REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7078 del 2016, proposto da
Alessandro Annunziata e Alessia Biella (già rappresentati e difesi dall'Avvocato Claudio Colombo, con domicilio fisico presso lo studio Giulia Greco in Roma, via F. Cesi 21) con atto del 4 ottobre 2018 rappresentati e difesi dall'Avvocato Emanuela Beacco, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
contro

Comune di Bernareggio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocato Francesco Pintucci, con domicilio eletto presso lo studio Bernardo Scavo in Roma, via Scirè, n. 6;
nei confronti

Barbara Ferraro, rappresentato e difeso dall'Avvocato Gianbattista Pini, con domicilio eletto presso lo studio Walter Fini in Roma, via Buccari n. 3;
per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 1048/2016, resa tra le parti, concernente aggiudicazione della titolarità di farmacia comunale, con cui era respinto il ricorso per l'annullamento

della determinazione n. 31 del 12 maggio 2014 con la quale è stata aggiudicata la titolarità della farmacia comunale n. 2 in località Villanova del Comune di Bernareggio;
nonché per quanto occorrer possa:
2) della determinazione n. 27 del 29 marzo 2014 recante aggiudicazione provvisoria della medesima farmacia;
3) del verbale di aggiudicazione provvisoria del 28 marzo 2014;
4) del bando di asta pubblica 31 gennaio 2014 per la concessione della farmacia comunale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli artt. 25 del d.l. n. 137/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 70/2020, quanto allo svolgimento con modalità telematica delle udienze pubbliche e delle camere di consiglio del Consiglio di Stato nel periodo 9 novembre 2020 - 31 gennaio 2021;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bernareggio e di Barbara Ferraro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza con modalità da remoto del giorno 28 gennaio 2021 il Cons. Solveig Cogliani; nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

Svolgimento del processo

La vicenda oggetto di contenzioso giunge all’esame della Sezione, dopo un lungo iter processuale che comprende due pronunzie del giudice nazionale e l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Si riporta per chiarezza, di seguito, una sintesi della vicenda, secondo quanto già evidenziato nella sentenza 4053 del 2018.

La questione vede il suo inizio con l’indizione di un’asta pubblica ai sensi del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, per la cessione della farmacia comunale n. 2, sita in località Villanova, con bando del 31 gennaio 2014, da parte del Comune di Bernareggio.

L’operazione prevedeva:

- la cessione da parte del Comune della licenza della farmacia, a fronte del pagamento del maggior prezzo (comprensivo dell’avviamento), aggiudicato in sede di gara a partire dalla base d’asta fissata in € 580.000,00;

- la cessione dei mobili, degli arredi, delle attrezzature e delle merci esistenti all'interno della farmacia, dietro pagamento di un prezzo predefinito (art. 2);

- la cessione delle giacenze di magazzino, ad un prezzo anch’esso predefinito (art. 5);

- la concessione in locazione dei locali attualmente in uso della farmacia e di proprietà dello stesso Comune, alle condizioni precisate all’art. 3 e nell’allegato “E”;

L’art. 9 del bando di gara, facendo applicazione dell’art. 12 l. n. 362/1991, disciplinava, inoltre, il diritto di prelazione, a tal fine prevedendo che “il trasferimento della titolarità della farmacia all’aggiudicatario provvisorio sarà subordinato al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dell’Azienda Speciale Farmacie Vimercatesi e dei farmacisti a tempo indeterminato dell’Azienda stessa in possesso dei requisiti di legge”.

L’offerta degli odierni appellanti risultava quella economicamente più vantaggiosa, sicché gli stessi divenivano aggiudicatari provvisori, come da verbale di gara in data 11 marzo 2014.

All’esito della procedura prevaleva, tuttavia, l’odierna appellata controinteressata, in quanto dipendente dell’Azienda Speciale Vimercatese, che aveva esercitato il diritto di prelazione ai sensi dell’art. 9 del predetto bando, con nota del 27 marzo 2014, pur non avendo partecipato alla competizione; pertanto, a seguito della verifica dei requisiti autocertificati, si addiveniva all’aggiudicazione definitiva, con determinazione n. 31 del 12 maggio 2014.

Quest’ultima era impugnata innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (con ricorso R.G. 1873/2014) dagli odierni appellanti.

Il T.A.R. di Milano, dopo aver riscontrato la sussistenza della propria giurisdizione e la tempestività del ricorso, riteneva infondate nel merito le censure dedotte, respingendole integralmente e condannando gli allora ricorrenti alla refusione delle spese. In sede di appello, questa Sezione nel 2018, con la sent. n. 4053/2018, respinte le eccezioni di inammissibilità dell’appello, evidenziava che i dati normativi e disciplinari in applicazione dei quali è stata espletata la procedura di gara fanno capo:

- all’art. 12, comma 2, l. n. 362/1991, secondo il quale “In caso di trasferimento della titolarità della farmacia comunale, i dipendenti hanno diritto di prelazione e ad essi si applicano le norme dell'articolo 7”;

- all’art. 8 del bando, ai sensi del quale “i plichi contenenti l’offerta e la documentazione, a pena di esclusione dalla gara, devono pervenire entro le 12.00 del giorno 10 marzo 2014 all’ufficio protocollo del Comune”;

- all’art. 7, comma 2, lett. b) del bando, ai sensi del quale “ .. i concorrenti, per partecipare alla gara dovranno, a pena di esclusione: .. erogare un acconto nella misura del 30% dell’importo a base di gara .. entro il 21 maggio 2014..”;

- all’art. 9 del bando, il quale dispone che “in applicazione dell’art. 12 L. 362/1991 il trasferimento della titolarità della farmacia all’aggiudicatario provvisorio sarà subordinato al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dell’Azienda Speciale Farmacie Vimercatesi e dei dipendenti farmacisti a tempo indeterminato dell’azienda stessa in possesso dei requisiti di legge.

Alla fine della procedura dell’asta pubblica e comunque entro le ore 24.00 del giorno successivo (12 marzo 2014) l’Amministrazione comunale pubblicherà all’albo pretorio online la graduatoria e il prezzo di aggiudicazione provvisorio. Tale pubblicazione…deve intendersi a tutti gli effetti di legge come notifica ai partecipanti all’asta nonché notifica all’Azienda Speciale Farmacie Vimercatesi e per tramite di essa ai dipendenti farmacisti a tempo indeterminato dell’azienda stessa in possesso dei requisiti di legge, quale informazione utile e necessaria al fine di esercitare da parte loro il diritto di prelazione di cui trattasi.

Il diritto di prelazione può esser esercitato:

• dall’azienda mediante dichiarazione in tal senso sottoscritta dal rappresentante legale;

• dai dipendenti farmacisti……

Tale facoltà deve essere obbligatoriamente manifestata entro e non oltre le 18.00 del 27 marzo 2014 mediante comunicazione sottoscritte depositata protocollo del Comune di Bernareggio secondo lo schema di cui all’allegato F al presente bando. A tale comunicazione dovrà essere annesso, pena di inammissibilità, sia il deposito cauzionale costituito mediante nell’importo e con le modalità previste al precedente paragrafo 8 che l’acconto nella misura di cui al punto 7 lett. c”.

Concludeva nel senso di affermare, dunque, la correttezza dell’interpretazione del primo giudice quanto alla non necessaria partecipazione del terzo con diritto di prelazione alla gara, stante le previsioni del bando, che esprimeva l’univoca volontà di consentire l’ingresso nella procedura in un momento successivo alla formulazione delle offerte ai terzi titolari di prelazione legale non partecipanti alla procedura e quindi ignari del suo svolgimento e dei suoi esiti.

Quanto alla natura della procedura, la Sezione evidenziava che non si configura nella specie né una ipotesi di appalto, né di concessione di servizio pubblico, ma una fattispecie di trasferimento di esercizio/azienda da un soggetto pubblico ad un soggetto privato, come reso evidente anche dal criterio di aggiudicazione finalizzato a premiare l’offerta del prezzo più alto rispetto alla base d’asta. Ciò coerentemente con la giurisprudenza che ammette l’esercizio della prelazione legale, nel contesto di aste pubbliche per l'alienazione di un bene, in favore di soggetti non partecipanti alla procedura pubblica (Cass. civ., Sez. un., 7 gennaio 2014, n. 62; Id., 26 aprile 2012, n. 6493). La soluzione era, dunque, ritenuta coerente con la finalità della procedura d’asta, che è quella di individuare quale sia, per le casse dell'ente, il grado massimo di economicità dell'operazione di privatizzazione, e nel contempo, le condizioni alle quali deve essere esercitata la prelazione contemplata nel secondo comma dello stesso articolo. Per queste ragioni, erano respinte le argomentazioni della parte appellante intese a sindacare la legittimità della posizione del prelazionario legale, assumendosi che questi non potesse che essere un soggetto partecipante alla gara.

La Sezione reputava, invece, pregiudiziale allo scrutinio del terzo mezzo di gravame la sottoposizione all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione europea di una questione interpretativa del diritto dell’Unione europea in materia di conformità ai principi euro-unitari della prelazione legale prevista dall’art. 12 della legge 362/1991.

Con il terzo motivo, infatti, gli appellanti deducevano che la prelazione prevista dall’art. 12 della l. n. 362 del 1991, in favore dei dipendenti dell’esercizio farmaceutico comunale, sarebbe lesiva dei principi di libera concorrenza e di parità di trattamento, come sanciti dal diritto comunitario.

Essa non si giustificherebbe né in favore di aziende speciali (come l’Azienda Speciale Farmacie Vimercatesi), visto che, essendo queste delle longae manus dell'amministrazione comunale, la scelta del modulo di gestione diretto risulterebbe incompatibile con quella del modulo indiretto mediante procedura di gara; né in favore dei dipendenti del presidio comunale, visto che, nel caso di privatizzazione del servizio, gli interessi dei lavoratori subordinati sarebbero salvaguardati dalla normativa civilistica (2112 c.c.), anch'essa di derivazione comunitaria (Direttiva 2001/23/CEE), volta a garantire la conservazione del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’azienda oggetto di trasferimento. L’attribuzione di una prelazione legale costituirebbe, dunque, un vulnus alle regole concorrenziali, in quanto comporterebbe un vantaggio notevole per il beneficiario, in grado di farlo primeggiare su chi abbia presentato la migliore offerta e di vanificare, pertanto, il principio di parità di trattamento tra concorrenti e l’essenza stessa del confronto concorrenziale.

Con ordinanza n. 4102 del 2018, pertanto, la Sezione disponeva la sottoposizione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la seguente questione di interpretazione del diritto unionale: « Se i principi di libertà di stabilimento, di non discriminazione, di parità di trattamento, di tutela della concorrenza e di libera circolazione dei lavoratori, di cui agli articoli 45, da 49 a 56, e 106 del TFUE, nonché di cui agli artt. 15 e 16 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’U.E., ed il canone di proporzionalità e ragionevolezza in essi racchiuso, ostano ad una normativa nazionale, quale quella di cui all’art. 12 comma 2 L. 362/1991, che, in caso di trasferimento della titolarità della farmacia comunale, assegna il diritto di prelazione ai dipendenti della farmacia medesima».

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 19 dicembre 2019 nella causa C-465/2018 – (depositata in atti) ha concluso che il diritto di prelazione incondizionato, concesso ai farmacisti dipendenti di una farmacia comunale, in caso di cessione di quest’ultima mediante gara, comprime la libertà di stabilimento.

La Corte europea ha ricordato che l’art. 49 TFUE non è di ostacolo solo alle misure di diritto interno che creino discriminazioni sulla base della nazionalità, ma anche a quelle che sono idonee a ostacolare o a scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento. Nella fattispecie in esame, il diritto di prelazione previsto a favore dei farmacisti risulta idoneo a dissuadere farmacisti, di altri Stati membri, dal partecipare alla procedura. Infatti, per aggiudicarsi la gara, non è sufficiente presentare l’offerta più vantaggiosa, giacché il farmacista prelazionario può ottenere la cessione della farmacia senza partecipare alla gara stessa, ma semplicemente allineandosi all’offerta da altri formulata. Pertanto, il diritto di prelazione incondizionato a favore dei farmacisti dipendenti costituisce una restrizione della libertà di stabilimento.

Ancora ha precisato che il diritto comunitario non impedisce, in assoluto, la compressione del diritto di stabilimento, infatti, ne consente la restrizione a fronte del perseguimento di un obiettivo legittimo, in virtù del principio di bilanciamento degli interessi. La ratio della normativa italiana è da ricercarsi nella volontà di garantire una migliore gestione del servizio farmaceutico:

•permettendo la continuità del rapporto di lavoro dei farmacisti dipendenti,

•valorizzando l’esperienza di gestione maturata dagli stessi.

La Corte ritiene che la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) possa essere limitata per la tutela del diritto alla salute (art. 52 c. 1 TFUE), ad esempio, per garantire alla popolazione la fornitura di medicinali di qualità sicura, in quanto trattasi di un preminente interesse generale (sent. 05.12.2013, Venturini e a., C-159/12, C- 161/12). Pertanto, occorre valutare se il diritto di prelazione sia idoneo a perseguire un interesse generale, come la tutela della salute.

Infatti, la tutela della salute prevale sulla libertà di stabilimento.

Accertato che la normativa nazionale comprime la libertà di stabilimento al fine di perseguire un interesse di carattere generale, occorre valutare se tale obiettivo non possa essere conseguito tramite altre misure. Come ricordato, la norma è tesa ad assicurare la continuità del rapporto farmaceutico; ebbene, secondo la Corte di Giustizia:

a) il diritto di prelazione a favore dei farmacisti dipendenti non è una misura idonea a garantire la tutela della salute. L’obiettivo di mantenere i diritti dei dipendenti della farmacia, in caso di cessione, è già raggiunto tramite l’art. 2112 c. 1 c.c. (che traspone la direttiva 2001/23);

b) il diritto di prelazione a favore dei farmacisti dipendenti non soddisfa la valorizzazione dell’esperienza professionale per assicurare una migliore gestione del servizio farmaceutico. Infatti, la norma introduce una sorta di presunzione assoluta, in base alla quale i farmacisti dipendenti siano soggetti più competenti di altri a gestire il servizio. La suddetta presunzione non poggia su una valutazione concreta e, pertanto, è inidonea a conseguire l’obiettivo della salute.

In conclusione, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, «l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che concede un diritto di prelazione incondizionato in favore dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara». I giudici comunitari hanno, dunque, ritenuto che la disciplina italiana, così come strutturata, limiti la libertà di stabilimento senza perseguire un superiore interesse generale. Infatti, il diritto di prelazione a favore dei farmacisti dipendenti non assicura una maggiore professionalità nell’erogazione del servizio farmaceutico. Del resto, la legge consente il trasferimento di una farmacia solo a favore di soggetti iscritti all’albo professionale dei farmacisti, che abbiano già conseguito l’idoneità alla titolarità di una farmacia, che abbiano almeno due anni di pratica professionale.

Pertanto, tali condizioni offrono già una garanzia sulla competenza professionale dei potenziali acquirenti di una farmacia comunale. Inoltre, l’obiettivo di valorizzazione dell’esperienza professionale può essere raggiunto mediante misure diverse rispetto al diritto di prelazione, come l’attribuzione di punteggi premiali, nell’ambito della procedura di gara, in favore dei partecipanti che apportino la prova di un’esperienza nella gestione di una farmacia. Per tutte le ragioni sopra esposte, «il diritto di prelazione incondizionato […], nella misura in cui è diretto ad assicurare una migliore gestione del servizio farmaceutico – supponendo che effettivamente persegua un obiettivo concernente la tutela della salute – non è idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e, in ogni caso, va oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso».

A seguito del deposito della predetta pronunzia, il Comune appellato ha depositato memoria con la quale con riferimento alla validità del provvedimento oggetto di impugnazione, si rimette all’applicazione del suddetto principio al caso di specie da parte di questo Consiglio di Stato.

Per quanto attiene alle conseguenze in punto di eventuale responsabilità dell’Ente comunale resistente ed in relazione agli effetti della caducazione dell’aggiudicazione rispetto all’efficacia del contratto di trasferimento della farmacia e del subentro nella pattuizione da parte del ricorrente, esclude ogni propria responsabilità in quanto lo stesso avrebbe, diligentemente, applicato la disciplina di legge vigente al momento di svolgimento del procedimento di aggiudicazione. Per quanto concerne le conseguenze sul contratto invoca per analogia le disposizioni di cui all’art. 121 c.p.a., ritenendo non sussistenti i presupposti per la dichiarazione dell’inefficacia del contratto. Altresì, precisa che nella fattispecie oggetto del presente giudizio, ove si accedesse all’ ipotesi di annullamento dei provvedimenti impugnati, la stazione appaltante sarebbe obbligata a rinnovare la gara afferente l’aggiudicazione della farmacia, in quanto, diversamente, verrebbero irrimediabilmente lesi i diritti dell’odierna aggiudicataria, Dott.ssa Barbara Ferraro. Tuttavia la rinnovazione non sarebbe stata richiesta dagli appellanti.

Diverse considerazioni impedirebbero poi la declaratoria di inefficacia del contratto di cessione d’azienda in favore dell’odierna aggiudicataria in ragione dello stato di esecuzione dell’accordo, degli interessi delle parti e dalla buona fede (e legittimo affidamento) del terzo contraente (Cons. Stato, Sez. V, 5 novembre 2014, n. 5478).

Infatti, il contratto in esame è in esecuzione da oltre sei anni – stante la stipula del rogito notarile della pattuizione di cessione dell’azienda in data 22 maggio 2014 – con tutto ciò che comporta la gestione della farmacia comunale per tale periodo (stipulazione di accordi con soggetti terzi, incremento dell’attività, assunzione di dipendenti), sicché ulteriormente sarbbe incontestabile la buona fede del terzo contraente, il quale ha ricevuto l’assegnazione della farmacia in forza della legge vigente al momento dell’aggiudicazione, la cuoi corretta applicazione è stata confermata dal TAR sia in sede cautelare che di merito.

L’Amministrazione appellata chiede, dunque, la reiezione dell’appello ed in via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi di dichiarazione di inefficacia del contratto conseguente all’aggiudicazione definitiva, di disporre la rinnovazione della gara con indicazione delle modalità.

Con memoria per l’udienza di discussione la parte controinteressata chiede l’applicazione del principio del tempus regit actum. Rileva che gli appellanti non avrebbero formulato, nel proprio atto di appello, espressa domanda di subentro nel contratto di cessione.

Invoca anch’essa la normativa di cui agli artt. 121 e ss c.p.a.. Precisa che per l’acquisto della farmacia aveva acceso un mutuo di € 150.000,00 presso Unicredit successivamente rinegoziato con BNL. Allo stato, l‘appellata dichiara di aver in corso due finanziamenti/mutui che, alla data del 30 settembre 2020, prevedono un capitale residuo ancora dovuto pari a € 54.166,00 (come da doc. n. A depositato in atti). Espone di aver sostenuto, nel corso degli anni, notevoli costi ed effettuato onerosi investimenti, come dimostrato dal “Prospetto Investimenti” (prodotto in giudizio doc. n. B), da cui risulta che, per l’acquisto della farmacia, la stessa ha effettuato il pagamento del prezzo, pari a € 600.000,00, oltre oneri notarili e imposta di registro per € 19.085,88. Inoltre, ha sostenuto numerosi costi di natura diversa per il complessivo importo di € 55.850,90 (per impianto elettrico e di condizionamento; lavori edili; attrezzature e macchinari; strumenti medicali e informatici; mobili e arredi, ecc..), come risulta dalle fatture prodotte (doc. n. C). Ancora, ha sottoscritto un contratto di locazione ad uso diverso dall’abitazione (a fronte del versamento di un canone annuo di €. 6.000,00) relativo ad un immobile posto al piano sovrastante i locali della Farmacia (doc. n. D). Peraltro, il contratto di locazione della durata di anni sei (rinnovabile per altri sei), con decorrenza dal 1 aprile 2016. Tali locali sono stati concessi in comodato d’uso gratuito ad un medico di base ed ad una pediatra.

Tale strategica scelta, che rappresenterebbe un ulteriore investimento, avrebbe contributo ad incrementare i ricavi della farmacia oltre che a rappresentare un utile servizio per la cittadinanza stante, appunto, la vicinanza della Farmacia con gli studi medici e la conseguente possibilità per i pazienti di acquistare i farmaci direttamente nella farmacia dell’esponente. Tra l’altro, detti locali sono stati oggetto di ristrutturazione a cura e spese della farmacia proprio al fine di agevolare l’utilizzo dei locali da parte dei medici comodatari. Dal momento dell’aggiudicazione della farmacia ad oggi, la controinteressata ha costantemente incrementato i ricavi della farmacia stessa, che sono cresciuti dall’importo di circa € 486.000,00 nell’anno 2012, ad oltre € 730.000,00 nell’anno 2019, come si evince dai bilanci prodotti (doc. n. E-L), dall’anno 2014 all’anno 2019. La controinteressata produce, altresì, il “bilancio provvisorio” del corrente anno, redatto alla data del 15 dicembre 2020 (doc. M). Dall’esame dei bilanci prodotti si evince che nel corso degli anni, ha incrementato il fatturato della farmacia di circa il 50% e ciò nonostante la stessa sia situata in una piccola frazione del Comune di Bernareggio (nella provincia di Monza e Brianza). Infatti, all’epoca del bando il valore della farmacia era stato quantificato in €. 580.000,00 (come da perizia di stima finalizzata alla definizione dell’importo a base d’asta, in data 12.11.2013 – doc. N).

Deduce che, nell’ ipotesi in cui la farmacia dovesse essere aggiudicata agli appellanti, quindi, si troverebbe nell’oggettiva impossibilità di consegnare il medesimo bene oggetto del bando.

Tale soluzione sarebbe – a suo dire - ingiustificabile in quanto non riconducibile ad alcun comportamento o azione addebitabile alla stessa, avendo operato sempre ed esclusivamente nel rispetto delle normative vigenti all’epoca.

Invoca, dunque, i principi espressi da questo Consiglio: “Nel processo amministrativo, la regola dell'annullamento con effetti ex tunc dell’atto impugnato a seconda delle circostanze può trovare una deroga o con la limitazione parziale della retroattività degli effetti o con la loro decorrenza ex nunc o escludendo del tutto gli effetti dell'annullamento e disponendo esclusivamente gli effetti conformativi. Infatti, da un lato le normative, sostanziale e processuale, non dispongono la inevitabilità degli effetti dell'annullamento di un atto in sede amministrativa o giurisdizionale; dall'altro gli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo prevedono che la rilevata fondatezza di un ricorso d'annullamento può comportare l'esercizio di un potere valutativo del giudice sulla determinazione dei concreti effetti della propria sentenza” (Cons. Stato n. 2755/11).

Secondo la Corte di Lussemburgo tale principio costituisce un corollario del principio della certezza del diritto (CGUE, 20 dicembre 2017, C-322/16, Global Starnet, p. 46). Nella stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea non mancherebbero espliciti riferimenti alla dimensione “soggettiva” dell’affidamento. A riguardo l’appellata fa richiamo alla sentenza CGUE 14 marzo 2013 C-545/11, Agrargenossenschaft Neuzelle, che afferma: “secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, il principio della tutela del legittimo affidamento rientra fra i principi fondamentali dell’Unione”. Ed ancora alle decisioni n. 234/2007, 400/2007, 77/2008, con le quali la Corte ha evidenziato che: “il fluire del tempo – il quale costituisce di per sé un elemento diversificatore che consente di trattare in modo differenziato le stesse categorie di soggetti, atteso che la demarcazione temporale consegue come effetto naturale alla generalità delle leggi - non comporta, di per sé, una lesione del principio di parità di trattamento sancito dall’art. 3 della Costituzione”. Anche la Corte di Cassazione civile si sarebbe espressa in tal senso, anche recentemente (Sez. un., 28 aprile 2020, n.8236) arrivando ad affermare che “l’affidamento è una situazione autonoma, tutelata in sé, e non nel suo collegamento con l’interesse pubblico, come affidamento incolpevole di natura civilistica, che si sostanzia, secondo una felice sintesi dottrinale, nella fiducia, nella delusione della fiducia e nel danno subito a causa della condotta dettata dalla fiducia mal riposta. Si tratta, in sostanza, di un’aspettativa di coerenza e non contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione fondata sulla buone fede, che viene in considerazione quale elemento di una situazione che chiede protezione contro le conseguenze dannose della fiducia mal riposta”.

Lo stesso Consiglio di Stato in un caso analogo, aveva espresso il principio di diritto secondo il quale "L'art. 12 c. 2 della I. n. 362/1991 stabilisce che in caso di trasferimento della titolarità della farmacia comunale, i dipendenti hanno diritto di prelazione.

La legge attribuisce all'evidenza pubblica contemplata nel primo comma dell'art. 12 citato, fra l'altro, la funzione di individuare quale sia, per le casse dell'Ente, il massimo di economicità dell'operazione di privatizzazione, e nel contempo, le condizioni alle quali deve essere esercitata la prelazione contemplata nel secondo comma dello stesso articolo, nella cui statuizione entrano in gioco, con la preferenza accordata al dipendente, interessi pubblici di natura del tutto differente, che involgono, con la tutela dei farmacisti dipendenti, la gestione ottimale dell'esercizio farmaceutico, connesso anche alla valorizzazione dell'esperienza professionale conseguita attraverso l'espletamento dell'attività alle dipendenze dell'Ente." (Sez. V, 5 ottobre 2005 n. 5329).

Peraltro rileverebbe che anche le statuizioni del giudice comunitario erano pressoché univoche nell’affermare che le limitazioni previste dal legislatore nazionale non si pongono in contrasto con le regole del Trattato sul mercato comune (Deliberazione AVCP n. 51 del 18 maggio 2011 e dirimente sul punto risultava la pertinente giurisprudenza comunitaria Corte di Giustizia Europea - Grande Sezione - sentenza 19 maggio 2009, Presidente Skouris - Relatore Malenovsky, Causa n. 531/06, Commissione delle Comunità europee/Repubblica Italiana al cui vaglio era stata sottoposta la normativa nazionale italiana per una pretesa violazione degli art. 43 e 56).

Contesta, dunque, che dall’annullamento dell’aggiudicazione derivi direttamente l’assegnazione della farmacia agli originari ricorrenti, in assenza di una specifica domanda in tale senso.

L’attribuzione della farmacia agli appellanti all’esito del giudizio comporterebbe una deviazione molto profonda di questi principi in quanto consentirebbe loro di evitare il confronto competitivo con eventuali altri cittadini dell’Unione in possesso di requisiti che tenessero a partecipare e concorrere alla gara.

Peraltro, invoca l’interpretazione fornita dall’Adunanza Plenaria (Cons. Stato Ad. Plen. 22 gennaio 2017 n.13) che ha così statuito: “L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato può modulare la portata temporale delle proprie pronunce, in particolare limitandone gli effetti al futuro, al verificarsi delle seguenti condizioni:) un'obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; b) l'esistenza di un orientamento prevalente contrario all'interpretazione adottata; c) la necessità di tutelare uno o più principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche. ” Chiede, dunque che per le peculiarità delle questioni sottese, questo Consiglio limiti la portata temporale della statuizione della Corte di Giustizia.

E, conseguentemente, nel merito di rigettare l’appello, perché infondato in fatto e in diritto.

In subordine, in ipotesi di annullamento dei provvedimenti impugnati, dichiarare la permanente efficacia del contratto di cessione d’azienda sottoscritto.

Ancora in subordine, previa assunzione dei provvedimenti ritenuti opportuni, dare atto che non ha portata vincolante, nel caso di specie, la sentenza della Corte di Giustizia Europea, limitandone, se del caso, la portata temporale degli effetti ai giudizi futuri.

In via ulteriormente subordinata: nella ipotesi in cui si ritenesse di applicare le statuizioni della Corte di Giustizia Europea al giudizio in esame, procedere nel sottoporre la questione nuovamente alla Corte di Giustizia Europea non avendo quest’ultima fornito elementi utili con riguardo alle modalità dell’eventuale disapplicazione della norma nazionale oggetto di vaglio e ciò anche al caso di specie.

In estremo subordine: procedersi all’annullamento del bando di gara impugnato assumendo, se del caso, i provvedimenti ritenuti più opportuni affinché il Comune di Bernareggio possa procedere nell’indire una nuova gara per la cessione della Farmacia.

Con memoria per l’udienza di discussione gli appellanti, insistono per la domanda di annullamento dell’aggiudicazione alla controinteressata con conferma dell’aggiudicazione agli appellanti, come da verbale di gara in data 11 marzo 2014, con conseguente subentro nel contratto.

Con memoria di replica per l’udienza di discussione il Comune e la controinteressata insistono per l’applicazione limitata nel tempo dell’interpretazione della Corte alla luce della richiamata Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, precisando le differenze dalla fattispecie esaminata dal T.A.R. della Liguria (N. 470/2020 pubblicata il 8 luglio 2020), in quanto nella specie che occupa la Ferrero non aveva partecipato alla gara.

Con memoria di replica degli appellanti per l’udienza del 28 gennaio 2021, ulteriormente precisano che :

- la pronunzia interpretativa adottata dalla Corte di giustizia avrebbe efficacia "ultra partes", poiché ad essa andrebbe attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, in quanto indicano il significato ed i limiti di applicazione delle norme, con efficacia "erga omnes" nell'ambito della Comunità, alla stessa andrebbe assegnata - secondo la consolidata giurisprudenza espressa dalle Corti nazionali (Cassazione, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato) - la stessa efficacia vincolante delle disposizioni interpretate;

- il pronunciamento della Corte di Giustizia non potrebbe, dunque, che comportare l’annullamento dell’aggiudicazione alla dott.ssa Ferraro e l’attribuzione della Farmacia agli appellanti (come da provvedimento di aggiudicazione ante prelazione) con conseguente inefficacia del contratto di cessione di azienda; nel caso di specie, come affermato anche da parte dell’appellata, non si verterebbe in materia di appalto o di concessione di un servizio pubblico in senso stretto, bensì nell’ipotesi di un vero e proprio trasferimento della titolarità di un esercizio, e quindi di una vera e propria "vendita" a tutti gli effetti, di un esercizio che da pubblico diventa privato;

- del pari infondata sarebbe la contestazione (sollevata peraltro solo dopo la Sentenza della Corte di Giustizia) in ordine alla mancata riproposizione della domanda di subentro; in ogni caso il risultato non sarebbe diverso anche in applicazione del principio dell’effetto conformativo della sentenza, in quanto la gara sarebbe stata funzionale alla determinazione del prezzo per la vendita della farmacia comunale; il criterio di gara (ovvero quello del prezzo più basso) sarebbe scevro da profili di valutazione discrezionale dell’offerta;

- nel caso in esame, con l’accoglimento del gravame ed il subentro nel contratto gli appellanti conseguirebbero il bene della vita cui anelavano; sicché sarebbe inammissibile la richiesta per la prima volta, in grado di appello della riedizione della gara;

- infondata sarebbe anche l’affermazione della appellata circa il fatto che il “trasferimento” della farmacia in capo agli appellanti rappresenterebbe una grave ed irreparabile lesione dei diritti, vista anche “l’impossibilità da parte della Ferraro di liberamente partecipare alla gara potendo, quindi, concorrere per aggiudicarsi la farmacia”, poiché contrariamente al dedotto, il bando era stato reso noto, attraverso la pubblicazione nelle forme di legge;

- inconferenti sarebbero le deduzioni in ordine al risarcimento del danno, domanda non articolata in questa sede, ma della quale gli istanti hanno fatto riserva a seguito del giudizio di annullamento.

All’udienza con modalità da remoto del 28 gennaio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivazione

1 – La vicenda oggetto di contenzioso riguarda, per come si è esposto in fatto, un procedimento complesso attivato per la cessione di beni dell’amministrazione ai sensi del r.d. 23 maggio 1924, n. 827 comportante lo svolgimento di un’asta pubblica con riferimento all’acquisizione della licenza della farmacia comunale e dei beni in essa contenuti, nonché all’affitto dei locali con un contratto di sei anni rinnovabile. Il procedimento risulta integrato, per come richiamato dal bando nella norma d’interesse, dalla disciplina di cui all’art. 12, l. n. 362 del 1991, che prevede la possibilità per il dipendente della farmacia di esercitare la prelazione.

La Corte di giustizia, interpellata sulla coerenza della previsione di un diritto di prelazione incondizionato da parte del farmacista che non ha preso parte all’asta, ne ha dichiarato la contrarietà al diritto comunitario e ai principi di libera circolazione del mercato unitario.

Ciò posto, la vicenda ha avuto origine nel 2014, anno dell’asta e della conseguente aggiudicazione provvisoria ai vincitori dell’asta e dell’aggiudicazione definitiva a favore della farmacista dipendente. Di seguito si è indubbiamente, per come detto consolidata per il decorso del tempo e per quanto di seguito si esporrà, la posizione della farmacista e, per altro verso, il ricavato della cessione ha costituito entrata dell’ente comunale.

II - Osserva il Collegio che, in via preliminare, al fine del decidere è necessario delimitare l’ambito della presente controversia.

III - Orbene, nella presente fase di giudizio non pare riproposta l’eccezione di tardività rigettata dal primo giudice, peraltro, attraverso un confutabile richiamo alla giurisprudenza in tema di clausole escludenti e di circoscrizione delle ipotesi in cui è evocabile un onere d’immediata impugnazione.

Tuttavia, anche in vista di ciò che di seguito si preciserà con riguardo alla tutela dell’affidamento della controinteressata appellata, come dalla stessa evocata negli atti difensivi, e dell’applicabilità della norma come individuata dalla interpretazione della Corte di giustizia, non può non evidenziarsi che le odierne appellanti – anch’esse – al momento della partecipazione alla competizione avevano accettato la disposizione del bando che prevedeva l’esercizio della prelazione da parte di soggetto che non avesse partecipato all’asta.

Orbene, se tale competizione non può dirsi equiparabile ad una gara per una concessione o per un appalto pubblico, bensì è tesa alla cessione di un bene riconducibile alle regole di diritto privato, secondo l’inquadramento ribadito dalla parti e richiamato anche da questo consiglio, per come esposto in fatto, allora va, altresì, richiamata la disciplina del contratto, in cui la buona fede costituisce regola fondamentale, intesa come reciproca lealtà di condotta e fondamentale canone di correttezza al quale tutte le parti di un rapporto contrattuale devono necessariamente ispirarsi.

Così anche nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, le parti devono comportarsi secondo buona fede, ai sensi dell’art. 1337 c.c.. Ed ancora il successivo art. 1338, rubricato “Conoscenza delle cause di invalidità”, prevede che: “La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto”. Tale disposizione concerne la tutela l’affidamento di una delle parti non già sulla conclusione del contratto ma sulla sua validità. Peraltro, nel concetto di buona fede è ricompresa anche la diligenza ed, in essa, l’obbligo di informazione circa eventuali cause di invalidità o di inefficacia.

Tali principi, applicati alla fattispecie in esame, sarebbero già di per sé sufficienti a tutelare la posizione del terzo – l’odierna controinteressata – che ha fatto affidamento sulla legittimità del procedimento e sull’efficacia del contratto stipulato, tanto da assumere le scelte ed i rischi imprenditoriali evidenziate in fatto.

Con riferimento alla situazione degli appellanti, deve rilevarsi che gli stessi hanno scelto liberamente di concorrere alla competizione, senza sollevare nell’immediatezza alcun dubbio in ordine alla successiva efficacia del contratto eventualmente stipulato con il prelazionario, secondo le previsioni del bando, applicative della legge nazionale.

IV – Deve ulteriormente precisarsi che gli odierni appellanti – ricorrenti originari - non hanno ad oggi proposto domanda di risarcimento del danno per equivalente e, pertanto, ogni valutazione del Comune a riguardo risulta inconferente, se riferita ad una difesa per responsabilità nell’applicazione delle norme secondo l’interpretazione ad esse data precedentemente all’intervento del giudice comunitario; e tuttavia, assume rilevanza nell’ottica già prima evidenziata al capo che precede della presente motivazione.

V – Deve invece escludersi l’applicazione analogica degli artt. 121 e ss., che costituisce disciplina dei poteri del giudice amministrativo in relazione all’efficacia del contratto con riferimento alle ipotesi specificamente previste dall’art. 119 c.p.a., stante la differenza della fattispecie trattata e la sua non riconducibilità all’ipotesi ivi previste – per quanto sopra specificato e alla luce della richiamata giurisprudenza – ed in mancanza di una disciplina legale ‘speciale’ come quella lì prevista.

Del resto, alla luce di quanto di seguito evidenziato, l’approfondimento della questione non risulta utile alla definizione della presente controversia.

VI – Tuttavia, va precisato che non vi è l’eccepita preclusione allo svolgimento della domanda di subentro nella presente fase di giudizio.

Viene contestato da parte appellata che gli appellanti non avrebbero proposto tale domanda. Tale affermazione non corrisponde alla realtà, poiché sul punto era contenuta espressa richiesta nel ricorso di primo grado.

In ogni caso, va evidenziato sotto il profilo dell’interesse delle parti che, anche in ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione alla luce della interpretazione resa dalla Corte di Giustizia, con l’intervenuta sentenza, va condivisa l’impostazione di parte appellata circa la necessità del contestuale annullamento della norma del bando, che comporterebbe, dunque, semmai la riedizione della gara e non l’aggiudicazione agli appellanti, pena il perpetuarsi della violazione dell’assetto comunitario per il permanere in vita di un bando che – secondo l’interpretazione riportata – avrebbe escluso non solo la partecipazione del farmacista dipendente (il cui affidamento sarebbe violato), ma anche i principi di libera circolazione nell’Unione.

Tuttavia, nella specie sfugge a questo giudice, per quanto sin qui evidenziato la pronunzia di inefficacia del contratto sulla base delle disposizioni di cui all’art. 121 e ss. del c.p.a..

VII – Svolte siffatte considerazioni, dunque, e ripartendo dal pronunciamento della Corte di giustizia, deve ripetersi che con esso si è stabilito che il diritto di prelazione incondizionato a favore dei farmacisti dipendenti costituisce una restrizione della libertà di stabilimento. Ne discende l’illegittimità della norma del bando e della conseguente aggiudicazione.

Tuttavia, ove a tale annullamento non possa conseguire il soddisfacimento del bene della vita consistente nel subentro – in assenza di una richiesta risarcitoria ed in presenza peraltro dei profili già sopra evidenziati attinenti al comportamento delle parti nel dispiegarsi del procedimento di selezione, comunque rimessi ad un diverso eventuale giudizio, deve evidenziarsi che l’interesse delle appellanti può assumere semmai, carattere strumentale ai soli fini della caducazione del bando in quanto contenente clausole applicative di norme contrastanti col diritto vincolante eurounitario, sicché tale effetto potrebbe loro consentire, se lo riterranno, una nuova partecipazione al procedimento allorché il Comune avrà adottato nuovo bando immune dal vizio emerso, con effetto caducante ex nunc, a seguito della citata pronunzia della CGUE.

VIII – Per addivenire alla definizione della controversia, dunque, risultano utili le pronunzie ed i principi sanciti da questo Consiglio in Adunanza plenaria.

Con la sentenza n. 13 del 2017 l’Adunanza ha affermato che: “Il fenomeno delle modificazioni della norma (precetto) a disposizione (testo) invariata – ben noto agli interpreti – è stato cristallizzato dalle Sezioni Unite civili: «In ragione, appunto, di tale collegamento tra norma giuridica e valore (che segna il discrimine tra legge fisica o di natura e il diritto come legge assiologica), ed anche del suo inevitabile porsi come elemento (di settore) di un sistema ordinamentale, la norma, una volta posta in essere, non resta cristallizzata in se stessa, ma è soggetta, ex se, a dinamiche evolutive. Nel senso che, nel tempo, essa è suscettibile di assumere una molteplicità di contenuti, in relazione ed entro il limite dei significati resi possibili dalla plurivocità del significante testuale - per un duplice ordine di fattori propulsivi, interni ed esterni. […] Parallelamente, per quanto poi attiene all’incidenza di fattori esterni, è decisivo l’aspetto strutturale-sistematico della regola iuris, quale elemento non in sé autoconchiuso, ma segmento invece di una complessa architettura giuridica, coordinata secondo postulati di unitarietà e completezza. In questo articolato mosaico, ogni disposizione si trova così inserita in settori e subsettori normativi ed investe una serie di relazioni reciproche con norme contigue. Per cui è ben comprensibile come, in prospettiva diacronica, le eventuali successive modificazioni, abrogazioni, sostituzioni delle disposizioni interferenti abbiano una possibile ed automatica ricaduta sul contenuto della disposizione in questione, anche per questa via quindi innescandone processi modificativi» (Cass. sez. un., n. 15144 del 2011)”.

Ed ancora ha precisato che “ben può il Consiglio di Stato – in sede Plenaria – modulare la portata temporale della propria sentenza, facendone decorrere gli effetti solo per il futuro”.

In generale ha ancora individuato nell’ordinamento nazionale e sovrannazionale i principi che legittimano la modulazione degli effetti della decisione.

In primo luogo, evidenziando che: “La possibilità di modulare la portata temporale delle decisioni giurisdizionali è un principio affermato dalla Corte di Giustizia UE che trova terreno fertile nel processo amministrativo. La giurisprudenza comunitaria ha già da tempo affermato – nell’ambito della giurisdizione di annullamento sugli atti comunitari – che il principio dell’efficacia ex tunc dell’annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte può dichiarare che l’annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l’atto medesimo conservi i propri effetti sino a che l’istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l’atto impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; 1999, Parlamento c. Consiglio, in C- 164/97 e 165/97).

Tale potere valutativo prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona era previsto espressamente nel caso di riscontrata invalidità di un regolamento comunitario (art. 231 del Trattato della Comunità Europea), ma era esercitabile – ad avviso della Corte – anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c Commissione, in C-106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c Consiglio, in C-21-94).

La Corte di Giustizia è dunque titolare anche del potere di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dell’atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che può tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07).

Tale giurisprudenza ha trovato un fondamento testuale nel secondo comma dell’art. 264 del Trattato sul funzionamento della Unione Europea, che non contiene più il riferimento delimitativo alla categoria dei regolamenti (“Se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia dell’Unione europea dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato. Tuttavia la Corte, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi”)”.

Inoltre con riguardo all’ambito nazionale, ha precisato che:

“I principi europei sono trasferibili nell’ordinamento nazionale in virtù dell’art. 1 del Codice sul processo amministrativo, secondo cui ““La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”, peraltro avendone il Consiglio di Stato già fatto applicazione come nel leading case Cons. Stato, sez. VI, n. 2755 del 2011).

Pertanto, l’Adunanza ha concluso che “la regola dell’annullamento con effetti ex tunc dell’atto impugnato può, sia pure in circostanze assolutamente eccezionali, trovare una deroga, con la limitazione parziale della retroattività degli effetti (si veda, in questo senso, Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488), o con la loro decorrenza ex nunc. L’ordinamento riconosce la possibilità di graduare l’efficacia delle decisioni di annullamento di un atto amministrativo (cfr. l’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e l’art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). È altresì ammessa la possibilità per il giudice amministrativo di modellare nel caso concreto l’efficacia delle sentenza in materia di contratti pubblici (cfr. artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo)”.

Tale principio risulta condiviso anche dalla Corte costituzionale, che, nell’accogliere la questione di legittimità della disposizione che introduce un’addizionale all’imposta sul reddito delle società per talune imprese (c.d. Robin Tax), ha affermato che gli «effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale decorrono, tuttavia, dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale al fine di evitare che l’impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla pronuncia determini uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venir meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione europea ed internazionale e, in particolare, delle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilità in cui tale entrata è stata considerata a regime» (Corte cost., 11 febbraio 2015 n. 10).

A sostegno di tale interpretazione l’Adunanza segnalava, che le decisioni pregiudiziali della Corte di giustizia hanno la stessa efficacia delle disposizioni interpretate e, pertanto, oltre a vincolare il giudice che ha sollevato la questione, spiegano i propri effetti anche rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime: “Come le sentenze di annullamento e quelle di incostituzionalità, anche le sentenze interpretative hanno efficacia retroattiva, ma per ragioni diverse: non si tratta di eliminare un atto dal mondo giuridico per vizi genetici o di dichiarare l’originaria difformità di un legge dalla fonte superiore, ma di accertare il significato di un frammento dell’ordinamento giuridico qual era sin dal momento della sua venuta ad esistenza.

In tali ipotesi la deroga alla retroattività trova fondamento, più che nel principio di effettività della tutela giurisdizionale, nel principio di certezza del diritto: si limita la possibilità per gli interessati di far valere la norma giuridica come interpretata, se vi è il rischio di ripercussioni economiche o sociali gravi, dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base di una diversa interpretazione normativa, sempre che risulti che i destinatari del precetto erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni (in tal senso, ma con riferimento all’ordinamento comunitario, Corte di Giustizia, 15 marzo 2005, in C-209/03)”.

A giustificazione dell’assunto l’Adunanza richiama poi “ anche un dato testuale: l’art. 113, comma 3 Cost. stabilisce che “La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”. L’interposizione del legislatore non occorre allorquando via sia un principio generale dell’ordinamento UE direttamente applicabile che permetta al giudice amministrativo di pronunciarsi sulla legittimità degli atti della pubblica amministrazione modulando gli effetti della propria sentenza, e ciò vale in particolare quando il giudizio di annullamento presenti uno spiccato carattere interpretativo. La seconda conseguenza è la praticabilità della prospective overruling, in forza della quale il principio di diritto, affermato in contrasto con l’orientamento prevalente in passato, non verrà applicato (con vari aggiustamenti) alle situazioni anteriori alla data della decisione. La prospective overruling si esplicita, dunque, nella possibilità per il giudice di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo però il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata”.

IX – Orbene, nel caso che occupa, non può esservi dubbio che il costante orientamento della giurisprudenza l’interpretazione data alla norma che consente la prelazione incondizionata abbia determinato il comportamento delle parti.

Come già detto, l’effetto della sentenza CGUE citata nella norma, posta a base del bando allora non contestato dagli odierni appellanti, non può essere quello, auspicato dagli stessi appellanti, del subentro nel contratto, giacché lo stesso fu stipulato sulla base di norme che non possono continuare a spiegare effetti nell’ordinamento nazionale.

Né può ipotizzarsi, avendo l’appellante gestito ormai da anni la farmacia in piena buona fede e investendovi somme cospicue, un effetto caducante retroattivo della stessa citata pronuncia.

Tuttavia, come lo stesso Comune appellato mostra di comprendere, non è ipotizzabile che il contratto possa continuare a produrre tutti i suoi effetti in quanto esso poggia su una base normativa non più applicabile, quanto meno ex nunc, nel nostro ordinamento. Spetterà quindi al Comune appellato avviare – previo l’esperimento delle azioni utili sul piano civilistico a definire il rapporto in essere nei confronti dell’attuale cessionario - una nuova procedura per la cessione della farmacia, con nuovo bando, aperto ovviamente – senza titoli preferenziali – a chiunque ne abbia interesse.

La posizione degli appellanti – per i quali non potrebbe rivivere la posizione di aggiudicatari (provvisori) – ma semmai quella di concorrenti unitamente ad un novero incerto ed indeterminato di offerenti, non appare caratterizzata, quindi, da un’aspettativa tutelabile quanto al risultato dell’assegnazione del bene, ma soltanto quale interesse a concorrere senza che altro eventuale interessato possa vantare una posizione preferenziale precostituita.

Ne discende che, nella specie, si confrontano i principi di tutela dell’iniziativa e della proprietà private, la stabilità dei bilanci pubblici.

Si ritiene, dunque , che ricorrano nella fattispecie, quelle condizioni che l’Adunanza Plenaria ha individuato come presupposto per la graduazione degli effetti «l’impellente necessità di tutelare uno o più principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco».

X – La pronunzia della Corte di giustizia servirà ad orientare la futura attività dell’Amministrazione, al fine di assicurare il rispetto della interpretazione della norma nazionale in conformità con la disciplina euro-unitaria.

Mentre valuterà il legislatore se operare un intervento chiarificatore della disciplina della cessione delle farmacie con riferimento alla problematica della prelazione come sopra evidenziata, alla luce della pronuncia del giudice europeo che ha posto l’accento in particolare sul carattere “incondizionato” della fattispecie rimessa per la interpretazione pregiudiziale.

XI – L’appello, per tutti i motivi sin qui esposti, deve essere accolto, come ampiamente spiegato, ai soli fini della adozione, da parte del Comune appellato e con effetto ex nunc – sulla base del potere di questo Giudice di modulare l’effetto conformativo della propria pronuncia a seguito della citata sentenza CGUE – di nuovi atti concernenti la cessione della farmacia, considerato che il protrarsi, ulteriormente nel tempo, di un assetto contrattuale basato su norme nazionali ritenute in contrasto con quelle eurounitarie costituirebbe violazione diretta degli effetti di una pronuncia immediatamente vincolante della CGUE, che, avendo interpretato la norma, ne ha ritenuto ex tunc la illegittimità, e per la quale soltanto l’esercizio del consentito potere, da parte di questo Giudice, di adeguamento anche temporale degli effetti conformativi, può condurre alla non irretroattività degli effetti, così come, seppure in via subordinata, chiesto dalle parti appellate.

XII – La complessità della questione esaminata ed il succedersi dell’evoluzione interpretativa giustificano la compensazione delle spese della presente fase di giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui alla motivazione e con le precisazioni quanto alla portata conformativa della presente pronunzia.

Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio da remoto dei giorni 28 gennaio e 9 febbraio 2021 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Giulia Ferrari, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore
Giovanni Tulumello, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Solveig Cogliani Franco Frattini


 

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