REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATUCCI Alfonso - Presidente -
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere -
Dott. SESTINI Danilo - rel. Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10508/2011 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E DUSE 5, presso lo studio dell'avvocato LEONARDI SERGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIANCARLO SAVAGNONE giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
GMC SAS, M.A., M.L., FALLIMENTO SEI SRL, B.V., C.A.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1645/2010 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 25/11/2010 R.G.N. 63/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/07/2014 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per l'inammissibilità' del ricorso.

Svolgimento del processo

Sul giornale "L'Ora" del 16.10.2001, venne pubblicata un'intervista rilasciata ad P.A. da P.A. (segretario di un'associazione sindacale) in cui si criticava la gestione dei punti vendita della GMC s.r.l. e si affermava - con riferimento al presidente del consiglio di amministrazione della società - che "non ci vuole certo la laurea alla ____ come vanta avere M.A. per gestire così un'azienda. Basta farsi un giro nei quartieri spagnoli di ____...".
Il Tribunale di Palermo rigettò la domanda risarcitoria proposta dalla predetta GMC e da M.L. e A. in relazione al predetto articolo e ad altro del 21.4.2001.
In parziale riforma della sentenza, la Corte di Appello di Palermo ha condannato P.A. e B.V. (quest'ultimo quale direttore responsabile del quotidiano) al risarcimento dei danni in relazione alla pubblicazione del 16.10.2001, liquidandoli in Euro 1.000,00, oltre interessi legali a far data dalla pubblicazione della sentenza.
Ricorre per cassazione il P., affidandosi a due motivi; gli intimati non svolgono attività difensiva.

Motivazione

1. Col primo motivo, il ricorrente deduce "insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio" per avere la Corte attribuito "al testo dell'articolo un significato del tutto inconciliabile con il suo effettivo contenuto"; assume, infatti, che il riferimento ai quartieri spagnoli di _____ concerneva le modalità di gestione delle "botteghe" ivi esistenti, costituite da "piccoli esercizi commerciali nella maggioranza a conduzione familiare" (per le quali non occorre, dunque, avere conseguito la laurea presso una prestigiosa università).
1.1. Sul punto, la Corte di Appello ha ritenuto "fortemente offensivo... il commento del giornalista laddove... non si limita a riportare la laurea alla ____ conseguita dal M. e... a sottolineare l'insuccesso del predetto nell'attività imprenditoriale, nonostante il titolo conseguito in un'università prestigiosa, ma, con l'accenno alla frequentazione del predetto dei quartieri spagnoli di ____, notoriamente malfamati, evidentemente accusa il medesimo di condotte illecite o che rasentano l'illecito, offendendone l'onore e la reputazione".

1.2. La motivazione della Corte offre una lettura plausibile della frase e ne afferma - nel significato che ad essa attribuisce - l'idoneità ad offendere l'onore e la reputazione del M.: si tratta di un accertamento di fatto che, in quanto sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici, risulta incensurabile in sede di legittimità (ex multis, Cass. n. 3284/2006).
Per parte sua, il P. si limita a proporre una diversa lettura, senza prospettare effettivi vizi motivazionali, in tal modo sollecitando la Corte a compiere un inammissibile apprezzamento di merito (conforme alle proprie tesi difensive).
Ne consegue l'inammissibilità del motivo.

2. Col secondo motivo ("violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c., con riferimento all'art. 595 c.c."), il ricorrente si duole che la Corte non abbia considerato che l'articolo pubblicato riportava il contenuto di un'intervista, cosicchè "il limite della verità" doveva "essere riferito non alla rispondenza dei dati forniti dall'intervistato alla verità fenomenica, ma al fatto che l'intervista si sia effettivamente svolta e che i concetti o parole riportati siano effettivamente rispondenti a quanto dichiarato dalla persona intervistata", con l'ulteriore conseguenza che il giornalista che abbia riportato opinioni manifestate in termini critici non subisce limiti al proprio diritto di cronaca ove sia rimasto "neutrale rispetto alle esternazioni del soggetto interrogato".

2.1. E' noto che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, "la divulgazione di una notizia lesiva della reputazione può essere considerata lecita e come tale rientrante nel diritto di cronaca quando: 1) i fatti esposti sono veri, 2) vi è un interesse pubblico alla conoscenza del fatto, 3) vi sia correttezza formale dell'esposizione che non travalichi lo scopo informativo" (Cass. n. 6877/2000).

In relazione alla specifica ipotesi di espressioni diffamatorie contenute in un'intervista, si è precisato che, "ove il giornalista si sia limitato a riportare senza modifiche o commenti le parole effettivamente dette dall'intervistato, presupposti per l'applicabilità dell'esimente del diritto di cronaca sono: a) la verità... del fatto che l'intervistato abbia effettivamente formulato, nelle circostanze di tempo e di luogo indicate dal giornalista, le espressioni riportate, che è da escludersi quando, pur essendo vere le affermazioni riferite, ne siano dolosamente o colposamente taciute altre, idonee ad alterarne sostanzialmente il significato, ovvero quando, mediante accostamenti suggestivi di singole affermazioni dell'intervistato capziosamente scelte o a mutamenti dell'ordine di esposizione delle medesime, l'intervista venga a risultare presentata in termini oggettivamente idonei a creare nel lettore o nell'ascoltatore una (in tutto o in - rilevante - parte) falsa rappresentazione della realtà dalla medesima emergente; b) sussistenza, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia in discussione o ad altri caratteri dell'intervista, di indiscutibili profili di interesse pubblico all'informazione" (Cass. n. 23366/2004; cfr. anche Cass. n. 2733/2002, Cass. n. 10686/2008 e Cass. n. 16917/2010).

Dando continuità a tale orientamento, ritiene il Collegio che, quando la cronaca abbia per oggetto immediato il contenuto di un'intervista, il requisito della verità vada apprezzato in termini di corrispondenza fra le dichiarazioni riportate dal giornalista e quelle effettivamente rese dall'intervistato, con la conseguenza che, laddove non abbia manipolato o elaborato le predette dichiarazioni (in modo da falsarne - anche parzialmente - il contenuto), il giornalista non può essere chiamato a rispondere di quanto affermato dall'intervistato, semprechè ricorra l'ulteriore requisito dell'interesse pubblico alla diffusione dell'intervista.

Altrettanto deve valere per il requisito della continenza, da intendersi rispettato ove il giornalista si sia limitato a riportare correttamente le dichiarazioni (a prescindere dal contenuto delle stesse).

2.2. Atteso che, nel caso di specie, non è controversa la sussistenza dell'interesse pubblico alla diffusione dell'intervista (valutato, ovviamente, in relazione al circoscritto ambito territoriale cui era rivolta la cronaca locale) e non risulta posta in dubbio la fedeltà del testo pubblicato alle dichiarazioni rese dall'intervistato, deve ritenersi che la Corte territoriale non abbia fatto buon governo dei principi sopra richiamati, che - ove correttamente applicati - avrebbero dovuto comportare l'esclusione della responsabilità.
Il motivo va dunque accolto, con cassazione della sentenza.

2.3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto della domanda risarcitoria.

3. Le peculiarità della vicenda giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite di tutti gradi di giudizio.

PQM

la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda e compensa le spese di lite di tutti i gradi di giudizio.
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2014.


 

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