REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI
sez. III civile, composta dai sigg.ri Magistrati:
dott.ssa Rosa Giordano Presidente
dott. Giuseppe De Tullio Consigliere
dott. Giulio Cataldi Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato (5119/11), promossa con atto d’appello notificato in data 21.12.2011
da
(A), rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e relativo decreto di fissazione dell’udienza notificato, dall’avv._____ del Foro di ______ e dall’avv. ____, con domicilio eletto in Napoli, presso ____,
APPELLANTE
contro
(B)
APPELLATO CONTUMACE
OGGETTO: Appello contro l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. emessa dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi in data 21.11.2011 nel procedimento r.g. 253/2010
Conclusioni per l’appellante: voglia la Corte d’Appello di Napoli, in riforma dell’ordinanza resa dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, dichiarare il sig. (B) tenuto a versare le rate del contratto di finanziamento dovute a (A) in
forza del contratto di finanziamento sottoscritto, in qualità di coobbligato, nella misura di quanto ripetuto dal Fallimento (C) a seguito della declaratoria di inefficacia dei pagamenti effettuati dopo la dichiarazione del fallimento stesso e, per l’effetto, condannarlo al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 6.382,40, oltre agli interessi convenzionali.
Con rifusione di diritti, onorari e spese per entrambi i gradi di giudizio.

Svolgimento del processo

La Curatela del Fallimento (C) – .____ – S.r.l. chiese, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., al Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, di dichiarare l’inefficacia rispetto alla massa dei creditori di tutti i pagamenti effettuati dalla società fallita, dopo la declaratoria di fallimento, in favore della (A) in adempimento di un contratto di finanziamento, e, conseguentemente, condannare la (A) alla restituzione in favore del fallimento della complessiva somma di € 13.118.20, oltre interessi e spese.
La (A) si costituì in giudizio contestando le pretese della curatela e chiedendo, comunque, di chiamare in causa il sig. (B), coobbligato della (C) in qualità di fideiussore.
Rimasto contumace il (B), sulla base della documentazione in atti, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ha accolto parzialmente la domanda della curatela nei confronti della (A) (escludendo dalla declaratoria di inefficacia i pagamenti che risultavano effettuati, dopo la dichiarazione di fallimento, direttamente dal fideiussore ovvero da un terzo), per complessivi € 6.382,40; ha, invece, respinto la domanda di garanzia spiegata dalla (A) nei confronti del (B).

§ 2. Per la riforma dell’ordinanza, ha proposto tempestivo gravame la (A)
Nella contumacia dell’appellato, acquisito il fascicolo di primo grado, la causa è stata posta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe, con la concessione di sessanta giorni per il deposito della comparsa conclusionale.

Motivazione

§ 1. Il Tribunale, sulla scorta della documentazione in atti, ha ritenuto inefficaci, ai sensi dell’art. 44 della l. fall., i pagamenti eseguiti direttamente dalla (C) dopo la declaratoria di fallimento; e, considerato che dai documenti prodotti dalle parti emergeva che solo parte di quelli indicati dalla curatela erano stati realmente eseguiti dalla società fallita, mentre altri erano ascrivibili al fideiussore (B), ovvero ad un terzo, tale (D), ha accolto la domanda della curatela limitatamente al minor importo di € 6.382,40.

Quanto, poi, alle domande spiegate dalla (A) nei confronti del fideiussore della (C), (B), il Tribunale ha innanzitutto qualificato il rapporto intercorrente tra quest’ultimo e la società debitrice principale in termini di garanzia impropria; ma ha, poi, escluso la fondatezza della pretesa della (A), all’esito di un complesso ragionamento, considerando che il fideiussore aveva assunto l’impegno di eseguire la stessa prestazione del debitore, obbligandosi in solido con quest’ultimo, ma non aveva assunto altre e diverse obbligazioni nei confronti del creditore e, in particolare, non aveva assunto l’obbligo di tenerlo indenne dalle conseguenze pregiudizievoli del giudizio in oggetto.

§ 2. La (A) contesta la decisione di primo grado relativamente al rigetto delle domande proposte contro il fideiussore, (B).
Secondo l’appellante, in primo grado aveva formulato, contro il fideiussore, due domande: la prima, con cui chiedeva di essere manlevata e tenuta indenne dalle domande della ricorrente che fossero state accolte; la seconda, con cui, comunque, chiedeva il pagamento di quanto avesse dovuto rendere al fallimento per l’inefficacia dei pagamenti.
A suo dire, il primo giudice aveva rigettato la domanda di garanzia impropria (cioè, la domanda di manleva), ma aveva omesso la pronuncia sulla seconda domanda di pagamento, spiegata in ragione dell’obbligo solidale gravante sul
(B).
Pertanto, secondo l’appellante, la decisione di prime cure merita di essere riformata, con conseguente condanna del fideiussore, (B), a rimborsare il prestito oggetto del finanziamento a favore dell’appellante.

§ 3. L’appello è infondato.
Secondo l’appellante il primo giudice avrebbe respinto la domanda di manleva, ma avrebbe omesso ogni pronuncia sulla domanda di pagamento di quanto dovuto dal (B) nella sua qualità di fideiussore, in conseguenza dell’avvenuta restituzione alla curatela delle somme a suo tempo incassate in virtù dei pagamenti, poi dichiarati inefficaci, operati dalla società debitrice già dichiarata fallita.
In realtà, ad avviso di questa Corte, il Tribunale ha esaminato congiuntamente le due domande e, sia pure con espressioni a tratti non del tutto chiarissime, ha mostrato di ritenere infondata la pretesa di pagamento azionata dalla (A) nei confronti del fideiussore sotto entrambi i profili.
Il primo giudice ha, infatti, dapprima affermato che “il terzo (vale a dire, il fideiussore (B)) ha assunto l’impegno di eseguire in favore del creditore la stessa prestazione del debitore, obbligandosi in solido con quest’ultimo”, così
intendendo delimitare l’impegno del fideiussore quale obbligazione volta all’effettuazione della stessa prestazione esigibile nei confronti del debitore principale, e non anche all’esecuzione di pagamenti successivi all’estinzione
del debito, come conseguenza dell’inefficacia del pagamento del debitore principale; e, poi, ha anche aggiunto che “alcuna garanzia, invece, il terzo ha assunto nei confronti del creditore: in altri termini, il fideiussore non ha assunto l’obbligo di tenere indenne il creditore da eventuali conseguenze pregiudizievoli”, così intendendo escludere non ben definite prestazioni di manleva del creditore.
Ebbene, se anche la motivazione non pare del tutto esaustiva, questa Corte ritiene che la pretesa della (A) fosse effettivamente infondata.
In buona sostanza, la creditrice vorrebbe che, una volta dichiarati inefficaci i pagamenti eseguiti dalla (C), rivivesse l’impegno fideiussorio del (B), con conseguente obbligo, per quest’ultimo, di provvedervi.

La giurisprudenza si è occupata della tematica della reviviscenza delle garanzie (ed in particolare, di quelle fideiussorie) con riferimento, essenzialmente, all’ipotesi (del tutto sovrapponibile a quella per cui è causa) di inefficacia dei pagamenti eseguiti dal debitore principale poi fallito, in conseguenza del vittorioso esperimento, da parte della curatela di azioni revocatorie.
In quest’ambito, particolare attenzione è stata dedicata alla natura delle clausole dei contratti di fideiussione che espressamente prevedano la reviviscenza della garanzia, clausole, in linea generale, ritenute valide e non
vessatorie (tra le più recenti, cfr. Cassazione, sez. 1, 17 ottobre 2008 n. 25361; sez. 1, 8 febbraio 2002, n. 3011).
La questione, invece, della reviviscenza o meno della garanzia in assenza di specifiche clausole risulta, nella giurisprudenza di legittimità, affrontata in un numero di casi molto inferiore.
Il principio seguito, in tali casi, dalla Corte di Cassazione, è nel senso dell’“inesistenza, nell'ordinamento civilistico, di un principio generale di reviviscenza delle garanzie reali o personali nel caso di reviviscenza del credito assistito”; con la conseguenza che “l’eventuale fideiussione, prestata a garanzia di un credito originariamente estinto mediante pagamento poi revocato a seguito della dichiarazione di fallimento del debitore, non possa legittimamente rivivere parallelamente alla reviviscenza del credito, dacché il principio di accessorietà della fideiussione (del quale sono espressione le disposizioni di cui agli artt. 1939, 1941, 1945 cod. civ.) implica soltanto che, con l'estinzione del rapporto principale, resti travolto anche quello accessorio, ma non anche che, simmetricamente, alla reviviscenza del
rapporto principale si accompagni il ripristino della precedente garanzia, non potendo, all'uopo, invocarsi il disposto dell'art. 2881 cod. civ., dettato, in via eccezionale, con riferimento alla sola ipoteca” (Cassazione, sez. 1, 20
dicembre 2002, n. 18156).


In tale arresto (poi seguito in modo conforme da Cassazione, sezione 1, 15 novembre 2004, n. 21585), la Corte regolatrice, dopo aver escluso l’estensibilità del principio dettato in materia di ipoteca ad ogni altra ipotesi di
garanzia, ha anche chiarito che “la revocatoria non determina la nullità dell'atto, ma ha la funzione di ripristinare l'integrità della garanzia patrimoniale, attraverso la dichiarazione di inefficacia, nei confronti dei soli creditori, di un atto che resta perfettamente valido tra le parti, nonché produttivo degli eventuali effetti eccedenti il pregiudizio. Pertanto, la revoca del pagamento eseguito dal debitore principale non può far rivivere l'obbligazione del garante, proprio perché tale pagamento, in quanto inefficace soltanto nei confronti dei creditori, ha già irrimediabilmente provocato l'estinzione dell'obbligazione di garanzia”.

Tali argomenti appaiono, a questo Collegio, del tutto persuasivi: i pagamenti eseguiti dalla (C), benché fallita, spiegarono pienamente la loro efficacia solutoria nei confronti della creditrice, estinguendo al tempo stesso anche le
obbligazioni accessorie; e tale estinzione non viene travolta dalla successiva declaratoria di inefficacia dei pagamenti, che è vicenda (da inquadrare in termini di inefficacia) relativa solo ai rapporti tra la massa dei creditori ed il
debitore principale.
L’appello va, pertanto, respinto.
La contumacia del (B) impedisce l’adozione di provvedimenti sulle spese di lite.

PQM

La Corte d’Appello di Napoli, definitivamente pronunciando, così provvede:
rigetta l’appello proposto dalla (A) contro l’ordinanza ex art. 702 bis emessa dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi in data 21.11.2011 nel procedimento r.g. 253/2010; nulla per le spese.
Così deciso in Napoli, il 7 ottobre 2014.
Il Cons. Est.
Il Presidente
Depositata l’8 ottobre 2014


 

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