REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -
Dott. ROMIS Vincenzo - rel. Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:

1) C.S. _____;

avverso la sentenza n. 1075/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del 08/11/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Baglione Tindari, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Teseo Roberto, in sostituzione dell'avv. Bissi Aldo, che ha concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

Svolgimento del processo

1. C.S. veniva condannata dal Tribunale di Milano alla pena di anni tre e mesi due di reclusione per i reati di omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose (capi A) e B) della rubrica), ritenuto il reato di lesioni colpose assorbito in quello di omicidio colposo, commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale - nell'effettuare una manovra di svolta a sinistra, mentre era alla guida di un'auto in stato di alterazione psico-fisica per uso di stupefacenti - nonchè alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 3.000,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 187 C.d.S. (capo C) della rubrica): fatto avvenuto il (OMISSIS); il Tribunale riteneva insussistente qualsiasi legame, ex art. 81 cpv. c.p., tra i delitti colposi di cui ai capi A) e B) ed il reato contravvenzionale di cui al capo C).
In ordine alla medesima vicenda, e per gli stessi reati, si era proceduto separatamente nei confronti di A.S. (anch'egli, al momento del fatto, in stato di alterazione psico- fisica per assunzione di sostanze stupefacenti).
2. La Corte d'Appello di Milano - a seguito di gravame ritualmente proposto nell'interesse della C. - confermava l'impugnata decisione, e disattendeva le doglianze dell'appellante, limitate al diniego delle attenuanti generiche ed all'entità della pena, con argomentazioni che possono così sintetizzarsi: la C. non appariva meritevole delle attenuanti generiche, avuto riguardo agli indici di particolare gravità del fatto (manovra definita "sconsiderata" e vietata) quali già evidenziati dal primo giudice, a nulla rilevando la confessione, in quanto elemento neutro, rispetto alle incontestate modalità del fatto ed all'assunzione di stupefacenti, ed apparendo del tutto irrilevanti gli argomenti positivi - ivi compreso lo stato di formale incensuratezza - offerti alla valutazione del giudice, a fronte delle connotazioni di gravità già evidenziate con la sentenza di primo grado; risultava altresì insuscettibile di diminuzione la pena inflitta in primo grado perchè quantificata in maniera equilibrata avuto riguardo alla straordinaria gravità del fatto: la morte di due persone e le conseguenze gravissime e permanenti sulla persona sopravvissuta.
3. Ricorre per cassazione la C., a mezzo del difensore, deducendo tre motivi di ricorso: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche; i giudici del merito avrebbero errato nel non valutare il concorso di colpa dell' A. (e quindi il grado della colpa della C., secondo quest'ultima non elevato) e nel non tener conto che la C., a causa delle sue condizioni psico-fisiche, non si metterà mai più alla guida di un'auto: vi sarebbe stata una sostanziale ingiustizia, per la difformità delle pene inflitte ai due corresponsabili, in conseguenza della scelta del P.M. di separare le due posizioni che avrebbero dovuto essere trattate congiuntamente (la ricorrente prospetta la violazione dell'art. 12 c.p.p.); 2) violazione di legge in ordine all'entità della pena, asseritamente eccessiva e tale da porre seri problemi in sede di esecuzione per le condizioni di salute della C. che sarebbero incompatibili con il regime carcerario; 3) violazione di legge in ordine alla qualificazione del fatto, posto che, ad avviso della ricorrente - la quale a sostegno della propria tesi difensiva cita la sent. N. 3559 del 2010 di questa Quarta Sezione - ci si troverebbe in presenza della figura del reato complesso (art. 84 c.p.), ricorrendone tutti i presupposti, in base alle argomentazioni così formulate nel ricorso:
a) "la violazione del Codice della Strada relativa alla circolazione sulla pubblica via in stato di alterazione psico-fisica, dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, è totalmente ricompresa nel reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope" (così testualmente a pag. 10 del ricorso); si verterebbe in un caso di consunzione "dove la norma contravvenzionale è totalmente assorbita dall'art. 589 c.p., comma 2", anche perchè "i beni giuridici tutelati dalle norme in questione non solo risultano omogenei, ma sono addirittura coincidenti" (così letteralmente, ancora a pag. 10 del ricorso): in alternativa, dovrebbe trovare applicazione il criterio di specialità (art. 15 c.p.); b) la guida in stato di alterazione in conseguenza di assunzione di sostanze stupefacenti, che altrimenti costituirebbe autonomo reato contravvenzionale, si fonderebbe con il reato principale, perdendo quindi la sua autonomia, e diventerebbe elemento circostanziale, con assorbimento nell'ipotesi di delitto aggravato che assumerebbe la qualificazione di reato complesso; c) la guida della vettura da parte della C., in condizioni psico-fisiche non idonee, dovrebbe ritenersi causalmente legata all'evento verificatosi, così integrando l'ulteriore requisito del reato complesso; d) i due reati (omicidio colposo e guida in stato di alterazione psico-fisica in cui si trovava la C. per aver fatto uso di sostanze stupefacenti) si sarebbero verificati contestualmente; ai fini della configurabilità del reato complesso, risulterebbe cioè rispettato anche il carattere dell'immediatezza posto che (come si legge testualmente alle pagg. 12 e 13 del ricorso) "i reati imputati alla Sig.ra C. attengono alla medesima condotta, fanno riferimento al medesimo evento e si differenziano solo per le conseguenze della violazione - circolazione stradale in stato psicofisico non idoneo derivante da assunzione di sostanze stupefacenti - che è totalmente ricompresa nel reato di omicidio colposo aggravato (art. 589 c.p., comma 2, n. 2)".

Va rilevato, per opportuna puntualizzazione, che nella parte conclusiva dell'ultimo motivo di ricorso, quale riferimento normativo per l'aggravante de qua, risulta indicato (evidentemente per errore materiale) l'art. 589 c.p. comma 2, n. 2, mentre si tratta invece del comma 3, n. 2, di tale articolo.

Motivazione

4. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.
I primi due motivi, concernenti il trattamento sanzionatorio sotto il duplice profilo del diniego delle attenuanti generiche e dell'entità della pena, sono manifestamente infondati posto che attengono sostanzialmente ad apprezzamenti di merito incensurabili in questa sede risultando sorretti da adeguata motivazione.
4.1. Quanto al diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente ricordare il consolidato, e condivisibile, indirizzo interpretativo affermatosi nella giurisprudenza di legittimità secondo cui "la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell'art. 62 bis c.p. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di tal che la stessa motivazione, purchè congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato" (in termini, ex plurimis, Sez. 6, n. 7707/2004, ud. del 04/12/2003, dep. 23/02/2004, Rv. 229768); quanto all'onere motivazionale per il giudice di merito in materia, è stato altresì precisato che "ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall'imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo" (in tal senso, tra le tante, Sez. 1, N. 3772/94, RV. 196880). Nella concreta fattispecie, ad integrazione di quanto già evidenziato dal primo giudice circa gli indici di particolare gravità ravvisabili nel comportamento di guida della C., la Corte territoriale, laddove sono state descritte le modalità del fatto, ha definito la manovra effettuata dalla C. come "sconsiderata e vietata" avendo impegnato l'altrui corsia di marcia senza dare la precedenza all'auto (guidata dall' A.) che proveniva dalla direzione opposta: orbene, trattasi, all'evidenza, di motivazione assolutamente congrua, priva di qualsiasi connotazione di illogicità e del tutto in sintonia con i principi sopra ricordati.

4.2. Considerazioni analoghe valgono per quel che riguarda l'entità della pena; la Corte distrettuale ha valutato come "quantificata in maniera molto equilibrata" la pena determinata dal primo giudice, avuto riguardo alla gravità del fatto dalla Corte stessa ritenuta "straordinaria"; anche in proposito si tratta di apprezzamento di merito immune da vizi, tenuto conto della forbice sanzionatoria prevista per il delitto di omicidio colposo quale commesso dalla C. (reclusione da tre a dieci anni), e dell'aumento di pena ai sensi dell'art. 589 c.p., u.c., nonchè della oggettiva gravità del fatto. Con riferimento poi a quanto specificamente dedotto in proposito con il ricorso, è sufficiente ricordare i principi enunciati da questa Corte in materia: in tema di commisurazione della pena, quando questa non si discosti di molto dai minimi edittali ovvero venga compresa tra il minimo ed il medio edittale, il giudice ottempera all'obbligo motivazionale richiamandosi alla gravità del reato; ed è stato altresì precisato che "non può essere considerato come indice di vizio di motivazione il diverso trattamento sanzionatorio riservato nel medesimo procedimento ai coimputati" (in termini, ex plurimis, Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012 Ud. - dep. 05/06/2012 - Rv. 252880). Nè possono assumere rilievo in questa sede, ai fini della dosimetria della pena, gli eventuali problemi in sede esecutiva quali prospettati con il ricorso come riconduciteli alle condizioni di salute della C.

4.3. Priva di qualsiasi fondamento è anche la denuncia di violazione dell'art. 12 c.p.p. (dedotta nel contesto del primo motivo di ricorso), dovendo riconoscersi al P.M. il potere di procedere separatamente o cumulativamente per reati o accusati concorrenti (cfr., ex plurimis: Sez. 6, n. 9927 del 19/01/2012 Ud. - dep. 14/03/2012 - Rv. 252258; Sez. 5, n. 1245 del 21/01/1998 Ud. - dep. 31/01/1998 - Rv. 210029).

5. Resta da esaminare la censura concernente la qualificazione del fatto, con particolare riferimento alla tesi del reato complesso sostenuta con il ricorso.
Preliminarmente mette conto osservare che trattasi di questione che, pur non essendo stata dedotta in appello, deve comunque essere vagliata da questa Corte in quanto concernente la qualificazione giuridica del fatto (così, ex plurimis, Sez. 2, n. 45583 del 15/11/2005 Ud. - dep. 15/12/2005 - Rv. 232773).
Le doglianze dedotte in proposito sono infondate per le ragioni di seguito indicate. Secondo la definizione data dall'art. 84 c.p., si ha reato complesso "quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato": esempio di reato complesso composto da due reati dalla cui fusione scaturisce un terzo reato è la rapina (art. 628 c.p.), quale fattispecie criminosa contenente il furto (art. 624 c.p.) e la violenza alla persona (art. 581 c.p.) o la minaccia (art. 612 c.p.); esempio di reato complesso composto da due reati, uno dei quali è aggravante, è quello di omicidio aggravato da violenza sessuale commessa nel medesimo contesto (art. 576 c.p., comma 1, n. 5: cfr. in proposito Sez. 1, n. 6775 /2005, Rv. 230149).
Avuto riguardo ai presupposti richiesti per la configurabilità del reato complesso, la giurisprudenza di legittimità ha sempre negato - così seguendo un indirizzo interpretativo vieppiù consolidatosi nel tempo, senza alcuna oscillazione, ancora riaffermato con le più recenti decisioni, e da ribadirsi anche in questa sede perchè assolutamente condivisibile - l'applicabilità dell'art. 84 c.p. in relazione ai reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose, aggravati dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (che qui specificamente rileva) o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche in presenza di violazione prevista come reato contravvenzionale: "In caso di omicidio colposo o di lesione colposa e di contemporanea violazione delle norme sulla circolazione stradale o sulla prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, non si configura una ipotesi di reato complesso, ma un mero concorso tra il delitto e la contravvenzione, e pertanto risulta inapplicabile la disposizione di cui all'art. 84 c.p." (in termini, Sez. 5, n. 2608 del 15/01/1979 dep. 14/03/1979 - Rv. 141422; conf. Sez. 4, n. 6575 del 16/01/1976 Ud. - dep. 29/05/1976 - Rv. 133680; conf., tra quelle concernenti specificamente la violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale: Sez. 4, n. 663 del 04/05/1979 Ud. - dep. 19/01/1980 - Rv. 143998; Sez. 4, n. 3559 del 29/10/2009 Ud. - dep. 28/01/2010 - Rv. 246300, della quale si avrà modo di dire anche in prosieguo).
Come rileva autorevole dottrina, "nella definizione dell'art. 84 il reato complesso è dato dalla fusione legislativa di (almeno) due reati, effettuata con una valutazione che da origine ad una fattispecie astratta unitaria ed autonoma, o con una nuova e diversa denominazione, oppure come forma aggravata di uno dei reati: la norma prevede dunque come reato complesso il solo c.d. reato composto, o reato complesso in senso stretto". Lo stesso Au. sottolinea poi che "essendo un caso di fusione o unificazione legislativa di (almeno) due reati, decisiva per l'esistenza di un reato complesso è sempre la descrizione legale: da questa deve risultare appunto la riconsiderazione delle fattispecie "originarie"; di tal che, può anche ipotizzarsi un reato eventualmente complesso, ma soltanto se un reato compare come eventuale elemento costitutivo o eventuale circostanza aggravante di un altro reato: "deve appunto trattarsi pur sempre di una tipicizzazione astratta di una delle possibili forme del reato complesso". Con specifico riferimento alla questione che qui interessa, tale Au. esclude che possa ritenersi eventualmente complesso "il reato dell'art. 589, comma 2, e art. 590, comma 3". Altro esponente di spicco della dottrina ha esplicitamente condiviso la costante giurisprudenza che ha escluso ogni forma di assorbimento delle contravvenzioni in materia infortunistica e di circolazione stradale nei delitti colposi di omicidio e di lesioni personali "nonostante l'aggravante prevista per la violazione di tali norme nelle relative fattispecie legali". Ritiene il Collegio che la tesi prospettata con il ricorso non può trovare accoglimento, pur in relazione alla nuova formulazione degli artt. 589 e 590 c.p. in conseguenza delle modifiche introdotte con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92,. conv., con mod., in L. 24 luglio 2008, n. 125.
Plurime ragioni, di ordine letterale e sistematico - che integrano, ad abundantiam, quelle, del tutto condivisibili e da intendersi qui richiamate, già esposte nelle decisioni riconducibili al consolidato indirizzo interpretativo affermatosi al riguardo nella giurisprudenza di legittimità, e costantemente ribadito, cui si è innanzi accennato - inducono, invero, ad escludere la configurabilità del reato complesso, nell'ipotesi del delitto di omicidio colposo (e di quello di lesioni personali colpose), commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale ed aggravato ai sensi dell'art. 589 c.p., comma 3 (e art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo).
L'ipotesi aggravata de qua è configurabile - secondo la formulazione letterale - "se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c, e successive modificazioni" o "da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope".
5.1. Mette conto sottolineare che, oltre ai conducenti di veicoli, vi sono "soggetti" i quali, pur non direttamente impegnati nella fase della "circolazione" intesa come guida di un veicolo, sono tuttavia anch'essi obbligati al rispetto di norme relative alla disciplina della circolazione stradale, a garanzia della tutela degli utenti della strada; ad esempio: 1) il pedone, in relazione all'art. 190 C.d.S.; 2) il soggetto responsabile della predisposizione - e del controllo in loco - delle misure di protezione e delle adeguate segnalazioni per la presenza di un cantiere sulla strada, in relazione all'art. 21 C.d.S. e art. 31 del relativo regolamento; 3) l'istruttore di guida, in relazione all'art. 122 C.d.S..
Ne deriva, che l'aggravante della violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, prevista dall'art. 589 c.p., comma 2 per l'omicidio colposo, e dall'art. 590 c.p., comma 3, primo periodo, per le lesioni personali colpose, deve ritenersi di certo sussistente - ove venga commesso uno di tali reati - allorquando la normativa di riferimento è violata da taluno di detti "soggetti", dunque pur non alla guida di un veicolo (cfr., ex plurimis: Sez. 4, n. 26394 del 20/05/2009 Ud. - dep. 25/06/2009 - Rv. 244509; Sez. 4, n. 42104/12, relativa a fattispecie concernente l'istruttore per la guida).
Orbene, se non è dubbio che l'ambito applicativo della circostanza introdotta con la novella del 2008 è certamente circoscritto alla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - e se è vero che tale circostanza, avuto riguardo ai dati statistici in materia di incidenti stradali, è in concreto destinata ad applicarsi il più delle volte a chi guida in stato di grave ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti - parimenti non appare revocabile in dubbio, appunto in base alla lettera della legge, che il destinatario del precetto così (ri)formulato, come rilevato da esponenti della dottrina, ben può essere individuato non soltanto In "chi guida", ma anche in chi (come taluno dei soggetti prima indicati a titolo esemplificativo), gravato dall'obbligo di osservanza di norme concernenti l'anzidetto settore, si renda, in violazione delle stesse, responsabile di omicidio colposo o di lesioni personali colpose trovandosi in grave stato di ebbrezza alcolica o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Si pensi al pedone, il quale - in stato di grave ebbrezza o di alterazione psico-fisica per aver assunto stupefacenti - attraversi improvvisamente la strada al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali (oppure non rispetti il segnale semaforico per l'attraversamento), con movimento rapido, inaspettato ed imprevedibile, ed in tal modo determini una turbativa di traffico da cui derivi un incidente stradale con danni a terze persone; parimenti è chiamato a rispondere del reato di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, nella forma così aggravata, il soggetto, al lavoro presso un cantiere sulla sede stradale ed incaricato della materiale predisposizione delle cautele e delle segnalazioni per indicare la presenza del cantiere stesso, il quale, nelle condizioni di grave ebbrezza o di alterazione da assunzione di stupefacenti, ometta di predisporre un'adeguata segnaletica e, con tale condotta, provochi un incidente stradale con danni a persone; lo stesso dicasi per l'istruttore, il quale, nella medesima condizione di alterazione psico-fisica per grave ebbrezza o per assunzione di stupefacenti, non vigilando adeguatamente sulla condotta di guida dell'allievo (così violando l'art. 122 C.d.S.), contribuisca al verificarsi di un incidente con danni alle persone.
Giova rilevare che il legislatore, in relazione alla circostanza de qua - a differenza di quanto stabilito negli artt. 186 e 187 C.d.S. nei confronti del "conducente", ai fini dell'accertamento dei reati previsti da tali norme - non ha indicato alcuna specifica procedura per l'acquisizione di elementi rivelatori di quel particolare stato psico-fisico (richiesto perchè ricorra l'ipotesi introdotta con la citata riforma del 2008); ciò sta a significare che detto stato, con riferimento alla circostanza in argomento, ben può essere dimostrato con l'acquisizione di dati probatori che presentino connotazioni di sicura affidabilità. Ad esempio, ove, in caso di incidente, si rendesse necessario per un "soggetto" tra quelli fin qui presi in considerazione, coinvolto nell'incidente da lui stesso provocato, un controllo ospedaliero (per lesioni riportate, o perchè in stato di shock, o perchè comunque colto da malore), non vi sarebbe ragione per non ritenere utilizzabile l'esito dell'accertamento, effettuato nell'ambito del protocollo di pronto soccorso (quindi senza necessità del consenso), rivelatore di quello stato di alterazione psico-fisica, ben potendo trovare applicazione il principio già in tal senso enunciato nella giurisprudenza di legittimità in relazione al "conducente" (cfr.: Sez. 4, n. 4118 del 09/12/2008 Ud. - dep. 28/01/2009 - Rv. 242834, quanto al reato ex art. 186 C.d.S.; Sez. 4, n. 26783 del 08/06/2006 Ud. - dep. 28/07/2006 - Rv. 234626, quanto al reato ex art. 187 C.d.S.). Mette conto sottolineare, inoltre, che questa Corte ha più volte affermato che, non solo per l'ipotesi di cui alla fascia a), ma anche per le ipotesi più gravi, lo stato di ebbrezza può essere riscontrato, e ritenuto così accertato sulla base di dati sintomatici, a condizione che risultino acquisiti significativi e concreti elementi comportamentali, inequivocabilmente riferibili, oltre ogni ragionevole dubbio, ad uno stato di grave ebbrezza alcolica (Sez. 4, n. 48297 del 27/11/2008 Ud. - dep. 29/12/2008 - Rv. 242392; Sez. 4, n. 6889 del 16/12/2011 Cc. - dep. 21/02/2012 - Rv. 252728). Parimenti, ben può ritenersi accertato lo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope in presenza dell'ammissione dell'imputato di aver fatto uso di tali sostanze (Sez. 4, n. 38520 del 21/09/2007 Ud. - dep. 18/10/2007 - Rv. 237778).

Ciò posto, sulla scorta di quanto fin qui argomentato, certamente non può parlarsi di reato complesso - mancandone i presupposti - nel caso di delitto di omicidio colposo, o di lesioni personali colpose, commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da "soggetto" non alla guida di un veicolo (come è ben possibile per quanto sopra detto), pur in stato di ebbrezza ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope: in aggiunta alle ragioni già poste a sostegno del consolidato indirizzo giurisprudenziale dianzi ricordato - che ha negato la configurabilità del reato complesso nell'ipotesi di reato di omicidio colposo (o lesioni personali colpose) commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale (o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), anche nel caso di violazione costituente ex se reato contravvenzionale - è sufficiente inoltre osservare che lo stato di ebbrezza, pur nella più grave delle tre ipotesi previste nell'art. 186 C.d.S., comma 2, o di alterazione riconduciblle ad assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, è un fatto che, se non direttamente collegato alla "guida" di un veicolo, non costituisce "per se stesso" reato.

6. Ad avviso del Collegio, parimenti non può ritenersi configurabile il reato complesso ove uno dei delitti in argomento (omicidio colposo o lesioni personali colpose, gravi o gravissime) sia commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da un "soggetto" in stato di ebbrezza ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, alla guida di un veicolo.
6.1. Dovendo intendersi qui richiamate tutte le argomentazioni già prima svolte al riguardo, va innanzi tutto sottolineato che non sembra del tutto puntuale, perchè non rigorosamente in sintonia con il dato letterale della norma, la considerazione svolta da qualche esponente della dottrina, secondo cui la configurabilità del reato complesso deriverebbe dall'aggancio operato dal legislatore - nella previsione dell'ipotesi di reato commesso nelle condizioni in argomento - "a specifiche ipotesi di contravvenzione". Mette conto evidenziare, invero, che la formulazione letterale delle fattispecie contemplate nell'art. 589 c.p., comma 3 e nell'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, non consente di ravvisare, di per sè, un "aggancio" a specifiche "ipotesi di contravvenzione": come in precedenza si è avuto modo di sottolineare, il legislatore ha infatti indicato come agente il "soggetto" e non "chi guida".
Il riferimento esplicito all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), - di cui all'art. 589 c.p., comma 3, n. 1) e di cui all'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo - appare chiaramente finalizzato all'individuazione del tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, al quale si è voluto evidentemente dare rilievo per giustificare il significativo inasprimento sanzionatorio; le disposizioni che disciplinano il reato di guida in stato di ebbrezza prevedono, infatti, altre due fasce di tasso alcolemico: lett. a), tasso superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 (ipotesi poi depenalizzata con la riforma di cui alla L. n. 120 del 2010 e punita quindi con sanzione amministrativa); lett. b), tasso superiore a 0,8 e non superiore a 1,5. Se il legislatore avesse inteso fare specifico ed esclusivo riferimento al reato di guida in stato di grave ebbrezza, avrebbe usato l'espressione "soggetto alla guida in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c)" e non "soggetto in stato di ebbrezza alcolica........": ed è significativo che, quanto allo stato di alterazione riconducibile ad uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, non è stato fatto riferimento al "soggetto alla guida sotto l'effetto....", nè al "D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 187, e successive modificazioni", ma è stato indicato genericamente il "soggetto sotto l'effetto.......".
6.2. La novella del 2008 non ha dato luogo ad una diversa fattispecie astratta unitaria ed autonoma, nè ha comportato una riconsiderazione della fattispecie originaria: lo stato di ebbrezza ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o di alterazione riconducibile all'uso di sostanze stupefacenti, in tutto si inserisce in quella originariamente delineata, incidendo solo quoad poenam per la particolare riprovevolezza della colpa, ravvisata in quelle specifiche ipotesi e pur sempre riferibile a violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale.

Il che trova inequivocabilmente conferma nell'art. 590 bis c.p., introdotto con la medesima novella, che ha disciplinato il "computo delle circostanze" in riferimento agli artt. 589 e 590 c.p., statuendo, in particolare, che "quando ricorre la circostanza di cui all'art. 589, comma 3, ovvero quella di cui all'art. 590, comma 3, ultimo periodo, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt. 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti". In sostanza, con riferimento alla circostanza aggravante della violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale - prevista nell'art. 589 c.p., comma 2 e nell'art. 590 c.p., comma 3, primo periodo, - l'ipotesi in esame si caratterizza per la particolare situazione (grave ebbrezza o alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope), in cui il soggetto si trova al momento del fatto, che, nella struttura della fattispecie aggravata, assume il ruolo di presupposto della condotta colposa, e, segnatamente, di quella violazione della norma sulla disciplina della circolazione stradale che, quale elemento della colpa specifica, si pone poi in rapporto di stretta causalità con l'evento (danno alle persone) oggetto della previsione degli artt. 589 e 590 c.p.: le due norme, invero, non richiedono che quel particolare stato - grave ebbrezza o alterazione da stupefacenti - debba svolgere una qualche efficienza causale nella determinazione dell'evento lesivo.

Alla condizione di grave ebbrezza ed a quella di alterazione psico- fisica derivante da assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope il legislatore ha riservato particolare attenzione - predisponendo un meccanismo sanzionatorio severo per i delitti (pur sempre di natura colposa) di cui agli artt. 589 e 590 c.p., se commessi da soggetto in tale stato - ritenendo, a ragione, che entrambe le condizioni, incidendo negativamente sul livello di attenzione dei soggetti gravati da obbligo di garanzia per la tutela degli utenti della strada, possano creare maggiori possibilità ed occasioni di incidenti: proprio questa forte preoccupazione, avvertita dal legislatore, induce a ritenere non in sintonia con la ratio ispiratrice della novella una lettura delle relative disposizioni che ne limiti l'ambito applicativo esclusivamente a "chi guida".

6.3. La guida di un veicolo, nelle condizioni descritte nell'art. 589 c.p., comma 3 e nell'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, rappresenta quindi un quid pluris che, destando maggior allarme e mettendo all'evidenza fortemente a rischio la pubblica incolumità, ragionevolmente riceve, nel caso di omicidio colposo o lesioni personali colpose, specifica risposta sanzionatoria, quale (ulteriore) reato concorrente, trattandosi di un'azione autonoma e non direttamente connessa con la condotta tipica della fattispecie delittuosa nella forma aggravata della violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale: in relazione alla finalità delle norme del codice della strada - che è quella di garantire la regolarità della circolazione e la sicurezza degli utenti della strada - la condotta di un soggetto in stato di grave ebbrezza, o di alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti, alla guida di un veicolo, è certamente più pericolosa rispetto a quella di colui il quale, trovandosi nel medesimo stato, pur tenuto ad osservare le norme del codice stesso, non sia però direttamente impegnato nella fase della circolazione come conducente di un veicolo. L'appannamento dei riflessi e le diminuite capacità di reazione nella fase della guida costituiscono certamente fattori che rendono estremamente probabile la violazione di qualsiasi norma di comportamento del codice della strada; e non solo di una norma che prevede un obbligo specifico, ma anche della disposizione di cui all'art. 140 C.d.S., comma 1, che stabilisce la regola generica di non costituire pericolo per la circolazione e può quindi più facilmente essere violata da un guidatore che non si trovi nella pienezza delle sue capacità psico-fisiche: "ai fini della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2, non è necessaria la violazione di una specifica norma del codice stradale, essendo sufficiente l'inosservanza delle regole di generica prudenza, perizia e diligenza. (In motivazione la Corte ha precisato che tali regole devono ritenersi far parte integrante della disciplina della circolazione stradale, come si desume dal disposto dell'art. 140 C.d.S., la cui violazione, dunque, assume lo stesso valore della violazione di una disposizione specifica)" (Sez. 4, n. 35665 del 19/06/2007 Ud. - dep. 28/09/2007 - Rv. 237453).
6.4. Come già accennato, e proprio in relazione agli indici di pericolosità, anche ragioni sistematiche, collegate alla ratto che ha ispirato gli interventi del legislatore negli ultimi anni in materia di circolazione stradale, inducono ad escludere la configurabilità del reato complesso. L'impostazione repressiva, che chiaramente ha caratterizzato le modifiche normative introdotte, rispecchia, come già innanzi evidenziato, la volontà del legislatore di rendere più severa ed effettiva la sanzione per i delitti contro l'incolumità personale commessi nell'ambito della circolazione stradale, rivolgendo una particolare attenzione alla guida in stato di ebbrezza ed a quella in stato di alterazione psico- fisica per assunzione di sostanze stupefacenti: e ciò, anche per dare una risposta al crescente malcontento dell'opinione pubblica che riteneva fin troppo mite il trattamento sanzionatorio riservato ai responsabili di tali reati (tuttora si sollecita da più parti - di fronte al ripetersi di continue tragedie causate da soggetti alla guida di veicoli in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti - l'introduzione della figura del reato di "omicidio stradale"). Con la medesima novella di cui al D.L. 23 maggio 2008, n. 92, conv. in L. 24 luglio 2008, n. 125 (già in vigore al momento del fatto contestato alla C.: 23 settembre 2008) - con la quale, in relazione ai delitti di omicidio colposo e lesioni personali (gravi e gravissime) colpose, è stata introdotta la circostanza di cui all'art. 589 c.p., comma 3 e di cui all'art. 590 c.p., comma 3, stabilendo al riguardo uno specifico meccanismo sanzionatorio - il legislatore ha nel contempo inasprito le sanzioni anche per i reati di guida in stato di ebbrezza (e rifiuto di sottoporsi all'accertamento) e di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (e rifiuto di sottoporsi all'accertamento), evidentemente considerando tali condotte estremamente pericolose: è stato stabilito, in particolare, nel caso di sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, l'obbligo per il giudice - per il reato di guida in stato di ebbrezza nell'ipotesi di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), per quello di rifiuto di sottoporsi all'accertamento (art. 186 C.d.S., comma 7), per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187 C.d.S., comma 1), e per quello di rifiuto di sottoporsi all'accertamento (art. 187 C.d.S., comma 8) - di disporre la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato (salvo che lo stesso appartenga a persona estranea al reato). Poichè, nel caso di reato complesso, il reato assorbito perde la sua autonomia, nell'ipotesi di delitto di omicidio colposo (o lesioni personali colpose gravi o gravissime) commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto, alla guida di un veicolo, in stato di ebbrezza con tasso superiore a 1,5 o di alterazione da uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, l'assorbimento del reato contravvenzionale farebbe venir meno - ove si ritenesse configurabile appunto il reato complesso - la confisca obbligatoria, mancando una tale previsione con riferimento all'art. 589 c.p., comma 3, e art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo: una conclusione diversa comporterebbe una palese violazione del principio di legalità.

Per cui ne deriverebbe la conseguenza che detta rigorosa sanzione amministrativa accessoria, obbligatoria in presenza della sola contravvenzione (tranne il caso dell'appartenenza del veicolo a persona estranea al reato), perderebbe tale connotazione di obbligatorietà addirittura nel caso di eventi drammatici. Inoltre, finirebbero poi per essere equiparate, sul piano sanzionatolo, situazioni palesemente diverse sotto il profilo della pericolosità della condotta; ed invero, al "soggetto" il quale commetta uno dei delitti di cui all'art. 589 c.p., comma 3, e art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, ma non alla guida di un veicolo - e quindi senza commettere l'ulteriore reato ex artt. 186 o 187 C.d.S. - ed al "soggetto" il quale parimenti commetta uno di tali delitti, ma alla guida di un veicolo, così rendendosi addirittura responsabile di un ulteriore reato (dal legislatore considerato di significativa pericolosità, vale a dire quello di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), o art. 187 C.d.S.), risulterebbe riservata la medesima forbice sanzionatoria edittale: la configurabilità del reato complesso, facendo quindi venir meno (anche) la sanzione penale prevista per il reato contravvenzionale, risulterebbe, sotto un ulteriore aspetto, non in sintonia con la ratio che ha ispirato la novella del 2008 in materia, da individuarsi, come detto, in una chiara impostazione repressiva.

6.5. Se si ritenesse sussistente l'ipotesi del reato complesso, ne deriverebbe, poi, un'altra conseguenza di indubbio rilievo:

diventerebbero infatti perseguibili di ufficio (art. 131 c.p.) i reati di lesioni personali gravi e gravissime cagionate con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, se commessi da soggetto in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 1,5 o in stato di alterazione conseguente ad assunzione di sostanze stupefacenti (allo stato perseguibili a querela - a differenza delle lesioni personali gravi e gravissime commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale - in forza della disposizione di cui all'art. 590 c.p., u.c.).

6.6. Per completezza argomentativa si impongono ancora talune precisazioni in relazione alla sentenza n. 3559 del 29/10/2009 Ud. - dep. 28/01/2010 - emessa da questa stessa Sezione.
Secondo la prospettazione della ricorrente, argomenti a favore della tesi del reato complesso sarebbero desumibili dalla citata sentenza nella parte in cui risulta precisato quanto segue: "perchè ricorrano i presupposti per l'applicazione dell'art. 84 c.p., è necessario che il reato assorbito, oltre a perdere totalmente la propria autonomia, ed a fondersi con il reato principale, abbia con quello in cui si fonde un legame causale con carattere di immediatezza" (pag. 10 del ricorso).
Orbene, mette conto innanzi tutto sottolineare che tale sentenza - sia pure pronunciata con riferimento al reato di omicidio colposo aggravato, nella formulazione antecedente alla modifica poi introdotta con D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (convertito con L. 24 luglio 2008, n. 125) che inserì nell'art. 589 c.p. l'attuale comma 3 (modificando altresì l'art. 590 c.p., comma 3 con l'introduzione dell'ultimo periodo) - non pare, in realtà, suffragare la tesi sostenuta dalla ricorrente, essendo stata esclusa la configurabilità del reato complesso in relazione a fattispecie di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto che guidava in stato di ebbrezza; nella circostanza è stato invero ritenuto il concorso del reato di cui all'art. 589 c.p., aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale, con quello di guida in stato di ebbrezza di cui all'art. 186 C.d.S., come è agevole rilevare dalla relativa massima: "Si ha un concorso di reati, e non un reato complesso, in caso di omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, quando detta violazione dia di per sè luogo ad un illecito contravvenzionale. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto il concorso del delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale con la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza)" (Rv. 246300).
Certo, come accennato, si tratta di sentenza avente ad oggetto un fatto avvenuto prima delle modifiche, apportate agli artt. 589 e 590 c.p. con la novella legislativa del 2008, che, invece, rilevano in relazione alla fattispecie in esame. Alcuni esponenti della dottrina, favorevoli alla configurabilità del reato complesso, ritengono pertanto che si tratterebbe di un precedente non utilizzabile quale argomento a sostegno della tesi da essi contrastata.
Nel ribadire tutte le considerazioni dianzi svolte - che il Collegio ritiene ostative alla configurabilità del reato complesso - giova peraltro evidenziare che nella sentenza appena evocata, pur riferibile al quadro normativo ante riforma del 2008, è stato sviluppato un argomento, ritenuto nella sentenza stessa esplicitamente tale da non consentire la configurabilità del reato complesso, che, in quanto di carattere generale, ben può valere anche in relazione al successivo assetto normativo; muovendo dal rilievo che l'imputato aveva iniziato la guida in stato di ebbrezza certamente prima della consumazione del delitto di omicidio colposo, è stato invero sottolineato che "anche sotto tale profilo, in assenza di una immediata coincidenza causale tra le due violazioni, non può configurarsi l'ipotesi di cui all'art. 84": ed a sostegno di tale assunto è stata richiamata la sentenza della Seconda Sezione n. 10812 del 1995 (si tratta di decisione concernente fattispecie in relazione alla quale è stato ritenuto il reato di rapina come reato complesso solo allorquando tra la violenza - come la minaccia - intercede un nesso causale, con carattere di immediatezza, con l'impossessamento).
E' opportuno ancora ricordare che non sono mancate in dottrina, con esplicito riferimento al quadro normativo che il legislatore ha delineato con le modifiche introdotte con la novella del 2008, opinioni contrarie alla configurabilità del reato complesso: vi è stato chi, propendendo per il concorso di reati, ha palesato perplessità di fronte alla scelta del legislatore di limitare l'ancoraggio dello stato di ebbrezza alcolica alla sola situazione contemplata nell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), ed ha osservato che il legislatore, attesa la severità del trattamento sanzionatorio contemplato, ha presumibilmente "preferito escludere fatti che non rivelassero in maniera sufficientemente evidente l'intensità della colpa"; altro esponente della dottrina, proprio nel commentare la sentenza n. 3559 del 28 gennaio 2010, ha sostenuto che le conclusioni raggiunte da quella sentenza risulterebbero pienamente attuali e valide anche dopo l'introduzione "dell'aggravante specifica dell'omicidio correlata alla condizione alterata del conducente", stante l'autonomia delle due fattispecie.

6.7. Ulteriore argomento ostativo alla configurabilità del reato complesso è la diversità del bene giuridico tutelato dalle norme di riferimento, posto che i delitti di cui agli artt. 589 e 590 c.p., sono reati che tutelano la vita e l'incolumità individuale, mentre le contravvenzioni ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), e art. 187 C.d.S., sono reati di pericolo. Proprio in relazione alla diversità dei beni giuridici tutelati, è stata più volte esclusa l'applicabilità del principio di specialità (del quale si avrà ancora modo di dire appresso), ed affermata la sussistenza del concorso materiale, tra i reati previsti dalle norme sugli infortuni sul lavoro e quelli di omicidio colposo e lesioni personali colpose, nell'ipotesi aggravata di cui all'art. 589 c.p., comma 2 e all'art. 590 c.p., comma 3: "sussiste concorso materiale tra i reati previsti dalle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose, atteso che la diversa natura dei reati medesimi (i primi di pericolo e di mera condotta, i secondi di danno e di evento), il diverso elemento soggettivo (la colpa generica nei primi, la colpa specifica nei secondi, nell'ipotesi aggravate di cui all'art. 589 c.p., comma 2 e all'art. 590 c.p., comma 3), i diversi interessi tutelati (la prevalente finalità di prevenzione dei primi, e lo specifico bene giuridico della vita e dell'incolumità individuale protetto dai secondi), impongono di ritenere non applicabile il principio di specialità di cui all'art. 15 c.p." (in termini, ex plurimis, Sez. 4, n. 35773 del 06/06/2001 Ud. - dep. 03/10/2001 - Rv. 219970); ad identica conclusione deve pervenirsi, stante la eadem ratio, come di seguito ulteriormente si preciserà, in presenza dei reati previsti dagli artt. 186 e 187 C.d.S. e dei delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose nelle ipotesi di cui, rispettivamente, all'art. 589 c.p., comma 3 e all'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo.

7. Nemmeno può trovare applicazione il principio di specialità ex art. 15 c.p., pure evocato con il ricorso, cui si è già brevemente accennato nel paragrafo precedente.
Le norme di comportamento del codice della strada - ivi comprese quindi anche le disposizioni di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S. - hanno un ambito di salvaguardia dei beni protetti (regolarità della circolazione e sicurezza degli utenti della strada) che opera su un piano diverso rispetto a quello, specifico, riferito alla vita e all'incolumità dei singoli. Ancora, nei reati contravvenzionali ex artt. 186 e 187 C.d.S. è sufficiente, ad integrare l'elemento soggettivo, la colpa generica (come, del resto, per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose non aggravati), mentre, per i delitti aggravati in questione, è necessaria la colpa specifica che costituisce una forma alternativa di elemento soggettivo atteso che non esiste il delitto aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale (o dalla violazione della disciplina della prevenzione degli infortuni) integrato dalla sola colpa generica.
Manca, pertanto, il presupposto essenziale del principio di specialità, costituito dalla necessità che le due norme, contraddistinte da elementi comuni, disciplinino la stessa materia: non sovrapponibilità del bene giuridico protetto; diversità dell'elemento soggettivo; diversità della natura dei reato (di danno, o di evento, quanto ai delitti; di pericolo, o di mera condotta, quanto alle contravvenzioni). Affinchè si possa parlare di due norme che regolano "la stessa materia", è necessario che si tratti di norme che qualifichino un identico contesto fattuale nel senso che una delle suddette comprenda in sè gli elementi dell'altra oltre ad uno o più dati specializzanti (cfr. Sez. Un., n. 23427 del 09/05/2001); orbene, ancora una volta giova sottolineare che la formulazione letterale della norma, laddove indica, come soggetto agente, il "soggetto" - e non "chi guida" (o "il conducente") - non consente di ritenere l'ipotesi ivi contemplata riferibile esclusivamente alla guida in stato di grave ebbrezza o di alterazione psico-fisica da uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. Con la sentenza n. 3559/2010 di questa Sezione, prima ricordata, è stato escluso esplicitamente anche il principio di specialità sulla base di argomentazioni le quali, così come formulate, risultano riconducibili ad un principio applicabile in via generale e quindi prescindendo dalla concreta fattispecie esaminata in quella occasione (soggetta alla disciplina normativa antecedente alla riforma del 2008); nell'escludere, nel rapporto tra l'omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale e la guida in stato di ebbrezza, la configurabilità di un concorso apparente di norme, è stato testualmente precisato quanto segue: "Nel caso che ci occupa, non sussiste un rapporto tra genere a specie tra l'art. 186 C.d.S. ed l'art. 589 c.p., essendo nettamente distinte le tipicità dei fatti ed avendo i reati oggetti giuridici diversi: l'incolumità pubblica la contravvenzione; la vita il delitto".

8. Mette conto sottolineare poi che i criteri della sussidiarietà e consunzione (o assorbimento) sono stati ritenuti "tendenzialmente" in contrasto con il principio di legalità dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. Un., 20 dicembre 2005 n. 47164, Marino) che così si sono espresse: "i giudizi di valore che i criteri di assorbimento e di consunzione richiederebbero sono tendenzialmente in contrasto con il principio di legalità, in particolare con il principio di determinatezza e tassatività, perchè fanno dipendere da incontrollabili valutazioni intuitive del giudice l'applicazione di una norma penale".

Nè, per contrastare l'opzione ermeneutica da questo Collegio privilegiata, può valere il richiamo al principio del "ne bis in idem sostanziale": ed invero, come più volte affermato nella giurisprudenza di questa Corte, uno stesso elemento ben può essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini e conseguenze (Sez. 1, n. 1376 del 28/10/1997 Ud. - dep. 05/02/1998 - Rv. 209841; cfr. anche Sez. 1, n. 9950 del 06/05/1994 Ud. - dep. 20/09/1994 - Rv. 199739; in motivazione, Sez. 2, n. 12930 del 13/01/2012 Ud., dep. 05/04/2012, in tema di concorso tra il delitto di resistenza a un pubblico ufficiale e quello di lesioni volontarie aggravate perchè commesso in danno di pubblico ufficiale).

9. Si ritiene opportuno precisare che ad avviso del Collegio deve escludersi, nel caso in esame, anche la configurabilità del concorso formale di reati (art. 81 c.p., comma 1), difettando il presupposto fondamentale per l'applicazione della norma, vale a dire l'unicità dell'azione (o dell'omissione) con cui vengono violate più disposizioni di legge o compiute più violazioni della medesima norma in uno stesso contesto: e ciò, a differenza delle fattispecie disciplinate dall'art. 589 c.p., u.c. e dall'art. 590 c.p., comma 4, che, proprio in quanto caratterizzate dalla unicità della condotta, costituiscono evidenti ipotesi di concorso formale di reati unificati solo quoad poenam (cfr. Sez. 4, n. 35805 del 15/06/2011 Ud. - dep. 03/10/2011 - Rv. 251106). Non può certo parlarsi di medesimo contesto spazio-temporale, per il reato di guida in stato di ebbrezza (o in stato di alterazione psico-fisica derivante dall'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope) e per quello di omicidio colposo aggravato ai sensi dell'art. 589 c.p., comma 3, (o quello di lesioni personali colpose aggravate ai sensi dell'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo); il soggetto agente, invero, prima di provocare l'incidente e cagionare danni a persone, ha già guidato in stato di ebbrezza (o alterazione psico-fisica da assunzione di stupefacenti) - a nulla rilevando il tempo trascorso e la lunghezza del tratto di strada percorso - così commettendo tale reato contravvenzionale in un diverso contesto spazio-temporale: reato, poi compiutamente e formalmente accertato a seguito dell'incidente. Questa stessa Sezione, con la sentenza n. 4387/2012 (P.G. contro Laskowski) - nell'annullare senza rinvio, su ricorso proposto dal P.G. in punto di qualificazione del fatto, una sentenza di patteggiamento con la quale era stato ritenuto il concorso formale tra il reato di lesioni personali colpose, aggravato dalla violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale, e quelli di guida in stato di ebbrezza e "fuga" dopo l'incidente - ha affermato, laddove ha analizzato specificamente il rapporto tra il delitto di lesioni personali colpose (aggravato dalla violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale) ed il reato di guida in stato di ebbrezza, che il concorso formale di reati postula la commissione di più illeciti penali con un unico episodio comportamentale: deve, cioè, trattarsi di una condotta posta in essere in un medesimo contesto spazio-temporale, dalla quale scaturisca la violazione di diverse disposizioni di legge, ovvero più violazioni della stessa disposizione di legge. Nella circostanza è stata altresì evocata autorevole dottrina ed è stato osservato quanto segue: "Avverte autorevole dottrina che "nell'art. 81, comma 1, una sola azione... è data da atti contestuali, che si susseguono in stretta connessione cronologica in modo da essere percepiti e/o valutati da un osservatore come compositivi di un solo episodio comportamentale del soggetto...". E l'unicità dell'episodio comportamentale, cioè l'unicità dell'azione "si determina pertanto con la contiguità fenomenica (naturalisticamente) significativa, secondo le coordinate spazio-temporali, di atti rilevanti per il diritto penale".
Non si chiarisce come e perchè, nella fattispecie in esame, porsi alla guida di un autoveicolo in stato di ebbrezza e successivamente cagionare, per tale stato di alterazione, psico-fisica, un incidente stradale possano essere considerati un unico episodio comportamentale, posto in essere in un medesimo contesto spazio- temporale, in contiguità fenomenica (naturalistica) significativa".
In relazione alla concreta fattispecie qui esaminata - indipendentemente dalla formulazione del capo di imputazione contestato alla C. - il problema trova poi agevole soluzione proprio nei dati fattuali evidenziati già dal Tribunale, come si rileva dalla sentenza di primo grado, in base ai quali deve escludersi in modo assoluto che possa parlarsi di unicità dell'azione; così si è infatti testualmente espresso il primo giudice: "Anche prescindendo dal dato tossicologico, appare evidente che la condotta di guida della C. integrò connotati di negligenza e imprudenza e violò le disposizioni sulla circolazione stradale, sia dal punto di vista delle modalità non improntate a prudenza con cui l'imputata impegnò l'intersezione ed effettuò la manovra sia dal punto di vista della mancata attribuzione di precedenza al veicolo condotto dall' A.. Tali condotte colpose determinarono in modo diretto il sinistro e gli eventi mortali".

10. Per completezza argomentativa, è sufficiente appena un accenno per sottolineare che, nel caso in esame, correttamente sono stati ritenuti insussistenti, già dal primo giudice, anche i presupposti per la configurabilità della continuazione (art. 81 cpv. c.p.) tra i delitti (artt. 589 e 590 c.p.) ed il reato contravvenzionale contestati alla C.: non può infatti ravvisarsi l'unicità del disegno criminoso (cfr, ex plurimis, Sez. 4, n. 16693 del 02/02/2005 Ud. - dep. 04/05/2005 - Rv. 231541, secondo cui "l'unicità del disegno criminoso non è ravvisarle con riferimento a reati colposi nei quali l'imputato non abbia agito nonostante la previsione dell'evento: ne consegue che non è configurabile l'ipotesi della continuazione tra il delitto di omicidio colposo e la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza").

11. Infine, nemmeno può ritenersi assorbito nel delitto di omicidio colposo (o di lesioni personali colpose), commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale da soggetto alla guida in stato di grave ebbrezza o di alterazione da uso di stupefacenti, l'aggravamento (raddoppio delle sanzioni) previsto - dall'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, e art. 187 C.d.S., comma 1 bis, - per i reati di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S., nel caso in cui il soggetto, alla guida di un veicolo, in stato di ebbrezza o di alterazione psico- fisica da uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, provochi un incidente stradale (aggravamento stabilito anche per il reato di cui all'art. 186 bis introdotto con la novella del 2010). Ed invero, ritenuto sussistente il concorso materiale dei reati, deve conseguentemente trovare applicazione il trattamento sanzionatorio previsto per ciascuno dei due reati: anche in proposito bisogna tener conto delle diversità - prima evidenziate - che caratterizzano i reati (delitto di omicidio colposo, o di lesioni personali colpose, da un lato, contravvenzione dall'altro).
Proprio perchè le contravvenzioni di cui agli artt. 186 e 187 C.d.S. (nonchè art. 186 bis C.d.S.) sono reati di pericolo, il raddoppio di sanzione, per quel che riguarda l'ebbrezza, non è limitato alla sola ipotesi ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), ma è previsto anche per le altre due fasce, meno gravi, di cui alle lettere a) e b) - quella sub a) addirittura non costituisce reato - contemplate nello stesso comma 2; dunque, ove il pericolo abbia assunto significative e concrete connotazioni, per il verificarsi di un incidente, la risposta sanzionatoria è più severa: ma il raddoppio di sanzione, previsto (per la contravvenzione) per aver il guidatore provocato l'incidente, non può ritenersi assorbito ove dall'incidente derivino poi anche danni alle persone (morte o lesioni personali gravi o gravissime), posto che si è in presenza di un evento ulteriore, e più grave, rispetto al mero incidente. Nell'ipotesi delittuosa qui in esame - delitto di cui all'art. 589 c.p., comma 3 o di cui all'art. 590 c.p., comma 3, ultimo periodo, e reato ex art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) (o art. 187 C.d.S.) - si è in presenza, come già detto, di norme che hanno diverso ed autonomo contenuto;

non vertendosi in un caso di concorso apparente di norme, non risulta violato - nemmeno sotto il profilo dell'aggravamento sanzionatorio ex art. 186 C.d.S., comma 2 bis, - il divieto del ne bis in idem sostanziale, posto a fondamento degli artt. 15, 68 e 84 c.p. (si richiama al riguardo la giurisprudenza già sopra citata al paragrafo 8).
12. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2012


 

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