REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro - Presidente -
Dott. TRIA Lucia - Consigliere -
Dott. FERNANDES Giulio - rel. Consigliere -
Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere -
Dott. PAGETTA Antonella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 5962-2013 proposto da:
L.L. elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 185, presso lo studio dell'avvocato VERSACE RAFFAELE, rappresentato e difeso dall'avvocato PELLEGRINO RAFFAELE, giusta procura a margine del ricorso per regolamento di competenza;
- ricorrente -
contro
MSD ITALIA SRL (già Merck Sharp & Dohme Italia SpA) in persona del Direttore Affari Legali e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio degli avvocati PESSI ROBERTO e SERRANI TIZIANA, che la rappresentano e difendono, giusta delega a margine della memoria; - resistente -
contro
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati MARESCA ARTURO e BOCCIA FRANCO RAIMONDO, che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine della memoria difensiva; - resistente -
avverso il provvedimento R.G. 45038/2011 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 06/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Motivazione

L.L. - informatore medico scientifico in limitate zone della Campania della MDS Italia s.r.l. Industria Farmaceutica - conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli la MDS Italia s.r.l. e A.A. chiedendo di "dichiararsi la illegittimità e - quindi - la inefficacia della impugnata sanzione disciplinare" e, inoltre, la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento dei danni (patrimoniale e non) subiti per effetto del "mobbing" attuato nei suoi confronti dalla società datrice di lavoro e dall' A., suo superiore gerarchico, oltre accessori come per legge.
Nel costituirsi tanto la MDS Italia che l' A., eccepivano la incompetenza per territorio del Tribunale adito sul rilievo che la società non aveva mai avuto alcuna dipendenza o sede in Napoli e contestando che l'abitazione del ricorrente potesse configurarsi come una "articolazione terminale dell'impresa".
L'adito giudice, con ordinanza in data 6.2.2013, si dichiarava incompetente per territorio rilevando: che il contratto di assunzione era stato stipulato in Roma ove aveva anche sede la MDS Italia; che l'abitazione del L. non poteva essere considerata una articolazione terminale dell'impresa in quanto mancava qualunque allegazione idonea a consentire di ritenere sussistente una scelta del datore di lavoro nel senso di individuare il domicilio del ricorrente quale articolazione aziendale, a tanto non potendo essere rilevanti la dotazione di un "personal computer" portatile ma senza installazione di alcuna rete aziendale e la presenza di materiale pubblicitario e di modulistica presso la detta abitazione. Precisava, inoltre, quanto all'indennità che il L. sosteneva di aver percepito per il deposito del materiale, che la parte non aveva chiarito in ricorso quale indennità fosse, omettendo anche di depositare le buste paga sicchè non poteva ritenersi sussistente un onere della convenuta società di contestazione specifica. E, comunque, la corresponsione all'informatore scientifico di una indennità di custodia per non meglio indicati beni aziendali non era stata ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità rilevante ai fini della individuazione di una articolazione aziendale presso il domicilio del lavoratore.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per regolamento di competenza il L.

A sostegno del ricorso si deduce che il Tribunale, pur recependo i criteri adottali da questa Corte, non aveva fatto buon governo delle incontestate circostanze così come emergenti dagli atti difensivi e cioè: che la MDS Italia aveva corrisposto una indennità per il deposito dei propri beni presso l'abitazione del ricorrente; che, almeno fino al gennaio 2012, presso detta abitazione era stato depositato materiale pubblicitario; che vi era stata una continua connessione tra la rete aziendale ed il computer portatile in dotazione, sia pure con l'utilizzo di una "password", via "internet".
Si evidenzia, quindi, che tali elementi erano idonei a connotare l'abitazione del L. come una articolazione aziendale e, quindi, che la competenza territoriale fosse dell'adito Tribunale ricorrendo uno dei tre fori alternativi previsti dall'art. 413 c.p.c.
La MDS Italia s.r.l. e l' A. hanno presentato memorie di costituzione con le quali hanno contestato l'ammissibilità e/o il fondamento dell'avverso ricorso per regolamento di competenza e di tutti i motivi ex adverso articolati.
Il Pubblico Ministero ha reso le sue conclusioni - nel senso del rigetto del ricorso - ed all'esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte.
Le parti hanno depositato memorie.

Osserva il Collegio che le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero sono condivisibili.
Orbene l'art. 413 c.p.c., comma 2, individua il giudice territorialmente competente per le controversie di lavoro indicando tre fori speciali alternativi: il luogo in cui è sorto il rapporto, quello in cui si trova l'azienda, quello in cui si trova la dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore.
Il problema interpretativo nel caso in esame è quello di stabilire cosa debba intendersi per "dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore".
Vale ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata nella impugnata ordinanza, ai fini della competenza territoriale nelle controversie di lavoro, la nozione di dipendenza aziendale di cui all'art. 413 cod. proc. civ. (non coincidente con quella di unità produttiva quale si desume da altre norme di legge) deve intendersi in senso lato, in armonia con la "mens legis", mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro (avente carattere strumentale) nel luogo della prestazione lavorativa, alla condizione però che l'imprenditore disponga ivi almeno di un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa. Pertanto, costituisce dipendenza aziendale anche l'abitazione del dipendente che si configuri come una elementare terminazione dell'impresa costituita da un minimo di beni aziendali necessari per l'espletamento della prestazione lavorativa.

(Nella specie, la S.C. ha ritenuto che lo svolgimento dell'attività di informatore scientifico farmaceutico con l'utilizzazione di un computer con rete "ADSL" collegata con la società datrice di lavoro, di un cellulare ed un'auto aziendale, nonchè l'esistenza di un deposito di prodotti farmaceutici in un locale annesso opportunamente attrezzato, consentono di qualificare i locali dell'abitazione come dipendenza), (Cass. Ordinanza n. 23110 del 16/11/2010 e, più di recente: Cass. Ordinanza n. 17347 del 15/07/2013) . E' stato precisato in tale decisione che per poter considerare l'abitazione del dipendente una terminazione dell'impresa è necessario che l'imprenditore, per sua consapevole scelta, abbia indirizzato un sia pur modesto complesso di beni, di sua o di altrui proprietà, all'esercizio dell'attività imprenditoriale ivi collocando il lavoratore per lo svolgimento dell'attività concordata (in tali sensi anche Cass. Ordinanza n. 13447 del 10.6.2009).
Orbene, ritiene il Collegio che correttamente il Tribunale di Napoli ha ritenuto che nel caso in esame non vi fosse la prova che la MDS Italia avesse inteso individuare nell'abitazione del L. una articolazione aziendale non potendo essere considerati a ciò sufficienti: la dotazione all'informatore di un "personal computer" portatile - in quanto tale utilizzabile in ogni luogo - ciò anche in considerazione del fatto che l'abitazione del predetto non era stata dotata di una rete aziendale alla quale il collegamento avveniva attraverso la connessione ad "internet" e con l'utilizzo di una "password", connessione realizzabile tramite il "pc" portatile anche da qualsiasi altro luogo, come è notorio; dalla presenza di materiale pubblicitario che, nella ordinanza impugnata, peraltro, viene definito di non meglio specificata natura; dall'aver la società corrisposto al L. una indennità (non meglio specificata in ricorso e solo in udienza denominata "deposito saggi" e, in detta sede, specificamente contestata dalla società) per il deposito del materiale.
In merito a tale ultima circostanza il Tribunale di Napoli ha giustamente richiamato quanto già in precedenza affermato da questa Corte secondo cui la corresponsione all'informatore scientifico di una indennità di custodia per non meglio indicati beni aziendali è irrilevante ai fini della individuazione di una articolazione aziendale presso il domicilio del lavoratore (Cass. n. 13447/2009 cit.).
E' il caso di precisare che l'esistenza di una stampante dell'azienda presso l'abitazione del L. è circostanza non allegata nel ricorso introduttivo del giudizio ma tardivamente in udienza avendone riferito il ricorrente solo in sede di libero interrogatorio.
In definitiva, nel caso in esame non è possibile individuare presso l'abitazione del L. un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, munito di propria individualità tecnico-economica e destinato al soddisfacimento delle finalità imprenditoriali.
Alla luce di quanto esposto il ricorso in esame, deve essere, rigettato con conseguente conferma del provvedimento del Tribunale di Napoli.
Le spese del presente regolamento, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso per regolamento di competenza; conferma il provvedimento del Tribunale di Napoli e condanna il ricorrente alle spese relative al presente regolamento liquidate in favore di ciascuna delle resistenti in Euro 1.000,00 per compensi professionali, oltre accessori, ed in Euro 100,00 per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2014


 

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