REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro - Presidente -
Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere -
Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere -
Dott. GARRI Fabrizia - rel. Consigliere -
Dott. PAGETTA Antonella - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19378/2012 proposto da:
G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avv. CIARAMITARO Maria Grazia, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO CESAME ITALIA SRL;
- intimata -
avverso il decreto R.G. 893/2012 del TRIBUNALE di CATANIA del 14.6.2012, depositato il 03/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito per il ricorrente l'Avvocato Claudia Calafiore (per delega avv. Maria Grazia Ciaramitaro) che si riporta ai motivi del ricorso, insiste per l'accoglimento e deposita memoria.

Svolgimento del processo

Con provvedimento depositato in data 3 luglio 2012, il Tribunale di Catania rigettava l'opposizione proposta dall'odierno ricorrente, dipendente della Cesame Italia s.r.l., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Catania in data 13/3/2009, avverso il decreto del giudice delegato al fallimento che aveva considerato inammissibile per tardività la domanda (tardiva) di ammissione al passivo, avente ad oggetto il pagamento del t.f.r. (in relazione al licenziamento intimato dalla curatela fallimentare in data 13/9/2010 e, quindi, dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, avvenuta il 17/11/2009). Ad avviso del Tribunale, correttamente il giudice delegato aveva ritenuto che, al momento della presentazione della domanda tardiva (10/1/2011), fosse decorso il termine annuale previsto dalla L. Fall., art. 101, commi 1 e 4, atteso che il deposito del decreto di esecutività dello stato passivo risaliva al 17/11/2009 e che, alla data dell'intervenuto licenziamento (13/9/2010), il lavoratore aveva ancora a disposizione, fino alla scadenza dell'anno, un tempo congruo (due mesi) per gli adempimenti necessari alla predisposizione della domanda (tardiva) di ammissione al passivo (essendo da escludere la possibilità, non normativamente prevista, di un nuovo termine annuale decorrente dal momento in cui il diritto poteva essere fatto valere e dovendo farsi applicazione, per la valutazione di ammissibilità, delle regole generali di cui alla L. Fall., art. 101, commi 1 e 4). Rilevava, in ogni caso, il Tribunale la mancata allegazione al ricorso della documentazione comprovante la sussistenza del credito e, dunque, una carenza impeditiva dell'ammissione al passivo, considerato che in una situazione del genere non erano legittimamente invocabili i poteri d'ufficio.
Avverso tale decisione ricorre per cassazione il lavoratore affidandosi a tre motivi.
La curatela del fallimento della Cesame Italia s.r.l. è rimasta solo intimata.
Il lavoratore ha depositato all'udienza pubblica del 7 aprile 2012 memoria illustrativa.

Motivazione

1. Va preliminarmente rilevata la tardività della memoria depositata dalla difesa del ricorrente il giorno 7 aprile 2014 (e cioè lo stesso giorno della udienza) poichè l'art. 378 cod. proc. civ., dispone che le parti possono presentare le loro memorie in cancelleria non oltre cinque giorni prima dell'udienza.

2. Con il primo motivo e secondo motivo il ricorrente denuncia:
"Violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 101, comma 4, nonchè degli artt. 3 e 24 Cost.; insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5)". Si duole dell'interpretazione della L. Fall., art. 101, comma 1, privilegiata dal Tribunale ed evidenzia che il non aver operato alcuna distinzione, al fine del decorso del termine per la proposizione della domanda tardiva di ammissione al passivo, tra crediti maturati prima dell'apertura del fallimento e crediti maturati nel corso della procedura concorsuale e, dunque, l'aver escluso la decorrenza del termine annuale per la presentazione della domanda tardiva dalla comunicazione del licenziamento così come l'aver considerato congruo il tempo - residuo - di soli due mesi, si risolve in una violazione del principio di difesa e di quello del giusto processo, ponendo il lavoratore in una condizione di disparità di trattamento rispetto agli altri creditori. Lamenta, inoltre, che il Tribunale non abbia ritenuto integrata una causa non imputabile, ricollegabile, nello specifico, alla natura del credito e al momento in cui questo era sorto. Evidenzia che, nel verificare la ragione del ritardo, si sarebbe dovuto tener conto del dies a quo coincidente con il momento in cui la pretesa creditoria poteva essere fatta valere, rispetto al termine (annuale) entro il quale occorreva depositare la domanda.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia: "Violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, nonchè dell'art. 2010 cod. proc. civ. e art. 111 Cost.; insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5)". Si duole di quanto statuito nel provvedimento di rigetto con riguardo alla mancata allegazione al ricorso in opposizione dei documenti giustificativi del credito.
Rileva che era stato rappresentato al Tribunale che i documenti in questione (buste paga e CUD) erano stati già depositati in sede fallimentare e potevano essere acquisiti d'ufficio dal giudice dell'opposizione. Richiama la giurisprudenza di questa Corte (ed in particolare Cass. 20 novembre 2011, n. 13533) che stima necessario, anche in considerazione del più generale dovere di cui all'art. 111 Cost., comma 6, che la discrezionalità del giudice nell'ordinare o non l'esibizione sia supportata da un'idonea motivazione, saldandosi tale discrezionalità con il giudizio di necessità dell'acquisizione del documento ai fini della prova di un fatto.

4. Per il principio della ragione più liquida (che, imponendo un nuovo approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello tradizionale della coerenza logico-sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine di trattazione delle questioni cui all'art. 276 cod. proc. civ., con una soluzione pienamente rispondente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, ormai anche costituzionalizzata - cfr., in termini espressi, Cass. 11 novembre 2011, n. 23621 e, indirettamente, sulle conseguenze di tale postulato in materia di giudicato implicito, Cass., sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20932; Cass., sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883; Cass., sez. un., 18 dicembre 2008, n. 29523; Cass. 16 maggio 2006, n. 11356) il ricorso deve essere respinto sulla base della soluzione della questione posta con il terzo motivo, assorbente, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre.

5. Con il suddetto motivo il ricorrente lamenta che il giudice dell'opposizione, invece di ordinare l'esibizione della documentazione costituente la prova del credito, chiesta dalla parte e necessaria ai fini della decisione della controversia, "sanando la decadenza" sancita dalla L. Fall., art. 99, abbia "espresso un rigetto a carattere punitivo", privo di sufficiente motivazione.

6. Il motivo non è fondato.
Il giudizio di opposizione allo stato passivo è regolato - ai sensi della L. Fall., art. 99 (come novellato dal D.Lgs. n. 169 del 2007) - dal principio dispositivo come qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura contenziosa; in conseguenza, il materiale probatorio esaminabile è quello prodotto dalle parti o acquisito dal giudice ex artt. 210 e 213 cod. proc. civ., ed è solo quel materiale ad avere titolo a restare nel processo (cfr. Cass. 8 novembre 2010, n. 22711, che, affermando detto principio, ha confermato la sentenza con cui il tribunale non aveva acquisito d'ufficio i documenti contenuti nella domanda di insinuazione al passivo e non versati dal creditore nel giudizio di opposizione allo stato passivo; si vedano, in senso conforme Cass. 19 novembre 2009, n. 24415 e Cass. 2 maggio 2006, n. 10118 nonchè la più recente Cass. 12 febbraio 2014, n. 3166). Resta, dunque, escluso che il giudice dell'opposizione allo stato passivo, in caso di omessa produzione del creditore onerato a pena di decadenza L. Fall., ex art. 99, comma 2, n. 4, sia tenuto, al fine di procedere all'esame del merito dell'opposizione, ad acquisire il fascicolo fallimentare per desumere eventualmente da esso elementi o argomenti di prova (così Cass. 16 febbraio 2012, n. 493); trattasi, al più, di mera facoltà, il cui mancato esercizio non esonera la parte dalle conseguenze del mancato assolvimento dell'onere probatorio (così Cass. 21 dicembre 2005, n. 28302; id. 5 maggio 2000, n. 5635; 9 maggio 2001, n. 6465). E' stato ulteriormente precisato che la mancata indicazione nell'atto di opposizione dei mezzi istruttori necessari, a prescindere dalla eccezione della curatela fallimentare, a provare il fondamento della domanda dell'opponente comporta la decadenza da tali mezzi, non emendabile nemmeno con la concessione dei termini dell'art. 183 cod. proc. civ., comma 6, non potendosi, in particolare, concedere il termine di cui all'art. 183, comma 6, n. 2, previsto esclusivamente per consentire la replica e la richiesta di mezzi istruttori in conseguenza di domande ed eccezioni nuove della parte convenuta, laddove l'onere di provare il fondamento della domanda prescinde da ogni eccezione di controparte - cfr. Cass. 6 novembre 2013, n. 24972.

E' stato invero affermato che i provvedimenti, positivi o negativi, emessi dal giudice di merito sulla richiesta di esibizione ex art. 210 cod. proc. civ. (ma anche, evidentemente, ex art. 213 cod. proc. civ.), sono censurabili in sede di legittimità se non sorretti da motivazione sufficiente; in quanto, con particolare riferimento alla denegata ammissione del mezzo di prova, il diniego si traduce in un vizio della sentenza qualora, in sede di controllo - sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica - dell'esame e della valutazione compiuti dal giudice di merito, risulti che il ragionamento svolto sia incompleto, incoerente o irragionevole, sempre che il mezzo di prova richiesto e non ammesso sia diretto alla dimostrazione di punti decisivi della controversia - così Cass. 17 marzo 2010, n. 6439; id. 20 giugno 2011, n. 6439. Tale principio, che comunque individua un limite nella rilevanza e decisività del mezzo di prova, va coordinato con quello concernente l'onere della dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto azionato. Ed allora si comprende perchè in altre decisione questa Corte abbia ritenuto che l'esercizio del potere di emanazione (e così di diniego) dell'ordine di esibizione, in quanto discrezionale, sia svincolato da ogni onere di motivazione tanto da non essere sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l'iniziativa della parte instante non abbia finalità esplorativa (così Cass. 25 ottobre 2013, n. 24188; id. 16 novembre 2010, n. 23120).
L'ordine di esibizione documentale, dunque, non può essere richiesto ed ammesso al solo scopo di indagare se la prova possa essere rinvenuta nei documenti stessi, altrimenti lo stesso servirebbe inammissibilmente a supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a carico della parte istante (si veda Cass. 17 gennaio 2013, n. 1147; id. 29 luglio 2011, n. 16781; 9 giugno 2010, n. 13878; 8 agosto 2006, n. 17948; 6 ottobre 2005, n. 19475; 10 gennaio 2003, n. 149; 4 settembre 1990, n. 9146).
Orbene, nella specie, si evince dal provvedimento del Tribunale di Catania, qui impugnato, che "i documenti offerti in produzione" erano stati solo la "copia del provvedimento di inammissibilità della domanda di insinuazione al passivo e l'estratto del progetto di stato passivo".
Dunque, non erano stati allegati al ricorso le buste paga ed il CUD già contenuti nel fascicolo di parte della domanda tardiva.
Non vi è dubbio, allora, che la richiesta di esibizione avanzata dal lavoratore fosse diretta a supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova, irrilevante essendo, per la natura del giudizio di opposizione allo stato passivo sopra ricordata, che tali documenti fossero stati prodotti in sede fallimentare.
Con motivazione giuridicamente corretta e congrua sotto il profilo logico il Tribunale ha dato conto delle ragioni per cui ha ritenuto di non aderire alla richiesta di esibizione documentale della parte, sottolineando che si trattava di documenti che "avrebbero dovuto essere prodotti, a pena di decadenza, L. Fall., ex art. 99, comma 2, unitamente al ricorso".
La totale carenza di prova non poteva, dunque, che condurre ad un rigetto dell'opposizione.
7. Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va, conclusivamente, respinto.
8. Infine, nulla va disposto per le spese del presente giudizio di legittimità essendo la curatela del fallimento della Cesame Italia s.r.l. rimasta solo intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2014


 

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