REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TREVISO
Il Tribunale, in persona del giudice istruttore in funzione di giudice unico, dott.ssa Valeria Castagna
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa promossa con atto di citazione notificato in data 1/12/2011
DA
G.G., rappresentato e difeso dall'avv. R.N., con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. A.S. in forza di mandato a margine dell'atto di citazione
CONTRO
R.M., rappresentata e difesa dall'avv. P.F., con domicilio eletto presso il suo studio in forza di mandato a margine della memoria di costituzione di nuovo difensore del 24/9/2013
NONCHÉ CONTRO
M. S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. F.R., con domicilio eletto presso il suo studio in forza di mandato a margine della comparsa di risposta
terza chiamata
In punto: indebito

Svolgimento del processo

Con l'atto di citazione di cui in epigrafe, G.G. esponeva: che egli aveva convissuto con R.M. dal 1990 al 2009, dapprima presso un immobile in locazione in Treviso via Palladio e poi, dal 1999, nell'immobile di proprietà della R.; che egli aveva corrisposto ingenti somme di denaro: per la ristrutturazione dell'immobile; per il pagamento delle rate del mutuo contratto per l'acquisto (il cui importo era superiore al reddito della R.); per il mantenimento della compagna e costosi regali alla stessa; per l'acquisto e la manutenzione di arredi ed impianti; per il pagamento delle spese condominiali, anche straordinarie.
Deduceva di avere sostenuto esborsi per complessivi Euro 155.632,39, dal 1999 al 2009, in mancanza di causa e con indebito arricchimento in capo alla convenuta. Ciò premesso, chiedeva la condanna della convenuta al pagamento di tale somma, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria.

Si costituiva la convenuta, deducendo che, nel corso della convivenza (iniziata nel 2004) ella avesse provveduto integralmente al pagamento di tutte le spese (ivi compreso il canone di locazione) ed al mantenimento di entrambi; che solo dal 1999 il G. aveva iniziato a partecipare alle spese comuni, cessando poi ogni contributo a fare data dal gennaio 2008; che negli anni 2008 e 2009 ella aveva versato in favore della M. S.r.l., società di cui il G. era amministratore unico, in due diverse tranches, la somma complessiva di Euro 39.500,00 (oltre alle spese per l'estinzione di una fideiussione, per Euro 1.500,00). Sosteneva che le prestazioni economiche effettuate da ciascun convivente in costanza di relazione doveva presumersi diretta al soddisfacimento di esigenze comune e costituiva obbligazione naturale, non ripetibile.
Chiedeva il rigetto della domanda attorea e la condanna della S.r.l. M. alla restituzione delle somme dalla convenuta erogate.

Si costituiva la società terza chiamata, deducendo l'inammissibilità della chiamata in causa, avente ad oggetto rapporto giuridico del tutto diverso da quello dedotto in giudizio; eccependo l'inammissibilità della domanda per carenza di connessione e la propria carenza di legittimazione passiva, avendo la stessa R. asserito di essere creditrice dell'ex convivente (e quindi non della società).

Motivazione

In via preliminare di rito, deve rigettarsi l'eccezione di improcedibilità dell'azione per mancata attivazione della procedura di mediazione, dal momento che la presente controversia non rientra, per oggetto, nell'ambito di quelle per le quali è prevista la mediazione obbligatoria.

Va altresì rigettata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla difesa della terza chiamata, posto che nella stessa prospettazione della parte si tratterebbe di individuare l'effettivo titolare del rapporto controverso, questione che attiene al merito e non ad una condizione dell'azione (così Cass. n. 21087/2007, n. 14468/2008, n. 12832/2009 e, da ultimo, Cass. Sez. 3, sentenza n. 23913/2013).
Nel merito, si deve in via del tutto preliminare rilevare come l'attore, pur avendo negli atti introduttivi proceduto ad una compiuta (e motivata) quantificazione della propria pretesa, peraltro riprodotta nelle conclusioni definitive, abbia nella scrittura conclusionale indicato una diversa e ben maggiore somma in relazione agli esborsi sostenuti per il pagamento della ristrutturazione dell'immobile. Tale diversa quantificazione costituisce domanda nuova (in riferimento al petitum, originariamente determinato in una ben precisa somma, espressa addirittura con decimali) come tale inammissibile.

La pretesa creditoria vantata da parte attrice ha trovato riscontro probatorio nell'attività istruttoria svolta e va quindi accolta nei limiti e per le ragioni di cui di seguito.
Il presupposto essenziale a fondamento dell'azione - residuale - di cui all'art. 2041 c.c. è costituito dall'assenza di una causa giuridicamente rilevante a fondamento di una attribuzione patrimoniale che abbia determinato un depauperamento per una parte, con correlativo incremento patrimoniale per l'altro soggetto. La causa giustificatrice dell'attribuzione patrimoniale può anche fondarsi su una obbligazione naturale.

Pacifica la circostanza che tra le odierne parti in causa principali vi è stato un lungo rapporto affettivo e di convivenza more uxorio, durato dal 1994 al 2009; altrettanto pacifico che nell'ambito della convivenza non matrimoniale si determina l'insorgenza di obblighi reciproci di natura morale e di rilevanza sociale.
La giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 1277/2014) ha anche recentemente affermato al proposito che "le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell'ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell'art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell'altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale. Ne consegue che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente "more uxorio" effettuate nel corso del rapporto (nella specie, versamenti di denaro sul conto corrente del convivente) configurano l'adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 cod. civ., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, senza che assumano rilievo le eventuali rinunce operate dal convivente - quale quella di trasferirsi all'estero recedendo dal rapporto di lavoro - ancorché suggerite o richieste dall'altro convivente, che abbiano determinato una situazione di precarietà sul piano economico, dal momento che tali dazioni non hanno valenza indennitaria, ma sono espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11330/2009) ha altresì affermato che "l'azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell'altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l'ingiustizia della causa qualora l'arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell'adempimento di un'obbligazione naturale. E, pertanto, possibile configurare l'ingiustizia dell'arricchimento da parte di un convivente "more uxorio" nei confronti dell'altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza - il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto - e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza".

Alla luce di tali principi si deve quindi procedere all'esame del caso di specie, alla luce delle emergenze istruttorie documentali ed orali.
Si deve anzitutto rilevare che dagli estratti conto bancari prodotti dall'attore risultano diversi movimenti, non tutti connotati da univocità e chiarezza. Verranno qui di seguito esaminate le varie voci.
In primo luogo, risultano dei bonifici periodici (talora senza indicazione del beneficiario, talaltro in favore della R.), che in ragione dell'importo che si presenta costante in determinati periodi di tempo (inizialmente Lire 968.333, successivamente Euro 1.356,28) e della cadenza mensile dell'addebito, si possono ritenere riferibili alle rate del mutuo contratto per l'acquisto dell'immobile intestato alla R. ed altri, anch'essi di importo prevalentemente costante, in favore dell'amministrazione del condominio in cui si trova l'appartamento in cui si è svolta la convivenza tra le parti.
Si osserva, al proposito, come l'erogazione delle somme necessarie al pagamento del mutuo sia in qualche modo finalizzata non solo e non tanto all'acquisizione di un beneficio patrimoniale in capo alla convivente, quanto a far fronte agli oneri abitativi. Ove, infatti, non fosse stato acquistato l'immobile in proprietà, i due conviventi avrebbero ovviamente dovuto sopportare degli oneri locativi. Va altresì rilevato come, dagli stessi estratti conto bancari prodotti dall'attore, non emerga né la domiciliazione delle utenze relative all'alloggio, né dei prelievi univocamente riferibili al pagamento di utenze o di altre spese comuni, quali quelle alimentari. Appaiono infatti poco frequenti e di modesta entità, ad esempio, i pagamenti a mezzo POS presso supermercati. Tali circostanze inducono ad affermare (come peraltro riferito dai testi) che tra i due conviventi vi fosse un accordo in ordine alla suddivisione delle spese destinate al soddisfacimento delle comuni esigenze di vita.
La teste G. L. (sorella dell'attore) ha dichiarato: "ho appreso da entrambe le parti che mio fratello pagava le spese condominiali e il mutuo per l'acquisto della casa intestata alla R. Le parti riferivano che si trattava di un accordo tra loro, in base al quale mio fratello di regola sosteneva le spese più importanti quali quelle di ristrutturazione e di acquisto dei mobili mentre la R. quelle correnti e ciò in quanto vi era sproporzione tra i redditi tra i due".
La teste R.M. (sorella della convenuta), a sua volta, ha riferito "ho appreso da entrambi i in particolare dal G. che i due si dividevano tra di loro le spese e oneri in relazione alle possibilità economiche".

Un contributo di tale rilievo (provvista per il mutuo e spese condominiali) alla vita comune da parte dell'attore non appare certo sproporzionato, alla luce dei redditi dallo stesso percepiti: dalla documentazione tributaria prodotta dallo stesso attore, infatti, emerge che il G. ha percepito nel 2001 un reddito imponibile di quasi 77 milioni di lire; nel 2003 un reddito di circa Euro 24.000; nel 2004 di oltre Euro 52.000, nel 2006 di circa Euro 60.000. Appare dunque come il contributo arrecato dal G. alla convivenza tramite l'erogazione delle spese condominiali (relative, si ricorda, proprio all'immobile in cui si svolgeva la vita di coppia) e fornendo sostanzialmente la provvista per il pagamento delle rate di mutuo tramite versamento delle somme necessarie sul conto corrente della R. sia proporzionato da un lato alle esigenze della famiglia di fatto e dall'altro al reddito percepito dall'attore.
In secondo luogo, risultano singoli specifici bonifici in favore di soggetti che, in ragione del periodo dei versamenti e della qualità dei beneficiari (ad esempio, l'architetto L., R.S.) devono ritenersi destinati al pagamento dei lavori di ristrutturazione sull'immobile della convivente. Tali esborsi non possono considerarsi come contributo alla vita comune, dal momento che si tratta di opere destinate a migliorare ed incrementare il valore di un bene di proprietà della sola R. e non appaiono strumentali alle concrete esigenze quotidiane della coppia.
Esaminando gli estratti conto prodotti dall'attore, gli esborsi certamente riconducibili a tale categoria ammontano a complessivi Euro 13.623,20. L'attore, infatti, ha omesso di produrre le fatture ed anche gli ordini di bonifico, che avrebbero potuto fornire ulteriori elementi utili a fini probatori.
Ai fini della quantificazione degli esborsi, deve valorizzarsi la testimonianza resa dalla teste L., tenendo conto peraltro che la stessa ha menzionato somme addirittura superiori rispetto a quelle enunciate e pretese dall'attore. Alla somma sopra determinata vanno quindi aggiunte quelle di Euro 15.000,00 per l'arredo della cucina e di Euro 7.000,00 e 10.000,00 per gli impianti elettrico e dell'aria condizionata (peraltro già in parte ricomprese in quelle risultanti dagli estratti conto), per un totale di Euro 45.623,00. A tale titolo può peraltro essere riconosciuto il solo minore importo di Euro 34.289,16, al quale è limitata la domanda attorea.

In terzo luogo, risultano degli assegni. Poiché, peraltro, l'attore non ha prodotto copia dei titoli, non è dato conoscere il nome del destinatario né il titolo giuridico sottostante l'emissione, cosicché non è possibile ricondurre tali somme ad elargizioni in favore della odierna convenuta, tanto meno ad attribuzioni svincolate da quell'obbligo di solidarietà familiare e sociale di cui si è detto sopra.

Conclusivamente, pertanto, la domanda attorea va accolta nella sola misura di Euro 34.289,16, somma relativa al pagamento da parte dell'attore dei lavori di ristrutturazione, il cui beneficio si è riversato esclusivamente nel patrimonio della convenuta (incrementando il valore dell'immobile), senza che ciò trovasse causa nell'obbligazione naturale connessa alla convivenza more uxorio tra le parti.
Trattandosi di debito di valore, la somma dovuta dev'essere rivalutata dall'epoca della corresponsione ad oggi; sulla somma devalutata ed anno per anno rivalutata, spettano altresì gli interessi legali.

Quanto alla domanda svolta dalla convenuta nei confronti della M. S.r.l., la stessa appare da un lato inammissibile, d'altro lato infondata. Sotto il primo profilo, infatti, si rileva come non vi sia alcuna connessione né soggettiva né oggettiva tra la domanda principale azionata in giudizio dal G. (di arricchimento senza causa nei confronti della ex convivente) e quella di restituzione di somme dalla convenuta erogate ad un soggetto terzo, dotato di propria personalità giuridica del tutto distinta da quella dell'attore.
Sotto il secondo profilo, si osserva che la convenuta ha solo dimostrato il trasferimento di due distinte somme di denaro dal proprio conto corrente a quello della società, ma non ha affatto fornito la dimostrazione del titolo di tale trasferimento di denaro, sicché non è dimostrata l'insorgenza, in capo alla società, di un obbligo di restituzione. Anzi, alla luce della deposizione del teste, emerge che l'accordo (espresso) tra le parti fosse nel senso che il pagamento sarebbe stato eseguito materialmente dalla R. ma per conto del G. (realizzando così una delegazione di pagamento), con la conseguenza che ogni eventuale rapporto creditorio sarebbe insorto tra tali due parti e non già con la società M. S.r.l.

In considerazione della reciproca soccombenza, le spese di lite vanno compensate tra attore e convenuta in ragione di due terzi, ponendosi il residuo a carico della convenuta (prevalentemente soccombente), mentre vanno poste a carico di parte convenuta quelle nei confronti della terza chiamata, che si liquidano come da dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014, in ragione del valore della controversia, del numero e natura delle questioni trattate e dell'attività concretamente prestata.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione reietta e disattesa, così provvede:
1) rigetta l'eccezione di improcedibilità dell'azione sollevata dalla convenuta;
2) condanna R.M. a corrispondere a G.G. la complessiva somma di Euro 34.289,16, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi di legge dal dovuto al saldo;
3) rigetta le domande proposte da R.M. nei confronti della S.r.l. M.;
4) condanna la convenuta alla rifusione in favore dell'attore delle spese del presente giudizio in ragione di un terzo, quota che si liquida in complessivi Euro 4.800,00 per compenso ed Euro 281,50 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge, compensando la residua quota;
5) condanna la convenuta alla rifusione in favore della terza chiamata delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 7.000,00 per compenso, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Treviso, il 31 gennaio 2015.
Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2015.


 

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