REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CAANIA - QUINTA SEZIONE CIVILE
Il Giudice Designato in funzione di Giudice Unico, dot. Mario Accardo, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.1396/2007 R.G., avente ad oggetto "Risarcimento danni"
TRA
G. D. rappresentata e difesa dagli avvocati Gaetano Granozzi e Gaetana Allegra - PARTE ATTRICE -
CONTRO
Fondiaria Sai S.p.a. quale impresa designata per il Fondo di garanzia Vittime della Strada in Sicilia -PARTE CONVENUTA-
All'udienza del 19.9.2011 le parti precisavano le conclusioni, come da verbale in atti, e la causa veniva posta in decisione, previa concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche.

Svolgimento del processo

Le istanze traggono origine da un incidente stradale verificatosi verso le ore 7:30 del 12.1.2002, in Catania, mentre l'attrice, alla guida del suo ciclomotore, percorreva, in direzione ovest est, la circonvallazione (viale Ulisse), allochè, giunta nei pressi della concessionaria Ford, veniva investita violentemente da tergo da un'autovettura (non individuata) che sopraggiungeva ad alta velocità, sì da farle perdere il controllo del mezzo, farlo sbalzare per aria e catapultarla sulla careggiata opposta.
Chiedeva, pertanto, il risarcimento di tutti i danni (patrimoniali e non) subiti a causa del sinistro, determinandoli in complessivi € 73.276,65.
All'udienza del 7.10.2009 veniva escusso il teste Michele D'Allura; disposta ed espletata C.T.U. medico legale, all'udienza del 19.9.2011 la causa veniva posta in decisione.

Motivazione

In punto di fatto, va osservato innanzitutto che nessun dubbio sussiste in ordine alla circostanza che l'attrice è stata investita da un'autovettura condotta da persona rimasta ignota, immediatamente fuggita dai luoghi del sinistro, con le modalità indicate in atto introdutivo; la dimostrazione dell'assunto attoreo si desume da concordi, precisi, inequivocabili ed attendibili elementi probatori, costituiti dalle puntuali dichiarazioni rese dal predetto teste, confortate dagli esiti della C.T.U., la quale ha accertato l'insussistenza di incompatibilità tra il sinistro stradale e la tipologia di lesioni subìte dall'attrice, anche con riguardo alla dedotta (ma non dimostrata) circostanza sul mancato uso del casco protettivo.
In realtà, l'unico dubbio sull'attendibilità della testimonianza riguarda la circostanza relativa allo spostamento del corpo della G. dal punto d'impatto (sulla destra della carreggiata) al lato sinistro della carreggiata stessa; tuttavia, tale unica incertezza del teste si spiega con la circostanza che le dichiarazioni sono state rese quasi otto anni dopo l'evento e che il decorso del tempo ovviamente influisce sulla precisione del ricordo, mentre scientificamente lo sbalzo del corpo di alcuni metri, quanto la larghezza della carreggiata, non appare inverosimile e, comunque, le contestazioni di parte convenuta sul punto sono generiche e prive di validi supporti.

Quanto, poi, alla mancata (non obbligatoria) denuncia all'autorità dei fatti "de quibus", essa appare una scelta non illogica, atteso che la G. (e tantomeno i suoi genitori, trattandosi di persona minorenne all'epoca del sinistro) non era in possesso di informazioni utili per l'identificazione del "pirata della strada", anche perchè il teste, attesa la concitazione del momento, non aveva annotato il numero di targa del veicolo, preoccupandosi soltanto della gravità delle condizioni di salute della vittima.
E' evidente, perciò, che la convenuta va condannata al risarcimento dei danni subiti dalla G., sia pure nei limiti appresso indicati.

Al riguardo, va affrontata, in punto di diritto, la questione relativa alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, dei quali parte attrice ha chiesto il risarcimento.
Sul punto è stata notevole l'innovazione interpretativa della giurisprudenza di legittimità, la quale ha superato gli stretti confini di una lettura quasi letterale dell'art. 2059 c.c., riconoscendo la sussistenza del danno non patrimoniale non solo nelle ipotesi di danno derivane da fatti reato, ma anche nelle ipotesi che, seppure non espressamente regolate da specifiche norme di legge, possono ricondursi alla violazione di diritti costituzionalmente garantiti, quali il diritto alla salute ed all'integrità morale.
Nella categoria del danno non patrimoniale occore distinguere tre tipologie di danno elaborate da recenti e condivisibili arresti giurisprudenziali, e cioè: 1) il "danno morale soggettivo", consistente in un paema d'animo o in una sofferenza psichica di carattere interiore (c.d. "pretium doloris"); 2) il "danno biologico", consistente in una lesione dell'integrità psico-fisica, accertabile in sede medico legale; 3) il "danno esistenziale", la cui definizione è stata recentemente precisata dalle SS.UU. (sent. n.6572/2006), che hanno affermato come esso consista in qualsiasi "pregiudizio che l'illecito provoca sul fare areddituale del soggeto, alterando le sue abitudini di via e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quoidianità e privandolo di occasioni per l'espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno"; hanno, altresì, affermato che "il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva ed interiore (propria del danno morale), ma oggettivamente accertabile nel pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quella che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso",
Tali conceti sono stati sostanzialmente ribaditi dalla S.C. (v. SS.UU. n.26972/2008), la quale si è limitata a modificare il precedente orientamento solo dal punto di vista concettuale, avendo ritenuto che la predetta distinzione tra tre tipologie di danni va invece effetuata tra diversi "pregiudizi" dell'unica categoria del danno non patrimoniale; ha, poi, precisato che qualsiasi pregiudizio inquadrabile nella categoria unitaria del danno non patrimoniale deve essere allegato e provato, deducendo sia l'oggetto della domanda che le circostanze di fatto che la supportano.

Nel caso in esame, parte attrice ha chiesto specificatamente il risarcimento del danno biologico, mentre i pregiudizi morali ed esistenziali non sono concreamente allegati nè tantomeno dimostrati; pertanto, tali "pregiudizi" non possono essere ritenuti sussistenti per difetto di concreta allegazione e di prova certa (neppure una prova presuntiva è stata tempestivamente prospettata).
Con riguardo, invece, al danno biologico, è stato accertato, a seguito della consulenza medico legale e della documentazione prodotta dalla parte, che la G. ha subìto, a causa dell'evento dannoso sopra descritto, gravi lesioni, che hanno comportato un'inabilità temporanea assoluta di giorni 30 ed un'inabilità temporanea parziale al 50 di ulteriori giorni 30, nonchè un grado d'invalidità permanente nella misura del 14%.
Pertanto, l'attrice ha diritto al risarcimento del danno biologico, consistente nella menomazione dell'integrità psicofisica (intesa come bene a sè stante), la quale è sempre presente in caso di accertata invalidità e prescinde dal danno correlato alla capacità di produrre reddito.

In ordine poi alla liquidazione del danno biologico permanente, l'unico criterio utilizzabile è quello equitativo, in assenza di elementi sicuri ed attendibili cui ancorare la determinazione del valore della salute; in proposito, ritiene il decidente di dovere seguire il prevalente orientamento giurisprudenziale che utilizza il sistema c.d. "a punto d'invalidità", commisurato alla gravità della lesione subìta dall'integrità psicofisica del danneggiato, tenendo conto della sua età, poichè è evidente che più quest'ultima è elevata minore è il periodo di vita durante il quale l'invalidità deve essere sopportata.
Alla luce delle precedenti considerazioni, si ritiene di poter utilizzare gli importi previsti, per il risanamento del danno biologico, dalle c.d. Tabelle del Tribunale di Milano (come prassi di quest'ufficio), nella versione aggiornata al 2011.
La suddetta tabella prevede per la percentuale d'invalidità del 14%, relativa ad una persona di anni 17 (dovendosi fare riferimento all'epoca dell'evento), la somma di € 40.853,00, mentre, con riguardo all'equo ristoro del danno biologico conseguente all'invalidità temporanea, uilizzando gli importi previsti dalla menzionata normativa, esso va quantificato in € 91,00 al giorno per l'invalidità temporaea assoluta ed in € 45,50 al giorno per l'inabilità parziale al 50&, per i rispetivi complessivi importi di € 2.730,00 e di € 1.365,00; pertanto, la somma globalmente dovuta a tale titolo è pari ad € 44.948,00.
Atteso che il danno è stato liquidato secondo i valori attuali, la detta somma non è soggetta a rivalutazione monetaria; sulla somma sopra liquidata, devalutata al 12.1.2002, devono essere corrisposti gli interessi compensativi al tasso legale, da calcolarsi sulle somme annualmente rivalutate secondo gli indici ISTAT del costo della vita per operai ed impiegati, a decorrere dalla stessa data del 12.1.2002 e sino ad oggi.

L'attrice ha, poi, chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali, quantificati in complessivi e 5.000,00, per spese mediche ricollegabili alla patologia suindicata, ma di tali esborsi non ha fornito alcuna dimostrazione, sicchè tale capo di domanda va rigettato.
Le spese di giudizio sostenute da parte attice vanno poste a carico della convenuta (soccombente sulle questioni principali), comprese le somme liquidate al C.T.U. con decreto del 23.7.2010

PQM

Il Giudice designato in funzione di Giudice Unico, dot. Mario Accardo, definitivamente pronunciando nella causa civile n.1396/2007 R.G.,
condanna la s.p.a. Fondiaria SAI, nella suindicata qualità, al pagamento in favore di G. D. e per la causale di cui in motivazione, della complessiva somma di € 44.948,00, oltre agli interessi al tasso legale, come sempre in motivazione specificato;
rigetta ogni altra domanda.
pone a carico della convenuta le somme liquidate al C.T.u. con decreto del 23.7.2010;
condanna la convenuta al pagamento, in favore dell'atrice, delle ulteriori spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.805,09, di cui euro 605,09 per spese, € 1.700,00 per diritti ed € 3.00,00 per onorario, oltre al rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per lege.
Così deciso in Catania, il 5.01.2012



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