REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente -
Dott. BENINI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25184-2012 proposto da:
RALOX S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIALOIA 3, presso l'avvocato PERLINI ITALICO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R. BONGHI 32-D, presso l'avvocato D'IPPOLITO MICHELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3624/2012 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 09/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO BENINI;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato ITALICO PERLINO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe che ha concluso per l'inammissibilità o in subordine rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con il decreto depositato il 24.11.2010, la Corte d'Appello di Roma ha dichiarato esecutiva, in applicazione degli artt. 54 e 55 Reg. CE 44/01, la sentenza del 13.3.2010 della Corte d'appello di Versailles, di condanna della società italiana Ralox s.r.l. al pagamento di somme a favore di P.G.
Con citazione notificata il 14.6.2011, ha proposto opposizione la Ralox s.r.l., allegando che il P. è stato riconosciuto creditore dal giudice francese in base a cessione di credito in data 15.9.2004, eseguita a suo favore dalla società PLS BVBA, dichiarata fallita in data 23.12.2003.

2. Con sentenza 9.7.2012, la Corte d'Appello di Roma ha rigettato l'opposizione, non ricorrendo alcuno dei presupposti di cui agli artt. 44 ss. Reg. CE 44/01, per la revoca della dichiarazione di esecutività. La questione di legittimazione del P. quale creditore della Ralox s.r.l. è stata esaminata nel giudizio davanti al giudice francese, in cui la stessa non ebbe a sollevare eccezioni, riconoscendo anzi che il P. dovesse esser esaudito nelle sue richieste, assumendo che la responsabilità dei fatti litigiosi dipendesse dalla società PLS; e neppure la sentenza della Corte d'appello di Versailles è stata impugnata per cassazione. Gli artt. 106 e 107 L.F., invocati dall'opponente non erano applicabili in causa, essendo entrati in vigore il 16.7.2006, successivamente alla data di cessione del credito (19.5.2004).
3. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Ralox s.r.l. affidato ad un unico motivo, resistito da controricorso dell'intimato.

Motivazione

1. Con l'unico motivo di ricorso, la Ralox s.r.l., denunciando omessa, insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, violazione o falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 64, censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto che anche prima della riforma del 2006 l'art. 106 L.F. garantiva la par condicio creditorum, sicchè la sentenza francese, pronunciata in spregio al principio, non poteva esser riconosciuta perchè incompatibile con l'ordine pubblico interno: la società PLS BVBA era stata dichiarata fallita il 23.12.2003, e successivamente, il 15.05.2004, aveva ceduto il credito al P., già amministratore della stessa società, senza il rispetto dei principi dell'art. 106, tanto meno nel nuovo testo.

2. Il ricorso è inammissibile.
L'impugnazione tende a investire la Corte di legittimità, come già la Corte d'appello, del compito di revisione del decisum della Corte francese alla stregua delle norme italiane in materia di diritto fallimentare. Ciò è precluso dall'art. 36 del Regolamento 22.12.2000, n. 44/01, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (cd. Bruxelles I), che vieta un riesame nel merito della sentenza straniera.
E' a detto Regolamento che occorre richiamarsi, in particolare nell'art. 34, n. 1, che a differenza della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 64, prevede un impedimento nella "manifesta" contrarietà all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto.
La primazia del diritto dell'Unione Europea sulle norme interne, per di più in materia, quella del procedimento per l'ordine di esecuzione, previsto dal citato Regolamento, connotata da specialità, induce a ridurre la configurabilità del contrasto con l'ordine pubblico interno a ipotesi del tutto eccezionali.
La ricorrente sembra poi identificare tale contrasto con il principio fondamentale della par condicio creditorum, che ritiene di enucleare dalla disciplina interna in materia di cessione di crediti, di cui agli artt. 106 e 107 L.F.
Il tertium comparationis non può essere individuato nella puntualità delle disposizioni dello Stato richiesto: affinchè l'ordine pubblico rilevi nel senso di impedire il riconoscimento o l'esecuzione di una sentenza non è sufficiente una divergenza tra la norma giuridica applicata dal giudice dello Stato di origine e quella che avrebbe applicato il giudice dello Stato richiesto, ma occorre che tale decisione contrasti in modo inaccettabile con l'ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto lesiva di un principio fondamentale (Corte UE 11.5.2000 in causa C-38/98).

Le norme richiamate dalla ricorrente hanno poco a che vedere con il principio della par condicio (alla quale, peraltro, l'ordinamento francese si ispira: si veda il Code de commerce, livre 6, titre 4, chapitre 3 "de l'apurement du passif"): l'art. 106 L.F. consente espressamente la cessione del credito del fallito da parte del curatore (la cessione, peraltro, non può ritenersi un pagamento con mezzi anormali, ove essa non sia stipulata per estinguere un'obbligazione preesistente: Cass. 6.10.1958, n. 3128); l'art. 107 L.F. (che per la verità, al momento della pronuncia francese, regolava altro oggetto) prevede una procedimentalizzazione delle vendite (ivi comprese le cessioni di crediti), al fine di massimizzare il ricavato.

3. All'inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese del giudizio, liquidate in Euro 5.000 per compensi, Euro 200 per esborsi, spese forfetarie, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2014


 

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