REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente -
Dott. VENUTI Pietro - Consigliere -
Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Consigliere -
Dott. D'ANTONIO Enrica - rel. Consigliere -
Dott. DORONZO Adriana - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3192-2011 proposto da:
LARUS MIANI S.P.A.- ricorrente -
contro
T.S.;
- Intimata -
Nonchè da:
T.S. - controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
LARUS MIANI S.P.A.- intimata -
avverso la sentenza n. 51/2010 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 21/01/2011 R.G.N. 565/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. ENRICA D'ANTONIO;
udito l'Avvocato SANTELLI ERNESTO;
udito l'Avvocato SAVANCO CLAUDIO VALERIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27/1/2010 la Corte d'Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento e della sanzione disciplinare di giorni 10 di sospensione comunicati dalla soc Larus Miani alla dipendente T.S., con condanna della datrice di lavoro alla reintegra ed al risarcimento del danno.
La Corte ha esposto, per quel che qui rileva a seguito della rinuncia della ricorrente alle censure relative alla sanzione disciplinare della sospensione, che la società aveva giustificato, con riferimento al licenziamento, il superamento del termine fissato dal contratto collettivo per la comunicazione del licenziamento a causa del comportamento della T. che aveva dichiarato la sua indisponibilità a concludere un contratto part-time solo in data 3/11/06 rendendo impossibile per la società il rispetto del termine contrattuale.
La Corte territoriale ha osservato che era fatto pacifico che il licenziamento era stato comunicato tardivamente dopo 15 giorni dalla scadenza del termine dei 5 giorni concessi al lavoratore per le giustificazioni e che detto termine aveva carattere essenziale con la conseguenza che solo un'impossibilità oggettiva a rispettarlo avrebbe potuto escluderne l'efficacia. Ha rilevato, inoltre, con riferimento alle osservazioni della società secondo cui il superamento del termine era stato determinato dal comportamento della T., che il licenziamento era stato comminato a causa degli errori commessi dalla T. nella conferma degli ordini ed elencati nella comunicazione e non già per il comportamento ambiguo e scorretto o addirittura doloso che secondo la società la lavoratrice avrebbe tenuto successivamente alla contestazione comunicando solo in limine la sua indisponibilità ad un lavoro a tempo parziale al fine di far scadere il termino per la comunicazione del licenziamento.
Secondo la Corte gli errori contestati non costituivano, comunque, una giusta causa di licenziamento tanto più che detti errori non avevano impedito alla società di offrire alla lavoratrice un'assunzione a tempo parziale.
Avverso la sentenza ricorre la soc Larus Miani. Resiste la T. con controricorso. La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. nella quale ha dichiarato di rinunciare ai motivi relativi alla sanzione disciplinare.

Motivazione

I motivi sub B, C e D, attinenti alla sanzione disciplinare, sono stati espressamente rinunciati dalla società ricorrente.
Con il motivo sub E) la Larus Miani denuncia violazione dell'art. 1375 c.c. e dell'art. 1457 c.c..
Rileva che la T. aveva tenuto un comportamento ingannevole nel differire per ben sei volte la risposta circa l'accettazione di un part-time e ciò al fine di far scadere il termine di cui all'art. 219 CCNL. Eccepisce che una tale violazione del comportamento in buona fede determinava che non dovesse tenersi conto dell'art. 219 citato e che si dovesse, invece, considerare corretto l'operato della società che, ricevuto il rifiuto alla stipula del contratto part- time, aveva immediatamente licenziato la lavoratrice. Eccepisce inoltre che non risultava che il termine di cui all'art. 219 fosse essenziale.
Con il motivo sub F) denuncia vizio di motivazione in relazione all'art. 420 c.p.c.. Rileva che se il giudice avesse tenuto conto del comportamento successivo della lavoratrice ben altro avrebbero dovuto essere le conclusioni della Corte. Osserva che i fatti contestati erano di obiettiva gravita e ciò nonostante il tentativo di trovare un accordo era imposto da una corretta interpretazione dell'art. 420 c.p.c.
Con il motivo sub G) la ricorrente denuncia vizio di motivazione in relazione agli artt. 2104 e 2105 c.c.. Rileva che il comportamento non diligente della lavoratrice aveva esposto la società ad un danno evitato solo per un caso fortuito e che il datore di lavoro aveva fatto il suo dovere nel risolvere il rapporto in quanto la permanenza della T. costituiva una minaccia all'integrità del patrimonio aziendale.

I motivi, congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono infondati.
La Corte d'appello ha ritenuto che l'art. 219 del contratto collettivo stabilisce un termine perentorio per la comunicazione del licenziamento che deve avvenire nel termine di 15 giorni dalla scadenza del termine di cinque giorni concesso al lavoratore per le giustificazioni, termine violato dalla società. La ricorrente non censura in modo adeguato tale interpretazione, ma richiama l'art. 1457 c.c. sul termine essenziale per l'adempimento contrattuale in ordine al quale neppure spiega quale sia il nesso con l'interpretazione accolta dalla Corte territoriale.
Deve, comunque, rilevarsi che in tema di interpretazione dei contratti collettivi di lavoro, l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata, ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg.. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità" (cfr tra le tante Cass. n. 9054/2013).

La ricorrente lamenta che la lavoratrice avrebbe intenzionalmente procrastinato la risposta ad un'ipotesi conciliativa al fine di far scadere il termine previsto dal contratto collettivo e denuncia la violazione dell'art. 1375 c.c., ma la società non formula nessuna censura rispetto alla motivazione della sentenza ma sottopone a questa Corte la valutazione del comportamento della T.. Il motivo sub E) risulta, dunque, integralmente infondato.
Con il motivo sub F) la società ricorrente denuncia vizio di motivazione. Sembra lamentare che la Corte ha ritenuto l'offerta effettuata alla lavoratrice di concludere un contratto part-time in contrasto con l'affermata gravità dei fatti contestati. Anche tale motivo è infondato coinvolgendo valutazioni in fatto del giudice di merito incensurabili in cassazione e, comunque, non si concreta in un vizio specifico della sentenza non valutando, inoltre, che la Corte di merito aveva sottolineato che dalla lettura dell'atto di appello, risultava che la società indicava le ragioni della gravita della condotta della T. nell'avere questa espresso la sua indisponibilità ad accettare le condizioni per la prosecuzione del rapporto di lavoro "in limine" proprio al fine di far scadere il termine. Infine, deve affermarsi l'infondatezza anche del motivo sub G), con il quale la società denuncia vizio di motivazione lamentando che la gravità delle mancanze contestate alla lavoratrice non era escluso dall'assenza di danno dovendosi tenere conto del danno potenziale. Con tale motivo la ricorrente chiede un inammissibile riesame del merito precluso a questa Corte atteso che la sentenza impugnata appare adeguatamente motivata, priva di difetti logici o contraddizioni, oltre che immune da errori di diritto.
Il ricorso incidentale condizionato, con il quale la T. ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dell'appello ed il conseguente passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale, resta assorbito dal rigetto del ricorso principale.
Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio.

PQM

Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l'incidentale; condanna la ricorrente principale a pagare le spese del presente giudizio liquidate in Euro 100.00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2014


 

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