REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario - Presidente -
Dott. ARMANO Uliana - Consigliere -
Dott. FRASCA Raffaele - rel. Consigliere -
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 20887/2014 proposto da:
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE ACACIE 13, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO ANDREOZZI, rappresentato e difeso dall'avvocato PICA MARIO, giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
L.E., F.N., L.M., elettivamente domiciliati in ROMA ____, presso lo studio dell'avvocato CIASCHI STEFANIA, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALESSANDRI VALENZI giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1972/2012 del TRIBUNALE di VELLETRI del 30/11/2012, depositata il 05/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Motivazione

Ritenuto quanto segue:

p.1. C.A. ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 348 ter c.p.c., comma 3, contro L.M., F. N. ed L.E. avverso la sentenza del 5 dicembre 2012, con cui il Tribunale di Velletri ha pronunciato in primo grado inter partes in una controversia di risarcimento danni da reato introdotta dagli intimati contro esso ricorrente.
Il ricorso è stato proposto a seguito della pronuncia da parte della Corte d'Appello di Roma dell'ordinanza del 25 marzo 2014 con cui è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., l'appello proposto dal C. contro la sentenza del Tribunale.
p.2. Gli intimati hanno resistito al ricorso con controricorso.

p.3. Prestandosi il ricorso alla trattazione con il procedimento di cui all'art. 380 bis c.p.c., veniva redatta relazione ai sensi di tale norma ed all'esito del suo deposito ne veniva fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza della Corte.
p.4. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Considerato quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., sono state svolte le seguenti considerazioni:
"p.3- Il ricorso può essere deciso con il procedimento di cui all'art. 380 bis c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile.
L'ordinanza di dichiarazione dell'inammissibilità dell'appello è stata pronunciata dalla Corte territoriale all'udienza del 25 marzo 2014 e, quindi, essa, a norma dell'art. 176 c.p.c., si intendeva comunicata alla difesa del qui ricorrente - il cui difensori era anche presente in udienza (ma la circostanza non è decisiva, dato che la difesa del ricorrente era tenuta a comparire) - in via immediata.

Ne consegue che, a norma dell'art. 348 ter c.p.c., comma 3, l'esercizio del diritto di impugnazione con il ricorso per cassazione sarebbe dovuto avvenire nei sessanta giorni successivi.
Il ricorso, invece, è stato consegnato per la notificazione soltanto il 24 luglio 2014 e, quindi, ben oltre quel termine.
Il ricorso dovrebbe, dunque, essere dichiarato inammissibile per tardività".

p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali parte ricorrente muove nella memoria rilievi che non sono in alcun modo idonei a superarli.
Parte ricorrente, infatti, ignora la rilevanza dell'art. 176 c.p.c., sebbene tale norma l'abbia indicata.
Ora, va ricordato che il secondo comma dell'art. 176 c.p.c., dice che "le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi" e, quindi, soggiunge che "quelle pronunciate fuori dall'udienza sono comunicate a cura del cancellerie entro i tre giorni successivi".
Poichè la comunicazione è prevista per le ordinanze pronunciate fuori udienza è palese che il legislatore ha inteso ravvisare avvenuta la comunicazione di quelle in udienza nella conoscenza della loro pronuncia da parte delle parti presenti o che dovevano comparire in udienza. In pratica, volta che si consideri che la comunicazione serve a dare notizia
(art. 136 c.p.c., comma 1), cioè ad avvisare la parte che è stato pronunciato un provvedimento, sebbene individuato nella sua natura (atteso che ogni provvedimento è individuato come tale dalla sua natura), il legislatore, quanto nel comma 2, primo inciso, dell'art. 176 c.p.c., fa riferimento al ritenersi conosciute le ordinanza pronunciate in udienza (che risultano riprodotte a verbale), reputa che il "dare notizia" cui allude l'art. 136 c.p.c., comma 1, si realizzi perchè la parte che è presente o doveva essere presente necessariamente riceve tale notizia dell'adozione del provvedimento dalla sua pronuncia nell'udienza nel caso di presenza e, nel caso in cui la presenza era doverosa, la riceve legalmente, perchè viene considerata come parte presente.

Questa esegesi dell'art. 176 c.p.c., comma 2, ha così consentito di affermare che la decisione sulla competenza (Cass. (ord.) n. 17665 del 2004; (ord.) n. 4401 del 2006; (ord.) n. 16304 del 2007; (ord.) n. 22525 del 2014; (ord.) n. 2302 del 2015), riguardo alla quale il termine di impugnazione è previsto decorra dalla comunicazione (art. 47 c.p.c., comma 2), decorre dall'udienza se la decisione sia stata pronunciata in udienza.

La situazione si è riproposta con la previsione della comunicazione come possibile dies a quo del termine per il ricorso per cassazione di cui al terzo comma dell'art. 348 ter c.p.c., per cui deve ritenersi che, allorquando l'ordinanza di cui all'art. 348 ter c.p.c., comma 1, sia stata pronunciata in udienza, il termine di sessanta giorni, di cui all'art. 325 c.p.c., comma 2, decorre dall'udienza stessa per le parti presenti in udienza e per quelle che avrebbero dovuto essere presenti, in quanto l'ordinanza si intende loro comunicata dalla cancelleria per effetto della percezione o della possibilità di percezione della pronuncia del provvedimento, emergente dal suo inserimento nel verbale dell'udienza.

3. Il ricorso è, dunque dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla parte resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro tremila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile - 3, il 12 novembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2015


 

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