REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente -
Dott. BRONZINI Giuseppe - Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
Dott. LORITO Matilde - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11241/2011 proposto da:
C.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SENECA 10, presso lo studio dell'avvocato ROBERTO DANESE, rappresentato e difeso dall'avvocato FRANCESCHELLI Massimo, giusta delega in atti;
- ricorrente -
conro IL MESSAGGERO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell'avvocato LAZZARA Giovanni, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 548/2010 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 17/05/2010 R.G.N. 403/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/07/2015 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;
udito l'Avvocato FRANCESCHELLI MASSIMO;
udito l'Avvocato LAZZARA GIOVANNI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

La Corte di appello di L'Aquila, con sentenza resa pubblica il 17/5/10, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede, respingeva la domanda volta a conseguire l'accertamento di un rapporto di lavoro giornalistico di natura subordinata con diritto all'applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico ed alla qualifica di redattore ordinario proposta da C.N. nei confronti della s.p.a. "Il Messaggero".

A fondamento del decisum, la Corte distrettuale riteneva non dimostrati gli indici rivelatori della natura subordinata del rapporto, rimarcando, in particolare, che: a) l'attività lavorativa non era stata connotata da un impegno quotidiano presso la redazione, dalla necessità di seguire alcun orario nè di giustificare le assenze, sovente verificatesi per esigenze personali, impegni di lavoro o ragioni di studio del ricorrente; b) gli articoli giornalistici venivano usualmente corretti dai redattori che ne curavano la titolazione, il carattere, la collocazione; c) il corrispettivo veniva versato in relazione ai singoli articoli redatti.

La cassazione della sentenza è chiesta dal C. con ricorso articolato in quattro motivi, ai quali resiste con controricorso "Il Messaggero" Spa.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

Motivazione

1. Occorre premettere che in sede di memoria illustrativa, il C. ha rinunciato al primo motivo di ricorso con il quale era stata denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 435 c.p.c., comma 2, nonchè degli artt. 153 e 154 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte distrettuale omesso di dichiarare l'improcedibilità dell'atto di appello, nonostante la notifica fosse stata perfezionata oltre il termine di dieci giorni sancito dal richiamato art. 435 c.p.c.

2. Va, quindi esaminato il secondo mezzo di impugnazione con il quale si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2094 c.c. e degli artt. 1, 2, 5, 7, 11 e 36 ccnl giornalistico in relazione al comma 1 art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Si addebita alla Corte distrettuale di non aver adeguatamente scrutinato il quadro probatorio - di natura testimoniale e documentale - delineato in prime cure, non cogliendo gli elementi qualificativi del rapporto che ne determinavano l'ascrivibilità all'alveo della subordinazione, quali la stabile disponibilità all'erogazione della prestazione lavorativa, la partecipazione alle riunioni di redazione, l'obbligo di giustificare le assenze.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 5, 7, 11 e 36 ccnl giornalistico ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione al diniego di riconoscimento delle mansioni di redattore ordinario.

4. I motivi possono esaminarsi congiuntamente stante la connessione che li connota.

Essi palesano evidenti profili di inammissibilità.
4.1 La mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione intrinsecamente eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate sotto i nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., comma 1, mostra infatti, di non tener conto dell'impossibilità della prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o della falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l'omessa motivazione, che richiede l'assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d'ufficio, e l'insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale ed analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d'appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nell'impugnata sentenza, che si porrebbero in contraddizione tra loro (vedi in motivazione, Cass. 23 settembre 2011 n. 19443).
Nell'ottica descritta della contemporanea proposizione di censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, si realizza, invero, una negazione della regola di chiarezza posta dall'art. 366 bis c.p.c., giacchè si affida alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione (vedi fra le tante, Cass. Sez. Lav. 26 marzo 2010 n. 7394 cui adde Cass. 8 giugno 2012 n. 9341, Cass. 20 settembre 2013 n. 21611).

4.2. Sotto altro versante, deve osservarsi che le svolte censure, si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell'esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall'art. 116 c.p.c. e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dalla stessa ricorrente corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di legittimità (cfr. in motivazione, ex plurimis, Cass. 21 ottobre 2014 n. 22283).

4.3 Giova pure ricordare, sul punto dell'accertamento della controversa natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, che ai fini della qualificazione di tale rapporto come autonomo ovvero subordinato, è sindacabile, nel giudizio di cassazione, essenzialmente la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto: mentre la valutazione delle risultanze processuali in base alle quali il giudice di merito ha ricondotto il rapporto controverso all'uno od all'altro istituto contrattuale implica un accertamento ed un apprezzamento di fatto che, come tali, non possono essere censurati in sede di legittimità se sostenuti da motivazioni ed argomenti esaurienti ed immuni da vizi logici e giuridici (tra le molte, Cass. 21 ottobre 2000 n. 13945, Cass. 7 ottobre 2013 n. 22785), giacchè l'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'analisi e la valutazione fatte dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, in proposito, valutare le risultanze processuali, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le stesse, quelle ritenute più idonee per la decisione (vedi ex aliis, Cass. 20 marzo 2007 n. 6629).

4.4 Un ordinato iter motivazionale, con riguardo al rapporto di lavoro giornalistico di natura subordinata ed alla qualifica di redattore, cui ha fatto principalmente riferimento la ricorrente nella prospettazione delle sue richieste, induce a rimarcare, alla luce dell'ampia elaborazione giurisprudenziale in materia, che nell'ambito dell'attività giornalistica il carattere della subordinazione risulta attenuato per la creatività e la particolare autonomia qualificanti la prestazione lavorativa e per la natura prettamente intellettuale della relativa attività: con la conseguenza che ai fini dell'individuazione del vincolo di subordinazione rileva particolarmente l'inserimento continuativo ed organico di tali prestazioni nell'organizzazione dell'impresa, tale elemento rappresentando l'indice più significativo del carattere subordinato del rapporto di lavoro giornalistico, la cui sussistenza va esclusa quando, ad esempio, siano convenute singole, ancorchè continuative, prestazioni in una successione di incarichi professionali, e la remunerazione sia commisurata alla prestazione singolarmente convenuta (cfr. tra le altre, Cass. 9 agosto 1996 n. 7372; Cass. 12 agosto 1997 n. 7494, Cass. 6 marzo 2006 n. 4766, Cass. 20 marzo 2007 n. 6629).

4.5 Nel lavoro giornalistico subordinato va pure posto in rilievo il carattere collettivo dell'opera redazionale, stante la peculiarità dell'orario di lavoro e dei vincoli posti dalla legge per la pubblicazione del giornale e la diffusione delle notizie (vedi Cass. 21 ottobre 2000 n. 13945, Cass. 9 giugno 1998 n. 5693). La figura professionale del redattore, poi, come delineata dall'art. 5 del contratto di lavoro giornalistico (contratto avente efficacia erga omnes ai sensi del D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 153), implica pur essa il particolare inserimento della prestazione lavorativa nell'organizzazione necessaria per la compilazione del giornale, vale a dire in quella apposita e necessaria struttura costituita dalla redazione, caratterizzata dalla funzione di programmazione e formazione del prodotto finale e delle attività organizzate a tal fine, quali la scelta e la revisione degli articoli, la collaborazione all'impaginazione, la stesura dei testi redazionali ed altre attività connesse e similari (Cass. cit. n. 13945 del 2000, Cass. 6 maggio 2015 n. 9119).

5. Nel caso in esame, la Corte distrettuale si è attenuta a tali principi ed in base ad una valutazione delle risultanze istruttorie sorretta da congrua motivazione, esente da vizi logici e corretta sul piano giuridico, svolgendo gli argomenti e le considerazioni sinteticamente riportati nello storico di lite, ha escluso che l'attività prestata dall'attuale ricorrente fosse caratterizzata da uno stabile ed organico inserimento nell'organizzazione redazionale dell'impresa.

5.1 La Corte ha infatti rimarcato che il C., come evincibile dalla espletata istruttoria, non aveva svolto la propria attività in favore della società ponendo stabilmente le proprie energie lavorative nella disponibilità della stessa. Era stato infatti acclarato che la collaborazione veniva prestata compatibilmente con gli ulteriori, diversi impegni lavorativi o di studio assunti dall'appellato; che lo stesso frequentava la redazione con cadenza di quattro o cinque volte alla settimana, recependo le disposizioni di massima dal capo servizio e redigendo gli articoli su computer non collegati alla rete del Messaggero ovvero su computer collegati dopo aver ricevuto la password; che non partecipava alla formazione delle pagine, così come gli altri redattori, i quali provvedevano a correggere gli articoli da lui elaborati, stabilendone altresì la titolazione, il carattere e la collocazione; che percepiva un compenso commisurato alla stesura del singolo articolo.
Del tutto coerenti con i dati istruttori acquisiti e con la linea giurisprudenziale elaborata da questa Corte di legittimità in subiecta materia, sono da ritenersi gli approdi ai quali è pervenuta la Corte territoriale laddove ha escluso la ricorrenza nella specie, di un vincolo di subordinazione fra le parti, il cui rapporto appariva più propriamente connotato da una pluralità di singoli incarichi professionali.

6. Le considerazioni sin qui svolte, si presentano assorbenti rispetto al quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell'art. 27 c.c.n.l. giornalistico con riferimento alla indennità sostitutiva del preavviso, il cui diritto postula l'accertamento della intercorrenza fra le parti di un rapporto di lavoro ascrivibile alla locatio operarum, nella specie validamente escluso dalla Corte distrettuale con statuizione congrua sul piano logico e corretta sul versante giuridico.
In definitiva, il ricorso va respinto.
Il governo delle spese del presente giudizio segue il principio della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 luglio 2015.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2015


 

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