REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Presidente -
Dott. VENUTI Pietro - Consigliere -
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere -
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -
Dott. GHINOY Paola - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 13331/2013 proposto da:
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati SGROI ANTONINO, LELIO MARITATO, CARLA D'ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
- RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. già SERIT SICILIA S.P.A. quale AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LE PROVINCE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato DI SALVO GIOVANNI, giusta delega in atti;
- DISTILLERIA BERTOLINO S.P.A., in persona del legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36-A, presso lo studio dell'avvocato FABIO PISANI, rappresentata e difesa dall'avvocato AGOSTINO EQUIZZI, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 637/2012 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 15/05/2012 R.G.N. 33/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/09/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito l'Avvocato DE ROSE EMANUELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con la sentenza n. 637 del 2012 la Corte d'Appello di Palermo, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale, riduceva l'importo dovuto all'Inps dalla Distilleria Bertolino s.p.a. richiesto con la cartella esattoriale notificata al 19/6/2001 dall'agente della riscossione Serit Sicilia s.p.a.
A motivo della decisione, per quello che rileva del presente giudizio di legittimità, la Corte riteneva che la società dovesse essere esonerata dal pagamento del contributo per la mobilità ai sensi del terzo comma della L. n. 223 del 1991, art. 3, considerato che non aveva potuto continuare l'attività produttiva a causa del sequestro dello stabilimento disposto dall'autorità giudiziaria nel corso di un procedimento per inquinamento ambientale, cui aveva fatto seguito, fallite le trattative sindacali onde addivenire ad ipotesi alternative, il licenziamento di tutti i dipendenti. Argomentava la Corte che nel caso, ricorrendo un'ipotesi di assoluto fermo produttivo, la situazione involgeva la totalità dei dipendenti senza che potessero trovare applicazione i criteri previsti dall'art. 4, e dalla L. n. 223 del 1991, art. 24, e senza che potesse ritenersi esigibile il ricorso alle procedure concorsuali.

Per la cassazione della sentenza l'Inps ha proposto ricorso, affidato ad un solo motivo, cui ha resistito con controricorso la distilleria Bertolino s.p.a.; si è altresì costituita con controricorso Riscossione Sicilia s.p.a., già Serit Sicilia s.p.a., che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivazione

1. Deve preliminarmente rilevarsi l'inammissibilità del controricorso e della memoria ex art. 378 c.p.c., depositate da Riscossione Sicilia s.p.a.

Questa Corte ha infatti chiarito che nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale notificata dall'istituto concessionario per la riscossione di contributi previdenziali pretesi dall'I.N.P.S., la legittimazione passiva spetta unicamente a quest'ultimo ente, quale titolare della relativa potestà sanzionatoria, con la conseguenza che l'eventuale domanda in opposizione, attinente a tale oggetto, formulata contestualmente anche nei confronti del concessionario della gestione del servizio di riscossione tributi, deve intendersi come mera "denuntiatio litis"" (prevista dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 209 del 2002, conv. in L. n. 265 del 2002) che non vale ad attribuirgli la qualità di parte, neanche nei successivi gradi, con la derivante inammissibilità del controricorso proposto, come nella fattispecie, nel giudizio di cassazione (Cass. Sez. L, n. 11274 del 16/05/2007 e n. 11687 del 12/05/2008). Ciò tanto più in quanto non vi sono nel caso domande formulate nel confronti del concessionario, alle quali questi abbia interesse a contraddire.

2. Occorre inoltre disattendere l'eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla Distilleria Bertolino s.p.a. a p. 6 del controricorso. Essa trae le mosse dall'inciso a p. 12 del ricorso dell'Inps ove si preannuncia il deposito di "copia irritualmente notificata della sentenza". Argomenta la parte che, ove dovesse emergere che la sentenza era stata notificata e che di conseguenza è decorso il termine breve per l'impugnazione previsto dall'art. 325 c.p.c., il ricorso sarebbe intempestivo.
Deve però rilevarsi che nessuna copia di sentenza "irritualmente notificata" è stata depositata, nè risulta l'esistenza di una notificazione irrituale, come è confermato dalla formulazione dell'eccezione in termini meramente ipotetici. Non si ravvisa quindi nessuna causa di improcedibilità o inammissibilità del ricorso (secondo le diverse accezioni utilizzate da Cass. S.U. Sez. U, Ord. n. 9005 del 16/04/2009 e Sez. L, n. 7469 del 31/03/2014).

3. Con l'unico motivo di ricorso, l'Inps lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 3, comma 3, art. 5, comma 4, e art. 24, comma 3.
Sostiene che l'esenzione dal pagamento del contributo di mobilità sarebbe previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 3, comma 3, solo per le procedure concorsuali. Aggiunge che la correlazione dell'esenzione all'impossibilità della continuazione dell'attività da parte dell'organo della procedura trova fondamento nel fatto che l'organo non è stato il datore di lavoro che ha portato alla decozione la società, mentre nel caso di specie il provvedimento di sequestro è connesso ad un comportamento dell'imprenditore che ha posto in essere le premesse per il provvedimento di sequestro.

4. Il ricorso è fondato.
La L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 4, (abrogato con effetto dal 1 gennaio 2017 dalla L. n. 92 del 2012, art. 2, comma 71, lett. a)) prevede che "per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 37, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore.
Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'art. 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale". L'importo a carico delle imprese che anteriormente alla mobilità non abbiano usufruito del trattamento straordinario di integrazione salariale è poi previsto dall'art. 24 comma 3 (come sostituito dal D.L. 20 maggio 1993, n. 148, art. 8, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 2369) nella misura superiore di nove volte il trattamento iniziale di mobilità spettante al lavoratore, ridotto a tre volte nei casi di accordo sindacale.

L'art. 3, della stessa legge, intitolato "Intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali" (abrogato a decorrere dal 1 gennaio 2016 dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, art. 2, comma 70, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 46 bis, comma 1, lett. h), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) al comma 3, dispone inoltre che: "Quando non sia possibile la continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possono essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità ai sensi dell'art. 4, ovvero dell'art. 24, i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all'art. 4, comma 6, è ridotto a trenta giorni. Il contributo a carico dell'impresa previsto dall'art. 5, comma 4, non è dovuto".
Il tenore letterale della disposizione chiarisce che la fattispecie che determina il diritto all'esenzione si verifica quando, per la constatata impossibilità di continuazione dell'attività o di salvaguardia dei livelli occupazionali, gli organi di una procedura concorsuale dispongano la collocazione del personale eccedente.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno rilevato che la norma attribuisce agli organi della procedura concorsuale un eccezionale potere di gestione dell'impresa, ovvero il potere di valutare in prospettiva la possibilità di continuare (anche tramite la cessione dell'azienda) l'attività imprenditoriale e, in caso negativo, di decidere di collocare in mobilità il personale dipendente (così Cass. S.U. n. 3597/2003).
A tale potere di gestione corrisponde nella seconda ipotesi l'esonero dall'obbligo di pagare il relativo contributo. La previsione si giustifica nell'ottica della tutela degli interessi socialmente rilevanti quali sono quelli della generalità dei creditori a non vedere un ulteriore incremento del passivo, e le ripercussioni che essa produce sulla finanza pubblica trovano una garanzia nel controllo giudiziale preventivo cui la legge assoggetta le scelte adottate nell'ambito delle procedure concorsuali.

5. La disposizione ha portata eccettiva della previsione che stabilisce l'obbligo di pagamento per la generalità delle imprese i cui lavoratori sono collocati in mobilità (nelle diverse misure sopra indicate) sicchè l'estensione dell'esenzione ad ipotesi in cui non vi sia alcuna procedura concorsuale e la mobilità sia disposta dallo stesso imprenditore costituisce un'interpretazione analogica, non consentita ai sensi dell'art. 14 preleggi.
6. La soluzione adottata dalla Corte di merito, secondo la quale la previsione dovrebbe trovare applicazione in tutte le ipotesi nelle quali vi sia un'impossibilità totale di continuazione dell'attività che non lascia margini di decisione all'imprenditore, a prescindere dall'esistenza di una procedura concorsuale, presenta peraltro rilevanti problemi applicativi derivanti dall'individuazione dei relativi presupposti, che conduce a risultati diversi a seconda del momento al quale si risale nel tempo nel valutare le cause della crisi (potendosi discutere, ad esempio e con riferimento alla fattispecie, se rilevi il sequestro o le scelte imprenditoriali che lo hanno determinato).

7. La natura eccezionale e di stretta interpretazione della norma è stata peraltro già ritenuta da questa Corte, che ha ritenuto che, proprio in ragione della limitazione della decisione agli organi concorsuali, non spettasse il beneficio dell'esonero dal pagamento del contributo di mobilità, previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 3, comma 3, in un caso in cui la procedura per il licenziamento collettivo era stata avviata dall'imprenditore, che aveva contestualmente richiesto l'ammissione dell'impresa al concordato preventivo (Cass. Sez. L, n. 13625 del 2014, Cass. n. 19422 del 18.12.2003).

8. Il principio di diritto che deve quindi essere enunciato ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 1, è il seguente: "L'esenzione dal pagamento del contributo di mobilità prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 3, comma 3, si applica nella sola ipotesi in cui il licenziamento collettivo sia disposto dagli organi di una procedura concorsuale".

9. Non essendosi la Corte d'Appello attenuta a tale principio, la sentenza dev'essere cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione, che nel nuovo esame si atterrà al principio di diritto sopra enunciato, ed anche per le spese.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2014


 

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