REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. MAMMONE Giovanni - rel. Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27401-2010 proposto da:
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO GAETANO MARTINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell'avvocato VILLA RAFFAELE, rappresentata e difesa dall'avvocato LOSI GIUSEPPE, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
P.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato RIZZO FERNANDO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MESSINA; - intimata -
Nonchè da:
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MESSINA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ope legis, in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
P.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato RIZZO FERNANDO, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA POLICLINICO GAETANO MARTINO; - intimata -
avverso la sentenza n. 1080/2010 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 09/08/2010 R.G.N. 962/2007+965/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;
udito l'Avvocato VILLA RAFFAELE per delega LOSI GIUSEPPE;
udito l'Avvocato RIZZO FERNANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Messina P.O., dipendente dell'Università di Messina in servizio presso il Policlinico universitario (ora Azienda ospedaliera universitaria "G. Martino") (AOU) con qualifica di funzionario amministrativo, premessa l'equiparazione tra il personale universitario e quello del comparto sanità ai sensi del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 chiedeva la corresponsione della retribuzione minima prevista dagli artt. 3 e 35 del ccnl 8.06.00 dell'area della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa del Servizio sanitario nazionale.
2.- Costituitesi l'Università di Messina e l'Azienda ospedaliera, il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione per la parte della domanda afferente il periodo antecedente il 1.07.98, riteneva passivamente legittimate l'Università e l'Azienda ospedaliera ed accoglieva la parte residua della domanda equiparando sul piano economico la posizione del ricorrente a quella dell'ex 9^ livello ospedaliero (ora 1^ livello dirigenziale non medico) sulla base del trattamento previsto dall'art. 35 del ccnl Sanità 1998-01, ivi compresa la retribuzione di posizione minima, fissa e variabile.
3.- Proposti separati appelli principali dall'Università e dall'Azienda ospedaliera, la Corte d'appello di Messina riuniva le impugnazioni e con sentenza del 9.08.10 le rigettava.
4.- La Corte d'appello, ritenuta la concorrente legittimazione passiva dei due Enti, rilevava che la fonte dell'equiparazione era costituita dal decreto interministeriale 9.11.82, che, ai fini economici, poneva automaticamente in correlazione le qualifiche universitarie con quelle ospedaliere, prescindendo dall'effettivo esercizio delle mansioni corrispondenti (all. D). La Corte, inoltre, poneva in evidenza che dall'equiparazione derivava il diritto alla corresponsione dell'indennità di posizione minima, che la contrattazione collettiva considerava parte integrante del trattamento economico fondamentale.
5.- Avverso questa sentenza l'Azienda ospedaliera universitaria Policlinico "G. Martino" proponeva ricorso per cassazione, successivamente illustrato con memoria. Rispondeva con controricorso e ricorso incidentale l'Università degli Studi di Messina.
P. con controricorso e memoria contrasta tanto il ricorso principale, che quello incidentale.

Motivazione

6.- I due ricorsi debbono essere preliminarmente riuniti, ai sensi degli artt. 335 c.p.c..
7.- I motivi dedotti dall'Azienda ospedaliera universitaria "G. Martino con il ricorso principale" possono sintetizzarsi come segue.
7.1.- Violazione del D.P.R. 20 dicembre 79, n. 761, art. 31 ritenendo erroneamente affermata la propria legittimazione passiva, atteso che l'Università è dalla norma stessa individuata quale soggetto tenuto all'adempimento delle obbligazioni nascenti dalla equiparazione delle due categorie di pubblici dipendenti, atteso che lo svolgimento dell'attività assistenziale non fa venir meno il rapporto di impiego con l'Università, nè l'obbligo di quest'ultima di corrispondere la retribuzione dovuta.
7.2.- Violazione del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 sotto diverso profilo, contestando che nell'indennità perequativa prevista da detta norma possa farsi rientrare la retribuzione di posizione minima dall'art. 35 del già menzionato ccnl 8.6.00. Infatti, detto art. 31 riconosce al personale universitario che presta servizio presso i policlinici convenzionati con le regioni e le unità sanitarie locali "una indennità ... nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità". Tale disposizione intende perseguire la finalità di attribuire al personale universitario l'indennità perequativa sulla base di un giudizio di equivalenza dell'anzianità, dell'identità (per contenuto e concreto espletamento) delle funzioni e mansioni del personale ospedaliero, il che presuppone l'emanazione di uno specifico provvedimento ricognitivo.
Impropriamente dunque il giudice di merito ha richiamato il D.I. 9 novembre 1982 e la tabella all. D di raffronto di funzioni e mansioni ad esso allegata (costituente fonte regolamentare non abilitata a modificare il testo normativo), che per regolare il trattamento economico del personale universitario medico e non medico addetto all'assistenza, prescindendo da ogni effettiva corrispondenza, richiama detto art. 31.
Al P., quindi, non avrebbe potuto essere riconosciuta la retribuzione di posizione minima di cui all'art. 35 (rientrante nel trattamento economico fondamentale dei dirigenti), non avendogli l'Amministrazione mai conferito, nè riconosciuto la qualifica di dirigente, e non avendo egli dimostrato di aver mai prestato le relative mansioni.

8.- I motivi dedotti con il ricorso incidentale dell'Università degli Studi di Messina possono sintetizzarsi come segue.
8.1.- Violazione del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 2 e 8 in combinato con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3 e il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 da cui emergerebbe la carenza di legittimazione passiva dell'Università, atteso che il dipendente ha chiesto la condanna delle Amministrazioni alla corresponsione non dell'indennità prevista dal D.P.R. n. 761, art. 31 ma all'equiparazione del proprio trattamento economico a quello dei dipendenti del settore sanitario inquadrati nel 1° livello della dirigenza, con ogni effetto quanto alla retribuzione dovuta. Dato che nel rapporto di lavoro del personale universitario che presta lavoro presso le aziende ospedaliere la prestazione è effettuata a favore di un soggetto terzo, tutto quello che attiene alla conduzione dell'attività lavorativa del personale sanitario, compresi gli adeguamenti retributivi deve essere posto a carico del bilancio dell'azienda ospedaliera.
8.2.- Violazione del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 in quanto l'equiparazione economica del personale universitario non docente a quello del Servizio sanitario non può prescindere dall'esame degli aspetti sostanziali del rapporto, avendo riguardo alle effettive mansioni svolte. La circostanza dell'avvenuta equiparazione del richiedente nell'ex 9^ livello retributivo funzionale in applicazione del D. 9 novembre 1982, tabella all. D, non comporta di per sè il riconoscimento del diritto al godimento delle indennità spettanti al personale dirigenziale, le quali sono invece subordinate alla prova dello svolgimento effettivo delle funzioni dirigenziali.

9.- Procedendo alla trattazione in ordine logico, vanno esaminate preliminarmente ed in unico contesto le censure avanzate in punto di legittimazione passiva dall'Azienda ospedaliera (v. n. 7.1.) e dall'Università di Messina (v. n. 8.1), con le quali i due Enti declinano reciprocamente la legittimazione, nell'alternativa che la stessa debba far carico al soggetto che risulta giuridicamente datore di lavoro (tesi dell'Azienda) o al soggetto utilizzatore della prestazione (tesi dell'Università).
10.- Al riguardo deve rilevarsi che, nell'ambito dell'assetto dei rapporti tra Servizio Sanitario Nazionale e Università e della collaborazione tra gli stessi, prevista per l'esercizio della funzione sanitaria, con il D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 fu prevista l'istituzione di aziende ospedaliere universitarie dotate di autonoma personalità giuridica e con il D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 furono definiti i rapporti giuridici del personale assegnato o trasferito alle nuove aziende. In questo assetto, il D.Lgs. n. 517 prevede che l'organo amministrativo dell'azienda ospedaliera universitaria (il direttore generale) ed il presidente dell'organo di indirizzo dell'azienda (chiamato al coordinamento delle attività didattiche e scientifica con quella strettamente assistenziale) siano nominati dal presidente della regione d'intesa con il rettore (art. 4). Lo stesso decreto prevede, inoltre, che "al sostegno economico- finanziario delle attività svolte dalle aziende concorrono risorse messe a disposizione sia dall'Università sia dal Fondo sanitario regionale ai sensi del presente comma. Alle attività correnti concorrono le Università con l'apporto di personale docente e non docente e di beni mobili ed immobili ai sensi dell'art. 8 sia le regioni mediante il corrispettivo dell'attività svolta ..." (art. 7, comma 1).
Ne consegue che, mentre sul piano materiale l'attività sanitaria è convogliata in un modello aziendale unico (l'azienda ospedaliera universitaria), la gestione (anche sul piano finanziario) è rimessa alla regione ed all'università per cui la soluzione delle questioni giuridiche ed economiche fa necessariamente capo ad entrambi i soggetti pubblici (v. anche S.u. 29.05.12 n. 8521, che imposta i rapporti tra i due soggetti in termini di vera e propria cogestione).

11.- Prima di procedere all'esame dei motivi ulteriori, va riassunta la normativa che regola la materia oggetto di causa, che può essere ricostruita come segue: a) la L. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 stabilì che al personale docente in servizio presso cliniche ed istituti universitari convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, gestiti dalle università, fosse attribuita un'indennità economica tale da equiparare il trattamento economico a quello in godimento del personale ospedaliero di pari funzioni, mansioni ed anzianità (c.d. indennità De Maria); b) la L. 15 maggio 1974, n. 200, art. 1 estese tale indennità al personale non medico (c.d. indennità piccola De Maria); c) il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 (avente ad oggetto lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali) stabilì che "al personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unità sanitarie locali, anche se gestiti direttamente dalle università, è corrisposta un'indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità" (comma 1); era altresì previsto che il personale universitario assumesse diritti e doveri pari a quelli del personale di pari o corrispondente qualifica del ruolo regionale, secondo modalità stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 39, e che "tenuto conto degli obblighi derivanti dal suo particolare stato giuridico, nei predetti schemi sarà stabilita in apposite tabelle l'equiparazione del personale universitario a quello delle unità sanitarie locali ai fini della corresponsione della indennità di cui al comma 1" (comma 4); d) il D.I. 9 novembre 1982, recante l'approvazione degli schemi tipo di convenzione tra regione e università e tra università e unità sanitaria locale, ha previsto che per il personale universitario non medico la corrispondenza con quello in servizio presso le unità sanitarie locali avvenga secondo le indicazioni contenute nell'allegata tabella D (art. 7); e) introdotta la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, i contratti collettivi per il personale 1994-97 (art. 53) e 1998-2001 (art. 51) hanno confermato l'attribuzione al personale universitario non docente dell'indennità di cui al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31; tuttavia, detto art. 51, recante norme per il personale che opera presso le aziende policlinico universitario e le strutture sanitarie convenzionate, ha previsto che "...2. Ai fini di assicurare l'omogeneità dei trattamenti sul territorio nazionale e di tener conto delle evoluzioni delle professioni sanitarie, sarà definita entro 12 mesi dalla stipula del presente contratto una tabella nazionale delle corrispondenze tra le figure professionali previste dal presente CCNL e quelle previste dal CCNL del comparto Sanità. ... 3. Dalla data di definizione della tabella di cui al comma precedente, al personale di cui al comma 1 verrà corrisposta l'indennità di equiparazione di cui al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31, calcolata con riferimento alle corrispondenze professionali definite dalla suddetta tabella.
4. Fino alla definizione della tabella di cui al comma 2, al predetto personale di cui al comma 1, in servizio alla data di stipula del presente CCNL, continuano a essere corrisposte le indennità di cui al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 con riferimento alle collocazioni professionali in essere e alle corrispondenze in essere con le figure del personale del servizio sanitario nazionale e con riferimento al trattamento economico previsto dai contratti collettivi nazionali nel tempo vigenti nel comparto sanità"; J) infine, con il ccnl 2002-05, sottoscritto il 27.01.05, il personale operante presso le AOU, con decorrenza dalla data di stipula del contratto collettivo, è stato inquadrato per fasce secondo una specifica tabella (art. 28, tab. A).

12.- Esaminando in unico contesto il secondo motivo di ricorso dell'A.O.U. (n. 7.2) e il secondo motivo di ricorso incidentale dell'Università (n. 8.2), le questioni ivi sollevate debbono essere esaminate alla luce dei principi enunziati da questa Corte con le sentenze S.u. 29.05.12 n. 8521 e Sez. Lav. 24.05.13 n. 12908, delle quali deve essere qui parzialmente ripercorso l'iter argomentativo.
13.- Richiamato il quadro normativo illustrato sub n. 11, deve rilevarsi che le disposizioni del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31 hanno conservato la loro vigenza anche successivamente alla privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico ed all'entrata in vigore del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. L'art. 69, comma 1, di tale D.Lgs. prevede, infatti, che le disposizioni degli accordi sindacali recepiti in decreto del Presidente della Repubblica in base alla L. n. 93 del 1983 e le norme generali e speciali del pubblico impiego vigenti al 13.01.94 "sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati" e che "tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001" (art. 69, comma 1).
Le Sezioni unite, presa in esame la disciplina della contrattazione collettiva successiva, hanno rilevato, con riferimento a domanda di contenuto analogo a quello ora in esame, che continuava ad applicarsi transitoriamente il D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 nelle more dell'approvazione di una tabella nazionale per la ridefinizione delle corrispondenze economiche tra il trattamento del personale addetto a strutture sanitarie convenzionate e quello del personale del S.S.N. con conservazione delle indennità di perequazione in godimento secondo le collocazioni in essere.
Fino all'intervento del ccnl 2002-2005 (sottoscritto il 27.01.05) con cui è stata elaborata una tabella unica in cui il personale universitario in servizio presso le AOU viene inquadrato per fasce, sulla base delle categorie professionali ed economiche in atto nel S.S.N è, quindi, direttamente all'art. 31 che deve farsi riferimento per determinare i parametri di attribuzione dell'indennità perequativa nel periodo interessato dalla presente controversia. Dato che la norma in questione prevede che con modalità stabilite negli schemi tipo di convenzione di cui alla L. 23 dicembre 1978, n. 833 "sarà stabilita in apposite tabelle l'equiparazione del personale universitario a quello delle unità sanitarie locali ai fini della corresponsione della indennità ..." (comma 4), è alla tabella all. D al D.I. 9 novembre 1982, recante gli schemi tipo di convenzione, che deve farsi ulteriore riferimento per quel che riguarda il criterio di equiparazione.
Il decreto in questione costituisce esplicazione di incensurabile discrezionalità normativa, che attribuisce rilievo essenziale al dato fattuale dell'equivalenza delle mansioni proprie delle qualifiche coinvolte, a prescindere dall'elemento formale del titolo di studio posseduto dal dipendente che occupa la posizione interessata. Le mansioni di riferimento ai fini dell'equiparazione sono quelle ricomprese nella qualifica (universitaria) di appartenenza (collaboratore tecnico di settimo livello), le quali in base a detta tabella D corrispondono a quelle del dipendente del ruolo sanitario inquadrato come assistente tecnico ospedaliero (farmacista, biologo, chimico, fisico, psicologo, già nono livello, corrispondente oggi al primo livello dirigente amministrativo) (v. la già menzionata sentenza a S.u. n. 8521 del 2012).

14.- Infondato il profilo generale dei motivi in esame, deve in particolare rilevarsi l'infondatezza del profilo di censura attinente la specifica posizione del P. Entrambi i ricorrenti contestano, infatti, l'attribuzione dell'indennità di posizione minima, che a loro avviso non rientrerebbe nel trattamento perequativo, atteso che la stessa presupporrebbe l'effettiva titolarità della qualifica dirigenziale, che, si assume, mai sarebbe stata conferita al funzionario in causa.
Il D.P.R. n. 761 del 1979, art. 31 prevede che la perequazione avvenga mediante la corresponsione di "una indennità, non utile ai fini previdenziali e assistenziali, nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità". Il giudice di merito ha individuato il "trattamento economico complessivo" da prendere a riferimento in quello spettante al personale non medico di primo livello dirigenziale previsto dal più volte richiamato CCNL del dirigenti non medici del comparto sanità 1998-01 (in cui è confluito il 9^ livello del personale USL, corrispondente al 7^ livello universitario, secondo l'originaria corrispondenza del D.I. 9 novembre 1982), che si compone di stipendio tabellare, indennità integrativa speciale, retribuzione individuale di anzianità e retribuzione di posizione minima (art. 35).
La censura dei due ricorrenti è basata sul presupposto che al P. "l'Amministrazione non ha mai conferito nè riconosciuto la qualifica di dirigente" e che il medesimo "non ha dimostrato di aver prestato le relative mansioni" (pag. 20 ricorso AOU, analogamente a pag. 6 del ricorso Università). Tale affermazione, invece, è smentita dal giudice di merito (pag. 5 motivazione) il quale ha rilevato che il P. era stato inquadrato nel 9^ livello ospedaliero, con provvedimento amministrativo esplicito, che l'interessato indica nella Delib. 13 settembre 1996 del direttore generale dell'Università (pag. 6 di entrambi i controricorsi).
L'art. 40 dello ccnl del dirigenti non medici del comparto sanità 1998-01 prevede che "la retribuzione di posizione dei dirigenti è una componente del trattamento economico dei dirigenti che ... è collegata all'incarico agli stessi conferito" e, dunque, che il pubblico dipendente (che riveste la qualifica dirigenziale non medica) ricopra o quanto meno sia in condizione di poter ricoprire un incarico dirigenziale. Tale condizione è realizzata nel caso di specie, atteso che, in forza dell'art. 3 dello stesso contratto collettivo, il conferimento del 9° livello comporta l'equiparazione al primo livello dirigenziale ed abilita il funzionario interessato all'esercizio della funzione stessa.

15.- In conclusione, dunque, i due ricorsi sono infondati e debbono essere integralmente rigettati.
Le spese del giudizio di legittimità debbono essere poste a carico solidale dei soccombenti.
16.- I compensi professionali vanno liquidati in Euro 3.000 sulla base del D.M. 20 luglio 1912, n. 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi previste per il giudizio di cassazione (studio, introduzione e decisione) ed allo scaglione fino ad Euro 25.000

PQM

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, condannando le ricorrenti in solido alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100 (cento) per esborsi ed in Euro 3.000 (tremila) per compensi, oltre Iva e Cpa.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2014


 

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