REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI BRESCIA
La Corte d’Appello di Brescia, Sezione seconda civile, riunita in Camera di Consiglio, nelle persone dei Sigg.:
dott. Paolo Maria Galizzi Presidente
dott. Geo Orlandini Consigliere
dott. Massimo Vitali Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile promossa in grado d’appello con citazione notificata in data 15.5.2008 e posta in decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 23 gennaio 2013 da

C.S.C. COSTRUZIONE SERBATOI COLLAUDATI S.R.L., con sede in Medole, in persona del legale rappresentante Sig. Gabusi Giuliano, rappresentata e difesa, per delega a margine della citazione in appello, Avv.ti Luigi Frezza e Claudio Silocchi del Foro di Mantova e dall’avv. Andrea Barbieri di Brescia, quest’ultimo anche domiciliatario;
APPELLANTE
contro
C.S.C. COSTRUZIONE SERBATOI COLLAUDATI S.R.L. con sede in Teruggia in persona del legale rappresentante pro-tempore sig. Franco Tartaglino, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea La Francesca del Foro di Novara e dall'avv. Alessandro Salamon di Brescia, domiciliatario in forza di procura posta a margine della comparsa di costituzione in appello;
APPELLATA

In punto: appello avverso la sentenza n. 13/08 del Tribunale di Mantova, Sezione Distaccata di Castiglione delle Stiviere, depositata il 22.1.2008.

CONCLUSIONI
Dell’appellante
In riforma della sentenza 21-22.1.2008 n. 13/08 del Tribunale di Mantova, Sezione Distaccata di Castiglione delle Stiviere, in persona del Giudice Dott.ssa Carla D’Ambrosio, e previa sospensione ex art. 283 c.p.c., ricorrendo gravi motivi, della efficacia esecutiva o della esecuzione della sentenza medesima:
IN VIA PRINCIPALE Respingersi le domande della società appellata siccome infondate in fatto ed in diritto
IN VIA SUBORDINATA Contenersi la tutela apprestata alla società appellata entro l’ambito territoriale della provincia di Alessandria o, tutt’al più, della Regione Piemonte.
IN OGNI CASO Con vittoria di onorari e spese di entrambi i gradi di giudizio


Dell’appellata
dichiarata se del caso l’ammissibilità delle produzioni documentali dell’appellata (docc. 6-7-8-10-11-12-13-14-15-16-17), anche ai sensi dell’art. 345 c.p.c. III comma; confermare la impugnata sentenza e per l’effetto inibire alla società appellante l’uso della denominazione sociale “CSC Costruzione Serbatoi Collaudati” e del marchio “CSC” e condannarla a mutare denominazione sociale e marchio; condannare l’appellante alla integrale refusione delle spese legali sia del primo che del secondo grado.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 27.6.2003 la s.r.l. C.S.C. Costruzioni Serbatoi Collaudati con sede in Terruggia (AL), citava in
giudizio dinanzi al Tribunale di Mantova, Sezione Distaccata di Castiglione delle Stiviere C.S.C. – Costruzione Serbatoi Collaudati s.r.l. di Medole (MN), e, premesso di operare dal 1970 nel settore della lavorazione della lamiera e della produzione di serbatoi, esponeva di avere scoperto, nell’ottobre 2002, a seguito di segnalazione di un cliente, che altra società, costituita successivamente (nel 1994), avente sede in Medole (MN), esercitava la medesima attività, producendo serbatoi pressoché identici a quelli da essa prodotti, con la medesima ragione sociale di essa attrice (C.S.C.- Costruzione Serbatoi Collaudati) ed


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utilizzando il marchio riproduttivo di tale denominazione, con modalità

idonee a generare confusione nella clientela e quindi a procurarle danno; chiedeva pertanto che fosse ordinato alla convenuta di mutare ragione sociale, denominazione e marchio.
Si costituiva in giudizio la C.S.C. di Medole contestando il difetto dei presupposti per la tutela della ditta dell’attrice, trattandosi di ragione sociale meramente descrittiva dell’attività e del prodotto costituenti l’oggetto sociale, come tale priva del requisito di novità di cui all’art. 2564 c.c. e quindi non tutelabile; rilevava altresì la diversità dei prodotti realizzati (serbatoi per spandi-liquami ed estintori) rispetto a quelli dell’attrice (serbatoi per l’aria e il gas) e dei luoghi di esercizio delle imprese.
All’esito dell’istruttoria orale e documentale, il Tribunale, pronunciando la sentenza oggetto della presente impugnazione, accoglie la domanda ed inibisce alla società convenuta l’uso della denominazione sociale “CSC Costruzione Serbatoi Collaudati” e del marchio “CSC” e, per l’effetto condanna la società convenuta a mutare denominazione e marchio, compensando interamente le spese del giudizio.
Il giudicante, premessa l’esposizione dei principi giurisprudenziali che informano la disciplina dei segni distintivi, rileva:
è evidente l’identità dei termini usati e la loro combinazione nella denominazione sociale di entrambe le società;


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il fatto che si tratti di parole di uso comune non esclude di per sé la

possibilità che la denominazione possa ingenerare confusione, quando le stesse, utilizzate in maniera combinata fra loro, consentono di contraddistinguere l’impresa che svolge una certa attività in un determinato settore produttivo,
ai fini della rilevanza della possibilità di confusione delle denominazioni sociali ai sensi dell’art. 2564 c.c. non devono considerarsi solo le attività in concreto svolte dalle società che abbiano denominazioni simili, ma la potenziale concorrenzialità fra le stesse, desumibile dall’oggetto sociale, quale espressione dell’ambito complessivo di attività che le società potrebbero svolgere, anche in futuro, nel mercato di riferimento, rendendo possibile l’intercettazione della rispettiva clientela;
nel caso in esame, dalla comparazione dell’oggetto sociale delle due società risulta evidente la sostanziale identità, o comunque la parziale sovrapposizione delle attività svolte, quantomeno con riferimento alle lavorazioni di carpenteria metallica e lattoneria e alla costruzione di serbatoi per aria, determinando potenziale confondibilità delle denominazioni qualora entrambe operino in settore merceologico similare con conseguente pericolo di confusione dei soggetti imprenditoriali fra i clienti;
sussiste altresì interferenza territoriale, in relazione alla rete di distribuzione dei prodotti, all’area raggiunta dall’attività promozionale e


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alla capacità espansiva dell’impresa, risultando provato che la società

attrice, con sede in Alessandria e stabilimento in provincia di Torino, opera anche all’estero, lasciando supporre che l’attività interessi quantomeno tutto il Nord Italia, al pari della convenuta, alla luce anche della ricerca telematica da cui risulta che le odierni parti in causa sono le uniche imprese costruttrici di serbatoi collaudati operanti nell’area predetta;
tale interferenza si è in concreto verificata, posto che, come riferito dal teste, la Chinoox spa, con sede in provincia di Torino, cliente dell’attrice, è venuta in contatto con la convenuta nel 2002.
La sentenza è appellata da C.S.C. COSTRUZIONE SERBATOI COLLAUDATI S.R.L., con sede in Medole con richiesta di riforma in
conformità alle conclusioni trascritte in epigrafe; si è costituita C.S.C. COSTRUZIONE SERBATOI COLLAUDATI S.R.L. con sede in Teruggia, chiedendo il rigetto del gravame; la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 23 gennaio 2013, con termini per il deposito di conclusionali e repliche.

Motivazione

Appello principale CSC con sede in Medole

Con il primo motivo l’appellante censura il primo Giudice, per avere considerato dotata di sufficiente capacità distintiva la denominazione “Costruzione Serbatoi Collaudati”, pur essendo costituita solo da parole di uso comune, in quanto nella specie sono state “utilizzate in maniera combinata fra loro”; sostiene, in contrario, che non è sufficiente che tali parole siano comunque combinate fra loro, ma è necessario un quid pluris che in concreto consenta di attribuire a quelle parole ed a quella combinazione una certa capacità distintiva, altrimenti si finirebbe con il riconoscere indiscriminatamente capacità distintiva a qualsiasi denominazione composta da espressioni generiche.
La doglianza non è fondata.
Come ha già esaurientemente argomentato il Tribunale, anche la combinazione di parole di uso comune può dare luogo alla formazione di una denominazione identificativa suscettibile di tutela, specialmente in ragione della sua preesistenza e del suo consolidamento in un determinato ambito imprenditoriale specialistico
Nel caso di specie è risultato provato che le ditte delle due società in causa sono identiche, ovvero “CSC Costruzione Serbatoi Collaudati”, in quanto formate dalla sigla CSC seguita dalle parole Costruzione Serbatoi Collaudati ed anche i caratteri grafici, come risulta dai documenti prodotti da entrambe le parti, sono identici e che tale combinazione e connessione contraddistingue l’appellata e la particolare attività produttiva dalla stessa svolta sin dal 1970, data della sua costituzione, mentre la appellante si è costituita, adottando la medesima denominazione, nel 1994.
Ne risulta che l’identità assoluta di denominazione è idonea a dar luogo a confusione ed interferenza nel comune ambito operativo ed è pertanto tutelabile la denominazione adottata preventivamente e consolidata nel tempo.

Con il secondo motivo l’appellante contesta la interferenza merceologica tra le due imprese, ritenuta dal Tribunale sussistente solo in ragione dei rispettivi oggetti sociali, senza considerare che, con riferimento all'attività effettivamente svolta dall'impresa in un determinato momento (circostanza decisiva e preminente, nella materia in contestazione, rispetto al generico, formale e astratto “oggetto sociale”), la società appellata produce serbatoi per l’aria ed il gas, mentre la società appellante produce serbatoi per spandi-liquami, avendo da tempo dismessa la produzione di serbatoi per aria, di talché solo genericamente si può affermare che le due imprese operano nel medesimo settore, cioè quello delle lavorazioni in ferro, mentre nello specifico i rispettivi prodotti sono completamente diversi, per caratteristiche e funzione.
La doglianza non è fondata.

Contrasta con l’assunto dell’appellante il principio giurisprudenziale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10587 del 08/05/2009), secondo cui “Ai fini della valutazione della possibilità di confusione tra le denominazioni di due società, alla stregua dell'art. 2564 cod. civ., per l'oggetto delle imprese ed il luogo in cui esse sono esercitate, non è necessario prendere in considerazione le attività effettivamente svolte dalle società, essendo sufficiente il rapporto fra i rispettivi oggetti sociali, risultanti dagli atti costitutivi sottoposti a pubblicità; l'oggetto sociale costituisce, infatti, non solo la sfera di azione tecnica della società, ma anche l'esteriorizzazione della sua potenzialità espressiva ed espansiva, immediatamente percepibile da tutti i soggetti che entrino in rapporto con essa, in forma negoziale o concorrenziale”.
In ogni caso, il primo giudice non si è limitato a confrontare l’oggetto sociale delle due imprese (peraltro non irrilevante in quanto manifestazione della potenziale concorrenzialità fra le stesse), riscontrando comunque una significativa sovrapponibilità per quanto riguarda in particolare il settore merceologico delle lavorazioni di carpenteria metallica e lattoneria e della costruzione di serbatoi per aria, ma ha rilevato come si sia in concreto verificata una significativa interferenza, indotta proprio dall’identità di denominazione in specifico ambito produttivo, essendo risultato, dalla testimonianza assunta, che la Chinoox spa, cliente dell’attrice, era venuta in contatto con l’attuale appellante nel corso del 2002.
Risulta inoltre, come rilevato dalla difesa dell’appellata, che, con lettera inviata alla Chinoox s.p.a. nell’ottobre 2003 (doc. 2 appellata) la appellante pubblicizzava l’introduzione della nuova lavorazione proprio di “serbatoi ad aria” e l’installazione allo scopo di attrezzature sofisticate ed all’avanguardia.

Con il terzo motivo l’appellante contesta le ragioni sulla cui base il Giudice a quo ha ritenuto integrato anche l’ulteriore presupposto della interferenza territoriale, rilevando:
la semplice enunciazione, contenuta nella visura camerale, di operatività con l’estero, non è idonea a fondare la “supposizione” di una operatività quantomeno estesa al Nord Italia, trattandosi di ragionamento carente dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.p.c. per l’ammissibilità delle presunzioni semplici, dato che essere un esportatore non implica, neppure logicamente, lo svolgimento della propria attività commerciale nel Nord Italia;
la considerazione del settore di appartenenza delle due imprese non ha nulla a che vedere con il requisito dell’interferenza territoriale, riguardando semmai quello dell’interferenza merceologica (già esaminata)
l’unico caso di “interferenza” riportato, proprio perché verificatosi in una area geografica contigua a quella in cui la società appellata ha sede, non giustifica alcuna presunzione di “interferenza” in un’area territoriale più estesa, risultando semmai risolutivo, al riguardo, il rilievo secondo cui in circa un decennio le due società hanno potuto convivere senza mai incontrarsi o scontrarsi.
La doglianza è infondata alla luce del principio, elaborato dalla giurisprudenza (Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 12136 del 17/05/2013), secondo cui “Il concetto di luogo di esercizio dell'impresa di cui agli artt. 2564 e 2568 cod. civ., ai fini della tutela in caso di confondibilità fra imprese, non va inteso con esagerato valore restrittivo, dovendosi badare anche agli sviluppi potenziali dell'impresa razionalmente prevedibili, nonché alle pratiche difficoltà, che sovente s'incontrano, ad isolare l'espansione di un'impresa in un determinato ambito territoriale. Pertanto, la localizzazione non deve essere intesa secondo un criterio restrittivo, riguardo soltanto all'attività esplicata in un determinato momento, nel luogo di produzione e di commercio, ma facendo anche riferimento alla possibilità di espansione all'intera zona territoriale, al cosiddetto mercato di sbocco, raggiunta dall'attività complessiva dell'impresa.”
Nel caso di specie, la circostanza, pacifica, che la società appellata esercita la sua specifica attività con la dominazione C.S.C. Costruzioni Serbatoi Collaudati, entrambi sovrapponibile a quelle dell’appellante, fin dal 1970, in una località del Nord Italia, al pari dell’appellante, alla luce della prova che la sua attività è estesa anche all’estero, costituisce un complesso di ragionevoli presunzioni in ordine alla concreta interferenza territoriale, presunzione rafforzata dalla prova acquisita di episodi effettivi di tale interferenza, anche successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado, come provato dalla circostanza che la appellata ha ricevuto dalla società Zapè s.p.a., con sede in Verona, sua abituale fornitrice, un’offerta commerciale che in realtà riguardava una richiesta di preventivo proveniente dalla appellante (doc. 13-14- 16 legittimamente prodotti dall’appellante ex art. 345 III comma c.p.c. perché di formazione successiva al primo grado).

Con il quarto motivo l’appellante censura la decisione di inibire all’appellante l’uso della denominazione e del marchio CSC e di condannarla a mutare entrambi, così riconoscendo alla società appellata una tutela “universale”, senza alcuna limitazione territoriale, mentre la Suprema Corte, allorché ha ritenuto che termini del linguaggio comune possono dar luogo ad una denominazione suscettibile di tutela, in quanto munita di una qualche capacità distintiva, ha sempre fatto riferimento ad un ambito territoriale delimitato; appare quindi evidente che il Giudice non avrebbe potuto accordare alla società appellata una tutela della denominazione e del marchio (non registrato) al di fuori di un ambito territoriale circoscritto, corrispondente a quello provinciale (Alessandria) o, tutt’al più, regionale (Piemonte).
La domanda è inammissibile, in quanto proposta per la prima volta in questo grado, e comunque infondata; infatti, non solo l’ambito di operatività effettivo delle due imprese non risulta affatto limitato alle rispettive province o regioni in cui le stesse hanno sede, ma esteso quanto meno al Nord Italia ed anche all’estero, ma va anche considerato che, come sopra rilevato in aderenza ai principi giurisprudenziali consolidati, la denominazione dell’impresa deve essere tutelata anche con riferimento alle potenzialità espansive ragionevolmente ipotizzabili alla luce dell’oggetto sociale e dei rapporti commerciali già instaurati; in parole povere, non si tratta di commercianti, artigiani o piccoli imprenditori con clientele esclusivamente locali, bensì di soggetti imprenditoriali il cui ambito operativo territoriale non è definibile a priori.

Appello incidentale C.S.C. con sede in Teruggia

L’appellante incidentale impugna la statuizione del Tribunale in punto compensazione totale delle spese di lite con la motivazione puramente tautologica della “ragionevole disputabilità delle questioni giuridiche trattate”, mentre la fondatezza della propria domanda era evidente stante l’identità delle due denominazioni sociali; sostiene altresì che la scelta dell’appellante non è casuale, ma dettata dalla volontà di creare confusione con l’attività dell’appellata.
La doglianza non è fondata; l’incertezza giurisprudenziale in materia di tutelabilità di denominazioni risultanti dalla composizione di termini generici è obiettiva e richiede, come dimostrato dalla complessità della motivazione della sentenza di primo grado, approfondita disanima anche di profili fattuali di non immediata evidenza; inoltre, non risulta che la scelta della denominazione da parte dell’appellante sia stata valutata nel processo di primo grado sotto l’aspetto della dolosa preordinazione.
L’appello incidentale deve essere quindi rigettato.
La limitata rilevanza di tale impugnazione non incide in maniera significativa sulla pressoché integrale soccombenza dell’appellante, che va quindi condannata a rifondere agli appellati le spese di lite del presente giudizio, come da liquidazione fattane in dispositivo.

PQM

La Corte d’Appello di Brescia – Seconda sezione civile:

respinge l’appello proposto da C.S.C. COSTRUZIONE SERBATOI COLLAUDATI S.R.L., con sede in Medole, in persona del legale rappresentante Gabusi Giuliano, avverso la sentenza n. 13/08 del Tribunale di Mantova, Sezione Distaccata di Castiglione delle Stiviere, depositata il 22.1.2008 e per l’effetto condanna l’appellante a rifondere all’appellata C.S.C. COSTRUZIONE SERBATOI COLLAUDATI S.R.L. con sede in Teruggia, in persona del legale rappresentante pro- tempore Franco Tartaglino, le spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in euro 6.848,00 (di cui 6.500,00 per compenso professionale e 348,00 per spese), oltre accessori di legge.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del 22 maggio 2013


 

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