REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - rel. Consigliere -
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana - Consigliere -
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 27154/2013 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
C.G., C.M., P. M. CO., N.E., M.V., M.A., G. M., G.G., G.O., P. G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIAVE 52, presso lo studio dell'avvocato RENATO CARCIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati MAZZARELLA GIUSEPPE, FERDINANDO MAZZARELLA, tutti tranne il G. giusta procura in calce al controricorso - e ricorso incidentale - e il G. per procura speciale del 20/12/2013 per Notar Del Grosso;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza n. 1411/2012 della CORTE D'APPELLO di PALERMO del 4/07/2012, depositata il 10/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l'Avvocato Marinella Di Cave, difensore della ricorrente, che insiste per l'accoglimento del ricorso e chiede la rimessione alle Sezioni Unite;
udito l'Avvocato Renato Carcione (delega avvocato Mazzarella), difensore dei controricorrenti e ricorrenti incidentali, che si riporta ai motivi scritti.

Svolgimento del processo

p.1. - La Presidenza del Consiglio dei Ministri ricorre, affidandosi a tre motivi e con atto notificato a solo dieci delle originarie dodici controparti, per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Palermo n. 1411 del 10.10.12, con la quale, in riforma della sentenza del tribunale di quel capoluogo, è stato accolto l'appello proposto da C.G. ed altri medici (nella specie: C.M., P.M.C., N.E., M.V., M.A., G.M., G.G., G.O., P.G., P. C., P.A.M.) avverso la reiezione - per ritenuta maturata prescrizione - della domanda di condanna per il pagamento della giusta remunerazione - o per il risarcimento del danno consistente nella mancata percezione di quella - per il periodo di frequentazione di scuole universitarie di specializzazione di medicina in tempo anteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 1991, per inadempimento agli obblighi derivanti allo Stato dalle direttive n. 75/362/CEE e 82/76/CEE. In particolare e per quel che qui ancora rileva, la gravata sentenza ha ritenuto applicabile alla fattispecie, purchè riferita ai soli anni accademici dal 1982/83 al 1990/91, il termine prescrizionale decennale, decorrente dall'entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, non ancora elasso alla data di instaurazione in primo grado della lite (16.2.01), per poi condannare - esclusa la passiva legittimazione dell'Università degli Studi e dei Ministeri dell'Università e Ricerca Scientifica, della Sanità e del Tesoro - la sola Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di Euro 6.713,93 per ciascuno degli originari attori, oltre soli interessi legali dalla data della domanda giudiziale e fino al soddisfo, compensando le spese di entrambi i gradi di lite. Gli intimati (vale a dire gli originati appellanti, meno P. C. ed P.A.M.) resistono con controricorso, dispiegando altresì ricorso incidentale, articolato su tre motivi.
E, per la pubblica udienza del 14.10.15, sia la Presidenza del Consiglio dei Ministri che i controricorrenti incidentali depositano memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

Motivazione

p.2.- Il ricorso principale è articolato su tre motivi e la Presidenza del Consiglio dei Ministri:

- col primo di quelli (di "violazione delle Direttive CEE 362 - 363/75 e CEE 82/76, degli artt. 1173 e 2043 c.c., degli artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell'art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea... nella versione consolidata..., dell'art. 117 Cost., comma 1, e dell'art. 16 della Direttiva CEE 82/76, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c."), sostiene non spettare alcunchè agli intimati C., Ca., M. e Pa., per essersi iscritti costoro ad anni accademici anteriori al 1983/84;

- col secondo di essi (di "violazione degli artt. 1173 e 2043 c.c., degli artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell'art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea... nella versione consolidata..., dell'art. 117 comma 1 della Costituzione, dell'art. 16 della Direttiva CEE 82/76, nonchè degli artt. 5 e 7 della Direttiva riconoscimento 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3"), deduce non potersi riconoscersi alcuna validità alla frequenza di corsi di specializzazione, quale quelli seguiti dai dottori G. M., Ga. G., Ga. O., Pi. G., Ma. V. e N. E., in materie non corrispondenti a quelle dei corsi inseriti nell'elenco delle specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri, oggetto delle direttive invocate ex adverso;

- col terzo, infine (di "violazione delle Direttive CEE 362 - 363/75 e CEE 82/76, degli artt. 1173 e 2043 c.c., degli artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, dell'art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità Europea... nella versione consolidata..., degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3"), contesta la spettanza all'intimato N. di alcunchè per il periodo di frequenza di una seconda scuola di specializzazione.

p.3.- I controricorrenti Ca.Ma., P.M. C., N.E., M.V., M.A., G.M., G.G., G.O. e P.G., dal canto loro:

p.3.1. contestano l'avverso ricorso principale:

- quanto al primo motivo, sostenendo essere sorto l'inadempiuto obbligo dello Stato italiano fin dal febbraio 1982, non potendosi confondere quel momento con quello di esigibilità del diritto;

- quanto al secondo motivo, prospettando integrare il motivo una questione di fatto e rilevando la minor durata del corso per alcuni di loro solo ai fini della riduzione del risarcimento, invece a nulla rilevando le diverse modalità di articolazione e frequenza rispetto alle previsioni comunitarie;

- quanto al terzo motivo, prospettando l'inammissibilità per novità della questione e, comunque, l'infondatezza della tesi di insussistenza delle esigenze materiali per un impegno a tempo pieno;

p.3.2. e dispiegano ricorso incidentale:

- con il primo motivo del quale (di "violazione e falsa applicazione delle direttive CEE 75/362, 75/363 e 82/76, degli artt. 1173, 1183, 1218 e 2043 c.c., degli artt. 291 e 297 (ex art. 254) del Trattato CEE, nella versione consolidata, dell'art. 3 Cost.") invocano la spettanza del risarcimento anche per l'anno accademico anteriore al 1983/84, ritenendo sussistente fino da allora l'inadempimento dello Stato italiano, essendo già entrata in vigore la normativa comunitaria;

- con il secondo motivo del quale (di "omesso esame circa un fatto decisivo per i giudizio") lamentano l'erroneità del numero degli anni riconosciuti a Ga. O., G. M. (ciascuno per soli tre anni, in luogo dei quattro di durata) e N. E. (di due e quattro anni per le due scuole frequentate, a fronte delle rispettive durate di tre e cinque anni);

- col terzo motivo del quale (di "violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio") lamentano la disposta compensazione delle spese di lite, nonostante l'integrale soccombenza di controparte.

p.4. - Va preliminarmente rilevato che, nonostante la notifica del ricorso incidentale anche ai Ministeri, non è stata impugnata la statuizione della sentenza della corte territoriale in punto di esclusiva legittimazione della Presidenza del Consiglio: passa quindi in giudicato la reiezione della domanda originaria nei confronti dei convenuti diversi da quest'ultima ed anzi è inammissibile il detto ricorso, nella parte in cui è notificato anche a coloro nei cui confronti non si impugna la gravata sentenza.

p.5. - Ciò posto, vanno unitariamente trattati il primo motivo del ricorso principale ed il primo motivo di ricorso incidentale: essi riguardano la medesima questione, dell'estensione o meno del risarcimento del danno da inadempimento di direttive comunitarie agli specializzandi iscritti ad anni accademici iniziati prima del 1.1.83.

p.5.1. Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice, univoca per almeno quattro anni, non è più concorde: essendosi di recente contrapposte due pronunce della sezione lavoro (Cass. nn. 10612/15 e 17434/15) al consolidato orientamento di segno contrario della terza sezione e della sottosezione terza della sesta sezione (per tutte: Cass. nn. 21719/12, 587/13, 8578/13, 8579/13, 17067/13, 17069/13, 17070/13, 17072/13, 17455/13, 19479/13, 21367/13, 24218/13, 1064/14, 1143/14, 2788/14, 3439/14, 3440/14, 5275/14, 8504/14, 21967/14, 5927/15, 6469/15, 6471/15, 14375/15, 15198/15); e ad esse è seguita l'ordinanza 23 ottobre 2015, n. 21654, con cui anzi la medesima sezione lavoro ha rilevato il contrasto e rimesso la questione alle Sezioni Unite.

p.5.2. Le pronunce della sezione lavoro di questa Corte si incentrano sul criterio della necessaria e retroattiva integralità del ristoro del danno da mancata attuazione di direttiva comunitaria, prospettando come contraria al principio della primazia del diritto comunitario l'esclusione di ogni risarcimento del danno per i medici che avevano comunque iniziato la frequenza di corsi di specializzazione in tempo anteriore al 31.12.82, in quanto:
a) la Corte di Giustizia, nelle sentenze ivi richiamate, ha affermato il carattere incondizionato ed adeguatamente preciso dell'obbligo di retribuzione in relazione ai corsi di specializzazione e quindi di quello risarcitorio, senza alcuna distinzione in relazione all'anno di iscrizione al corso di specializzazione;
b) in quelle stesse sentenze, la Corte di Giustizia ha affermato che le direttive 75/363 e 82/76 soddisfano le condizioni per la tutela risarcitoria in capo agli individui danneggiati dalla violazione degli obblighi da quelle imposti agli Stati membri;
c) la discriminazione temporale non solo non trova fondamento nelle citate direttive, ma è anzi smentita indirettamente dall'art. 14 della più recente di quelle e comunque contrasta con il criterio dell'applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della norma comunitaria, tale da risarcire il danno di chiunque avesse patito un danno per effetto dell'inadempimento dello Stato membro alle direttive in parola;
d) la conclamata situazione di inadempimento dell'Italia ne comporta la soggezione all'art. 14 della direttiva 82/76, onde non violare il principio del primato del diritto comunitario;
e) la limitazione della platea dei beneficiari sarebbe una condotta antigiuridica dello Stato italiano nell'ambito dell'ordinamento comunitario;
f) per il principio della c.d. "equivalenza giurisdizionale", il rapporto derivante dall'iscrizione ad un corso di specializzazione, da parte del medico, va qualificato come rapporto di durata e quindi ad esso trova applicazione il principio secondo cui la legge sopravvenuta disciplina il rapporto giuridico in corso allorchè esso, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i propri effetti e purchè la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto generatore del rapporto, ma il suo perdurare nel tempo;
g) anche il Consiglio di Stato ha ritenuto la normativa applicabile a tutti i medici in atto frequentatori delle scuole di specializzazione. In sostanza, sarebbe illegittimo esimersi da un'applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione e da un integrale risarcimento del danno (in tali termini, Cass. 10612/15, specialmente punto 10; in senso ad essa testualmente conforme, v. anche Cass. 17434/15).

p.5.3. E tuttavia dovrebbe essere proprio la corretta interpretazione del diritto comunitario a fondare la limitazione temporale in discorso, escludendo che quest'ultima ne comporti in alcun modo la violazione.

Queste le ragioni:
- indubbio che a far tempo dal 1.1.83 lo Stato italiano sia da qualificarsi inadempiente alle direttive per non avere organizzato i corsi di specializzazione in modo conforme alle medesime, è altrettanto indubbio che fino al 31.12.82, termine univocamente fissato agli Stati membri per conformare il proprio ordinamento alle direttive stesse, l'inadempimento non sussisteva;
- la direttiva di coordinamento - la 82/76/CE - non ha previsto alcun obbligo di adeguamento dei corsi di specializzazione già in corso al momento e la sola norma transitoria, cioè il suo art. 14, comprensibilmente faceva salvi gli effetti degli spontanei adeguamenti da parte degli Stati (diversi da quello italiano) alle previgenti normative della stessa Comunità, facendo salvo il completamento dei corsi già organizzati in regola con dette previgenti discipline, onde salvaguardare le situazioni ad esse conformi;
- al contempo, non potendosi far carico la norma comunitaria dell'organizzazione interna dei singoli Stati e dei termini iniziali previsti dalle singole legislazioni nazionali per l'inizio degli anni accademici in cui erano articolati i corsi, la fissazione del termine del 1.1.83 ha comportato che solo a far tempo da tale data lo Stato ha avuto l'obbligo di organizzare corsi pluriennali, organizzati su anni accademici con inizio fissato secondo le normative interne, conformi alle direttive in esame;
- il corso di specializzazione, alla stregua anche di quanto prevede la complessiva disciplina comunitaria in esame, va peraltro considerato unitariamente per l'evidente unicità della sua progettazione, articolazione ed organizzazione, tutte chiaramente finalizzate al compimento di un piano di studi coerente ed organico, orientato univocamente ad un risultato finale complessivo, da conseguirsi quale sviluppo armonico di un coerente percorso formativo pluriennale idoneo alla spendita dei titoli così conseguiti in ambito comunitario;
- così, lo Stato italiano è inadempiente alle direttive comunitarie per non avere organizzato, a far tempo dal primo anno accademico iniziato dopo la scadenza del termine finale di adeguamento o conformazione e quindi dopo il 1.1.83, corsi di specializzazione che fossero fin dall'inizio nel loro complesso conformi alle direttive medesime, che ponevano anche una durata minima;
- di conseguenza, però, il corso di specializzazione, da considerarsi necessariamente in modo unitario nel suo sviluppo pluriennale, intrapreso in un qualunque anno accademico iniziato in data anteriore al 1.1.83 non poteva qualificarsi, in alcun momento di tutta la sua successiva durata, in violazione della disciplina comunitaria;
- chi ad un tale corso si è immatricolato od iscritto non è stato in alcun modo leso dall'inadempimento dello Stato italiano all'obbligo di conformazione per l'epoca successiva, visto che tale inadempimento in radice non sussisteva al momento in cui è iniziato l'anno accademico al quale egli si è iscritto;
- così, certamente lo Stato italiano è inadempiente alle direttive comunitarie per non avere organizzato, a far tempo dal primo anno accademico iniziato dopo la scadenza del termine finale di adeguamento o conformazione e quindi dopo il 1.1.83, corsi di specializzazione che fossero fin dall'inizio nel loro complesso conformi alle direttive medesime, che ponevano anche una durata minima;
- ma, non avendo lo specializzando iscritto ad anno accademico iniziato prima del 1.1.83 avuto un diritto all'organizzazione del corso di specializzazione in modo conforme alle direttive comunitarie, neppure era egli titolare di uno specifico diritto alla conformazione dei corsi già iniziati e quindi non è stato leso alcun suo diritto e non gli spetta, per nessuno degli anni successivi, alcun correlato risarcimento.

p.5.4. La ricostruzione appena operata della fattispecie consente - in altri termini - di concludere nel senso che i medici che si sono immatricolati od iscritti ad un corso di specializzazione iniziato prima della data di obbligatorietà delle direttive comunitarie (e quindi prima dell'insorgenza stessa di un inadempimento da parte dello Stato italiano) si sono immatricolati od iscritti quando l'inadempimento ancora non c'era. Pertanto, poichè non vi può essere un inadempimento sopravvenuto e nessuna norma comunitaria ha previsto l'immediata estensione ai corsi non in regola con la direttiva sopravvenuta e già in fase di svolgimento e poichè i corsi debbono essere valutati unitariamente per l'unitarietà del risultato cui mirano, si fa luogo alle seguenti conseguenze:
a) quei medici non sono danneggiali, semplicemente perchè ad essi non andava applicata la normativa comunitaria;
b) quanto ad essi non sussiste alcun inadempimento dello Stato italiano, nè può insorgere alcun diritto al risarcimento dei danni prodotti da un inadempimento che non c'è;
c) non può loro applicarsi retroattivamente la disciplina comunitaria, in difetto di inadempimento di essa nei loro confronti da parte dello Stato;
d) il primato del diritto comunitario non impone affatto l'estensione, in forza dell'art. 14 della Direttiva del 1982, della nuova disciplina agli Stati inadempienti anche ai corsi già intrapresi;
e) l'antigiuridicità è esclusa dall'assenza di inadempimento dello Stato per l'intera durata di tutti i corsi avviati prima del 1.1.83, sola epoca a partire dalla quale la mancata adozione di normative interne di attuazione ha configurato l'inadempimento dello Stato membro;
f) il rapporto relativo alla frequenza del corso di specializzazione iniziato con una disciplina particolare - non limitata alla mera erogazione di somme, ma strutturata con peculiari caratteristiche organizzative, tutte coordinate al fine della spendita del risultato finale in ambito comunitario - non è rapporto di durata suscettibile di ricevere diversa regolamentazione (a meno che, come peraltro non succede nella specie, non sia espressamente previsto in tal senso, con adeguate forme di armonizzazione) in base alle modifiche normative sopravvenute, restando unitariamente regolamentato secondo la disciplina in vigore al momento del suo inizio;
g) è incidentale - per quanto possa rilevare e riferirsi proprio ai corsi già in essere alla data di scadenza dell'obbligo di conformazione in capo al singolo Stato membro - l'interpretazione del Consiglio di Stato sull'estensione della disciplina comunitaria a tutti i medici "in atto frequentatori delle scuole di specializzazione".

p.5.5. In conclusione, la limitazione della platea degli aventi diritto al risarcimento del danno non deriva affatto dalla mancata applicazione - o, peggio, dalla violazione - dei principi di diritto comunitario, ai quali questa Corte anche in questo caso presta il dovuto massimo ossequio, ma dalla corretta applicazione dei principi generali in tema di individuazione dell'inadempimento e di risarcimento del danno: sicchè, di certo ferma la necessaria integralità tanto dell'applicazione delle direttive comunitarie autoesecutive quanto del risarcimento del danno da inadempimento alle medesime, è semplicemente da escludere proprio l'applicabilità di quelle direttive alle fattispecie in esame e, quindi, che lo Stato italiano sia mai stato inadempiente alle direttive in esame per tutti i medici che hanno frequentato un corso di specializzazione iniziato in modo non ancora (e neppure successivamente reso) conforme alle direttive in esame, iscrivendovisi od immatricolandovisi per la prima volta ad un qualunque anno accademico iniziato in data anteriore al 1.1.83 (indipendentemente, quindi, atteso il richiamato carattere unitario del corso stesso, dalla data effettiva o concreta di prima iscrizione od immatricolazione e rilevando esclusivamente quella di inizio dell'anno accademico di immatricolazione o prima iscrizione).

p.5.6. Il frazionamento della disciplina tra diversi anni del medesimo corso di specializzazione ed il riconoscimento di una diversa remunerazione in base alla (infine) sopravvenuta scadenza dell'obbligo di conformazione e coesistente situazione di inadempienza solo per gli anni successivi alla sua maturazione non potrebbero quindi predicarsi, visto che, appunto, al momento dell'iscrizione al corso la situazione di inadempimento non era ancora concretata e che nessun diritto, iscrivendovisi, potevano vantare gli specializzandi per tutta la durata del corso, da considerarsi unitariamente, a che questo fosse anche solo in parte (ex nunt) adeguato alla sopravvenuta disciplina comunitaria.

p.5.7. E tanto escluderebbe pure ogni discriminatoria applicazione della normativa agli specializzandi, dovendo ricondursi il diversificato trattamento, di necessità da rapportarsi al corso di specializzazione unitariamente considerato, alle esigenze di finanza pubblica ed altre di pari interesse generale, che hanno consentito l'evidente gradualità temporale nel complessivo adeguamento dell'ordinamento nazionale - e dei relativi ingentissimi costi - alla normativa comunitaria.
Dovrebbero così ricondursi proprio alla corretta interpretazione di quest'ultima la sua stessa applicazione graduale e, non operando che de futuro la legge ed a maggior ragione quella nazionale, la stessa limitazione temporale di quest'ultima alle sole fattispecie concretatesi, con l'iscrizione all'unitario corso di specializzazione, successivamente alla sua entrata in vigore.

p.5.8. Per quanto occorrer possa, poi, basterebbe un richiamo a Cass. 14375/15 quanto alla non necessità della rimessione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ritenendosi acte claire la normativa anche nella parte in cui esclude la remunerazione per gli iscritti ad anni accademici iniziati prima del 1.1.1983.
p.5.9. Potrebbe quindi ribadirsi che, in tema di Direttive CEE 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva n. 82/76/CEE, riguardanti l'organizzazione dei corsi di specializzazione medica, vanno esclusi l'inadempimento ad esse dello Stato italiano fino a tutto il 31 dicembre 1982 e l'insorgenza di un diritto al risarcimento del danno da violazione di quelle in capo ai medici iscritti o immatricolati per il primo anno del corso di specializzazione iniziato in tempo anteriore a quella data, attesa la necessaria considerazione unitaria del corso stesso, legittimamente organizzato sulla base della previgente disciplina e per tutta la sua durata, in quanto insensibile al mutamento di questa.

p6.- Il riscontrato contrasto - relativo ad una questione che può comunque qualificarsi come di massima di particolare importanza e, sebbene relativa a situazioni pregresse, comunque di potenziale grande impatto anche per le conseguenze pratiche per una larga platea di interessati - impone allora la rimessione degli atti al Sig. Primo Presidente, affinchè voglia compiacersi di valutare l'opportunità di investirne le Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 374 c.p.c.; e solo all'esito potranno esaminarsi gli altri due motivi del ricorso principale e di quello incidentale.

PQM

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 2015 ed all'esito della riconvocazione in data 18 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2015


 

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