Tribunale di Trento – Sezione civile - Sentenza 10 aprile 2014 n. 477
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TRENTO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Trento, nelle persone di
ALDO GIULIANI PRESIDENTE
ANNA MANTOVANI GIUDICE
MONICA ATTANASIO GIUDICE est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa portante il n. 2366 R.G., anno 2009, riservata per la decisione all'udienza del giorno
promossa con atto di citazione notificato in data 12 giugno 2009
DA
Gi.Al.
rappresentata e difesa, in forza di procura a margine dell'atto introduttivo, dall'avv. G.d.B. del foro di Trento, presso il cui studio in Trento elegge domicilio
- ATTRICE -
CONTRO
Gi.Lu.
rappresentato e difeso, per mandato a margine della comparsa di costituzione, dall'avv. F.B. del foro di Trento, presso il cui studio in Trento,elegge domicilio
- CONVENUTO -
Gi.Ma.Gr.
rappresentata e difesa, in forza di mandato a margine della comparsa di costituzione, dall'avv. L.D.F. del foro di Trento, presso il cui studio in Trento elegge domicilio
- TERZA CHIAMATA -
Ro.An.
- TERZA CHIAMATA CONTUMACE

IN PUNTO:
Conclusioni per l'attrice:
Accertare e dichiarare che per effetto della morte di Ad.GI. si è aperta a favore dei suoi figli Al., Lu. e Ma.Gr. la successione legittima con 1/3 ciascuno sulla quota pari a 1/2 della p.m. 5 della p.ed. 155 in P.T. 159 CC Calavino, donata dal de cuius con atto di data 28.12.1979 al figlio Lu., tenuto a conferire detto bene ai coeredi;
procedere alla divisione della predetta quota pari a 1/2 indivisa della p.m. 5 della p.ed. 155 in P.T. 159 CC Calavino, come conferita dal donatario, con attribuzione all'attrice di una porzione pari alla quota di 1/3 che le spetta;
accertare e dichiarare che all'attrice Al.GI. non è stata interamente attribuita, per effetto della successione del padre Ad.GI., la quota di 2/9 dell'eredità a lei riservata;
reintegrare la quota riservata all'attrice in misura pari ad Euro 29.490,80, o alla diversa somma che risulterà in giudizio previa imputazione di quanto dall'attrice ricevuto a titolo di donazione dal de cuius, e condannare il convenuto Lu.GI. a pagare all'attrice il predetto importo, con interessi e maggior danno ex art. 1224 c.c. dal 5.12.2008 al saldo.
Fermi gli oneri probatori di legge, la sig.ra Al.GI. chiede sia ammessa prova per interrogatorio formale delle altre parti e per testi sulle circostanze capitolate nella memoria depositata ex art. 183, comma 6°, n. 2, c.p.c.; chiede inoltre di essere autorizzata a produrre, a conferma delle obiezioni poste alla C.T.U., i contratti sub G.N. 206/04, 208/04, 5914/05 e 1918/09 CC Calavino, cui fanno riferimento le osservazioni del C.t. di parte arch. Ag. e chiede sia rinnovata la C.T.U.
Conclusioni per GI.LU.:
In principalità, dichiarare inammissibile/improponibile la domanda attorea per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari quali la coerede Ma.Gr.GI. e la sig.ra RO.AN.
Nel merito, respingere le domande dell'attrice, altrimenti ridurle a giustizia e alle emergenze processuali.
In via riconvenzionale,
- condannare l'attrice alla collazione dell'importo di Lit. 7.000.000 ricevuto in data 8.7.1986 maggiorato di interessi e rivalutazione al 6.4.2004, con ogni ulteriore accessorio;
- condannare l'attrice a rifondere al convenuto pro quota quanto da lui speso per l'assistenza e il mantenimento del padre nella misura che emergerà in corso di causa, ricorrendo, se del caso, all'equo apprezzamento del Giudice ai sensi dell'art. 1226 c.c.;
- in via subordinata, secondo quanto esposto in narrativa, condannare l'attrice a rifondere al convenuto pro quota le spese, attualizzate e maggiorate di interessi, da questi sostenute per la ristrutturazione, anche con concessioni edilizie a proprio nome, dell'immobile p.ed. 155, goduto ed abitato dal genitore, nella misura che emergerà in corso di causa, ricorrendo, se del caso, all'equo apprezzamento del Giudice ai sensi dell'art. 1226 c.c.
In ogni caso, con vittoria e/o compensazione delle spese del giudizio.
Ribadisce inoltre tutte le istanze istruttorie dirette di cui alla memoria ai sensi dell'art. 183, comma 6°, n. 2, c.p.c. depositata il 9.7.2010 per quanto non evase.
Conclusioni per GI.MA.GR.:
Contrariis reiectis, respingere le domande versate in causa dall'attrice GI.AL., altrimenti ridurle a giustizia e alle emergenze processuali, senza alcuna compromissione, in alcun modo, dei diritti (anche solo eventuali) di GI.MA.GR.
In via istruttoria, ammettere prova per interpello formale dell'attrice e del convenuto GI.LU. e della chiamata RO.AN., e per testimoni, sulle circostanze articolate nella memoria depositata ai sensi dell'art. 183, comma 6°, n. 2, c.p.c.; escludere inoltre le prove per testi dedotte dall'attrice e, in caso di loro ammissione, abilitare la chiamata GI.MA.GR. alla prova contraria a mezzo degli stessi testi già indicati a prova diretta.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 12 giugno 2009 Al.GI. esponeva che il padre Ad.GI. era morto ab intestato in data 6 marzo 2004 lasciando quali eredi i figli Al., Ma.Gr. e Lu.; che nel corso della vita il padre aveva gratificato il figlio Lu. con considerevoli liberalità, donandogli, con atto in data 28 dicembre 1979, la neo formata p.m. 5 della p.ed. 155 in PT 159 CC Calavino affinché la attribuisse alla comunione legale con il coniuge RO.AN., nonché, con atto dell'8 luglio 1986, la nuda proprietà di altri immobili siti in Calavino, riservandosi il diritto di usufrutto vitalizio; che la massa ereditaria era rappresentata esclusivamente dai beni donati al fratello Lu., la prima senza dispensa da collazione ed imputazione ma con onere di conferire la metà del bene donato alla moglie RO.AN., e la seconda con dispensa da collazione e imputazione ed onere di corrispondere alle sorelle la somma di Lit. 7.000.000; che, considerato il valore degli immobili donati, ella aveva alla somma di Euro 95.857,00, di cui Euro 62.751,00 a titolo di successione legittima ed il residuo per reintegrazione della quota riservata lesa, importo dal quale andava peraltro detratto quanto da lei ricevuto (e cioè Euro 3.615,20); che aveva inutilmente richiesto al fratello Lu. quanto di sua spettanza. Sulla base di queste premesse conveniva in giudizio GI.LU. formulando le conclusioni in epigrafe trascritte.

Si costituiva ritualmente il convenuto, che, eccepita in via preliminare l'inammissibilità o improponibilità della domanda attorea per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari Ma.Gr.GI. e RO.AN., nel merito instava per la reiezione del le domande attoree o per la loro riduzione. Faceva infatti presente di aver provveduto a ristrutturare, a proprie spese e con concessione a proprio nome, l'immobile goduto ed abitato dal genitore; che l'imputazione di tale immobile alla massa ereditaria doveva pertanto farsi nelle condizioni in cui esso si trovava prima della donazione, e quindi al grezzo; che, inoltre, la donazione di tale immobile costituiva nient'altro che la remunerazione delle migliorie da lui apportate all'immobile, e, poiché nella ristrutturazione erano stati impegnati denari della comunione familiare, correttamente il padre l'aveva vincolato ad attribuire l'immobile alla comunione legale con RO.AN.; che, diversamente, tutti gli oneri da lui sostenuti per la ristrutturazione avrebbero dovuto essere rimborsati pro quota dall'attrice; che la donazione del 1979 era stata fatta in favore di più soggetti, e, ove l'attrice non avesse accettato l'eredità con beneficio di inventario, si sarebbe potuto tener conto soltanto di 1/2 dell'immobile che ne costituiva l'oggetto; che, quanto alla donazione del 1986, l'onere posto dal padre a carico del figlio di corrispondere alle sorelle la somma di Lit. 7.000.000 ciascuna costituiva una donazione indiretta intesa a renderle partecipi del suo patrimonio, e, considerato il valore del diritto donato all'epoca dell'atto, tale somma aveva soddisfatto le figlie della loro legittima; che le stime degli immobili, proposte dall'attrice erano irreali; che anche successivamente alla donazione egli aveva eseguito sugli immobili donati una serie di interventi a sua cura e spese; che l'attrice era inoltre debitrice nei suoi confronti della quota parte delle spese da lui sostenute per l'assistenza ed il mantenimento del padre. Formulava, pertanto, le conclusioni in epigrafe trascritte.

In prima udienza veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle litisconsorti necessarie GI.MA.GR. e RO.AN., e, mentre quest'ultima non si costituiva malgrado la ritualità della notifica dell'atto di chiamata, e veniva pertanto dichiarata contumace, la prima provvedeva a costituirsi in giudizio, aderendo alle conclusioni ed argomentazioni svolte dal fratello Lu., ed eccependo inoltre l'improponibilità della domanda attorea, in quanto con la convenzione del 3 novembre 1986, le sorelle avevano accettato la somma di Lit. 7.000.000 a tacitazione di ogni loro diritto per le donazioni fatte dal padre in favore del fratello.
Concessi alle parti i termini previsti dall'art. 183, comma 6°, c.p.c., la causa veniva istruita mediante espletamento di consulenza tecnica d'ufficio, per essere quindi trattenuta a sentenza, con assegnazione alle parti dei termini massimi di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.

Motivazione

Molteplici sono le questioni oggetto di controversia nel presente giudizio.
A partire da quella concernente l'interpretazione e la validità di quella che la terza chiamata denomina la “convenzione” del 3 novembre 1986. Si tratta di dichiarazione sottoscritta da GI.AL. e Ma.Gr., con la quale le stesse davano atto di aver ricevuto dal fratello la somma di Lit. 7.000.000 del cui pagamento il fratello Lu. era stato onerato dal padre con l'atto di donazione dell'8 luglio 1986, con la precisazione che il pagamento avveniva completa e definitiva tacitazione di quanto dal comune padre è stato donato a quest'ultimo in CC Calavino”.
La terza chiamata, premessa la natura trilatera dell'accordo così concluso, dal momento che GI.LU., col produrre la dichiarazione in parola, l'avrebbe fatta propria, ne esclude la natura di mera ricevuta di pagamento in ragione dell'inciso che si è appena riportato, respingendo inoltre l'eccezione di nullità al riguardo formulata dall'attrice ai sensi dell'art. 458 c.c. sia perché il patto successorio presuppone che il de cuius sia parte dell'atto, sia in quanto “con il patto in questione non vi è alcuna rinuncia alla eredità e ai diritti, ma il riconoscimento che tali diritti sono già stati assolti con una attribuzione economica, limitatamente alle donazioni che fino a quel giorno il padre aveva effettuato al figlio di suoi beni in CC Calavino e quindi con piena salvezza di ogni diritto delle parti del contratto a qualsivoglia altro diritto successorio nei confronti del padre per le sue residue e/o successivamente acquisendo proprietà e comunque per quanto non oggetto delle donazioni”.

In realtà, ai sensi dell'art. 458 c.c. il patto successorio è sia “la convenzione con cui taluno dispone della propria successione”, sia “qualunque atto con cui taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta” Si tratti, quindi, di patti istitutivi o dispositivi, ovvero di patto di natura istitutiva e dispositiva insieme, essi incorrono tutti nella sanzione di nullità prevista dal citato art. 458 c.c.
Se è vero poi che la dichiarazione in parola non è una semplice quietanza di pagamento, in quanto l'inciso finale ha indubbio significato e portata di un atto di rinunciarle cose però non cambiano, atteso che il divieto previsto dall'art. 458 c.c. riguarda anche i patti rinunciativi, e, per quel che concerne l'azione di riduzione, esso è rafforzato dal disposto dell'art. 557, comma 2°, c.c. (a mente del quale i legittimari non possono rinunciare al diritto alla riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima finché vive il donante, né con dichiarazione espressa né prestando il loro assenso alla donazione).
Indubbio è, invece che la somma di Lit. 7.000.000 versata da GI.LU. alle sorelle, in adempimento dell'onere che gli era stato imposto dal padre, costituisce essa stessa una donazione indiretta, che deve pertanto formare oggetto di imputazione ex se a mente dell'art. 553 c.c. - imputazione in effetti operata dall'attrice, così risultandone integrata la condizione prevista dall'art. 564, comma 2°, c.c.

Altro argomento che ha impegnato le parti è quello concernente l'applicabilità dell'istituto della collazione in assenza di relitto, questione sulla quale in effetti si registrano discordi opinioni in dottrina e giurisprudenza. L'assenza di relitto era allegata dalla GI., che nell'atto introduttivo del giudizio affermava che la massa ereditaria era rappresentata esclusivamente dagli immobili donati, ma in corso di causa è emerso che, alla sua morte, il de cuius lasciò anche del denaro depositato in un conto corrente ed un rateo di pensione, denaro e rateo che, come pacifico fra le parti, i tre fratelli hanno già provveduto a dividersi in parti uguali - con ciò, fra l'altro, accettando puramente e semplicemente l'eredità.
Controversa è, inoltre, la natura della prima donazione, che, a differenza della seconda, non venne dispensata da imputazione e collazione.
GI.LU. afferma che essa venne fatta dal padre per remunerarlo delle spese da lui effettuate per la ristrutturazione dell'immobile che ne costituiva l'oggetto, ma dall'atto di donazione non emerge elemento alcuno che consenta di qualificarlo come donazione remuneratoria: del tutto neutra, a tal fine, è la disposta attribuzione dell'immobile alla comunione legale con il coniuge RO., mentre in senso contrario alla qualificazione propugnata è la già segnalata mancanza di dispensa da collazione e imputazione.
Del resto, le donazioni remuneratorie si sottraggono alla disciplina generale delle donazioni soltanto per quel concerne il regime della revocabilità e l'obbligo degli alimenti, e sono pertanto anch'esse soggette sia a collazione che a riduzione (cfr. Cass., 24 luglio 2008, n. 20387 e Cass. 1 dicembre 1993, n. 11873).

Della donazione in parola il convenuto ha altresì parlato come di una donazione fatta a più donatari, ovvero come di donazione modale: ciò al fine di sostenere che, in entrambi i casi, ai fini del presente giudizio può tenersi conto soltanto della metà del valore dell'immobile donato.
Orbene, se si considera che la donazione in questione venne fatta a favore, non dei coniugi congiuntamente, ma di uno solo di essi (id est GI.LU.), con l'onere di attribuire il bene donato alla comunione legale con la moglie, la prima qualificazione è da escludersi, mentre corretta appare la seconda. Ne deriva che, ferma restando la soggezione anche di questo tipo di donazione a collazione - giacché l'aggiunta del modus non ne snatura l'essenza - ad essa l'erede è però tenuto limitatamente alla differenza tra il valore dei beni donati ed il valore dell'onere (cfr. Cass., 27 novembre 1985, n. 5885). Del resto, nell'atto di citazione la stessa attrice aveva limitato le proprie domande alla quota di 1/2 dell'immobile oggetto della donazione in questione, estendendole, inammissibilmente, all'intero immobile soltanto in corso di causa (segnatamente, col foglio di deduzioni allegato al verbale di prima udienza).

GI.LU. ha poi domandato, che, ai fini della collazione e della riduzione, si tenga conto di varie spese da lui effettuate, spiegando, in subordine, domanda riconvenzionale di condanna dell'attrice alla loro rifusione pro quota.
Si tratta, in primo luogo, delle spese per la ristrutturazione dell'immobile oggetto della prima donazione.
Sennonché, sebbene sia verosimile che la ristrutturazione in questione sia stata eseguita a cura e spese del convenuto (sono, infatti, intestate a suo nome sia la concessione edilizia, sia la denuncia di inizio dei lavori, sia i bollettini di versamento degli oneri di urbanizzazione, sia, infine, le fatture relative ai predetti lavori), non può trovare applicazione l'art. 748 c.c., essendo pacifico che i lavori di ristrutturazione furono compiuti ed ultimati prima dell'atto di donazione: è vero che il convenuto ha sostenuto che il trasferimento della proprietà del bene in suo favore era avvenuto prima dell'inizio di tali lavori, in forza di un atto di donazione formalizzato soltanto in seguito, con l'atto notarile del dicembre 1979, ma la mancanza del requisito formale previsto dall'art. 782 c.c. renderebbe comunque nulla tale donazione, comportando altresì l'inammissibilità dei capitoli di prova intesi a fornirne dimostrazione. Certamente, il convenuto poteva vantare un credito nei confronti del de cuius, e, quindi, con l'apertura della successione, nei riguardi degli altri eredi, ma tale credito è ormai prescritto, e la prescrizione è stata tempestivamente eccepita dall'attrice in prima udienza.

Non vi è invece controversia fra le parti con riguardo alle spese sostenute dal convenuto nel 1993 per la sistemazione delle scale esterne e del terrazzo, che, quantificate dal C.T.U., con riferimento al momento dell'apertura della successione, in Euro 6.000,00, sono state considerate in detrazione dalla stessa attrice (cfr. la memoria di replica alla conclusionale).

Per quel che poi concerne le spese che il GI. afferma aver sostenuto per l'assistenza ed il mantenimento del padre, è sufficiente osservare che si tratta di prestazioni rese nell'adempimento di un dovere morale, riguardo alle quali non è quindi configurabile un diritto di credito.

Quanto, infine, agli oneri collegati alla proprietà del bene (Ici, spese per la fornitura dell'acqua e dell'energia elettrica e per lo smaltimento dei rifiuti), essi sono stati allegati dal convenuto soltanto nella memoria depositata ai sensi dell'art. 183, comma 6°, n. 2, c.p.c.
Tutto ciò premesso, ai fini della determinazione dell'asse ereditario e, conseguentemente, della disponibile, occorre sommare al relictum, pari all'importo di Euro 27.505,44 (dato dalle somme depositate sul conto corrente del de cuius acceso presso la Cassa Rurale della Valle dei Laghi e dall'ultimo rateo della pensione), il valore dei beni donati.
Al riguardo il C.T.U., geom. Fr.Al., ha determinato il valore dell'immobile oggetto della prima donazione in Euro 126.000,00 o in Euro 42.000,00, a seconda che si tenga conto dello stato di fatto all'epoca della donazione ovvero di quello precedente alla donazione ed all'esecuzione dei lavori di ristrutturazione, e quello degli immobili oggetto della seconda donazione nel complessivo importo di Euro 146.000,00 - al netto delle spese sostenute dal convenuto nel 1993. Queste valutazioni, contestate dal C.t. di parte attrice, sono state correttamente compiute dal C.T.U. con riferimento al momento di apertura della successione, sulla base di listini commerciali e dei valori espressi dal mercato locale, considerando in particolare, per quel che concerne la mansarda, oggetto della prima donazione, che si tratta di immobile di origine storica parzialmente ristrutturato nel 1978, e quindi al 2004 già da 26 anni, e, quanto all'alloggio sottostante, che esso, oggetto di parziale risanamento negli anni '60, e quindi ben 35 prima dell'apertura della successione, presentava caratteristiche tipiche di quegli anni; carenze di rifinitura e mancanza dell'impianto di riscaldamento; corretta appare inoltre la mancata considerazione dei poggioli e delle scale, in quanto non indicati nell'atto di donazione; il riferimento ai prezzi emergenti dagli atti di compravendita di altri immobili siti nella zona potrebbe infine assumere rilievo solo ove essi risultassero riferiti a immobili aventi analoghe caratteristiche.
Poiché, sulla scorta di quanto in precedenza osservato, l'immobile oggetto della prima donazione deve essere valutato tenendo conto dello stato di fatto in cui esso si trovava al momento della donazione, detraendo peraltro dal relativo valore quello dell'onere posto a carico del donatario, il donatum risulta pari alla complessiva somma di Euro 209.000,00, e, l'asse ereditario, a quella di Euro 236.505,44, Ne deriva la determinazione della disponibile in Euro 78.835,15, e della quota di riserva dell'attrice in Euro 52.556,76, ridotta ad Euro 48.941,56 per effetto della imputazione ex se.
La divisione fra i tre eredi del valore dell'immobile oggetto della prima donazione, che, come detto, non era dispensato da collazione ed imputazione, porta ad attribuire all'attrice la somma di Euro 21.000,00, non sufficiente a garantire il rispetto della legittima. A tal fine occorre pertanto procedere alla riduzione della, seconda donazione, con conseguente riconoscimento in favóre dell'attrice dell'ulteriore somma di Euro 22.388,28 (e cioè Euro 146.000,00, valore degli immobili che ne costituivano oggetto, meno la disponibile di Euro 78.835,15, diviso tre).
All'attrice è quindi in definitiva dovuto l'importo di Euro 43.388,28, importo che va maggiorato della rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat applicabili al periodo, e degli interessi al tasso legale sulla somma annualmente rivalutata, a decorrere dalla data della domanda e sino al'giorno del saldo effettivo (cfr. Cass., 19 maggio 2005, n. 10564).

Quanto alle spese processuali, sebbene la RO. sia rimasta vittoriosa, non occorre provvedere al riguardo, stante la contumacia della terza chiamata. Per quel che invece riguarda le altre parti, le spese, liquidate alla stregua dei parametri dettati dal Regolamento emanato in attuazione dell'art. 9 del D.L. n. 1/2012, convertito con modificazioni con L. n. 27/2012, dal momento che la prestazione professionale è stata in parte svolta successivamente all'entrata in vigore di tale Regolamento (cfr. Cass., S.u., 12 ottobre 2012, n. 17406), possono essere parzialmente compensate, nella misura indicata in dispositivo, in considerazione dell'offerta transattiva che era stata formulata dal convenuto Gi. all'udienza del giorno 18 gennaio 2012.

PQM

Il Tribunale di Trento, nella causa portante il n. 2366/09 promossa da GI.AL. avverso GI.LU., con la chiamata in causa di GI.MA.GR. e RO.AN., definitivamente decidendo:
Accertato e dichiarato che per effetto della morte di Ad.GI. si è aperta a favore dei suoi figli Al., Lu. e Ma.Gr. la successione legittima con 1/3 ciascuno sulla p.m. 5 della p.ed. 155 in P.T. 159 CC Calavino, donata dal de cuius con atto di data 28.12.1979 al figlio Lu., tenuto a conferire detto bene ai coeredi al netto dell'onere, ed accertata e dichiarata la lesione della quota di legittima spettante all'attrice Al.GI., condanna il convenuto Lu.GI. a pagare all'attrice la somma di complessivi Euro 43.388,28, con la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat applicabili al periodo, e gli interessi al tasso legale sulla somma annualmente rivalutata, a decorrere dalla data della domanda e sino al giorno del saldo effettivo.
Rigetta le domande proposte in via riconvenzionale da GI.LU.
Condanna GI.LU. e GI.MA.GR., in via tra loro solidale, alla
rifusione in favore dell'attrice di 3/4 delle spese processuali, liquidati in complessivi Euro 6.125,00, di cui Euro 500,00 per spese ed il residuo per compenso, oltre Iva e Cpa ed oltre alla rifusione delle spese di C.T.U.
Così deciso in Trento, addì 3 aprile 2014.
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2014.


 

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