REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GARRIBBA Tito - Presidente -
Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere -
Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
F.V.G.;
avverso l'ordinanza n. 198/2013 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA, del 28/11/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Luigi RIELLO che ha chisto l'annullamento con rinvio delle ordinanze.
Udito il difensore Avv. ALBANESE Michele, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 2.12.2013 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, a seguito di istanza nell'interesse di F.V. G. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 8.10.2013 dal GIP distrettuale di Reggio Calabria, ha confermato detto decreto con il quale è stata sequestrata la ditta individuale I. E C. DI F. V. G. ed il relativo patrimonio aziendale comprensivo dei beni intestati al titolare firmatario in relazione alla ipotesi di cui all'art. 110 c.p., L. n. 356 del 1992, art. 81, comma 2, art. 12 quinquies, art. 61 c.p., n. 2 e L. n. 203 del 1991, art. 7, ascritta allo stesso F.

2. Avverso la ordinanza propongono ricorso per cassazione i difensori del F.
3. Con ricorso dell'avv. MACRI' Francesca Romana si deduce:
3.1.vizio di motivazione e violazione di legge per mancanza di gravi indizi di colpevolezza ed erronea valutazione degli stessi, censurandosi, in particolare, la riferibilità al ricorrente del narrato di cui alle conversazioni captate tra interlocutori terzi che non consentirebbero di superare l'equivocità delle circostanze poste a base dell'assunto che il S. sia socio occulto della ditta del F. Inoltre, non sarebbero state considerate le censure difensive proposte in sede di riesame in ordine all'infondatezza dell'assunto secondo il quale la ditta del ricorrente avrebbe consentito al S. di incamerare gli utili ed in ordine alla carenza di elemento psicologico in relazione al fatto che il ricorrente, in luogo del corrispettivo pattuito, ha conseguito un appartamento poi intestato alla figlia.
3.2. motivazione afferente capo di imputazione non contestato allorquando fa riferimento alla ipotesi di cui all'art. 416bis c.p., non contestato al ricorrente ma a terzi ed alla mera trasposizione di captazioni dalla ordinanza impositiva.

4. Con ricorso sottoscritto dall'avv. ALBANESE Michele si deduce:
4.1. difetto grafico assoluto di motivazione in relazione all'erroneo assunto della ordinanza secondo il quale sarebbe consentito motivare con richiamo all'ordinanza applicativa della misura che, in ogni caso è altrettanto carente, in particolare, sotto il profilo della pertinenzialità tra il reato ed i beni sottoposti a sequestro, anche del tutto estranei all'attività imprenditoriale;
4.2. violazione della L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, non essendo stata considerata la necessità di verificare, oltre alla supposta fittizia intestazione, la confiscabilità dei beni. Inoltre, si censura l'ottica soggettivizzante assunta per verificare la sussistenza del reato, poggiata sulla caratura criminale degli indagati, più che sulle loro condotte.
4.3. omessa e apparente motivazione in relazione alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, non essendovi alcuna verifica in relazione alla incompatibilità dei beni rispetto alle capacità reddituali del soggetto interponente ovvero della loro illecita provenienza, anche alla stregua della documentazione versata in atti dalla difesa nonchè dalle stesse investigazioni di p.g. secondo le quali nessun rapporto personale o di lavoro era emerso tra il S. e il F. Il Tribunale avrebbe omesso di considerare le deduzioni difensive al riguardo e, tra l'altro, anche la dedotta difformità della trascrizioni di una delle captazioni (quella del 2.7.2009) rilevante ai fini del decidere.
4.4. difetto grafico di motivazione in ordine ai risultati delle indagini difensive versate in atti all'udienza camerale del 28.11.2013 relativa alle audizioni di vari soggetti ed alle trascrizioni di alcune intercettazioni.
4.5. falsa applicazione della L. n. 203 del 1991, art. 7, in relazione agli artt. 70 e 118 c.p. e difetto grafico di motivazione con particolare riguardo all'elemento soggettivo richiesto per attribuire l'aggravante in parola e tenuto conto dell'escluso coinvolgimento del F. dalla ipotesi di concorso esterno nell'associazione mafiosa.

Motivazione

1. Il ricorso è fondato.
2. In particolare, sono fondati - nei sensi che si andranno a spiegare - il primo motivo dedotto dall'avv. MACRI' ed il terzo e quarto motivo dedotto dall'avv. ALBANESE.
3. La ordinanza impugnata ha rigettato l'istanza di riesame del ricorrente facendo rinvio alle ragioni che hanno giustificato, con ordinanza in pari data, il rigetto dell'istanza di riesame avente ad oggetto la misura custodiale applicata allo stesso ricorrente, premettendo la natura di "prodotto del reato" della azienda oggetto di condotte di trasferimento fraudolento e, quindi, la sua confiscabilità ex art. 240 c.p., comma 1 e rilevando la partecipazione della ditta in questione alla spartizione mafiosa dei lavori oggetto del programma criminoso della struttura associativa, nell'ambito della quale il S. era partecipe, giustificando il sequestro anche sotto il profilo dell'art. 240 c.p., comma 1 e art. 416 bis c.p., comma 7.
3.1. Quanto, in particolare, alle ragioni che hanno giustificato la sussistenza del "fumus" del delitto di interposizione fittizia, la ordinanza di riferimento la desume dall'affidamento alla ditta "I. e C. di F.G.", nella titolarità del ricorrente, dei lavori relativi agli impianti elettrici nell'ambito del complesso abitativo in zona ____ realizzato dalla E. ed oggetto della spartizione mafiosa e dalla riconducibilità della predetta ditta al mafioso S.D. del 55, in quanto a questi le captazioni fanno riferimento in relazione all'affidamento dei predetti lavori cosicchè solo per la ragione che la ditta faceva capo al S. aveva potuto essere assegnata ria della realizzazione del relativo appalto.
3.2. Di qui l'avvaloramento della ipotesi secondo la quale il F. abbia accettato l'intestazione fittizia della ditta o, quanto meno, che nella stessa divenisse socio occulto il S.D., vero "dominus" della ditta F. come dimostrerebbe anche il colloquio tra C. e L. che era andato a chiedere ragione al primo dei suoi comportamenti in tema di pagamenti nei confronti del S., nonostante il F. avesse accordato una dilazione dei pagamenti.

4. Osserva la Corte che nel sequestro preventivo la verifica del giudice del riesame, ancorchè non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, deve, tuttavia, accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato; pertanto, ai fini dell'individuazione del "fumus commissi delicti", non è sufficiente la mera "postulazione" dell'esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice del riesame nella motivazione dell'ordinanza deve rappresentare in modo puntuale e coerente le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare la congruenza dell'ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale sottoposta al suo esame (Sez. 4, n. 15448 del 14/03/2012,Vecchione, Rv. 253508).
Ancora, in sede di riesame di misure cautelari reali, pur essendo precluso il sindacato sul merito dell'azione penale, il giudice deve verificare la sussistenza del presupposto del "fumus commissi delicti" attraverso un accertamento concreto, basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato. (Sez. 6, n. 35786 del 21/06/2012, Buttini e altro, Rv. 254394; conf. Sez. 6, n. 45591 del 24/10/2013, Ferro, Rv. 257816).

5. Ritiene la Corte che il provvedimento impugnato - omettendo anche qualsiasi considerazione alla corposa documentazione prodotta dalla difesa nella procedura in esame (neanche solo per dire che fosse identica a quella considerata nella procedura in materia personale) - non ha soddisfatto il richiamato parametro di giudizio in ordine alla sussistenza del "fumus" del delitto ipotizzato, incorrendo nella carenza assoluta di motivazione.
6. La norma incriminatrice prevista dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies, conv. in L. n. 356 del 1992, sanziona, sotto il profilo dell'elemento oggettivo, tutte quelle condotte che realizzino di fatto, nelle modalità più disparate, una situazione di apparenza, con la separazione tra colui o coloro che hanno la titolarità effettiva di denaro o utilità e colui o coloro che, in base ad una fittizia attribuzione, ne risultano formalmente titolari o disponesti (Sez. 6, n. 15140 del 12/04/2012, Mangiaracina, Rv. 252610).
7. Il delitto di trasferimento fraudolento di valori, quando è riferito ad una attività imprenditoriale, si può configurare, non solo con riferimento al momento iniziale dell'impresa, ma anche in una fase successiva, allorquando in un'impresa o società sorta in modo lecito si inserisca un terzo quale socio occulto, che avvalendosi dell'interposizione fittizia persegua le finalità illecite previste dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies, comma 1, conv. in L. n. 356 del 1992 (Sez. 2, n. 5647 del 15/01/2014, Gobbi e altri, Rv. 258343); purtuttavia la configurabilità del reato di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies (conv. in L. n. 356 del 1992), mediante l'assunzione della qualità di socio occulto di una società preesistente, necessita che tale qualità si acquisti con modalità fittizie o fraudolente, che connotano di illiceità la presenza di un socio di fatto in una realtà economica o imprenditoriale apparentemente facente capo ad altri (In motivazione la Corte ha chiarito che tale opzione è coerente con la "ratio" della fattispecie incriminatrice di reprimere fittizie intestazioni che siano di ostacolo ad accertare la reale disponibilità di denaro, beni o altre utilità ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione o in materia di contrabbando ovvero agevolino la commissione dei reati di cui agli artt. 648, 648 bis e 648 ter cod. pen.) ,(Sez. 6, n. 10271 del 22/11/2013, Lo Bianco ed altri, Rv. 258338).
8. E il delitto previsto dalla L. n. 356 del 1992, art. 12 "quinquies", richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, per la cui prova in giudizio non è sufficiente dar conto della fittizia attribuzione della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità (Sez. 5, n. 18852 del 12/02/2013, Ferrigno, Rv. 256242).

9. In applicazione dei principi di diritto richiamati deve rilevarsi che il provvedimento impugnato non abbia in alcun modo giustificato il requisito della interposizione fittizia e la coessenziale finalità elusiva - di cui deve essere consapevole partecipe l'interposto ricorrente - limitandosi al solo rilievo della cointeressenza, sia pur dominante, del S. rispetto alla ditta intestata allo stesso ricorrente, che deve ritenersi inidonea a giustificare i predetti elementi costitutivi. Specie tenendosi conto della estraneità - sin dalla misura genetica - dello stesso ricorrente ad ipotesi che lo potessero coinvolgere nell'ipotizzato ambito associativo.
10. L'assorbente natura dell'accoglimento delle doglianze esaminate, comporta l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

PQM

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2014


 

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