrispondenti ai motivi dell'assenza.
Ebbene, sulla scorta di tutti gli elementi raccolti che hanno confermato la perfetta coincidenza temporale dei periodi di svolgimento della prestazione lavorativa dei ricorrenti presso il CMP di Catania e la Finale Catania 2 Ufficio di Belpasso con il periodo di assenza dei dipendenti a tempo indeterminato può ritenersi provata l'esigenza sostitutiva posta a base dei contratti a termine in esame.
Sulla base delle superiori considerazioni le domande vanno rigettate.
Avuto riguardo alla particolare complessità della materia trattata, si ritiene che sussistano giusti motivi per la compensazione integrale, tra le parti, delle spese di lite.

PQM

definitivamente pronunciando sulle domande proposte dalla ricorrente in epigrafe indicata contro
Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione;
rigetta le domande;
compensa interamente, tra le parti, le spese di lite.
Così deciso in Catania, il 16 luglio 2013
Il Giudice del lavoro
Dott. Rosario M.A. Cupri
Depositato in cancelleria il 16 luglio 2013


 

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