LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
Dott. STILE Paolo - Consigliere -
Dott. CURZIO Pietro - rel. Consigliere -
Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2382-2011 proposto da:
S. S.R.L. - ricorrente -
contro
R.A.;
- intimata -
Nonchè da:
R.A. - controricorrente e ricorrente Incidentale -
contro
S. S.R.L. - controricorrente al ricorso Incidentale -
avverso la sentenza n.134/2010 della Corte d'Appello di Brescia, depositata il 29/05/2010 R.G.N. 246/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/02/2013 dal Consigliere Dott. Pietro Curzio;
udito l'Avvocato Villani Piero;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Sepe Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

Motivazione

1. S. srl chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Brescia, pubblicata il 20 gennaio 2011, che, riformando la decisione di primo grado, ha dichiarato la conversione dei contratti di lavoro a progetto stipulati con R.A. in contratti di lavoro a tempo indeterminato; ha dichiarato la nullità del licenziamento orale della R. e condannato la società alla corresponsione delle retribuzioni medio tempore maturate detratto l'aliunde perceptum, nonchè al pagamento a titolo di risarcimento del danno di quattro mensilità, respingendo ogni altra domanda.
2. Il ricorso per cassazione è articolato in cinque motivi. La signora R. si è difesa con controricorso, contenente un ricorso incidentale basato su di un unico motivo. La società ha depositato controricorso nei confronti del ricorso incidentale ed una memoria.
3. Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 4 violazione dell'art. 414 c.p.c. e dell'art. 24 Cost. asserendo che il ricorso introduttivo era privo del requisito di cui al n. 4 della norma c.p.c. e che la Corte (contrariamente al giudice di primo grado) avrebbe errato nel non ritenerlo nullo sebbene limitatamente alla domanda concernente la illegittimità del co.co.pro e la sua conversione.
4. Il motivo è infondato. Il punto dell'art. 414 c.p.c., n. 4 prevede che il ricorso deve contenere "l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni". La Corte d'appello ha ritenuto che il ricorso con il quale si richiede la conversione del contratto a progetto in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per la totale inesistenza del progetto distinto dalla semplice indicazione della mansioni, non potesse essere considerato nullo, perchè indica in modo adeguato gli elementi di fatto e di diritto sui quali si fonda la domanda, nonchè le conclusioni. La valutazione della adeguatezza contenutistica del ricorso è coerente e convincente e non può essere riformulata in sede di legittimità.
5. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'art. 347 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost. per aver la Corte d'appello tenuto conto di una memoria difensiva autorizzata solo per predisporre dei conteggi a fini conciliativi ed utilizzata dalla controparte per esporre tesi difensive "allegando fatti nuovi in relazione al giudizio". Anche questo motivo è palesemente infondato perchè dall'esame della sentenza si rileva che gli elementi di fatto valutati dalla Corte e sui quali la decisione viene fondata non sono stati modificati o integrati con la memoria, ma sono quelli oggetto della controversia sin dal suo inizio.
6. Con il terzo motivo si denunzia in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5 la "contraddittorietà" della sentenza perchè da un lato ha confermato la nullità del ricorso nella parte in cui non fornisce alcuna allegazione in ordine alle differenze retributive, dall'altro ha escluso la nullità della domanda relativa alla conversione del co.co.pro.
7. Anche questo motivo è infondato perchè la contraddizione denunziabile ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 deve riguardare la motivazione sul fatto e non la motivazione in diritto. In ogni caso, è evidente che, avendo come oggetto domande diverse, la valutazione in ordine alla sussistenza degli elementi di cui all'art. 414 c.p.c., n. 4 ben poteva essere diversificata e pervenire a conclusioni opposte.
8. Con il quarto motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 69 dell'art. 2094, 1424 e 2697 c.c. e dell'art. 112 e 437 c.p.c.
9. Le censure inserite in questo motivo sono molteplici.
10. Nella prima parte si sostiene che la valutazione del contenuto del contratto a progetto stipulato tra le parti operata dalla Corte non sarebbe adeguata e corretta. La censura si risolve in una valutazione di merito, peraltro generica perchè non prospetta una ricostruzione del concetto di progetto contrapposta a quella della Corte.
11. Nella seconda parte del motivo si sostiene che la Corte avrebbe errato nel disporre l'automatica conversione del contratto di lavoro a progetto in rapporto di lavoro subordinato senza esperire alcuna prova a riguardo. Al contrario, secondo la ricorrente, la Corte avrebbe dovuto accertare la reale natura del rapporto e quindi verificare gli estremi della subordinazione, mentre avrebbe violato gli artt. 99 e 112 c.p.c. omettendo di ammettere la prova a tal fine richiesta dalla società.
12. Anche questa censura è infondata perchè la Corte ha ritenuto provata la subordinazione sulla base dei compiti e degli obblighi a carico della lavoratrice indicati proprio nel contratto di lavoro a progetto stipulato tra le parti ed ha motivato adeguatamente sul punto.
13. Il procedimento seguito dalla Corte di Brescia è pienamente condivisibile. Il problema posto dalla controversia non era quello di accertare quale fosse stato il lavoro svolto dalla lavoratrice in difformità rispetto a quello indicato nel contratto, ma, più a monte, di valutare se l'attività specificata nel contratto di lavoro a progetto fosse inquadrabile nello schema legislativo del lavoro a progetto o fosse un lavoro di natura subordinata.
14. La Corte ha ritenuto che quanto descritto in contratto non integrasse i requisiti del lavoro a progetto, ma integrasse gli estremi della subordinazione ed ha motivato congruamente la sua valutazione.
15. Il contratto di lavoro a progetto è una forma particolare di lavoro autonomo definita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61. La norma sancisce che perchè possa sussistere un contratto di lavoro a progetto non deve esservi vincolo di subordinazione e quindi si deve essere in presenza di un rapporto di lavoro autonomo. All'interno di tale categoria, perchè possa parlarsi di lavoro a progetto è necessario che sussista un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale.
16. Alla luce di questa disposizione la valutazione della Corte risulta corretta.
17. La sentenza da atto del fatto che l'art. 1 del contratto stipulato tra le parti indicava l'attività richiesta alla lavoratrice in questi termini: "realizzazione e prosecuzione del progetto per la promozione e vendita di succhi di frutta a marchio Yoga, nonchè la distribuzione di depliants illustrativi, di campioni per l'assaggio, nonchè illustrazione di offerte promozionali, la sottoposizione e l'eventuale sottoscrizione al titolare di esercizi commerciali del contratto d'uso delle frigovetrine di proprietà della conserve Italia, segnalandoci usi difformi della vetrina stessa".
18. L'art. 4 del contratto poi indicava, con tratti di inequivocabile cogenza, i seguenti obblighi a carico della lavoratrice: effettuare 18 visite clienti al giorno per 18/19 giornate al mese; vendere 70 cartoni di succo di frutta per ogni giornata lavorativa; trasmettere alla azienda, con cadenza quotidiana e settimanale, i dati di vendita.
19. La Corte ha ritenuto che questa attività lavorativa, consistente fondamentalmente nel vendere un minimo di 70 cartoni di succo di frutta Yoga al giorno visitando diciotto clienti al giorno, per l'oggetto e per le modalità con le quali doveva essere realizzata, non integrasse un lavoro autonomo a progetto, ma un lavoro di natura subordinata.
20. Il metodo seguito dalla Corte è conforme alla legge, e la valutazione è motivata in modo coerente. Le ulteriori deduzioni contenute nel motivo di ricorso attengono al merito della decisione e sono estranee al giudizio di legittimità.
21. Con il quinto motivo si denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in ordine alla valutazione del licenziamento.
22. La ricorrente ha impugnato il licenziamento assumendo che venne intimato oralmente. La società ha chiesto prova sul punto per negare il licenziamento orale in quanto "ha inteso risolvere il contratto solo quando si è resa conto che non era stato rispettato da parte della resistente il progetto in esso contenuto e stante il tempo trascorso non lo avrebbe più potuto rispettare per impossibilità sopravvenuta imputabile alla resistente" (così il ricorso a pag. 30).
23. La società omette quindi di spiegare in che modo, diverso dal recesso orale, avrebbe risolto il rapporto. Ed in ogni caso, si è fuori dal raggio d'azione dell'art. 112 c.p.c.
24. Nel motivo si rinviene poi un'ulteriore censura, con la quale la società sostiene che la Corte ha dichiarato il licenziamento nullo per violazione dell'art. 7 st. lav., nonostante tale questione non fosse mai stata sollevata.
25. Anche tale censura non è dirimente, perchè dalla lettura della sentenza emerge che la Corte ha dichiarato la nullità del licenziamento per mancanza di forma scritta ed ha poi aggiunto una motivazione distinta ed ulteriore concernente la mancata contestazione dell'addebito ex art. 7. Trattandosi di motivazione aggiuntiva la stessa risulta priva di rilievo una volta convalidata la correttezza della motivazione principale. La censura che la riguarda è quindi ininfluente in questa sede, perchè anche se fosse fondata, non potrebbe modificare la decisione.
26. Con il ricorso incidentale si sostiene che la Corte avrebbe errato nel confermare la nullità del ricorso della lavoratrice nella parte relativa alla domanda concernente le differenze retributive.
Questa parte della sentenza contiene una valutazione in ordine all'inadeguatezza delle allegazioni in tema di mansioni, di orario, di fruizione delle ferie, che essendo compiutamente motivata deve essere considerata insuscettibile di rivalutazione per gli stessi motivi per i quali si è dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale. Generica è poi la censura concernente il mancato esercizio dei poteri d'ufficio a fronte della mancata produzione del contratto collettivo, in cui si omette, peraltro di specificare quando e in che modo ne era stato sollecitato l'esercizio.
27. In conclusione, tanto il ricorso principale che quello incidentale, devono essere rigettati. Tenendo conto della articolazione dei due ricorsi e delle ragioni del rigetto, le spese dovranno essere compensate per un terzo, con condanna della società al rimborso alla lavoratrice dei rimanenti due terzi.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Condanna la società ricorrente al pagamento in favore di R.A. dei due terzi delle spese del giudizio di legittimità, compensando il terzo residuo. Liquida le spese, per l'intero, in 50,00 Euro per esborsi, nonchè 4.500,00 Euro per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2013


 

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