REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco - Presidente -
Dott. LEO Guglielmo - Consigliere -
Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Consigliere -
Dott. PATERNO' RADDUSA B. - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
F.G. ;
avverso la sentenza n. 1608/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 24/04/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO' RADDUSA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Selvaggi che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

Motivazione

1. F.G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania con la quale è stata data conferma alla sentenza del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Giarre, che, sul presupposto della ritenuta responsabilità del ricorrente per il reato di cui all'art. 570 c.p., commi 1 e 2, lo ha condannato alla pena di giustizia.
2. In particolare, secondo la sentenza impugnata, a far data dal giorno in cui il ricorrente non ha fatto più rientro presso il domicilio familiare, lo stesso ha omesso ogni contributo economico, assistenziale, educativo nei confronti dei figli minori, facendo loro mancare i mezzi di sussistenza. Ciò malgrado lo stesso abbia continuato a lavorare percependo, seppur in termini di non immediata evidenza fiscale, la somma di Euro 50/60 Euro al giorno anche dopo la separazione.

3. Lamenta il ricorrente che la configurabilità del reato presupponeva la duplica dimostrazione dello stato di bisogno dell'avente diritto e della capacità economica dell'obbligato quanto alla possibilità di fornire i mezzi funzionali all'obbligo di sostentamento. Il primo aspetto era apertamente contraddetto dalle emergenze probatorie in quanto la moglie del ricorrente, per quanto dalla stessa dichiarato, si era trasferita definitivamente in Rimini, dove aveva trovato un lavoro ben retribuito e regolarizzato. Quanto al secondo aspetto, l'assenza della capacità in capo al ricorrente quanto alla possibilità di contribuire positivamente a garantire i mezzi di sussistenza non troverebbe il necessario supporto argomentativo ed anzi appare contraddetta dallo stato di disoccupazione del ricorrente e dalla certificazione attestante l'assenza di redditi in capo al nuovo nucleo familiare del F. (l'unico reddito prodotto per Euro 482,00 mensili proveniva dalla convivente).
Il trasferimento in Rimini della moglie e del relativo nucleo familiare infine avrebbe determinato l'impossibilità di contribuire a garantire ai figli assistenza morale e materiale.

Considerato in diritto.
4. La sentenza impugnata, pienamente conforme al tenore della decisione assunta in primo grado e dunque suscettibile di lettura uniforme, non merita le censure rivolte in ricorso, apparendo immune dai lamentati vizi sottesi al gravame.
5. In linea con quanto osservato dalla Corte territoriale merita ribadire (Sez. 6, Sentenza n. 49755 del 2012 Sez. 6, Sentenza n. 2736 del 13/11/2008 Rv. 242855 Imputato: L) che lo stato di bisogno di un figlio minore avente diritto al mantenimento genitoriale, in sostanza presunto dalla legge (e che integra la struttura della contestata fattispecie di cui all'art. 570 c.p., comma 2), non è vanificato o eliso dal fatto che alla erogazione dei mezzi di sussistenza provveda comunque l'altro genitore, persistendo per i figli minori l'obbligo del genitore di provvedere al loro mantenimento (cfr: Cass. Sez. 6, 14.4.2008 n. 27051, Russo, rv. 240558).
Lo stato di bisogno, dunque, in presenza di figli minori cui garantire i mezzi di sostentamento era pertanto presunto, essendo contestualmente irrilevante che a tanto abbiano provveduto altri coobbligati. Del resto, quanto alla moglie, in palese distonia con le affermazioni in fatto contenute in ricorso, le dichiarazioni dalla stessa persona offesa rese nel corso del processo, richiamate a supporto della doglianza, per come riportate nella sentenza di primo grado, davano conto di una palese difficoltà, per il nucleo familiare di riferimento, in punto relativo al necessario sostentamento economico (trasferitasi per cercare una occupazione lavorativa la persona offesa ha evidenziato di guadagnare importi di poco superiori rispetto al quantum sufficiente al pagamento del canone di locazione della abitazione familiare e riuscendo a sopravvivere solo grazie all'ausilio esterno garantito dai genitori della stessa).

6. Quanto poi alle ragioni giustificative del riscontrato inadempimento sotteso all'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, deve ricordarsi in argomento che incombe sull'obbligato l'onere di specifica allegazione delle circostanze idonee al fine; inadempimento che potrà ritenersi giustificato laddove sia correlato ad una condizione rapportabile alla forza maggiore, non risultando idoneo ad esentare dall'obbligo alimentare neppure il mero documentato stato di disoccupazione (da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 7372 del 29/01/2013, dep. 14/02/2013) ove non sia possibile collegare a tale condizione, per la limitata estensione temporale della stessa, o per la presenza di redditi di altra provenienza, un concreto stato di impossidenza che giustifichi l'inadempimento.
L'incapacità economica, intesa come impossibilità dell'obbligato di fare fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 c.p., deve dunque essere "assoluta", nel senso di estendersi a tutto il periodo dell'inadempimento e deve altresì concretizzarsi in una persistente, oggettiva ed incolpevole situazione di indisponibilità di introiti ed essere documentata con rigore da chi la prospetta in termini di forza maggiore, o, comunque essere oggetto di una precisa e circostanziata allegazione, rigore non ravvisabile nel concreto caso in disamina.
Nella specie la sentenza impugnata da infatti atto di una attività lavorativa resa dal ricorrente, non denunziata fiscalmente, idonea a consentire la devoluzione degli importi necessari al detto sostentamento e presente anche dopo la separazione, senza che avverso siffatta affermazione la difesa abbia mai sollevato obiezione alcuna.

7. Infine, in ordine alla violazione di cui all'art. 570 c.p., comma 1, è agevole affermare la inconducenza a monte della lagnanza sollevata dal ricorrente. Il trasferimento del nucleo familiare in altra città, lontana dalla residenza dell'obbligato, se rende di certo più gravoso, non neutralizza tuttavia in radice le possibilità di fornire comunque la necessaria assistenza ai figli minori così da non giustificare il non contrastato assoluto disinteresse mostrato nei confronti dei suddetti quanto agli aspetti legati alla crescita, educazione, salute, condizione economica di loro immediata pertinenza.
8. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della cassa delle Ammende.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2014


 

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