REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIANDANESE Franco - Presidente -
Dott. RAGO Geppino - Consigliere -
Dott. LOMBARDO Luigi - Consigliere -
Dott. VERGA Giovanna - rel. Consigliere -
Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.D.;
avverso la sentenza n. 2097/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del 05/12/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Baldi Fulvio, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Assi Giuseppe, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in subordine prescrizione.

Motivazione

Ricorre per Cassazione M.D. avverso la sentenza della corte d'appello di Milano che, in data 5 dicembre 2012, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Lodi in data 28 marzo 2011 che lo aveva condannato per tentata truffa, ha convertito la pena detentiva inflitta nella corrispondente pena pecuniaria, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. violazione di legge in relazione all'art. 1255 c.c., e segg. sostiene che il mediatore ha diritto alla provvigione per il solo fatto di avere messo in contatto le parti che hanno poi concluso il contratto, con conseguente totale irrilevanza della presunta falsificazione della scheda-visita.
2. violazione di legge per non aver tenuto conto della sentenza civile che ha attestato come tra l'imputato e il venditore dell'immobile fosse intervenuto non già un contratto di mediazione bensì un contratto di mandato, con conseguente esclusione di qualsiasi rapporto di prestazione d'opera tra l'imputato e il B. (compratore) con conseguente esclusione dell'aggravante e la prescrizione del reato;
3. vizio della motivazione in ordine all'attività svolta dall'agenzia immobiliare;
4. vizio della motivazione in relazione alla materiale compilazione della scheda di visita;
5. vizio della motivazione in ordine alla data della consumazione del reato.

M.D. presentava motivi aggiunti con i quali contestava la sussistenza dei presupposti del reato e comunque l'intervenuta prescrizione dello stesso. B.M. depositava memoria chiedendo la conferma della sentenza. Il primo ed il secondo motivo devono essere dichiarati inammissibili ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 3 posto che la violazione denunziata in questa sede di legittimità non è stata dedotta innanzi alla Corte di Appello avverso la cui sentenza è ricorso ed è quindi questione nuova.
Come già affermato da questa Corte il combinato disposto dell'art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 609 c.p.p., comma 1 - che ribadisce in forma esplicita un principio insito nel sistema e cioè la commisurazione della cognizione ai motivi proposti - impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, e costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perchè mai investito della verifica giurisdizionale. (Cass N. 48308 del 2004 Rv. 230425, N. 41331 del 2006 Rv. 235764, N. 35889 del 2008 Rv. 241271; N. 10611 de/2013) Rv. 256631).

Con riguardo ai restanti motivi deve rilevarsi che la Corte di appello ha individuato specifici elementi di fatto, non censurabili in questa sede, dai quali ha tratto il ragionevole convincimento che il ricorrente era perfettamente consapevole di non avere nulla da pretendere dal B. (p.7 sentenza impugnata), ma ha altresì indicato che il M. era così consapevole di non avere alcun diritto che ha agito in giudizio basando la sua domanda su un documento che sapeva attestare un andamento dei fatti diverso da quanto realmente accaduto.
In questa sede il ricorrente attraverso la reiterazione di motivi d'appello tende unicamente a prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa, che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una sentenza, come quella impugnata che appare congruamente e coerentemente motivata proprio in punto di qualificazione del fatto e responsabilità del prevenuto. Così come correttamente è stata individuata la data di consumazione del reato nel giorno della notifica dell'atto di citazione considerato che solo in quel momento l'imputato ha dimostrato di voler concretamente "azionare" la scheda allegandola all'atto, fondando così su di essa la propri domanda.
Il reato alla data della pronuncia della Corte d'appello non era prescritto. L'inammissibilità del ricorso precludendo l'accesso al rapporto di impugnazione impedisce la declaratoria di prescrizione maturata dopo la pronuncia impugnata (Sez. un., 27 giugno 2001, Cavalera, Cass. Sez. un. 23428/05 Bracale).

Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende. Non può farsi luogo alla liquidazione delle spese richieste dalla difesa della parte civile che ha presentato a questa corte una breve memoria, a mezzo fax, in cui erano contenute le rassegnate conclusioni e la richiesta di rifusione delle spese perchè questo collegio ritiene di aderire all'orientamento di questa corte che ha affermato che "non competono nel giudizio per cassazione le spese processuali alla parte civile che - come avvenuto nella specie -, dopo avere depositato memorie, non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza (Cass. N. 35298 del 2003 Rv. 226165, N. 17057 del 2011 Rv. 250062 n. 41287 del 2012 Rv. 253613).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2014


 

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