REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICALA Mario - Presidente -
Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere -
Dott. IACOBELLIS Marcello - Consigliere -
Dott. DI BLASI Antonino - Consigliere -
Dott. CARACCIOLO Giuseppe - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 28387/2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO EDIL 2000 SNC DI PASQUALE VINCENZO & C.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 120/17/2011 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 18.3.2011, depositata l'1/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Motivazione

La Corte:
ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati.
Osserva:
La CTR di Napoli ha accolto l'appello della curatela fallimentare della "Edil 2000 snc" - appello proposto contro la sentenza n. 98/16/2010 della CTP di Caserta che aveva già respinto il ricorso della contribuente - ed ha così annullato l'avviso di accertamento per IVA-IRPEG-IRAP relative all'anno d'imposta 2005 (adottato sulla scorta di un previo PVC) ed i cui rilievi venivano sostanzialmente condivisi dal provvedimento di accertamento), avviso che la curatela aveva impugnato contestando che non le fosse mai stato notificato il PVC al quale veniva fatto richiamo nell'avviso medesimo.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che l'illegittimità del provvedimento di accertamento derivasse dalla mancata allegazione, in violazione della previsione dell'art. 7 dello Statuto del Contribuente, del richiamato PVC all'atto notificato al curatore, per quanto detto PVC fosse già stato notificato all'amministratore della società; oltre che dal fatto che menzionato avviso "non riproduce il contenuto essenziale del citato PVC".
L'Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La società contribuente non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'art. 376 c.p.c. - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c.
Infatti, con il motivo di impugnazione (improntato al vizio di insufficiente motivazione della sentenza, prospettato sotto due distinti profili) la ricorrente si duole sia del fatto che il giudicante nulla abbia argomentato in relazione al fatto che l'omessa allegazione dell'atto istruttorio potesse considerarsi compensata dalla sua conoscibilità (connessa con il fatto che il PVC era stato notificato al fallito, a sua volta tenuto a consegnare al curatore tutta la documentazione in suo possesso) sia del fatto che il giudicante non abbia considerato del tutto sufficiente il contenuto del provvedimento, nel quale erano stati riferiti gli aspetti contenutistici salienti del predetto PVC. Il motivo di impugnazione appare infondato.
Quanto al primo profilo del motivo (peraltro correttamente da prospettarsi come violazione di legge e non come vizio di insufficiente motivazione), poichè la giurisprudenza di codesta Corte ha escluso che l'astratta conoscibilità dell'atto non allegato al provvedimento possa costituire utile surrogato dell'omissione: in termini si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18532 del 10/08/2010, secondo la quale: "In tema di imposta di registro, l'avviso di liquidazione emesso D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 54, comma 5, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo, per difetto di motivazione, in quanto l'obbligo di allegazione, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare". Quanto al secondo profilo perchè, avendo la parte qui ricorrente trascritto nel ricorso per cassazione (peraltro con modalità di sostanziale illeggibilità) la sola motivazione del provvedimento di accertamento ma non anche la motivazione del PVC, non è possibile che si intenda se effettivamente il predetto avviso contenga la riproduzione del contenuto essenziale del PVC richiamato, al fine di valutare se sia applicabile il principio enunciato tante volte da codesta Corte (per tutte, si veda Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8504 del 09/04/2010) secondo il quale il rigore dell'enunciato dell'art. 7, può considerarsi attenuato alla luce della ratio sottesa a detta norma. A questo proposito, il rispetto del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione avrebbe dovuto essere tenuto in maggiore considerazione proprio alla luce del fatto che il giudice del merito (a cui è dato di conoscere i documenti allegati dalle parti agli atti di causa) ha già fatto apposita valutazione (negativa) in ordine alla sufficienza di detta riproduzione.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.
Roma, 15 settembre 2013;
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, ad essi ritenendo di dover aggiungere -a riguardo del primo profilo del motivo di impugnazione già esaminato dal relatore - che sarebbe del tutto frustraneo il rilievo (fatto proprio altre volte dalle pronunce di questa Corte, ma in epoca anteriore alla vigenza della L. n. 212 del 2000: in termini si veda Cass. 2806/2010 e Cass. n.9229/2008, di poi replicata anche da Cass. sentenza n. 11784 del 14 maggio 2010 in riferimento ad un avviso di accertamento notificato al curatore dopo l'entrata in vigore della legge ora menzionata e motivato per relationem ad un PVC notificato al curatore in epoca invece antecedente) che il PVC fosse già stato notificato alla società prima della declaratoria del fallimento, sicchè sarebbe stato agevole per il curatore fallimentare (subentrato nei rapporti attivi e passivi della società fallita che, pur non venendo meno, perde la sua legittimazione sostanziale e processuale) venirne in possesso ed apprenderne il contenuto, anche alla luce degli obblighi che - in punto di trasparenza delle situazioni pendenti- incombono in capo al fallito.
Occorre, per contro, muovere dal prioritario rilievo del fatto che - pacificamente - l'avviso di accertamento emesso nei confronti di un fallito coinvolge interessi autonomi e spesso divergenti, da un canto della curatela siccome interprete di quelli della massa dei creditori, d'altro canto personali del fallito, interessi tanto differenziati che è stato più volte ribadito dalla Corte che se il diritto di impugnazione spetta in primo luogo al curatore, tuttavia anche il fallito è legittimato ad esercitare l'impugnazione, sia pure nei casi e con i limiti che sono precisati da un articolato dibattito giurisprudenziale (in termini si veda, esemplificativamente, Cass. Sent. n. 17687 del 19 luglio 2013; Cass. n.6476 del 19 marzo 2007; Cass. 6 febbraio2009, n. 2910).
Se il subentro nella legittimazione processuale e sostanziale comporta - indubbiamente - che siano opponibili alla curatela gli atti formati nei confronti della società in bonis (mentre dopo la dichiarazione di fallimento gli ulteriori atti del procedimento tributario debbono indicare quale destinataria la procedura fallimentare e quale legale rappresentante della stessa il curatore), tutt'altra questione è quella concernente la necessaria allegazione all'avviso di accertamento notificato alla curatela del verbale di constatazione notificato al contribuente in bonis, vicenda che attiene non già alla questione della opponibilità degli atti ma bensì a quella della realizzazione della funzione tipica della motivazione dell'avviso di accertamento la cui finalità non è soltanto quella di "incanalare la pretesa tributaria" (provocatio ad opponendum) ma sibbene quella di garantire al destinatario dell'avviso di accertamento il più adeguato e spedito esercizio del diritto di difesa, consentendogli di conoscere nel modo più compiuto i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste dall'ufficio finanziario a fondamento dell'atto impositivo e perciò di poterle valutare nell'ottica della tutela degli interessi che pertengono alla procedura e, mediatamente, alla collettività dei creditori. A presidio di che la norma qui in esame (proprio nel contesto della disciplina del contenuto necessario della motivazione del provvedimento), stabilisce appunto, per le ipotesi di rinvio ad altro atto, l'onere di allegazione o trascrizione di quello richiamato, quando questo non sia "conosciuto nè ricevuto dal contribuente" (con puntuale rigore lessicale Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15842 del 12/07/2006 chiarisce che gli "elementi conoscitivi devono essere forniti all'interessato non solo tempestivamente - e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo - ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa").
Occorre perciò senz'altro convenire con gli argomenti valorizzati da Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8778 del 04/04/2008 ed in specie con quello che evidenzia che "la consegna al curatore dei documenti contabili della società non è circostanza rilevante ai fini della dimostrazione della conoscenza, da parte del suddetto curatore, del contenuto del p.v.c., come è da ritenersi assolutamente irrilevante in tal senso altresì la circostanza che tale verbale sia stato consegnato al fallito, posto che è da escludersi che tra fallito e curatore sia configurabile un rapporto di immedesimazione o di rappresentanza così da desumersi con certezza che il p.v.c. consegnato all'uno sia conosciuto anche dall'altro".
Alla luce di queste considerazioni, appare del tutto condivisibile la proposta formulata dal relatore, sicchè non vi è ragione di disporre la cassazione della pronuncia qui impugnata e, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2014


 

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