TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
Tribunale delle Imprese

Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 28609/2013 promosso da:
A.T. con il patrocinio dell’avv. DOGLIO STEFANO e dell’avv. VALLOSIO FILIPPO (VLLFPP62S02L219Q) VIA PASSALACQUA, 14 10122 TORINO; elettivamente domiciliato in VIA PASSALCQUA, 14 10122 TORINO presso il difensore avv. DOGLIO STEFANO
RICORRENTE
Contro
M.P.T. SPA (C.F. 06105170010) con il patrocinio degli avvocati Paolo FABRIS DE FABRIS e Luisa JONA CELESIA elettivamente domiciliata presso il loro studio in Torino, Corso Galileo Ferraris, n.120;
RESISTENTE
Il Giudice dott. Maria Cristina Contini,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 28 ottobre 2013;
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA Preso atto delle seguenti richieste cautelari :
PER LA PARTE RICORRENTE
Voglia il Tribunale, previ gli incombenti di rito, disporre, ai sensi dell’art. 2378 terzo comma c.p.c. la sospensione dell’esecuzione delle delibere 27 giugno 2013, con cui l’assemblea della società 1922 M.P.T. SPA in sede ordinaria e straordinaria ha disposto l’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2012 e la riduzione e ricostituzione del capitale sociale.
PER LA PARTE RESISTENTE
Voglia il Tribunale;
respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione;
previa ogni eventuale opportuna declaratoria;
riservato il diritto di dedurre ed ulteriormente produrre anche nel contesto della formale costituzione nel giudizio di merito;
riservato ed impregiudicati ogni ragione, diritto ed azione della parte conchiudente in ogni opportuna competente sede,
per i motivi di cui in narrativa, sia di natura preliminare e/o pregiudiziale sia di merito, dichiarare inammissibili e comunque respingere le domande e le istanze avversarie, in particolare quella di sospensione dell’esecuzione delle delibere 27 giugno 2013 dell’assemblea ordinaria e straordinaria della società 1922 M.P.T. SPA ed assolvere la resistente 1922
M.P.T. SPA dalle medesime.
Con vittoria di spese e compensi di giudizio, oltre IVA e CPA sugli importi
assoggettati.

Motivazione

A.T. ha impugnato, ex art. 2378 c.c., la delibera 27 giugno 2013 con cui l’assemblea ordinaria di 1922 M.P.T. SPA (di seguito MPT) ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2012 che ha evidenziato una perdita di €2.784.490, coperta solo in parte con utilizzo di altre poste (per complessivi €1.364.490); e la conseguente delibera con cui è stato azzerato e contestualmente ricostituito il capitale sociale per l’importo di €1.420.000 mediante emissione di identico numero di azioni del valore nominale di €1 ciascuna, da offrire ai soci in numero proporzionale al numero di azioni da ciascuno possedute, e con fissazione di un termine di 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta per l’esercizio del diritto e di ulteriori 30 giorni per la sottoscrizione dell’eventuale inoptato.
Ciò premesso ha esposto di avere rivestito, fino agli ultimi mesi del 2012, la carica di a.d. e ha lamentato di non essere stato posto in grado di visionare la contabilità ed in concreto escluso dalle attività necessarie alla sua revisione.
A suo avviso il saldo negativo di oltre €2milioni quale risultava dal bilancio approvato era incomprensibile e inattendibile, tenuto conto dei risultati dell’esercizio precedente e degli esiti della revisione contabile effettata da un soggetto terzo (MAZARES) su incarico dei soci DEMEGLIO e PAMAL oltre che dalla valutazione operata dai professionisti della PRICE WATER HOUSE in vista di una prospettata cessione di quote.
Il bilancio era quindi frutto, a suo avviso, della erronea adozione di criteri di valutazione “significativamente difformi da quelli seguiti per i bilanci delle tre annualità precedenti” e incompatibili con la redazione di un bilancio che si poneva in un’ottica di continuità aziendale rispetto al pregresso e non invece in una prospettiva di liquidazione.
In particolare secondo il ricorrente erano stati adottati plurimi accorgimenti contabili finalizzati a differire per quanto più possibile alla gestione 2013 le voci attive e, al contempo, dirottare sulla gestione 2012 il maggior numero possibile di voci attive.
Tutto ciò al chiaro scopo di ridurre il patrimonio sociale e imporre una ricapitalizzazione o un rifinanziamento e in definitiva escludere o rendere assolutamente marginali le partecipazioni di alcuni soci.
Pertanto la delibera con cui era stato approvato il bilancio redatto in violazione dei precetti di chiarezza e precisione doveva essere annullata, con conseguente caducazione della delibera con cui l’assemblea straordinaria aveva disposto l’azzeramento e la ricostituzione del capitale sociale.
Quanto ai presupposti di urgenza dell’azione cautelare TOTA ha fatto presente che per effetto delle delibere in contestazione la sua partecipazione azionaria si era ridotta dal 40% (pari quella dell’amministratore attualmente in carica) al 5%. Tale situazione rendeva evidente il pericolo nel ritardo, dato che il sig. A.T. era stato privato di effettivi poteri decisionali il cui esercizio non avrebbe potuto essere esercitato nelle assemblee future.

A seguito di decreto di fissazione di udienza MFT si è costituita.
In via preliminare ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per violazione della clausola arbitrale, ex art. 32 dello Statuto, richiamando sul punto la dottrina e la giurisprudenza di merito che si sono espresse a favore della compromettibilità in arbitri anche delle cause che, come la presente, vertono in materia di impugnativa di bilancio anche nelle ipotesi in cui l’impugnativa si fondi su vizi riconducibili alla nullità ex art. 2379 c.c..
Ha inoltre eccepito la carenza di legittimazione attiva di A.T. ormai non più socio di MFT.
Infatti il ricorrente, dopo la decisione societaria di ripianare le perdite e azzerare integralmente il capitale sociale, ne aveva deliberato la ricostituzione.
Il capitale deliberato in aumento era stato sottoscritto dal solo DEMEGLIO, avendo il sig. TOTA provveduto in modo irregolare a sottoscrivere una quota di detto capitale, emettendo cioè un assegno circolare di €17.750 consegnato a persona priva di cariche sociali e senza indicazione dell’esatto numero di azioni che era sua intenzione sottoscrivere.
La società quindi con apposita delibera aveva preso atto del mancato esercizio del diritto di opzione sul capitale deliberato, e perdita della qualità di socio da parte del sig. TOTA.
Nel merito ha contestato l’assenza di pericolo nel ritardo, anche perché la delibera di ricapitalizzazione della società era imposta, ex art. 2447 c.c., dalla situazione contabile in cui versava la società, ed essa si era ormai cristallizzata, essendo spirati i termini per l’esercizio del diritto di opzione anche per l’eventuale capitale inoptato.
Ha infine sottolineato il grave pregiudizio, in termini di stabilità aziendale, che sarebbe derivato dalla richiesta sospensione e ha chiesto, in via subordinata, che la parte ricorrente venga obbligata a depositare una cauzione.

L’eccezione di incompetenza fondata su clausola arbitrale.
Si tratta di eccezione che sommariamente valutata al solo fine di verificare di esaminare le richieste cautelari della parte ricorrente non appare fondata.
Essa si basa sulla clausola contenuta nello statuto della MPT che devolve alla cognizione di un collegio arbitrale “qualsiasi controversia dovesse insorgere fra i soci ovvero tra i soci e la società che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale ” (v. doc. 7 della parte resistente).
Tale eccezione potrebbe, in linea di principio, essere idonea a a definire il giudizio posto che l’art. 35 Decreto legislativo n.5/2003 comma 5 prevede che : “la devoluzione in arbitrato anche non rituale, di controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669 quinquies c.p.c. ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera”, e posto che l’art. 34 primo comma precisa, quanto alla possibile estensione di tali clausole che : “gli atti costitutivi delle società … possono, mediante clausola compromissoria, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi all’oggetto sociale”.
Nel decreto legislativo n.5/2003 non è contenuta una definizione di “diritto disponibile” per l’individuazione, ai fini che qui interessano, delle controversie che devono ritenersi escluse dalla possibilità di formare oggetto di convenzione arbitrale (ovviamente nelle controversie nelle quali non sia obbligatoria la partecipazione del Pubblico Ministero) ed è pertanto necessario valutare, caso per caso, se la controversia ha o meno ad oggetto “diritti disponibili”.


Come accennato A.T. chiede che sia accertata la nullità della delibera di approvazione del bilancio per violazione dei principi dettati dagli artt. 2423 e ss. c.c. di verità, e chiarezza e trasparenza.
Parte della dottrina e della giurisprudenza di merito (si rimanda sul punto alle argomentazioni e citazioni svolte dalla parte convenuta) si sono espresse nel senso prospettato dalla parte convenuta.
Si deve però constatare che si tratta di orientamento non uniforme e comunque in contrasto con quello finora espresso dalla Corte di Cassazione : “Questa Corte … nel ribadire che le controversie in materia societaria possono, in linea generale formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione dei norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi, ha precisato che a tal fine l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento, svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, come ad esempio nel caso delle norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio, la cui inosservanza rende la delibera di approvazione illecita e quindi nulla …” (così Cass. Sez. I, 30 dicembre 2011, n.30510, ma v. anche Cass. Sez. I 27 giugno 2013, n.16265, orientamento ripreso da Tribunale Torino, Sezione I, 14 giugno 2012, edita come le altre citate su banca dati JURIS DATA GIUFFRE’).
Non ritiene il Giudice, pertanto, di discostarsi da tale principio.

Sul fumus boni juris e il periculum in mora
Ritiene il Tribunale che l’azione cautelare proposta da A.T. sia priva di entrambi i requisiti.
Per quanto attiene al fumus boni juris deve essere preliminarmente affrontata la questione, oggetto di specifica contestazione, in ordine alla stessa legittimazione del sig. TOTA a proporre la presente azione cautelare, avendo egli nelle more perduto la qualità di socio.
Infatti l’assemblea straordinaria del 27 giugno 2013 (alla quale ha partecipato anche il sig. TOTA) ha deliberato, tra l’altro, l’azzeramento del capitale sociale per €1.420 mila e lo ha ricostituito contestualmente, emettendo un pari numero di azioni del valore nominale di €1 ciascuna, fissando un termine di 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta per l’esercizio del diritto di opzione, e ulteriore termine di 30 giorno per la sottoscrizione di quanto vi fosse di eventualmente inoptato. Quanto alle modalità dell’esercizio del diritto di opzione era previsto che vi si dovesse procedere con versamento nelle casse sociali di una somma pari - quantomeno - al 25% del valore nominale delle azioni sottoscritte.
Il Sig. TOTA, come eccepito dalla parte convenuta, ha esercitato il diritto di opzione, avendo (la circostanza è in sé pacifica) rimesso un assegno circolare dell’importo di €17.750 al “Rag. Domenico MORABITO” (v. doc. 3 di parte convenuta).
La conformità a statuto di una simile modalità di sottoscrizione delle azioni è contestata da MPT che ritiene trattarsi di atto nullo (come da comunicazione di cui al doc. 5 di p. convenuta) e per questo l’ha rifiutata, non incassando l’assegno e infine escludendo sig. TOTA dall’elenco dei soci, come si evince dalla visura di cui al doc. 23 di parte resistente.
La difesa della parte ricorrente ha sul punto argomentato che si tratterebbe di questione sollevata dalla MPT in modo strumentale e formalistico in quanto vi sarebbe solo una discrasia tra l’importo portato dall’assegno e la relativa cifra indicata nella lettera di accompagnamento e che in concreto il deposito del titolo di pagamento presso il commercialista era stata una scelta obbligata, dato che era stato impedito al socio di accedere alla sede sociale.
L’eccepita nullità delle modalità di sottoscrizione delle azioni non potrebbero in ogni caso mai incidere sulla legittimazione dell’odierno ricorrente, in quanto con l’impugnazione in esame il sig. TOTA lamenta proprio la nullità delle delibere che hanno generato la procedura di azzeramento e ricostituzione del capitale, adottate in difetto dei presupposti di legge e con il solo scopo di estromettere TOTA dalla compagine sociale.
Ritiene il Tribunale che anche tale questione, sommariamente valutata, non sia, quantomeno in questa sede, idonea a definire il giudizio.
Sebbene il venir meno della qualità di socio in capo a colui che ha esercitato azione di nullità o di annullamento di una delibera assembleare determini inevitabilmente il venir meno anche della sua legittimazione e del suo interesse ad agire, tale situazione non può dirsi ricorrere quando la qualità di socio venga perduta proprio a causa degli effetti prodotti dalla deliberazione la cui legittimità egli contesta.
Infatti, in tale ipotesi, qualora con l’annullamento - per i motivi posti a base dell’impugnazione - l’ex socio possa riacquistare la qualità perduta, è evidente che negare la sua legittimazione a svolgere detta impugnazione si porrebbe in contrasto con i principi di cui all’art. 24 comma I Costituzione (v. Cass, Sez, I, 7 novembre 2008, n.26842)

Nel merito si osserva che le contestazioni poste dalla parte ricorrente a base dell’impugnazione si sostanziano in una complessiva critica ai criteri utilizzati per la redazione del bilancio e hanno come assunto fondamentale la assenza di significative perdite nella gestione 2012, e la conseguente necessità per MPT di ricorrere ad artifici di bilancio per spostare sulla gestione 2012 tutte le possibili passività e sulla gestione 2013 tutte le attività e così giustificare l’azzeramento del capitale sociale e così indirettamente ottenere l’annullamento della partecipazione azionaria del sig. TOTA.
Tali contestazioni ai principi di trasparenza, verità e correttezza non appaiono né immediatamente verificabili, né così evidenti, tenuto conto anche di quanto emerge dalla relazione del Collegio sindacale che, con riferimento all’esercizio in contestazione, ha evidenziato una perdita, per l’anno 2012 di €2.784.490 (come da doc. 16 di parte resistente).
In tale contesto non appare macroscopicamente errata o frutto di un evidente artificio contabile l’adozione di criteri prudenziali nella redazione del bilancio, scelta fortemente criticata dal TOTA nell’atto introduttivo del giudizio di merito e che spiega per quali ragioni, a suo avviso, con l’applicazione di criteri meno “prudenziali” le perdite del 2012 non vi sarebbero state o sarebbero risultate contabilmente molto inferiori di quanto risulta dal bilancio oggetto di controversia.

A ciò deve aggiungersi che con l’esecuzione delle delibere impugnate si è dato corso alla copertura delle ricordate perdite e al rifinanziamento della società. Conseguentemente la valutazione comparativa tra i contrapposti interessi, ex art. 2378 quinto comma c.c., ne sconsiglia la sospensione in via cautelare, essendo certamente prevedibile un maggiore pregiudizio per la società in caso di sospensione che per la posizione del TOTA.

In proposito si deve osservare che, pur essendo controversa, per le ragioni che si sono precedente esposte (connesse alle modalità di esercizio da parte sua del diritto di opzione dopo la ricapitalizzazione) l’ attuale qualità di socio del TOTA, è tuttavia innegabile che lo stesso ricorrente afferma che il suo pregiudizio consiste oggi nella riduzione della sua partecipazione, non nella totale estromissione dalla compagine sociale.

Questo rilievo rende evidente che dalla sospensione deriverebbero maggiori pregiudizi alla società di quelli ai quali potrebbe essere esposto il socio in caso di mantenimento della efficacia esecutiva delle delibere.
Infatti in caso di sospensione vi sarebbe una grave compromissione dell’interesse della società, dei suoi dipendenti, clienti e fornitori, al mantenimento del progetto di risanamento scaturito dalle delibere di ripianamento delle perdite e di ricostituzione del capitale sociale.
Mentre l’odierno ricorrente è esclusivamente esposto al “rischio” connesso al non poter esercitare attualmente poteri di controllo e decisionali, essendo ormai un socio di minoranza.

Per tali ragioni le richieste cautelari della parte ricorrente non possono essere accolte.
Le spese della presente fase verranno regolate all’esito del giudizio di merito.

PQM

visto l’art. 2378 terzo comma c.c.;

RIGETTA

La richiesta di sospensione dell’esecuzione delibere adottate il 27 giugno 2013 dall’assemblea di M.P.T. SPA in sede ordinaria e ordinaria con le quali è stato approvato il bilancio al 31 dicembre 2012 ed è stato ridotto e ricostituito il capitale sociale;
SPESE

Al definitivo.
Torino, 15 novembre 2013
Si comunichi
Il Giudice
dr. Maria Cristina Contini


 

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