REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
- SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO –
SEZIONE CIVILE
composta dai Signori:
1) Dott. Riccardo ALESSANDRINO – Presidente -
2) Dott. Ettore SCISCI – Consigliere -
3) Dott. Loredana COLELLA - Consigliere REL. -
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 387 del Ruolo Generale delle cause dell'anno 2009, trattata e passata in decisione all'udienza di trattazione del 4/10/2013
TRA
F.M., nato a _____ e residente in ______, rappresentato e difeso dall'Avv. C.M. e dall'Avv. M.P.S. e per il presente giudizio nel di loro studio elettivamente domiciliato in Carosino (TA), in virtù di mandato in calce all'atto di appello
- APPELLANTE -
E
A. A.
- APPELLATO CONTUMACE –
NONCHÉ
U. A. s.p.a. (nuova denominazione assunta dalla Compagnia assicuratrice U. s.p.a., società incorporante la A. A. s.p.a.), in persona del suo procuratore ad negotia e rappresentante legale, con sede in Bologna alla via ____, elettivamente domiciliata in Taranto alla via ______, presso e nello studio dell'Avv. C. P. che la rappresenta e difende giusta procura conferita a margine della comparsa di costituzione e risposta
- APPELLATA –
I procuratori delle parti precisano le conclusioni come da verbale dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 4/10/2013.

Svolgimento del processo

Investito della domanda di risarcimento proposta da F.M. nei confronti A.A. e della A. A. s.p.a., per i danni patrimoniali derivatigli a seguito dell'incendio dell'autovettura Renault Clio targata _____ (di proprietà dell'A. ed assicurata con la compagnia convenuta), avvenuto il 5.3.2007 mentre detta autovettura si trovava parcheggiata e propagatosi all'autovettura Renault Scenic targata _____ (concessagli in leasing dalla Santander Consumer Bank) parcheggiata vicino alla predetta, con sentenza n. 1618/2009 del 29.9.2009 il Tribunale di Taranto rigettava la domanda nei confronti della Compagnia di assicurazione e la accoglieva per quanto di ragione nei confronti del solo A. ex art. 2051 c.c., condannando quest'ultimo al pagamento della somma di Euro 180,00 per i beni custoditi nell'autovettura, compensando tra dette parti le spese processuali e condannando l'attore al pagamento di quelle sostenute dall'assicurazione convenuta.

Per la riforma di detta sentenza ha proposto tempestivo appello F.M. ed ha chiesto: dichiararsi unico responsabile dell'incidente stradale in questione A.A. e per l'effetto condannarlo in solido con l'A. Ass.ni al risarcimento del danno e quindi al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 33.868,11 o di quella maggiore o minore risultante in corso di causa, oltre fermo tecnico, interessi e danno da svalutazione; condannare i convenuti in solido alla rifusione di spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio, da attribuirsi ai difensori antistatari; munire la sentenza di clausola di provvisoria esecuzione.
Si è costituita la sola U.A. s.p.a. (nuova denominazione assunta dalla Compagnia assicuratrice U. s.p.a., società incorporante la A.A. s.p.a.) in persona del suo legale rappresentante ed ha chiesto il rigetto dell'appello in quanto inammissibile, improcedibile, imponibile e comunque infondato in fatto e in diritto, con condanna dell'appellante al pagamento di spese e competenze di lite.
L'appellato A.A., ritualmente citato, non si è costituito e ne viene pertanto in questa sede dichiarata la contumacia.
Precisate dai procuratori delle parti le conclusioni, come rassegnate a verbale all'udienza del 4.10.2013, la causa è stata ritenuta in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.

Motivazione

Con i motivi di appello si muove censura all'impugnata sentenza per avere il giudice di prime cure: erroneamente ritenuto inammissibile ed infondata la domanda attorea sulla scorta dell'erroneo convincimento che il caso non rientrasse nella fattispecie della circolazione stradale, in contrasto con il costante orientamento giurisprudenziale, peraltro anticipando il contenuto della sentenza con l'ordinanza del 15.12.2008, esprimendo per tale motivo parte appellante anche dei dubbi sulla terzietà del giudice e sulla validità ed efficacia della sentenza; erroneamente ritenuto improponibile la domanda attorea in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 145 e 149 D.Lgs. n. 209/2005 per non avere l'attore agito nei confronti della propria compagnia assicuratrice, pur non essendovi stato alcun impatto tra i due veicoli, elemento atto ad escludere l'operatività del risarcimento diretto; omesso di motivare riguardo al convincimento secondo cui la fattispecie non fosse da annoverare tra i casi connessi alla circolazione stradale, rientrando in tale nozione anche i veicoli momentaneamente in sosta su strada o altra area pubblica, essendo emersa dagli elementi acquisiti la prova della sussistenza del nesso causale tra i danni subiti dal veicolo attoreo e l'incendio propagatosi dal veicolo Renault Clio di proprietà dell'AB., rimanendo a carico di detto custode la presunzione di responsabilità.
Ulteriori censure vengono mosse alle statuizioni inerenti il mancato riconoscimento e la valutazione dei danni, deducendo al riguardo l'appellante: non essere stato riconosciuto il risarcimento chiesto dall'attore, pari alla differenza tra il valore dei veicolo e quanto risarcito alla società di leasing dalla compagnia assicuratrice HDL avendo l'attore richiesto il risarcimento dei danni consistenti nei canoni corrisposti sino al momento del verificarsi dell'evento dannoso, dato dalla differenza tra il valore dei veicolo e l'ammontare dei canoni a scadere, regolarmente corrisposti alla società di leasing dalla propria compagnia di assicurazione, come emerge, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, dalla lettera trasmessa dalla Santander Consumer Bank al sig. F. e depositata unitamente alla memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., trattandosi di leasing traslativo parziale e dovendo considerarsi il bene proprietà condivisa benché intestato alla sociètà di leasing; che contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure il veicolo non aveva potuto subire una svalutazione pari al 20%, essendo stato acquistato nell'ottobre 2006, cinque mesi prima dell'evento dannoso; che quanto ai beni contenuti all'interno del veicolo Renault Scenic, non si vede come l'attore avrebbe potuto provare a mezzo di prova orale la presenza dei beni indicati, non essendovi testimoni al momento dell'evento, dovendo considerarsi diabolica l'esibizione di prova fotografica ed essendo emersa la prova della presenza di detti beni all'interno del veicolo attorco dal verbale della Questura di Taranto; che il valore equitativamente attribuito dal giudice di prime cure a detti beni è irrisorio e non compatibile con la qualità dei beni stessi e del loro valore di mercato; che, quanto al dedotto mancato guadagno, dalla documentazione esibita agli atti vi è prova evidente della stretta connessione tra l'esercizio dell'attività lavorativa dell'attore ed il veicolo incendiato, trattandosi di promotore finanziario ed emergendo dalle fatture allegate l'entità dell'attività lavorativa dell'attore e del volume d'affari anteriormente all'evento dannoso. Infine censura l'appellante la statuizione di provvisoria esecutorietà della sentenza, non essendovi alcuna consequenzialità accessoria tra la condanna dell'attore alle spese nei confronti della compagnia assicuratrice e la statuizione sulla domanda attorea.

E’ appena il caso di rilevare che, a prescindere dall'assoluta genericità del relativo motivo di appello (espresso in termini vaghi e dubitativi), non avendo l'ordinanza emessa in corso di causa natura decisoria ed essendo la stessa suscettibile di revoca o modifica in corso di causa, non le si può attribuire nessun effetto di anticipazione della decisione, circostanza che peraltro avrebbe eventualmente dovuto costituire oggetto di tempestiva ricusazione, nella fattispecie non proposta.
Il giudice di prime cure, nell'accogliere la domanda nei soli confronti di A.A. ex art. 2051 c.c., ha ritenuto infondata la domanda nei confronti della compagnia assicuratrice, sulla base di tre ordini di argomenti, affermando: che essendo la domanda stata proposta in quanto asseritamente connessa ad un sinistro derivante da circolazione stradale, la stessa doveva considerarsi improponibile a norma degli artt. 149 e 145 D.Lgs. 209/2005, non avendo l'attore inviato la domanda risarcitoria alla propria compagnia assicurativa ma solo alla compagnia dell'altro veicolo coinvolto nel sinistro, ritenendo operante detta condizione di proponibilità della domanda sia nel caso di azione diretta che di azione di responsabilità aquiliana a norma dell'art. 2054 c.c. e risultando detta condizione di proponibilità posta dalla legge senza distinzione tra le persone contro cui venga proposta, cumulativamente o singolarmente, richiamando a sostegno di tale argomento le sentenze con cui la S.C. ha interpretato l'omologo art. 22 L. n. , 990/69 (Cass., n. 15138/2000; 13537/2007; n. 4193/2007; n. 2336/2001; 6960/2007), evidenziandone la rilevabilità d'ufficio; la domanda sarebbe comunque inammissibile verso la compagnia convenuta, non autorizzando le nome anzidette in alcun modo l'esercizio dell'azione civile, in casi simili, nei riguardi della compagnia dell'altro veicolo coinvolto nel sinistro; che ad abundantiam la domanda deve a ritenersi infondata, dovendo escludersi la ricorrenza, nella fattispecie, della connessione con la circolazione stradale, avendo detto giudice, pur richiamando la giurisprudenza della S.C. (tra cui Cass., sent. n. 13239/2008), tuttavia affermato non sussistere alcuna presunzione che l'incendio sia, salvo prova contraria, originato dalla circolazione stradale, non essendo nella specie emersa la prova della relativa causa né essendo stato dedotto il fatto che vi sia stata connessione con la circolazione stradale, non sussistendo alcuna norma sulla base della quale possa ritenersi presunta la causa dell'incendio come connessa con la circolazione né potendo nella fattispecie risalirsi a detta causa a mezzo di CTU (essendo stati i mezzi rottamati ed essendo emerso dal verbale dei Vigili del Fuoco che lo stato dei luoghi e gli elementi a disposizione non consentivano di risalire alle cause che avevano determinato l'evento e che l'incendio è partito “presumibilmente dalla Renault Clio”, valutazione operata per il modo con cui si stavano propagando le fiamme e per il tipo di danni riscontrati in loco sulle vetture).

Tali argomenti non possono trovare condivisione.
Deve rilevarsi che le condizioni di procedibilità dell'azione sono analiticamente disciplinate dall'art. 145 del D.Lgs. n. 2909/2005. il quale prevede due ipotesi, quella di cui al primo comma, per l'azione di risarcimento esercitata nei confronti dell'assicurazione del danneggiante (art. 148), e quella del secondo comma, relativa alla procedura per indennizzo diretto (art. 149), prevedendo nella sola ipotesi di indennizzo diretto che il danneggiato faccia pervenire la raccomandata alla propria assicurazione, inviandola per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto.
A parere di questa Corte alcun parallelo può farsi con l'art. 22 della Legge n. 990 del 1969, il quale si è ritenuto applicabile dalla S.C. anche quando l'azione fosse stata diretta contro il responsabile civile e/o l'autore del fatto illecito, pur se non fosse stato contemporaneamente convenuto l'assicuratore, ovvero sia nel caso di azione diretta, ai sensi dell'articolo 18 della legge suddetta, che di azione di responsabilità aquiliana a norma dell'articolo 2054 cod. civ., poiché l'azione diretta ex art. 18 ha come destinatario pur sempre l'assicurazione del veicolo antagonista, mentre con la procedura di risarcimento diretto disciplinata dall'art. 149 cod. ass. è stata introdotta un'ulteriore ipotesi speciale.
Non può neppure condividersi l'affermazione secondo cui l'azione sarebbe inammissibile, non rientrando la prospettata fattispecie tra i casi per cui è previsto il risarcimento diretto, dovendo ricavarsi dal coordinamento tra la norma di cui all'art. 149 cod. ass., che si riferisce genericamente ai sinistri tra due veicoli e l'art. 1 lett. d) dei regolamento di attuazione (D.P.R. n. 254/2006) che chiarisce la nozione di “sinistro“ qualificandola come “la collisione avvenuta nel territorio della Repubblica tra due veicoli a motore identificati e assicurati per la responsabilità civile obbligatoria”, che la procedura di risarcimento diretto si applica ai soli casi di sinistri con collisione verificatisi tra due veicoli a motore identificati e regolarmente assicurati e con esclusione di tutti i sinistri stradali verificatisi in assenza di scontro tra i veicoli coinvolti. A ciò si aggiunga che con la sentenza n. 180 del 2009 la Corte Costituzionale ha fornito una interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui all'art. 149 del codice delle assicurazioni, affermando che l'azione diretta è solo una facoltà per il danneggiato, il quale può sempre proporre l'azione ordinaria nei confronti del responsabile del sinistro, chiamando davanti al giudice il danneggiante e la Compagnia Assicuratrice di quest'ultimo.

Infine non è dato condividere neppure gli argomenti su cui, ad abundantiam, il giudice di prime cure ha rigettato nel merito la domanda proposta nei confronti della Compagnia assicurativa convenuta.
Ed invero la più recente ed ormai consolidata giurisprudenza (Cass., sent. n. 3108/2010; n. 14998/2004; n. 2302/2004) ha affermato che, poiché anche in occasione di fermate o soste sussiste la possibilità di incontro o comunque di interferenza con la circolazione di altri veicoli o di persone, anche in tali contingenze il conducente non può ritenersi esonerato dall'obbligo di assicurare l'incolumità dei terzi (cfr. Cass. 28 novembre 1990, n. 11467), sicché deve considerarsi relativo alla circolazione l'incendio propagatosi dal veicolo in sosta (con conseguente azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore del veicolo), a meno che esso non sia stato appiccato dall'azione dolosa di terzi, la quale è da sola sufficiente ad escludere il nesso di causalità tra la circolazione e l'incendio stesso.
Si è dunque concluso (in fattispecie nella quale l'incendio si era propagato da un veicolo ad un altro) che la sosta è essa stessa circolazione e che “comprende in sè il complesso delle situazioni dinamiche e statiche in cui è posto il veicolo sulla pubblica via”, costituendo un dato ormai acquisito (si veda anche Corte cost. 14 aprile 1969, n. 82) che la sosta su area pubblica o ad essa equiparata “è” essa stessa circolazione, non potendo questa restrittivamente intendersi di veicolo in movimento, trovandosene ulteriore conferma nell'art. 3 C.d.S., n. 9 approvato con D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, che appunto definisce la circolazione come “il movimento, la fermata e la sosta dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulla strada”.

Ne discende quale logico corollario l'applicabilità dell'art. 2054 c.c. e della L. n. 990 del 1969. art. 1 (attualmente D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 122) che si riporta a tutte le fattispecie di responsabilità di cui all'art. 2054 c.c. e ciò comporta, in tema di onere della prova, che spetti al proprietario del mezzo (o all'assicurazione convenuta) dimostrare che l'incendio sia avvenuto per fatto a lui non imputabile, compreso il fatto del terzo, o per il sopravvenire di una causa autonoma di per sé sufficiente a determinare l'evento dannoso, prova che nella fattispecie non risulta fornita.

Vi è poi motivo di ritenere che l'incendio si sia sprigionato dalla vettura dell'A., sia pure per cause non potute accertare, atteso che la Clio è andata completamente distrutta mentre la Scenic solo parzialmente, essendo le due autovetture affiancate e risultando attinta la Scenic nella fiancata laterale e posteriore lato passeggero adiacente e parallelo all'altra autovettura nonché, parzialmente, all'abitacolo (si veda attestazione di intervento della Questura di Taranto e relazione di intervento dei Vigili del Fuoco).
Va quindi affermata la responsabilità solidale della compagnia assicuratrice per il risarcimento del danno, dovendo essere conseguentemente riformata la relativa statuizione di condanna alle spese.

Le censure in merito al mancato riconoscimento delle voci di danno e all'ammontare del danno riconosciuto, non possono invece trovare condivisione.
Con l'atto di citazione l'attore ha dedotto essere l'autovettura Renault Scenic di proprietà della società Santander Consumer Bank ed essergli la stessa stata concessa in uso mediante contratto di leasing, assumendo di aver subito un danno pari alla differenza tra il valore reale del veicolo al momento del sinistro (indicato in Euro 29.000,00) ed il valore assicurato per l'incendio presso l'istituto assicurativo HDI Ass.ni, pari ad Euro 16.431,89, nonché un danno per la distruzione di alcuni effetti personali per un valore complessivo di Euro 3.300,00 ed un danno derivante dalla perdita degli introiti lavorativi stimati in Euro 18.000,00.
Quanto alla prima voce di danno il Tribunale, rilevato che il valore dei veicolo ammontava ad Euro 22.800,00 e non ad Euro 29.000,00 (come risulta dalla visura PRA allegata dallo stesso attore) ha ritenuto non spettargli la differenza tra il valore dei veicolo e quanto corrisposto dall'assicurazione, poiché per sua stessa ammissione l'attore non era proprietario del veicolo (essendo stato pacificamente l'indennizzo assicurativo corrisposto alla proprietaria), né soprattutto aveva allegato il contratto da cui potersi evincere che egli fosse divenuto proprietario del bene al momento della sua distruzione sicché, anche a dare per ammesso che si trattasse di leasing cosiddetto traslativo (cui sarebbe applicabile in via analogica l'art. 1523 c.c.) e che dunque fosse a suo carico il rischio per la perdita del bene, il F. sarebbe stato esposto in tal modo, a causa della distruzione del veicolo, al pagamento di tutte le rate pagate e da pagare e mentre per le seconde sarebbe intervenuta la compagnia assicuratrice, per le prime avrebbe subito un danno, avendo l'attore corrisposto quelle rate a vuoto, cioè senza conseguire la proprietà del veicolo, ma in tal caso avrebbe dovuto chiedere non la differenza tra il tra il valore dell'auto e quanto rimborsato dalla compagnia, bensì il rimborso di dette rate, avendo peraltro l'attore omesso di considerare che è con il pagamento dell'ultima rata del prezzo che si realizza il trasferimento del diritto di proprietà del, bene (Cass., sent. n. 3415/98; n. 6813/98; n. 1090/98).
La motivazione adottata dal giudice di prime cure va condivisa e non risulta inficiata dalle censure mosse dall'appellante, atteso che: egli non ha tempestivamente e specificamente dedotto trattarsi di leasing traslativo parziale, essendosi limitato ad affermare in atto di citazione che l'autovettura gli era stata data in uso mediante contratto di leasing (nel quale le rate costituiscono il corrispettivo del godimento del bene) né ha prodotto il relativo contratto e la documentazione attestante quanto corrisposto fino al perimento del bene, non potendo a ciò ovviarsi con la lettera raccomandata a.r. della Santander del 27.3.2007 (prodotta in allegato alla memoria ex art. 183 co. 6 n 2 c.p.c., senza alcuna specifica deduzione), da cui peraltro non è dato chiaramente evincere il contenuto di detto contratto, che si assume risolto per “perimento del bene locato”.

Quanto ai beni asseritamente danneggiati (una valigia Sansonite, due portabiti ed una borsa The Bridge, due abiti Canali, un paio di scarpe Santoni, 4 camicie Ingram, 3 cravatte ed un paio di occhiali da sole), resta il fatto che non vi è prova che essi si trovassero all'interno dell'auto, avendo pertanto il giudice di prime cure correttamente ritenuto di riconoscere il risarcimento solo per quelli effettivamente rinvenuti parzialmente bruciati, quali risultanti dall'attestazione di intervento della Questura di Taranto, ovverosia una valigia rigida Sansonite, due portabiti ed una borsa The Bridge, in relazione ai quali il giudice di prime cure ha rilevato che sono stati genericamente indicati (nulla risultando specificato quanto a dimensione, dotazione e modelli), essendovi assoluta incertezza sulle loro caratteristiche e, considerando trattarsi di beni usati, ha ritenuto di liquidare Euro 50,00 per la valigia, Euro 50,00 per la borsa ed Euro 15,00 per ciascuno dei portabiti, per un totale di Euro 130,00.
Ed invero, al fine di consentire l'individuazione delle caratteristiche di detti beni e di risalire al loro valore di mercato, non si ritiene che fornire una fotografia dei beni dopo il danneggiamento costituisse “prova diabolica”, avendo l'attore neppure operato una specifica deduzione al riguardo e cercato di fornirne prova (ad esempio mediante produzione di un listino prezzi).
Sicché va condivisa la valutazione operata in via equitativa dal giudice di prime cure, atteso che l'esercizio del potere discrezionale del giudice liquidare il danno ex art. 1226 c.c., presuppone che il pregiudizio economico del quale la parte reclami il risarcimento, sia innanzitutto certo nella sua ontologica esistenza. Detto potere è invero subordinato per un verso alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare e, per altro verso, non ricomprende anche l'accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno, né esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno (Cass., sent. n. 13288/2007).

Quanto al danno da lucro cessante l'attore ha inteso dimostrarlo mediante la produzione di alcune fatture rilasciate alla Banca Mediolanum ed attestanti provvigioni fino a maggio 2007 e due certificazioni rilasciate da detta Banca attestanti compensi relativi all'anno 2006 come agente plurimandatario, avendo al riguardo il giudice di prime cure rilevato mancare qualsiasi deduzione del lavoro dell'istante, del perché la distruzione dell'auto avrebbe determinato perdite reddituali e di quali esattamente tali perdite siano, evidenziando non potersi certo pretendere che il giudice, in violazione dell'art. 112 c.p.c., estrapoli d'ufficio, con il rischio dio sbagliarsi, il preteso danno da documenti nulla di chiaro hanno al riguardo.
Anche tale valutazione va condivisa, essendosi l'attore limitato a dedurre una “perdita degli introiti lavorativi”, non essendovi elementi per ritenere che si tratti di tutte le fatture emesse in quell'anno, mentre invece avrebbe dovuto dedurre e fornire idonea prova della contrazione di reddito e soprattutto avrebbe dovuto dimostrare che la contrazione del proprio reddito fosse causalmente riconducibile alla distruzione dell'autovettura a seguito dell'incendio, ad esempio fornendo prova dell'impossibilità di svolgere la propria attività lavorativa e dell'impossibilità di utilizzare (anche solo temporaneamente) altra autovettura per lo svolgimento di detta attività.

Va infine per completezza affermato che l'ultimo motivo, rimasto comunque assorbito dalla parziale riforma della sentenza e dal riconoscimento della responsabilità solidale della compagnia assicurativa, non può ritenersi fondato, avendo la S.C. condivisibilmente affermato che ai sensi dell'art. 282 cod. proc. civ. così come novellato dall'art. 33 della Legge 26 novembre 1990, n. 353, la condanna alle spese del giudizio contenuta nella sentenza di primo grado comporta, in quanto tal ed in linea con la tendenza resa manifesta dal disposto dell'art. 669 - septies. terzo comma, cod. proc. civ. (introdotto dalla stessa Legge n. 353 del 1990), la provvisoria esecutività del relativo capo della sentenza, indipendentemente dalla natura - se di condanna, costitutiva o di mero accertamento - e dal contenuto (se di accoglimento, di rigetto o di altro tenore della domanda principale o riconvenzionale o del terzo) della decisione principale, cui la statuizione sulle spese accede (Cass., Ord. n. 1283/2010; sent. n. 16262/2005).
Considerato il limitato accoglimento della domanda e dell'appello si reputa doversi disporre la totale compensazione delle spese del doppio grado tra le parti.

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello avverso la sentenza n. 1618/2009 del Tribunale di Taranto in data 29.9.2009, proposto da F.M. nei confronti di A.A. e della A.A. S.p.A. (ora U.A. S.p.A.), lo accoglie per quanto di ragione e per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, che nel resto conferma, così provvede;
1) condanna la U.A. S.p.A., in solido con A.A., al pagamento in favore di F.M. della somma di Euro 130,00 oltre rivalutazione e/o devalutazione ed interessi legali come riconosciuti dal giudice di primo grado;
2) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Così deciso in Taranto, 24 gennaio 2014.
Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2014.


 

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