Tribunale di Verona 20 novembre 2012, ord. - Est. Vaccari

Svolgimento del processo

Omissis
Pronunciando sulla richiesta della ricorrente curatela del fallimento S. s.r.l., con l’avv. …, di conferma dei decreti, emessi, inaudita altera parte, da questo giudice in data 24 luglio 2012, con i quali è stato autorizzato il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e dei crediti dei resistenti …; a scioglimento della riserva assunta all’esito dell’udienza del 30 ottobre 2012;

Motivazione

RILEVA
che la richiesta di parte ricorrente merita di essere accolta nei limiti di cui si dirà atteso che le deduzioni svolte da parte resistente non valgono a smentire la valutazione, espressa nel predetto decreto, sulla sussistenza del fumus boni iuris della responsabilità dei resistenti per la maggior parte delle condotte descritte nel ricorso.

Omissis

5. L’operazione di scissione parziale
Plurime e concordi evidenze valgono a evidenziare la finalità elusiva della operazione di scissione parziale attuata dai resistenti attraverso l’assegnazione a essa del 96% del capitale della controllata P. s.a. alla società di nuova costituzione B. P. s.r.l.

5.1. Le finalità dichiarate e quelle effettive della operazione
Va innanzitutto evidenziata la scarsa plausibilità delle giustificazioni che sono state date all’operazione nel progetto di scissione e nel corso del presente procedimento dalla difesa dei resistenti.
Con specifico riguardo al primo profilo nella parte del progetto di scissione dedicata alla illustrazione dei “motivi dell’operazione” si legge che essa mirava a “differenziare in modo esplicito l’approccio ai mercati che sempre più manifesta conflitti sulla clientela da parte di produzioni italiane di grande qualità ed estere associate a controllate destinate a posizionamenti di mercato diversi” (così testualmente alla p. 1 del progetto di scissione).
Orbene, deve convenirsi con la difesa della curatela che riesce difficile comprendere la ragione che avrebbe impedito il perseguimento della suddetta finalità con l’assetto mantenuto fino a quel momento, tanto più se si vuol prestare fede all’assunto dei resistenti secondo cui le produzioni di S. s.r.l. e di S. A. erano diverse, atteso che la prima sarebbe stata costituita da metro carboni di ricamo destinati alla realizzazione di biancheria intima (cfr. p. 6 della memoria di replica di …) e la seconda da lavorazioni destinate a una fascia di clientela medio-bassa. L’assunto, peraltro, non può ritenersi dimostrato e anzi risulta contraddetto dalla brochure illustrativa delle caratteristiche della produzione S., prodotto sub 39 dalla ricorrente, dalla quale risulta che anche S. Cina disponeva di macchinari per svolgere l’attività di ricamo e che la produzione cinese era destinata anche al mercato italiano (v. passo del documento in cui si afferma che la controllata cinese poteva “offrire un prodotto di gusto italiano a prezzi molto competitivi per produzioni asiatiche” e “fornire ai clienti un servizio consono agli standard europei”).
Proprio quest’ultima considerazione consente di ritenere che, in realtà, nel progetto di scissione fosse stato esplicitato, forse inconsapevolmente, quello che era il reale obiettivo dei resistenti, ossia salvaguardare, anche dalle legittime iniziative dei terzi creditori, il ramo produttivo che in quel momento era più redditizio e che avrebbe continuato a esserlo anche in una prospettiva di medio-lungo periodo.

Nel presente giudizio la difesa dei resistenti ha ribadito che l’operazione aveva avuto una finalità di ristrutturazione dell’impresa, sia sotto il profilo produttivo che sotto quello organizzativo, vale a dire uno degli obiettivi che sicuramente un istituto, come quello disciplinato dall’art. 2506 c.c., per la sua particolare duttilità, consente di realizzare.
Non può però sottacersi che una simile prospettiva risultava del tutto irrealistica, tenuto conto del carattere strutturale della crisi economica e finanziaria in cui versava la S. s.r.l. Essa infatti aveva cause non contingenti ma durature, individuate dagli stessi resistenti in una evoluzione delle tendenze del mercato, caratterizzato da un crescente disinteresse della clientela per i prodotti di fascia alta e la maggior convenienza, per i prodotti di fascia medio-bassa, dei prezzi dei produttori asiatici (cfr. p. 9 della memoria di costituzione dei resistenti …).
Non si comprende allora, a fronte di un simile specifico contesto nonché di quello economico generale, indubbiamente sfavorevole, come gli amministratori di S. potessero pensare seriamente di rilanciare l’attività della società.
Nemmeno l’assunto di parte resistente secondo cui l’operazione in esame avrebbe procurato alcuni specifici vantaggi alla S. s.r.l. può essere condiviso, a prescindere dalla considerazione che non fu per conseguire gli stessi che essa venne compiuta, dal momento che di essi non c’è traccia nel progetto di scissione.
È infatti del tutto infondata l’affermazione di parte convenuta secondo cui la scissione consentì alla S. s.r.l. di realizzare un’entrata di euro 100.000, costituita, per l’importo di euro 28.000, dal valore contabile di liquidazione della quota di partecipazione in P. s.a. e, per il restante importo, dal soddisfacimento di un credito di euro 72.000 verso la stessa P. s.a.
A ben vedere quest’ultimo elemento, ai sensi dell’art. 2506-bis, comma 2, c.c., rimase in capo alla scissa, dal momento che la sua destinazione non venne esplicitata nel progetto di scissione. Il credito de quo per di più rimase insoddisfatto, dal momento che, come si è già anticipato, la B. P. s.r.l. venne posta in liquidazione e, subito dopo, cancellata dal registro delle imprese.

Non risulta chiaro, invece, non essendo stata fornita nessuna spiegazione al riguardo, quale sarebbe stato il risparmio che avrebbe comportato l’accorciamento della catena societaria, conseguente alla scissione, che la difesa della resistente ha addotto quale ulteriore giustificazione della stessa (p. 7 della memoria di replica di parte …).
Alla luce delle superiori considerazioni ben può affermarsi che l’operazione di scissione rappresentò il passaggio decisivo di un più vasto progetto dei resistenti che da un lato determinò le condizioni irreversibili per la messa in liquidazione della società e dall’altro pregiudicò i creditori.
A ben vedere poi essa, a fronte della dichiarata funzione di riorganizzazione aziendale che le era stata attribuita nel progetto, fini per assolvere di fatto una funzione liquidatoria che invero, come si vedrà meglio nel par. 6, era giustificata dalla reale situazione patrimoniale in cui si trovava la società.
Sul punto è opportuno chiarire che, proprio per la già evidenziata sua duttilità, l’istituto di cui all’art. 2506 c.c.può essere impiegato anche per agevolare processi di liquidazione, come può evincersi anche dal disposto dell’art. 2506, comma 3, c.c.
Con la scissione si possono infatti separare i vari settori produttivi, rendendo così possibile la liquidazione di quelli in perdita, che potrebbero essere trasferiti a società beneficiarie da estinguere, oppure cedere a terzi settori redditizi dell’azienda, mantenendo in capo alla società scissa le attività da destinare alla liquidazione. In questi casi vi è però una più pressante esigenza di tutelare le ragioni di credito dei terzi, alla quale assolve la disciplina dell’art. 2506-quater, comma 3, c.c. che invece, come si vedrà subito, nel caso di specie è stata elusa.

5.2. Le omissioni nella fase di redazione del progetto di scissione e il loro significato
Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente non possono ritenersi illegittime né l’omessa redazione, insieme al progetto di scissione, della relazione illustrativa degli amministratori né la mancata presentazione di quella degli esperti, previste, rispettivamente dall’art. 2506-ter, commi 1 e 3, c.c.
L’esonero dall’osservanza del primo di tali adempimenti fu infatti giustificato per effetto del consenso unanime espresso dai soci ai sensi dell’art. 2506, comma 4, c.c. mentre la relazione degli esperti non era necessaria ai sensi dell’art. 2506-ter, comma 3, c.c. dato il carattere proporzionale della scissione (a tale rilievo consegue l’infondatezza dell’assunto di parte ricorrente in ordine alla non veridicità della situazione patrimoniale).

Alcune considerazioni però inducono a ritenere che, quanto meno la mancata redazione da parte degli amministratori di situazione patrimoniale e relazione illustrativa, per quanto legittime, siano state funzionali alla piena realizzazione dell’obiettivo perseguito dai resistenti. Tali omissioni infatti impediscono ai terzi creditori di disporre di informazioni fondamentali al fine di valutare la opportunità di proporre opposizione alla scissione e in particolare di quella sul valore effettivo del patrimonio netto assegnato alla società beneficiaria e di quello rimasto nella società scissa.
Non può invece attribuirsi la medesima finalità alla mancata predisposizione della relazione degli esperti giacché essa assolve a una funzione informativa nei confronti dei soci.
Sul punto vale la pena precisare che per “valore effettivo” deve intendersi, in conformità alla dottrina aziendalistica, non il valore del patrimonio netto contabile, bensì il valore del patrimonio “rettificato”, valutando le attività a valoricorrenti per stabilire quali beni delle società beneficiarie e della società scissa e per quale valore concorrono a costituire la garanzia per i creditori, ai sensi dell’art. 2506-quater, comma 3, c.c. in ipotesi di mancato pagamento dei debiti della società scissa trasferiti alle beneficiarie.
Per le partecipazioni in società e in joint venture, il valore corrente coincide sostanzialmente con il fair value, come determinato in base all’art. 2427-bis c.c.

Per poter apprezzare la rilevanza dell’indicazione, nella relazione degli amministratori, “del valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria” occorre tener presente come essa consenta di individuare la misura e il limite della responsabilità solidale delle società beneficiarie per i debiti della società scissa e, ai sensi dell’art. 2506-bis, comma 3, c.c. per determinare i limiti quantitativi dell’obbligazione solidale delle società beneficiarie nell’ipotesi dell’insorgere di passività la iicui destinazione non sia desumibile dal progetto di scissione.
È indubbio che tali previsioni costituiscano una forma di tutela per i terzi che, insieme alla procedura di cui all’art. 2503 c.c., come richiamato dall’art. 2506-ter, comma 5, c.c., mira a bilanciare la scelta, compiuta dalla riforma del 2003, dell’introduzione di un limite alla responsabilità solidale delle società beneficiarie, inesistente nel regime previgente. Ed è altrettanto evidente come la mancata conoscenza del dato in esame abbia pregiudicato il diritto dei creditori di S. s.r.l. di proporre opposizione all’operazione straordinaria.

Orbene ad avviso dello scrivente alcune evidenze inducono a ritenere che i resistenti abbiano inteso realizzare proprio questo specifico risultato, attraverso l’omissione della relazione degli amministratori.
Indicativa in tal senso è innanzitutto la circostanza che il progetto di scissione è carente di uno dei requisiti previsti dall’art. 2506-bis c.c., ossia “l’esatta descrizione degli elementi da assegnare alla società beneficiaria”, espressione che ben può intendersi come relativa anche alla descrizione delle partecipazioni di controllo, come quella di P. s.a. su F. I. s.a. e, attraverso di questa, su S. A.
Ancora non va trascurato come la difesa dei resistenti non abbia saputo giustificare la circostanza sopra citata, essendosi limitata a fornire una spiegazione della mancata presentazione della relazione degli esperti, aspetto invero irrilevante, dopo quanto si è detto sopra sulla funzione di essa, senza spendere la benché minima parola su quelli degli amministratori (cfr. p. 36 della memoria di costituzione di …). Tale atteggiamento ben può costituire argomento di prova a sfavore dei resistenti ai sensi dell’art. 116 c.p.c.

Al fine di cogliere il senso delle scelte omissive dei resistenti è necessario considerare anche un ulteriore profilo.
Ferma restando la opportunità di effettuare una apposita c.t.u. valutativa nel giudizio di merito, già in questa fase vi sono sufficienti elementi per affermare, pur con i limiti della valutazione sommaria propria della fase cautelare, che il valore effettivo del patrimonio netto della P. s.a. fosse sicuramente molto elevato perché influenzato dal valore, indubbiamente rilevante, della partecipazione nella controllata F. I., come è possibile desumere dalla copia dei bilanci di tale società relativi agli esercizi 2008 e 2009 che la ricorrente ha prodotto all’udienza del 16 ottobre 2012 al fine di superare una specifica obiezione di parte resistente.
Nel bilancio alla data del 31 dicembre 2008 al patrimonio netto è attribuito un valore di 1.832.472,13 dollari, la liquidità attiva in banca ha un importo di 595.460,03 dollari e l’utile di esercizio ammonta a 1.191.056,03 dollari.
Nel bilancio al 31 dicembre 2009 tali dati sono anche maggiori risultando una liquidità di 421.022,91 dollari, un utile di esercizio di 1.473.242,30 dollari e un patrimonio netto di 3.209.284,83 dollari.
A fronte di tali risultanze è poco rilevante stabilire quali siano i dati di bilancio della controllata cinese sebbene la ricorrente abbia fornito elementi documentali sufficienti a ritenere, perlomeno in questa fase, che siano indicativi di una realtà aziendale sempre più redditizia.
In ogni caso i resistenti non hanno smentito le predette risultanze ma a ben vedere avevano implicitamente riconosciuto la rilevanza delle stesse nel momento in cui avevano sostenuto che la consistenza patrimoniale di F. I. Dovesse essere comprovata attraverso la produzione dei relativi bilanci (p. 10 della memoria di replica di parte …).
Per converso non può attribuirsi nessun rilievo ai fini della valutazione della partecipazione in P. s.a. assegnata alla neo-costituita B. P. s.r.l. al prezzo della partecipazione di … in S. s.r.l. come determinato nel contratto con cui egli la cedette ai propri familiari nel giugno del 2007 (cfr. p. 3, doc. 1 di parte ricorrente) né a quello, invero rimasto ignoto, di cessione del 100% della F. I. in favore di … nel contratto tra lo stesso e la P. del 9 giugno 2009, dal momento che essi ben potrebbero essere stati simulati.

6. Le condotte successive alla scissione parziale
La sequenza finale della vicenda per cui è causa è quella maggiormente sintomatica della finalità elusiva delle diverse iniziative che si sono esaminate. Come si è detto in data 9 giugno 2009 P. s.a. cede a … l’intera partecipazione, pari al 100% in F. I., che aveva acquistato solo due anni prima dallo stesso …, e l’8 giugno 2008 la B. P. viene messa in liquidazione e l’11 agosto 2010 viene cancellata dal registro delle imprese.

Risulta quindi piuttosto evidente come i resistenti dapprima abbiano trasferito, attraverso la scissione parziale sopra meglio descritta, la gestione delle partecipazioni nelle controllate estere a una società di nuova costituzione (obiettivo che risulta conforme alle finalità alle quali, come detto, è diretta un’operazione di scissione) e, poco dopo quell’operazione, abbiano interrotto la catena di controllo che guidava S. s.r.l., eliminando ogni collegamento fra la stessa e S. A. prima con la cessione in favore di … da parte di P. s.a., di cui si rammenti erano legali rappresentanti sempre i resistenti, del 100% di F. I. e poi con la messa in liquidazione della B. P. Il particolare del ridottissimo lasso temporale, pari a solo due mesi, che intercorse tra l’iscrizione dell’atto di scissione parziale nel registro delle imprese e la cessione dell’intera partecipazione nella F. I. a …, oltre alla considerazione che di tali atti non è stata data la benché minima giustificazione, sono indubbiamente indicativi della loro preordinazione fin dal momento in cui venne decisa l’operazione di scissione parziale e, allo stesso tempo, della finalizzazione di questa alle prime.
La estrema proficuità per i resistenti dell’articolazione di condotte sin qui dette è acclarata dal risultato delle verifiche effettuate dalla curatela, che hanno permesso di accertare che F. è attualmente il legale rappresentante della A. F. G. L. avente sede legale in Hong Kong, che rappresenta l’evoluzione di S. A.

7. Il danno arrecato ai terzi creditori
Con le condotte esaminate nei paragrafi da 2 a 4 i resistenti hanno irrimediabilmente compromesso il diritto dei creditori di S. di giovarsi della garanzia di cui all’art. 2506-quater, comma 3, c.c. e in particolare quello di soddisfarsi sulla partecipazione in P., realizzando anche l’ipotesi di reato, perseguibile a querela di parte, di cui all’art. 2629, comma 1, c.c.
Deve pertanto ribadirsi, anche in questa sede, la correttezza del criterio che è stato individuato dalla curatela per stimare il pregiudizio patito dalla massa nel valore della partecipazione scissa, quantificato in euro 7.000.000, sulla base dei dati di bilancio illustrati, in quanto conseguenza diretta delle condotte dei resistenti sopra citate.

È appena il caso di osservare che il diverso criterio della differenza fra attivo e passivo fallimentare è stato invocato da parte ricorrente solo in via subordinata e d’altro canto esso può essere utilizzato per quantificare il danno conseguente alla prosecuzione dell’attività sociale pur a fronte del verificarsi di una causa di scioglimento ma tale condotta nel caso di specie ha un rilievo secondario rispetto a quelle connesse all’operazione di scissione parziale ed è a esse successiva.
Non sono pertanto pertinenti le obiezioni che parte resistente ha mosso all’applicazione di questo secondo criterio.

8. Il periculum in mora
Deve qui ribadirsi anche il giudizio in ordine alla piena sussistenza del presupposto del periculum in mora, sotto il profilo del pericolo della realizzazione di dispersione dei beni di cui i resistenti sono titolari in pregiudizio della massa fallimentare.
In tale prospettiva l’articolata sequenza di condotte elusive che i convenuti hanno posto in essere e il più che
apprezzabile lasso di tempo in cui essa si colloca sono indubbiamente sintomatiche di una loro particolare pervicacia nel perseguire i propri intenti. Né può ostare a una simile valutazione la circostanza, evidenziata dalla loro difesa, che essi, a eccezione invero di …, non abbiano posto in essere atti dispositivi dei propri patrimoni nel periodo trascorso dal fallimento della società a oggi, dal momento che essa ben può spiegarsi con la convinzione dei convenuti che le loro responsabilità non sarebbero mai emerse grazie anche al già rilevato occultamento di numerose informazioni che potevano consentire ciò.

Con specifico riferimento a … deve poi rammentarsi come egli abbia posto in essere un atto chiaramente diretto a sottrarre i propri beni alla garanzia di terzi creditori quale la costituzione di un trust in data 18 novembre 2009 in favore dei propri figli (cfr. doc. 41 di parte ricorrente). Si noti come la difesa del F. abbia implicitamente riconosciuto che tale atto abbia avuto la predetta finalità nel momento in cui ha giustificato la conclusione di esso riconducendola alla separazione del … dalla propria moglie.

PQM

conferma i decreti emessi inaudita altera parte di cui in epigrafe e assegna alle parti il termine di quaranta giorni dalla comunicazione del presente provvedimento per la proposizione del giudizio di merito.


 

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