LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente -
Dott. CAMPANILE Pietro - rel. Consigliere -
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere -
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso n. 24139 dell'anno 2008 proposto da:
M.I. - ricorrente -
contro
S.M. - controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, n. 80, depositata in data 15 gennaio 2008;
sentita la relazione all'udienza del 22 gennaio 2013 del consigliere Dott. Pietro Campanile;
Sentito l'avv. Menconi, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto Dott. Costantino Fucci, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Montepulciano, con sentenza depositata in data 23 marzo 2007, avendo già pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da S.M. e M. I., assegnava a costei la casa familiare, ponendo a carico del primo un assegno divorzile pari ad Euro 480,00 mensili, oltre al contributo per il mantenimento del figlio V., determinato in Euro 600,00 mensili, con partecipazione, nella misura del 50 per cento, alle spese straordinarie.
La Corte di appello di Firenze, con la decisione indicata in epigrafe, accogliendo l'impugnazione proposta dal S., revocava l'assegno disposto a favore della M., ritenendo che il reddito di cui la stessa disponeva le consentisse di conservare il tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio.
Per la cassazione di tale decisione le M. propone ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui il S. resiste con controricorso.

Motivazione

Con il primo motivo si deduce - formulandosi idoneo quesito di diritto - violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5 e succ. mod., per aver la Corte territoriale escluso la ricorrenza dei presupposti per l'attribuzione dell'assegno divorzile già disposto in prime cure, senza procedere a una ricostruzione delle condizioni economiche delle parti e senza verificare se i redditi della ricorrente le consentissero di mantenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Sotto tale profilo viene censurata anche la svalutazione del dato probatorio costituito dalle pattuizioni emergenti dalla sentenza relativa alla separazione personale dei coniugi.
Il motivo è fondato.
La Corte di appello di Firenze ha escluso la possibilità di confermare, nell'ambito del procedimento di divorzio, l'assegno disposto in relazione alla separazione dei coniugi, correttamente richiamando la diversità dei relativi presupposti. Ha poi rilevato, all'esito dell'indicazione di alcuni beni di proprietà della M., che "il reddito ed il patrimonio di cui dispone l'appellata le consente di conservare un tenore di vita analogo a quello di cui godeva in costanza di matrimonio, mentre la misura dell'assegno determinato in primo grado, per la sua modesta entità, appare addirittura sproporzionata, in difetto, al raggiungimento dei fini per i quali è stato disposto".
Deve quindi rilevarsi come nella decisione impugnata si sia omesso di valutare il tenore di vita in costanza di matrimonio, sia con riferimento alla posizione economica e sociale delle parti (cfr.Cass., 12 luglio 2007, n. 15610, secondo cui correttamente il tenore di vita precedente viene desunto dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e dalle disponibilità patrimoniali), sia in relazione all'assetto economico vigente all'atto della pregressa separazione personale, che la corte territoriale ha del tutto svalutato, costituendo, al contrario, un elemento utile di valutazione, che è suscettibile di essere apprezzato in favore della parte richiedente l'assegno, per il principio di acquisizione presente nel vigente ordinamento processuale, anche in assenza della prova da parte del richiedente della sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l'attribuzione dell'assegno in questione (Cass., 27 luglio 2005, n. 15728).
Nella sentenza impugnata, poi, non risulta correttamente applicato il principio secondo cui il giudice, chiamato a decidere sull'attribuzione dell'assegno di divorzio, è tenuto a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza - all'atto della decisione - dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio. La nozione di adeguatezza, che postula un esame comparativo della situazione reddituale e patrimoniale attuale del richiedente con quella della famiglia all'epoca della cessazione della convivenza, impone di tener conto dei miglioramenti della condizione finanziaria dell'onerato, anche se successivi alla cessazione della convivenza, i quali costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell'attività svolta durante il matrimonio (Cass., 4 ottobre 2010, n. 20582).
Quanto all'impossibilità di procurarsi mezzi adeguati, richiamato il principio secondo cui l'accertamento della capacità lavorativa del coniuge richiedente va compiuto non nella sfera della ipoteticità o dell'astrattezza, bensì in quella dell'effettività e della concretezza, dovendosi, all'uopo, tenere conto di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi del caso di specie in rapporto ad ogni fattore economico - sociale, individuale, ambientale, territoriale (Cass., 16 luglio 2004, n. 13169), va rilevato che la corte territoriale non ha in alcun modo evidenziato, con motivazione esente da censure in questa sede, come i redditi della ricorrente fossero adeguati rispetto al mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, difettando, come sopra evidenziato, qualsiasi specifica enunciazione al riguardo, ove si prescinda dall'irragionevole considerazione che l'assegno attribuito dal Tribunale, in rapporto al tenore di vita accertato in primo grado (ritenuto, senza alcuna ulteriore indicazione, erroneo), sarebbe stato addirittura inadeguato per difetto, argomentazione certamente di per sè stessa inidonea ad escludere l'attribuzione dell'assegno.
In definitiva, la Corte territoriale non si è conformata al principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto: a tal fine, il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali (Cass., 28 febbraio 2007, n. 4764), laddove anche l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi (Cass., 19 ottobre 2006, n. 2250; Cass. 30 novembre 2007, n. 25010).
L'accoglimento del primo motivo, assorbente rispetto al secondo mezzo, con il quale le medesime censure sono prospettate sotto il profilo del vizio motivazionale, comporta la cassazione della decisione impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze, che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra richiamati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013


 

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