REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere -
Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
R.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Adriana 15 presso lo studio degli avv.ti PERGOLIZZI Tommasa e Romano Cerquetti che lo rappresentano e difendono per procura in calce al ricorso;
- ricorrenti-
nei confronti di:
M.S., elettivamente domiciliata in Roma, Viale delle Milizie 1 presso lo studio dell'avv. Simona Napolitani, rappresentata e difesa per procura speciale a margine del controricorso dall'avv. CURRO' Carmen;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 203/11 della Corte di appello di Messina, emessa il 7 aprile 2011 e depositata il 13 aprile 2011, n. R.G. 859/2010.

Svolgimento del processo

che in data 20 febbraio 2014 è stata depositata relazione ex art. 380 bis, che qui si riporta:

1. Il Tribunale di Messina, con sentenza definitiva n. 1579/10, nel giudizio di divorzio fra R.A. e M.S. ha determinato l'assegno divorzile a carico di R.A. in 400 Euro mensili, ha assegnato la casa coniugale a M.S. e posto a carico del R. un contributo mensile al mantenimento dei figli di 800 Euro e un onere di contribuzione al 60% alle spese straordinarie.
2. Contro la decisione del Tribunale ha proposto appello R. A. lamentando l'eccessività degli oneri contributivi a suo carico, insistendo per l'assegnazione della casa coniugale e deducendo l'ultrapetizione quanto alla misura del contributo per le spese straordinarie.
3. La Corte di appello di Messina ha respinto l'appello ritenendo l'assegno divorzile commisurato alle condizioni economiche delle parti e il contributo al mantenimento dei figli proporzionato al reciproco impegno dei genitori. Ha ritenuto conforme alla giurisprudenza l'assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario di figli e non vincolata a una richiesta specifica della parte la misura della contribuzione alle spese.
4. Ricorre per cassazione R.A. deducendo: a) violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per avere la Corte di appello accolto la domanda relativa all'assegno di divorzio in assenza dei presupposti di legge, per carenza di motivazione e motivazione apparente; b) violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., per avere in assenza di richieste di aumento delle spese straordinarie disposto la condanna al pagamento del 60% delle stesse e non del 50% come già domandato e pronunciato.
5. Si difende con controricorso M.S.

Motivazione

6. Il primo motivo è inammissibile - e comunque infondato - perchè, pur essendo articolato come deduzione di violazione di legge e di vizio della motivazione, muove sostanzialmente delle censure che attengono al merito della decisione senza cogliere difetti della motivazione che ne inficino la completezza o la congruità logica. La Corte di appello si è attenuta ai criteri indicati dalla legge e dalla giurisprudenza per l'accertamento del diritto all'assegno divorzile e per la sua quantificazione (cfr. Cass. civ. sezione 1, n. 11686 del 15 maggio 2013). In particolare ha fatto riferimento alle situazioni reddituali delle parti che pacificamente presentano una evidente divaricazione a favore del R.. L'assegnazione della casa familiare, di proprietà comune, alla M. non ha funzione assistenziale del coniuge più debole ma ha la finalità di consentire ai figli di conservare la propria dimensione abitativa nonostante lo scioglimento del matrimonio dei genitori (cfr. Cass. civ. sezione 1, n. 18440 del 1 agosto 2013). Ben può ritenersi, stante la misura della determinazione dell'assegno di divorzio, che il giudice di merito abbia tenuto conto in ogni caso dell'incidenza di tale assegnazione sul reddito del R.

7. Il secondo motivo è anche esso infondato in quanto la statuizione relativa alla fissazione di un assegno mensile per il mantenimento dei figli minorenni non è soggetta al principio della domanda, diversamente da quanto ritenuto dalla giurisprudenza per il caso dei figli maggiorenni, non autonomi economicamente e conviventi (cfr. Cass. civ. sezione 1, n. 3908 del 18 febbraio 2009 e n. 10780 del 3 dicembre 1996).
8. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso.
La Corte condivide tale relazione e pertanto ritiene che il ricorso vada respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 4.100 di cui 100 Euro per esborsi, oltre spese forfetarie (nella misura del 15%) e accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2014


 

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